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Autore: theprophetlemonade_    28/08/2017    4 recensioni
«Alexander, non ti spaventa — dice Magnus alla fine — sapere che puoi provare dei sentimenti così forti per qualcuno che una parte di te ancora crede di conoscere a malapena? Perché a me spaventa da morire. Qualcuno che un giorno spunta nella tua vita, all'improvviso, e ti lascia senza alcuna possibilità di scelta a riguardo».
Alec incontra, nello specchio del suo bagno, un uomo che afferma di essere dall'altra parte del mondo. Da quel momento in poi la situazione s'impenna.
[Malec + Sense8 Clusters!AU → NON È NECESSARIO CONOSCERE SENSE8 PER POTER LEGGERE LA FIC]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clary Fairchild, Jace Wayland, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Salve gente! 
Come va? Io sono tremendamente in ansia per il season finale di Game of Thrones. Qualche altro fan della serie qui? 
Vi lascio il Capitolo 6, sono certa che vi piacerà. Grazie a chiunque sia arrivato fin qui e a chi dedica parte del suo tempo a questa storia. 
Corro a vedere la 7x07. Aiuto. 
Buona lettura! A rileggerci giovedì, un abbraccio. 
Starsfallinglikerain.


 
Capitolo 6
 

«Dunque — ti stai ufficialmente unendo alla rete di spie di Magnus?» chiede Simon, qualche giorno dopo, fastidioso nell'orecchio di Alec. 
È tardi, Alec è nell'archivio, al distretto, e non può fare a meno di sentirsi moderatamente paranoico  riguardo a quello che sta per fare. Avvia il computer e non riesce a fare a meno di guardarsi attorno nell'ufficio — ma è vuoto, ad eccezione di lui e Simon, che ha, per qualche ragione dimenticata da Dio, deciso di aggregarsi.        
«Appostarsi dopo il lavoro, intrufolarsi nei database del governo — forse dovrei canticchiare il motivetto di Mission Impossible? Penso di sì. Tom Cruise ne sarebbe fiero».      
«Perché sei qui?» borbotta Alec, scrivendo velocemente la password e poi cancellandola, solo per connettersi usando le credenziali di Raj.  
Scusa Raj, pensa Alec in fretta, ma è meglio prevenire che curare. Solleva lo sguardo al suono di passi provenienti dal piano superiore, sapendo perfettamente che qualcuno del turno di notte potrebbe sbucare da un momento all'altro, e trattiene il respiro.     
«Lo chiedi come se non fossi in grado di rinunciare all'opportunità di giocare al detective?» Simon sta ancora parlando. «Mi sento come Sherlock Holmes o James Bond o quello che ti pare, voglio dire: sì, è anche terribilmente terrificante, e davvero non ho alcuna intenzione di essere colto in flagrante, perché potresti essere davvero possibilmente arrestato, ma — ».      
«Per favore, sta' zitto».         
«Intesi, capo».           
Alec alza gli occhi al cielo e fa per estrarre il fascicolo dal database prima di aprire la finestra dei comandi su Linux. Davvero non riesce a capire i computer, ma Lydia sì, e all'improvviso è in piedi accanto a lui, sporgendosi oltre la sua spalla e assumendo il controllo della tastiera. Il suo profumo è forte e sembra costoso; Alec arriccia il naso.      
«Sto accedendo in remoto» dice, le sue dita sono veloci sulla tastiera. «Da Sydney. Non saranno in grado di rintracciarci».
«Non hai paura di lasciare, che ne so, delle briciole di pane o qualcosa di simile? Qualcosa che qualcuno potrebbe rintracciare?» suggerisce Simon. Anche Lydia alza gli occhi al cielo. Ad Alec piace ancora di più rispetto a prima. Senza fronzoli.          
«Per chi mi hai preso, Simon Lewis? Per una dilettante?». 
Lydia si allontana dallo schermo, la sua mano si appoggia sulla spalla di Alec.     
«D'accordo» dice fermamente. «Accedi al database e poi apri questo fascicolo». Gli detta un codice numerico, che Alec digita attentamente, prima di premere invio. Due files appaiono, entrambi  con la scritta [accesso limitato]  timbrata in cima alla pagina.
Non è insolito trovare file a cui non può accedere — Alec sta usando le credenziali di Raj, e Raj non è esattamente ai piani alti, e diamine, nemmeno Alec lo è — ma è comunque strano. Non c'è nulla nel pacchetto dei dati che suggerisca il motivo per cui i files dovrebbero essere riservati. L'FBI non è coinvolta. Non c'è la firma di un qualche pezzo grosso probabilmente più corrotto delle persone su cui Lydia e Magnus stanno cercando di investigare. Nessuna indicazione su cosa potrebbe esserci all'interno.    
Sa proprio di crimine.            
«Problemi?» chiede Alec a Lydia, notando il cipiglio sul suo volto.          
«Sì, ma non sono inaspettati» dice, svanendo rapidamente. Quando riappare, qualche istante dopo,  è appoggiata alla scrivania di Alec. «Li prendo da qui, Alec. Sei stato di grande aiuto. Dovremmo essere in grado di estrarli e decriptarli sui nostri server. Dovresti andare».         
«Beh, questo è stato deludente» dice Simon.          

