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Autore: Adlenime    12/08/2017    1 recensioni
"Quegli occhi color ghiaccio... gli occhi di chi ha ucciso migliaia di persone... senza provare nulla... occhi freddi come il ghiaccio... gli occhi di un assassino..."
Questa storia è la versione "libro" del manga Detective Conan, io non posseggo nulla: tutto, dai personaggi alla trama appartiene ad Aoyama-sensei.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I suoi passi rimbombavano nel corridoio fiocamente illuminato sotto le scarpe a tacchi color cuoio, il pavimento da poco lucidato rifletteva la sagoma della giovane donna dai capelli rossicci ramati. Indossava un paio di jeans grigi e una maglia viola, sopra la quale portava un lungo giubbotto blu.

Attraverso l'apposito scanner di fianco alla porta blindata davanti alla quale si era fermata fece passare una tessera. Sulla parete di fianco un pannello si spostò rivelando un piccolo computer, il monitor incorporato nel muro stesso. Le esili dita della donna si mossero sulla piccola tastiera digitando una password, poi spostò automaticamente la mano sul monitor touch del dispositivo, attendendo che il sistema riconoscesse le sue impronte digitali. La porta si aprì, e non appena lei entrò nella stanza le luci si accesero automaticamente. Accanto alla porta vi era un attaccapanni di legno, dove la ragazza poggiò il suo giubbotto blu per sostituirlo con la sua camicia da laboratorio. Si avvicinò verso la scrivania, situato sul lato opposto della stanza, e accese il computer, poi si diresse verso la mini-cucina sulla parete di fianco e si preparò un caffè. Quando fu pronta la sua calda bevanda, prese tra le mani la tazza, soffiandoci sopra per raffreddarla, e si sedette alla scrivania. Dopo aver bevuto un sorso ristoratore dell'amaro liquido, si concentrò sul computer. Le sue mani si mossero esperte sulla tastiera, finché sul monitor apparve l'immagine registrata da una telecamera. La scienziata osservò il piccolo roditore steso a terra esanime e senza vita. Rimase per un momento a fissare il topolino... lei amava gli animali.

Un altro sorso di caffè.

Schiacciando il tasto invio sulla tastiera l'immagine sul monitor venne rimpiazzata da quella di un altro topo, un'altra telecamera. Anche questo soggetto era morto.

Cambiò nuovamente telecamera, un altro topo morto. Un'altra telecamera, un altro topo morto; un'altra telecamera, un altro topo... continuò così per qualche minuto, finché...

Spalancò incredula gli occhi, fissando lo schermo del computer: la telecamera mostrava l'ennesimo soggetto su cui aveva sperimentato, ma questo si muoveva... questo era sopravvissuto. Sentì un brivido percorrerle la schiena... il topo... era rimpicciolito? Cosa voleva dire? Perché non era morto? I suoi occhi acqua mare fissarono per qualche attimo il piccolo topo che girovagava nella gabbia... non era solo vivo... era ringiovanito! Tentò di restare calma mentre apriva contemporaneamente tutte le altre telecamere per controllare gli altri roditori. La scena che le si presentò era sconvolgente: tutte le cavie erano ora in vita, ma non erano più topi adulti, ma piccoli bianchi cuccioli. Rimase ad osservare gli animaletti per qualche attimo, riflettendo su cosa avrebbe dovuto fare.

Presa la sua decisione, allungò la mano sinistra verso il telefono vicino al computer e schiacciando il tasto dell'ultima chiamata si portò il ricevitore all'orecchio.

- Pronto... sono io. Potresti venire qui?... Sì... laboratorio 4... ti mostrerò qualcosa d'interessante... sì. -

Sorridendo chiuse la chiamata e lanciò un'altra occhiata ai topolini. Sospirò... Non si aspettava che sopravvivessero: la faccenda si stava facendo interessante. Cosa volevano veramente loro da lei? Forse... era stato tutto programmato? I dati che le avevano dato su cui lavorare, dovevano forse portare a questo? Guardò la foto poco lontana dal telefono che aveva appena usato: era un'immagine di qualche anno fa di lei e sua sorella. Lei con i suoi capelli rossicci e gli occhi acqua mare dal tipico taglio giapponese, ma i suoi tratti somatici tradivano l'origine inglese. Sua sorella di fianco a lei, sorridente, i lunghi capelli marroni sciolti sulle spalle, gli occhi azzurro chiaro.

La giovane scienziata si appoggiò contro lo schienale della sedia girevole in pelle, portandosi una mano alla fronte.


