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Autore: Tera_Saki    20/08/2017    3 recensioni
Minus ha tradito, ma lo ha fatto solo dopo quattro anni. Voldemort, per paura di un rivale che lui stesso aveva scelto, non ha ucciso Harry, ma ha fatto in modo che lo credessero morto.
Ora Harry ha diciassette anni, e da quando ne aveva cinque non vede altro che la sua cella di pietra a casa Riddle.
*
Appena James entrò, il ragazzo sembrò riscuotersi, alzò di scatto il capo e rivolse una perforante occhiata nella sua direzione. Al verde dei suoi occhi, James avvertì un brivido liquido percorrergli la schiena. Il ragazzo si alzò, e fece qualche passo in avanti, senza smettere di fissarlo, e solo per un breve momento il suo sguardo corse ai due Auror vicino al letto.
La voce di Harry era graffiata –Papà?–
A James si mozzò il respiro, dilatò le pupille ma non ebbe tempo di muoversi. Harry gli si era buttato addosso in un abbraccio feroce, che gli fece annodare la gola e fermare il cuore nel petto.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, James Potter, Ordine della Fenice, Sirius Black, Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Titanium

Disclamer: i personaggi e l'universo appartengono a J.K.Rowling o a chi per essa. Questa storia non ha alcuno scopo di lucro e non intende infrangere diritti di copyright.
 

 --- ---  Capitolo IV – Ghostlife  ---  ---

 

 

When enemies are at your door I'll carry you way from more
If you need help, if you need help
Your hope dangling by a string
I'll share in your suffering to make you well, to make you well
(Gone Gone Gone, Phillip Phillips) 

 

 

Aveva più o meno... otto anni, credeva, anche se non poteva esserne certo. I pensieri avevano iniziato a ingombrare la mente e la bocca, non aveva una vita, aveva un corpo e sopravviveva, ma poi basta.

Quella convinzione aveva oppresso le orecchie creando un nodo alla gola sempre più stretto, e le pareti della stanza erano sembrate troppo piccole, Harry aveva gridato fino a farsi male alla gola, fino a farla sanguinare, perché aveva smesso di parlare quasi un anno prima e le lettere ora potevano solo vorticargli nella testa e fare ancora più rumore.

Avrebbe voluto avere qualcuno lì, sarebbe anche andato bene uno sconosciuto, solo perché si assicurasse che lui era ancora vero, che era vivo e che gli dicesse che, poi, sarebbero venuti a prenderlo.

Quella sera, però, Voldemort entrò nella cella e rise ed Harry capì mentre supplicava sottovoce singhiozzando che a salvarlo non sarebbe arrivato proprio nessuno.

 

 

La Tana, Harry lo aveva scoperto in quei pochi giorni che ci aveva vissuto, era un posto sicuro. Un posto in cui le risate risuonavano più dei silenzi, in cui gli abbracci della signora Weasley valevano come quelli di una mamma e in cui gli occhi non offrivano giudizi ma comprensione.

Harry però era stordito e a disagio, e si sentiva un po' come un pezzo rotto di porcellana poggiato su uno scaffale. La labilità della sua presenza, invece, risaltava in mezzo alla cacofonia vitale di quella casa, se ne erano accorti tutti.

Nessuno aveva detto niente, però, ed Harry stava bene, appoggiato sulla finestra aperta di quella che un tempo era stata la stanza di Bill, il vento ad incastrarsi tra i capelli insieme alle urla di Ron, Ginny, Fred e George. Respirando aria tiepida quasi lo sentiva sulle dita, il metallo del boccino che la più piccola di casa teneva in mano, e avvertì un fioco sorriso nascere fra le labbra mentre fissava i suoi capelli rossi fluttuare nel vento.

Quando ancora i gemelli sbuffavano esclamazioni contrariate e Ron sfoggiava una smorfia orgogliosa, Ginny si voltò nella sua direzione, rivolgendogli un luminoso sorriso e alzando il braccio che teneva il boccino -Questa è per te, Harry!-

 

 

Harry sapeva quando faceva qualcosa di sbagliato, quasi sempre c'era Rev a dirglielo. A volte aveva il coraggio di resistere e di lottare, molto spesso no, perché al dolore cedeva anche se non voleva, e non c'era niente di così umiliante che Voldemort non gli avesse ancora fatto.

