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Autore: slv_93    22/08/2017    1 recensioni
Beatrice è una ragazza italiana da poco laureata in Management che vive a Londra. Il suo sogno è trovare un lavoro e sistemarsi nella capitale inglese. La ragazza, contro ogni previsione, viene contattata dalla Modest! Management, importante agenzia che cura molti artisti tra cui gli One Direction, e che le propone uno stage di 6 mesi.
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Tratto dal capitolo 9:
"Merda!"
Ripose il cellulare nella tasca dei pantaloni e lo guardò con aria interrogativa.
"Ci sono i paparazzi, dannazione!"
Solo in quel momento la ragazza alzò lo sguardo e vide dei fotografi nascosti dietro agli alberi a pochi metri da loro.
"Sono la vostra manager, Harry. È normale che io stia con voi" disse scrollando le spalle. Poi si bloccò di colpo e lo guardò preoccupata.
"Che ti prende?" le chiese.
"Guarda come cazzo sono vestita! Ho una maglietta dei cinesi con lo smile e una kefiah da terrorista rosa! O mio Dio che figura di merda!"
"Tu non sei normale"
Questa storia è disponibile anche su Wattpad!
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Con te un'ora dura cinque minuti,
ma rimani ancora cinque minuti 
che con te valgono un'ora
(Emanuele Piccinino)

HARRY'S POV

"Secondo te sarei dovuta rimanere a Verona?" mi chiese Bea in un sussurro.

Mi voltai verso di lei. Era seduta al mio fianco su quell'aereo che ci avrebbe portati a Londra. La vidi torturarsi le mani e bloccai ogni suo gesto appoggiando una mano sulle sue.

Capivo la sua insicurezza riguardo al tornare a casa e Marco le aveva pure dato il permesso di rimanere a Verona, ma lei aveva rifiutato a causa dei suoi (cito testualmente) principi di responsabilità verso il lavoro.

"Non avresti potuto fare nulla in ogni caso. Smettila di sentirti in colpa" le dissi a metà tra il rimprovero e la rassicurazione.

"Lo so, ma dover salutare mio padre ancora su quel letto di ospedale mi ha fatto stare male" ribattè lei abbassando gli occhi sulle nostre mani intrecciate.

Non sapevo cosa risponderle. In fin dei conti avevamo avuto mezza giornata per rifare le valigie e catapultarci sull'aereo, quindi il loro saluto era stato piuttosto veloce e senza molte spiegazioni.

Peter si era dimostrato gentile nei miei confronti e prima di uscire dalla stanza mi aveva afferrato un braccio per raccomandarmi di trattare bene il suo fiorellino. Mi aveva preso alla sprovvista così mi ero limitato ad annuire, ma dentro di me sapevo che far soffrire Bea era l'ultima delle mie intenzioni.

Iniziavo a provare qualcosa di forte e, anche se ci conoscevamo da un mese e mezzo, passare così tanto tempo insieme aveva amplificato tutte le emozioni che sentivo quando stavo con lei. Non ero certo che per Bea fosse lo stesso, ma tutti i momenti passati insieme mi convincevano che fossi ricambiato.

Se non era amore, ci andava molto vicino. 
Adoravo il suo profumo al thè verde che sembrava spruzzarsi in quantità industriali, ma preferivo ancora di più l'odore della sua pelle quando la stringevo a me e mi rintanavo nell'incavo del suo collo. 
Adoravo tutte le sue espressioni del viso che avevo ormai imparato a conoscere e il suo modo di scherzare e prendermi per il culo, perché mi sarei fatto prendere in giro a vita per vedere di nuovo comparire le sue fossette, così simili alle mie, mentre rideva di me.

"Harry" mi ridestò la fantastica ragazza che mi era seduta accanto. "Marco ti ha detto perché ci vuole a Londra prima del previsto?"

"No, ha solo detto che ci sono dei cambi di programma" risposi pensieroso.