Nel nuovo acquario di Beika un omicidio aveva disturbato la tranquillità dei clienti, che erano andati lì solo per vedere la nuova vasca degli squali. Proprio di fronte a quella vasca giaceva il cadavere di un uomo.

- Odore? -

Chiese una giovane ragazza sui sedici anni al suo amico, il quale stava studiando attentamente il cadavere del deceduto.

- Che dici, Shinichi? Non c'era nessun odore. -

Quello continuando a guardare il corpo disse:

- Come gli squali. -

La ragazza che era con lui lo guardò confusa. Il viso di lui era leggermente adombrato, mentre la grande vasca alle sue spalle lanciava inquietanti sfumature bluastre sul suo volto.

- Segue l'odore del sangue per raggiungere la scena del crimine, usa tutti i sensi per dare la caccia al criminale. -

Shinichi si alzò dando le spalle alla sua amica.

- Poi lo tiene stretto tra i denti affilati delle prove. -

Shinichi poggiò una mano sul vetro della vasca.

- Fino a quando non crolla. Capisci, Ran? -

Poi girò la testa verso di lei, e con un gentile sorriso concluse:

- Ecco cos'è un detective. -

Alle spalle del giovane investigatore, uno squalo fece la sua comparsa, come per sottolineare la sua affermazione.


Era scesa la notte. Il cielo si era rannuvolato. Un uomo correva sotto la pioggia, con un semplice impermeabile azzurro sopra il maglione di lana, vicino alla zona portuale. Si diresse verso l'unico pub aperto a quella tarda ora della notte, il Black Widow. L'uomo entrò nel locale sospirando sollevato una volta dentro: era bagnato fradicio, ma almeno lì c'era un accogliente tepore.

- Che pioggia! Oggi il meteo ha proprio sbagliato! -

Esclamò chiudendo la porta. Si avvicinò al banco del pub e disse al barista:

- Prendo lo stesso del signore qui. -

E con un cenno del capo indicò l'unico occupante del locale: un uomo robusto vestito con un cappotto e un cappello dello stesso colore, nero. Nonostante fosse notte e fuori stesse piovendo indossava un paio di occhiali da sole... come faceva sempre, d'altronde. Il Barista annuì e si allontanò dai due clienti, mettendosi al lavoro per preparare il cocktail. Il nuovo arrivato si sedette a sinistra dell'uomo vestito in nero. Questi non gli rivolse neppure un'occhiata, ma tamburellò un paio di volte con l'indice della mano destra sul banco, verso il signore dall'impermeabile azzurro. Quest'ultimo, riconoscendo il segnale, mise una mano dentro la giacca e da una tasca interna tirò fuori una busta bianca. La poggiò sul tavolo e la passò all'uomo in nero, che prese la busta e se la mise nella sua di tasca interna, nel cappotto.

- Sei sicuro di non voler controllare? -

Chiese tranquillo l'uomo con l'impermeabile. L'uomo in nero replicò:

- Se fossero false, pagheresti con la vita. -

Così dicendo prese anch'egli una busta, questa volta gialla, e la passò all'uomo con l'impermeabile.

- Be', io controllo lo stesso. -

Replicò calmo quello, estraendo un fornito mazzo di banconote e cominciando a revisionarle.

- È proprio da te. -

Rispose laconico l'uomo in nero, bevendo una sorsata del suo cocktail. Passarono pochi minuti di silenzio, nei quali l'uomo con l'impermeabile finì di controllare la ricompensa.

- Ok. Tutto a posto. -

Disse mettendo al sicuro la busta con il denaro. In quel momento il barista poggiò di fronte a lui un bicchierino con il cocktail ordinato.

- Scusi per l'attesa. -

E così dicendo si congedò. L'uomo con l'impermeabile prese il liquore in mano chiedendo al compagno alla sua destra:

- Allora, qual è il prossimo lavoro? -

Poi, quando vide che lui non rispondeva continuò, soppesando il cocktail:

- Dovrei almeno sapere le basi. -

Fece per portarsi il bicchierino alle labbra, quando una nuova voce lo colse alla sprovvista:

- Lo sai? Sembra proprio che di recente nell'organizzazione ci siano molti ratti. -

Si voltò, e vide lui, i lunghi capelli argentati superavano la schiena e i suoi occhi verdi erano freddi... freddi come il ghiaccio, come quelli di un uomo che non prova pietà o compassione, come quelli di un pericoloso assassino, abile nel suo mestiere. Portava anche lui un lungo cappotto nero e un cappello dello stesso colore. Nero era il loro colore.