Un giorno, il sole era già tramontato da almeno un'ora, Harry arrancava sul pavimento, raschiando i respiri nella bocca e sputando saliva rossa di sangue sul pavimento.

-Potevi dirglielo-

Inspirando, un fischio gli risuonò lungo la gola -No-

-Oh, andiamo-

Harry sapeva che quella voce era fredda quanto lui non meritava, sapeva che l'Oscuro Signore non aveva bisogno di un pretesto per ferire. E avrebbe sofferto comunque, succedeva sempre quando arrivava Rev.

-Volevo proteggerti- aveva detto lui, ed Harry aveva soffocato un singhiozzo.

 

 

Ginny aveva ancora il fiatone, e anche Ron e i gemelli adesso lo salutavano da sotto, ma poi una voce più profonda e dal timbro vagamente roco gli tolse il fiato dalla bocca -Non scherzi Ginevra, dicendo che sei brava... Godric, Jamie dovrebbe ritirarsi in panchina-

Harry era quasi caduto, poi, nella foga di voltarsi indietro e scendere al piano terra, e anche Sirius si era messo a ridere, salutando i gemelli con un amichevole latrato -Allora, come va il negozio?-

-Benissimo, grazie per il... prestito-

Sirius rivolse ad entrambi una scintilla malandrina nello sguardo -Figuratevi, è il minimo che potessi fare-

Harry, mentre scendeva le scale, poteva distinguere benissimo il timbro profondo del suo padrino, o quello più morbido di Ron, quello frizzante di Ginny e molto più vicino e distinto quello caldo di Hermione. Ma c'era un altro motivo che lo aveva fatto vacillare, prima, e adesso gli si stava insinuando sotto il petto, annidandosi tra una costola e l'altra e rendendo ancora più pesante il respiro. Rallentò il passo fino a fermarsi sulla scala che dava sul salotto.

-Harry,- la voce di Hermione lo sorprese tanto da farlo sobbalzare -va tutto bene?-

Attese qualche istante prima di rispondere, e aveva ancora le parole intrappolate sotto la lingua mentre appoggiava la mano destra sul corrimano e il legno sulle dita si sfaldava fino a distruggersi. Ritrasse il braccio soffiando insieme un roco gemito, assordato dal rumore dello strappo con cui il corrimano era esploso, Hermione, che prima si era ritratta d'istinto, lo raggiunse in poche falcate e si assicurò che stesse bene.

-Non...- disse Harry passandosi una mano tra i capelli aggrovigliati ed espirando con un tremito, ma le parole che dopo voleva aggiungere gli morirono in gola. Hermione, però, aveva già sfoderato la bacchetta e rimesso a posto la scala con un veloce -Reparo-, e gli rivolse un'occhiata leggera -non fa niente, è tutto risolto, vedi?-

Harry dondolò sulle gambe, non gli piaceva il disagio che gli stava entrando sottopelle, né il peso che schiacciava ancora i polmoni. Hermione la vide, la tristezza che gli increspò le labbra, così gli tese una mano con un sorriso dolcemente incoraggiante -Sul serio, Harry, non ti preoccupare, la magia involontaria capita a tutti. Ti va della torta di lamponi? La signora Weasley la fa davvero buonissima-

 

 

-Pensavo stessi per morire-

Harry si accartocciò sul letto, scosso ancora dalle convulsioni e dal dolore che gli scivolava sulla pelle insieme alle lacrime. In quel momento non lo voleva, Rev, lo odiava, odiava cosa gli aveva fatto. Perché Rev arrivava sempre insieme al male, ed Harry era stanco che l'unico amico che aveva fosse anche tanto doloroso da sopportare.

Si voltò solo dopo minuti interi e quando lo fece Rev non c'era già più. Poco dopo la porta della cella sibilò sui cardini metallici e l'elfo entrò nella stanza per pulire, Harry poteva sentire, anche le ossa delle costole erano incrinate e riusciva a muoversi con moltissima difficoltà, l'odore di sapone e il rumore della spazzola sul pavimento di legno. Una goccia d'acqua rossa riuscì anche a colare per terra fino a raggiungere il bordo del letto.