In effetti, il mio manager era stato piuttosto vago sulla vicenda e nemmeno i ragazzi sapevano perché avesse interrotto in anticipo la nostra meritata pausa. Probabilmente si divertiva a romperci i coglioni, come se la nostra vita non fosse abbastanza stressante.

Guardai Bea e dalla sua espressione sembrava essere pensierosa quanto me. Era così buffa con quelle rughe a corrucciarle la fronte.

"Non sarà niente di preoccupante. Marco si diverte a romperci le palle, lo sai" cercai di rasserenarla dandole un bacio sulla fronte.

Scrollò le spalle come per darmi ragione e si accoccolò sul mio braccio. Dopo qualche minuto, il suo respiro regolare mi suggerì che si fosse addormentata.

Sorrisi al pensiero di aver dormito con lei senza avere l'intenzione di andare oltre. Non mi riconoscevo più.

Avevo sempre pensato che il sesso fosse una componente essenziale in un rapporto e le ragazze che avevo avuto la pensavano allo stesso modo, infatti finivano sempre con il sottoscritto tra le lenzuola dopo qualche giorno di frequentazione.

Con Bea non riuscivo a fare lo stesso. Certo, ero attratto da lei fino all'inverosimile dal momento che aveva un corpo perfetto. Lei si definiva "grassa", ma io adoravo quei leggeri rotolini che aveva sui fianchi o il filo di pancia.

Potrei sembrare incoerente visto che ero abituato ad avere a che fare con modelle senza un grammo di grasso, ma erano ragazze famose che passavano metà della loro vita in palestra e dall'estetista e io non potevo certo scartarle tutte. Alcune esigenze andavano soddisfatte, non so se mi spiego...

In realtà, avevo sempre preferito le donne in carne e Bea era proprio l'ideale nelle mie fantasie: fianchi larghi, seno prosperoso e qualcosa da toccare al posto delle ossa.

Fantasie che, però, avevo deciso di accantonare per rendere la nostra prima volta speciale. Ero diventato un cazzo di sentimentale, ma non me ne fregava. Che male c'era nel voler rispettare la ragazza che avevo a fianco?

"Bea, siamo arrivati" la svegliai con un bacio non appena fummo avvisati dell'atterraggio imminente.

Si sfregò il naso e gli occhi per poi sgranchirsi i muscoli. Io la imitai stirando le gambe. 
Odiavo gli aerei di linea. Erano così stretti che uno di 1 metro e 80 come il sottoscritto doveva assumere una posizione quasi fetale per poterci entrare. Era molto meglio il nostro jet privato, peccato che l'agenzia non me lo avesse concesso.

Alzai il fottuto cappuccio della felpa sulla testa e indossai gli occhiali da sole. Speravo solo di non avere un altro incontro ravvicinato con i paparazzi in presenza di Bea. Non volevo le accadesse qualcosa come, ad esempio, rimanere schiacciata tra le persone che si sarebbero accorte di me.

Una volta scesi dall'aereo e dopo aver recuperato le valigie cercai di trascinare Bea fuori dall'aeroporto il più velocemente possibile. Per fortuna, solo qualche ragazza mi aveva riconosciuto e ci eravamo fatti delle foto. Due di loro avevano insistito per immortalare anche Bea e lei aveva accettato entusiasta. Ormai su Internet si parlava solo della nostra storia e alcuni titoli di giornali l'avevano fatta un po' soffrire.

"Quanto durerà la nuova fidanzata di Styles?", "Harry Styles esce con la sua manager, cosa ne penserà la Modest!?", "Styles latin lover: la nuova fortunata è Beatrice Clarke".

Erano solo alcuni dei titoli che avevamo letto dopo l'ufficializzazione della nostra relazione. Io non ci davo più importanza, ma Bea aveva iniziato a sentirne il peso. I suoi followers erano aumentati a dismisura.
Alcune fans la insultavano, altre, invece, la sostenevano. Non ne avevamo mai parlato, ma vedevo nei suoi occhi la tristezza quando leggeva qualcosa di poco carino nei suoi confronti. Si era così convinta ad usare il cellulare il meno possibile.