L'uomo dai capelli argentati alzò lo sguardo e lo fissò impassibile dritto negli occhi:

- Cosa ne pensi? -

Chiese. Una goccia di sudore scivolò lungo il viso dell'uomo con l'impermeabile, una goccia di sudore che tradiva la sua agitazione. Cercò di rimanere anche lui impassibile mentre rispondeva:

- C-chi lo sa... Non ne ho mai sentito parlare... -

L'uomo dai capelli argentati ruppe il contatto visivo, replicando laconico:

- Capisco. -

L'uomo con l'impermeabile lo fissò per qualche attimo, nel nuovo snervante silenzio che si era venuto a formare. Tentando di restare composto chiese:

- Dunque il mio prossimo lavoro e trovare questi ratti? -

Si portò il cocktail alle labbra una seconda volta, e una seconda volta qualcosa gli impedì di berlo: la risposta dell'uomo dai capelli argentati.

- No, ho già un'idea di chi possano essere i ratti. -

Un'altra goccia di sudore gli bagnò il volto, mentre con la coda dell'occhio lanciava un'occhiata inquieta all'uomo che aveva appena parlato. Questi continuava a fissare il banco, il viso nascosto dalla tesa del cappello.

Istintivamente si portò alle labbra il liquore, più per necessità che per piacere questa terza volta. Riusciva a percepire la tensione formatasi nell'aria, doveva fare qualcosa per romperla.

- Questo liquore è davvero buono! -

Esclamò.

- Qual è il nome di questo cocktail? -

Chiese poi al barista, ma non fu lui a rispondergli, bensì l'uomo dai lunghi capelli alla sua sinistra:

- RUM. -

Un lungo brivido percorse la sua schiena... aveva detto...

RUM? Il nome in codice del braccio destro di quella persona.

- Cointreau. -

Continuò quello, senza guardarlo.

- Con un po' di succo di limone. -

Proseguì, impassibile. L'uomo con l'impermeabile continuò ad osservarlo, aspettando che continuasse... stava cercando di dirgli qualcosa... ne era certo.

L'uomo dai capelli argentati guardò con la stessa aria glaciale di poco prima l'uomo con l'impermeabile. Quest'ultimo sentiva la tensione nell'aria vibrare pericolosamente, un campanellino d'allarme trillò nella sua mente, ma si costrinse a non muoversi. Sentiva il suo respiro diventare leggermente affannoso, e il tepore della stanza sembrava ora un caldo soffocante.

- XYZ. Che signifa è la fine. -

Concluse. Il suo viso s'illuminò di uno sguardo maniacale quando pronunciò le ultime tre parole, il ghigno tracciato dalle sue labbra si ampliò.

L'uomo con l'impermeabile spalancò gli occhi, impallidendo vistosamente.

Loro sapevano.

Doveva andarsene. Poggiò il bicchierino sul banco e alzandosi frettolosamente disse:

- A-allora... resto in attesa del prossimo lavoro. -

Si allontanò velocemente verso la porta e uscì dal locale senza osare guardarsi alle spalle. Una volta che la porta fu chiusa, l'uomo vestito in nero con gli occhiali da sole, rimasto in silenzio durante lo scambio di battute tra gli altri due, chiese:

- Sei sicuro, Aniki? Lasciarlo andare senza dirgli nulla: lui è sicuramente uno dei ratti. -

Si era alzato in piedi, e ora osservava attentamente l'uomo dai capelli argentati.

- Già. -

Replicò calmo quello. Un inquietante sorriso si fece largo sul suo volto quando disse:

- Nessun problema. -


Corse sotto la pioggia torrenziale, dirigendosi verso la macchina. Non poteva fare a meno di pensare alla conversazione appena avuta con gli altri due membri dell'organizzazione. Un brivido percorse la sua schiena facendogli ghiacciare il sangue nelle vene quando ricordò le sue parole: XYZ. Che significa è la fine.

Sbloccò la sua auto, una volta raggiunta questa si precipitò al suo interno. Chiusa la porta si voltò per vedere se uno di loro lo avesse seguito. Pallido come un cadavere respirava a fatica, forse per la corsa fino alla macchina, forse per la paura che gli mozzava il fiato. Controllò entrambi i lati della strada, per accertarsi che altri occhi non lo stessero guardando. Una volta sicuro che nessuno lo stesse spiando tirò un sospiro di sollievo. Tirò fuori le chiavi inserendole nel cruscotto, pronto a farlo partire. Una scarica di puro terrore gli impedì di respirare mentre nella sua mente si formava un sospetto: e se loro avessero...