Harry però non era capace di respirare normalmente, sentiva a ondate lo stomaco contrarsi in crampi violenti, non capì subito che quella era fame. Se ne accorse dopo, quando iniziò a supplicare per avere anche solo un pezzo di pane e gli venne comunque negato, ed ebbe tempo di sentirla entrargli dentro per altri due giorni prima che Berg tornasse.

 

 

Era veramente felice, la gioia riusciva anche a raggiungere gli occhi, in alcuni momenti, e Sirius poteva vederla. Sapeva che il motivo era James, che era tornato dalla missione quello stesso giorno e lo aveva raggiunto alla Tana appena aveva potuto.

Ed era incredibile l'effetto che la sua sola presenza riusciva ad esercitare su Harry, che ritrovava la vita a manciate insieme al padre che era andato via per troppi anni. La verità era che anche Harry aveva salvato James, perché Remus e Sirius avevano avuto tempo di vederlo spegnersi in una casa vuota che ancora conservava la risata del figlio e la voce di Lily.

-Arthur, leva quell'affare dal tavolo- tuonò la signora Weasley in direzione del marito, che in risposta alzò le sopracciglia, facendo comunque in modo di obbedire -è un tostapane, Molly, i babbani lo usano tutti i giorni, quindi deve essere utilissimo-

Sirius, accomodato su una morbida sedia in salotto, fece scivolare lo sguardo prima su Percy, seduto rigidamente in cucina con la Gazzetta del Profeta dispiegata tra le mani, poi su Ginny in piedi accanto a Luna sullo stipite della porta, e infine su Harry, che mangiava la torta lentamente, seduto sul divano e appoggiato sul petto del padre. Era una scena così silenziosa e dolce che stonava con il rumore e la vivacità del resto della famiglia.

Ma non importava, e Sirius socchiuse gli occhi nel notare il braccio di James intorno alla vita del figlio. Harry cercava il contatto fisico, molto spesso, perché aveva bisogno di un tocco famigliare che lo tenesse ancorato alla verità, e James aveva trovato nella pelle di Harry la ragione per vivere.

E quando Ramoso gli rivolse un'occhiata interrogativa, Sirius si limitò a fargli l'occhiolino.

 

 

L'esistenza era una bolla di dolore che galleggiava in un mare di noia, Harry se ne era convinto dopo le tantissime ore che gli erano entrate dentro e in cui non succedeva assolutamente niente. In certi momenti, arrivava a sperare che arrivasse qualcuno anche per fargli del male, pur di scacciare il vuoto.

Alzò il polso fino al viso, facendo tintinnare cupamente il boccino che era attaccato al braccialetto. Lo fissò per un po', poi abbassò la mano e passò le dita sulla pelle del braccio sinistro, lo fece stare meglio sentire che era ancora al suo posto.

Ma dopo il vento emise un lugubre ululato ed Harry si sedette con le ginocchia al petto, finendo per sussultare nel momento in cui un rumore violento scuoté le pareti della casa. Non gli piacevano i temporali, era come se la stanza si rianimasse dei fantasmi che vi erano vissuti, e gemeva e strideva di un rumore che gli logorava i nervi ogni volta. Strinse le dita sul materasso e vi appoggiò sopra stancamente la guancia, lasciando tremare le labbra viola contro la coperta.

 

 

-Harry, come stai?-

Dispiegò lo sguardo sulla luce di quella che sembrava una stanza da letto, con estrema lentezza, recuperando gradualmente la percezione di morbido sotto i polpastrelli e del sole che gli scivolava addosso. Lasciò uscire dalla bocca un basso mugolio, portando la mano sinistra a sfiorare la fronte per proteggersi dalla luce. Non ricordò subito cos'era successo, ancora avvolto nel reflusso amaro del sogno che lo aveva intrappolato.