"Harry, muoviti! C'è John" mi risvegliò dai miei pensieri la voce di Bea che ormai mi aveva lasciato indietro per rifugiarsi in macchina.

Il nostro bodyguard ci aspettava nel suv nero con la solita espressione da "ti spacco il culo se mi fai incazzare" e un paio di occhiali da sole a specchio.

"Ciao John, come stai?" domandai allegro una volta salito a bordo dopo aver sistemato le valigie nel bagagliaio.

Ciò che ricevetti in risposta fu soltanto un grugnito e un'occhiataccia dallo specchietto retrovisore. 
Quanto mi mancava Paul! A dire il vero mancava anche agli altri, basti pensare che era con noi dagli inizi di X-Factor e ormai avevamo iniziato a chiamarlo papà. Le avventure passate insieme erano troppe da ricordare ed evitavo sempre di pensare al passato per non diventare nostalgico.

"Dove ci porti?" chiese Bea facendo capolino sui sedili anteriori.

"Alla sede della Modest. Gli altri sono già là, signorina Clarke" le rispose il colosso baffuto alla guida.

Perché io ricevevo solo versi animaleschi, mentre con Bea sembrava trasformarsi in un gentiluomo incravattato?

Lo guardai in tralice riducendo gli occhi a due fessure, mentre lui mi rivolse un'occhiata altrettanto intimidatoria per qualche secondo.

Quando distolsi lo sguardo Bea mi stava fissando con le sopracciglia alzate.

"È una gara a chi ce l'ha più lungo, tu non puoi capire" le spiegai a bassa voce per non farmi sentire.

Lei mi rivolse uno di quegli sguardi che mi riservava per farmi intendere che ero ridicolo e io lasciai perdere osservando la mia Londra scorrere fuori dal finestrino.

***

"Cristo Santo, ce ne avete messo di tempo!". 
Liam ci guardava con aria annoiata con la testa appoggiata sul divanetto posto fuori dall'ufficio di Marco, le mani appoggiate alla pancia e le gambe aperte, un vero principe insomma.

"Scusaci Sir Liam se fino a tre ore fa eravamo spensierati a più di 1000 chilometri da qui" risposi piccato.

"Bea dimmi, ma scopate? Harry è sempre così acido" continuò alzandosi per cingere le spalle alla mia ragazza.

"Liam, smettila" intervenne Niall con tono deciso. Evidentemente pure lui aveva i coglioni girati per l'improvvisa interruzione alla sua vacanza in Irlanda.

"Entrate". Ad interrompere la quasi certa discussione fu la voce di Marco proveniente dal suo ufficio.

Presi la mano di Bea tra le mie e seguimmo gli altri nella tana del diavolo. Quest'ultimo era appoggiato alla sua scrivania con le braccia incrociate e un cipiglio sul volto.

"Come sta tuo padre?" iniziò Marco ancora prima di salutarci.

"Lo tengono ancora sotto osservazione, ma si è ripreso. Grazie" gli rispose lei sorpresa dall'interessamento.

Lui annuì e riprese a parlare. "Vi ho fatti chiamare tutti perché c'è un cambio di programma"

"Questo già lo sapevamo" si lamentò Louis disteso sul divanetto in pelle. Altro membro del gruppo che non aveva apprezzato la convocazione del nostro manager.

"Se mi lasci finire, Tomlinson" lo bacchettò Satana. "Il tour riprenderà da Columbus il 18 agosto come avevamo stabilito, però..." si interruppe guardando ripetutamente me e Bea seduti sulle poltroncine beige di quell'ufficio claustrofobico.

Lo guardai scuotendo la testa per incitarlo a parlare, ma sembrava avesse paura di concludere la frase.

"Marco muoviti, mi sembra di aspettare di nuovo il verdetto di X-Factor" lo incalzai piuttosto scocciato.

"Bea dovrà rimanere a Londra fino a metà settembre"

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