Guardò tremando la chiave inserita, i secondi sembravano allungarsi in minuti, la tensione presente nell'aria sembrava aver rallentato il tempo stesso. Le parole dell'uomo dai lunghi capelli argentati continuavano a rimbombare nella sua mente: Che significa è la fine.

Gocce di sudore imperlavano il suo pallido viso. Non riusciva più a respirare, mentre il suo cuore andava a mille. Che loro avessero...

Si morse un labbro mentre stringeva istintivamente la chiave. Un mezzo giro di quell'oggetto avrebbe potuto condannarlo a morte, o avviare l'autovettura. Con un estremo sforzo girò... avviando l'automobile. Un involontario sospiro di sollievo lasciò le sue labbra mentre il rassicurante rumore del motore in funzione riempiva l'abitacolo. Una musica jazz rimbombò per l'autovettura.

L'uomo fece per mettersi la cintura, ma poco prima di inserirla, nuovamente fu preso dal senso di panico. Questo era il loro potere: far sì che tutto e tutti attorno a te fossero sospetti. Trattenendo il respirò inserì la cintura, senza che nulla accadesse. La tensione stava lentamente svanendo. Si appoggiò contro lo schienale del sedile per riprendersi dalla terza ondata di terrore.

Quando si fu calmato inserì il cambio automatico: voleva cambiare la posizione da trasmissione bloccata a Drive, gestione automatica. Non appena il cambio raggiunse la marcia desiderata, l'uomo ebbe il tempo di registrare un forte lampo di luce prima di essere avvolto dalle tenebre.

Dopo lo scoppio dell'ordigno la macchina si era incendiata. Il contraccolpo aveva costretto l'automobile dietro di lui a retrocedere tamponando con quella che seguiva. Il rumore dell'antifurto si disperse nella notte mentre le fiamme danzavano sui rottami dell'autovettura dell'uomo dall'impermeabile azzurro.


Nel silenzioso Black Widow lo squillo di un cellulare pose fine alla tranquillità degli occupanti del locale. L'uomo dai lunghi capelli argentati si mise una mano in tasca e ne estrasse un telefono. Portandosi l'oggetto all'orecchio disse:

- Sono io... Ricevuto. Ce ne andiamo. -

L'uomo con gli occhiali da sole ghignò sentendo le parole del suo mentore, poi estrasse la busta che precedentemente gli aveva dato l'uomo dall'impermeabile azzurro. Lo porse all'uomo dai capelli argentati dicendo:

- Aniki, cosa dovremmo farne? Le informazioni sul trafficante d'armi... -

- Non m'importa. -

Lo interruppe, portandosi un bicchiere pieno di un liquido dorato alle labbra per berne un sorso... sherry.

- Continua con il piano stabilito. Il denaro è già stato preparato? -

L'uomo dagli occhiali da sole annuì rispondendo:

- Sì, ma... potrebbe essere una trappola. -

Impassibile il suo compagno disse:

- Possiamo stabilirlo incontrandoci direttamente con loro. Non è mai troppo tardi. -

L'uomo dagli occhiali da sole ridacchiò. Gin non deludeva mai.

- In oltre... -

Continuò questo con un sorriso sulle labbra, il viso adombrato dal cappello.

- … è il tipo di posto nel quale rimpiangeresti di non essere andato. -

L'uomo dagli occhiali da sole osservò il collega con sguardo tra il confuso e il curioso.

 

Nota dell'Autrice: Ed ecco a voi il primo capitolo dello Special! L'avevo già iniziato, quindi è stato semplice ultimarlo in fretta... cioè nel giro di un pomeriggio... In ogni caso, spero che vi piaccia. Per qualche astruso motivo ho la sensazione che sia scritto meglio degli altri capitoli, ma questa è solo una mia impressione (magari a voi fa schifo... ). Ho deciso di dividere lo Special in cinque parti, e questa è la prima. Come ho già detto in precedenza non includerò tutte le scene, solo quelle che ritengo necessarie, onde evitare la ripetizione del caso sull'ottovolante o quello del finto infermo. Ovviamente accennerò anche a quei casi per rendere la continuità temporale delle scene... anche se parlare di continuità temporale in DC... Comunque, tralasciando i momenti di Alzheimer di Calibano, ringrazio quest'ultimo (che si è trasformato in uomo...) per la pazienza che ha nel correggermi gli errori di grammatica. E per KK e gli altri fan della ShinRan, ci vediamo al prossimo capitolo con scene dolciose tra Shinichi e Ran. 'Yasumi! 

   
 
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