-Si è ripreso.. grazie a Godric-

Socchiuse un occhio, puntando l'altro su Sirius in una domanda muta, l'animagus gli rivolse un sorriso tirato -hai perso i sensi una decina di minuti fa, ma credo fosse solo un calo di pressione dovuto alla stanchezza-

Harry aveva dormito pochissimo negli ultimi giorni, quelli che aveva trascorso alla Tana, perchè James non era lì e lui aveva paura di svegliarsi e non avere nessuno da abbracciare, ma si trattenne accuratamente dal dirlo. Invece, si alzò cautamente a sedere, appoggiandosi ai cuscini del letto. Era piacevole, in qualche modo, l'odore di cui l'ambiente era impregnato, e quello di Sirius, che sapeva di foglie bagnate, e anche di Molly e di suo padre.

Molly si avvicinò alle finestre e chiuse le tende in modo che la stanza galleggiasse nella penombra -Riposati un po', caro. Ti farà bene-

Sirius annuì, dirigendosi a sua volta verso la porta -Fai dei bei sogni anche per me-

E quando rimasero soli insieme all'eco della maniglia che si abbassava, Harry si avvicinò al padre, seduto accanto a lui, e gli si rannicchiò contro il petto. James fu invaso da una sensazione di piacevole calore, una cosa che aveva dimenticato da tantissimi anni, e scoccò un bacio sulla fronte del figlio, mormorando -Dormi pure, tesoro-

 

 

Harry adorava la bacchetta giocattolo che suo padre gli aveva comprato, la venerava, aveva quasi paura di toccarla, a volte. Altre volte, invece, la prendeva in mano e sorrideva, mostrandola alla madre e imitando le parole che lei spesso diceva. Era eccitato, soprattutto, per quell'assaggio anzitempo di magia.

Ma quel giorno la sua attenzione era tutta per il nuovo peluche a forma di gatto. L'aveva chiamato Rory, e lo stava portando a sua madre, in salotto, quando un'esplosione soffocata lo aveva fatto immobilizzare di sorpresa -Mamma?-

-Harry!-

Si era spaventato per il tono terrorizzato nella voce della madre, ma aveva continuato a scendere le scale, e ad ogni gradino il cuore gli batteva più forte e la paura divampava nel petto, soprattutto quando aveva riconosciuto un'altra voce provenire da sotto. Aveva sussultato violentemente nel momento in cui un grido aveva squarciato l'aria, e poi si era bloccato, proprio sulla soglia della porta che dava in salotto.

-Mamma?-

Aveva gli occhi pieni di lacrime, e strinse al petto il suo peluche, facendo un passo avanti. L'uomo che lo fissava dall'altra parte della stanza aveva un viso da rettile e gli rivolse un'occhiata gelida -E così tu sei il piccolo Harry Potter-



Note:

Salve a tutti, perdonate il ritardo con la pubblicazione, purtroppo tra un impegno e l'altro ero rimasta indietro con la stesura. Tuttavia, mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, spero possiate apprezzarlo e spero soprattutto che non deluda le aspettative. 
Questa volta vi sono alcune piccole cose che mi preme precisare, innanzitutto chiarisco a scanso di equivoci che Rev è una sorta di proiezione della mente di Harry, un "amico immaginario" che porta dolore perché la sua presenza anticipa quella di Voldemort. Seconda cosa, gli episodi di magia involontaria che sperimenta Harry avvengono principalmente a causa della mancanza di un percorso scolastico come Hogwarts che insegni ad incanalare e controllare la sua magia, perciò allo stato attuale il potere magico di Harry è intrappolato e viene fuori in ondate violente.
Tra l'altro, la penultima scena è stata uno dei momenti più dolci che abbia mai scritto, mi sono quasi commossa da sola, anche perché con questa storia volevo evidenziare il legame di Harry con James, almeno quello che avrebbero potuto avere.

E infine ringrazio Azzu___, fay90, Mad Sounds, Guido, e _Fer01_ per aver inserito la storia tra le seguite, e mando un enorme bacio a Pola_Peace (che ormai è quella persona meravigliosa che recensce ogni capitolo) e a Dragonfly92 (un commento che mi ha sciolto il cuore, presto arriverà anche la risposta) per aver recensito lo scorso capitolo, siete dei tesori, un grazie enorme.
Saluti anche a tutti i lettori silenziosi, spero mi seguirete fino alla prossima.

  
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