 
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Quando Alec esce in strada, prendendo una boccata d'aria notturna, frizzante e fresca, il suo cellulare inizia a squillare. Simon è svanito e Alec non si preoccupa di cercarlo, infilando le mani nelle tasche per raggiungere il suo cellulare. Il suo cuore continua a battere un po' più forte del normale, ravvivato dall'adrenalina ed elettrizzato dall'infrangere le regole; è lo stesso genere di sensazione che prova quando sta correndo per la città e spinge il proprio corpo contro quello di un delinquente che sta inseguendo, con l'eccezione che questo sembra più nobile. In un qualche modo. In un modo contorto, in cui essere più nobile evidentemente significa infrangere la legge. Ma è la cosa giusta da fare; Alec lo sa. Se Lydia e Magnus si stanno spingendo tanto in là per tenerli al sicuro, può concedersi di correre qualche rischio.         
Il suo cellulare continua a squillare e se lo rigira fra le mani distrattamente. Il chiamante è sconosciuto, ma capita, quindi si porta il telefono all'orecchio senza pensarci troppo mentre inizia a dirigersi verso la sua auto.
«Pronto?» risponde.  
C'è un respiro dall'altra parte e poi delle parole che sembra stiano sgocciolando attraverso un sorriso.
«So che è improprio e probabilmente sto infrangendo una qualche regola non scritta, ma...» dice un uomo dall'altro capo, la sua voce è come il miele. «Volevo ringraziarti, Alexander. Per questo. Per ciò che hai fatto. È stato un grande aiuto».
La mente di Alec va temporaneamente in panne. Si sente come se avesse improvvisamente i riflettori puntati addosso.        
«Magnus» respira e qualcosa di chiaro risplende nel suo petto, caldo, giallo e dorato. «Magnus?».
«Sì, sono io». Magnus ride con disinvoltura dall'altro capo. «Perdonami per essermi procurato il tuo contatto tramite Jace. Mi stavo un po' stancando di aspettarti».        
«I-Io» balbetta Alec. «Mi dispiace?».          
«Dovresti». Magnus  ride di nuovo. «Visitami presto, va bene? Tuttavia qui è tardi, quindi — magari non stanotte. Purtroppo c'è un sacco di lavoro da fare. Ahimè! Mi sarebbe piaciuto parlare più a lungo».
«Magnus, io — ».      
È difficile da spiegare: il respiro bloccato nel petto di Alec, il peso che improvvisamente fa pressione sulle sue spalle, il modo in cui non è del tutto sicuro che il suo cuore stia ancora battendo. Non si sono mai nemmeno incontrati, ma —.      
Non è come gli altri. Questo Alec lo capisce.          
«Un'altra volta, tesoro» dice Magnus, a bassa voce. «Presto. Non vedo l'ora. Grazie ancora».    

 
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Izzy è ancora sveglia quando torna a casa e gli chiede con un sorriso superfluo dove sia stato. Alec minimizza, disorientato e confuso, e poi lei gli chiede se abbia bevuto, avvicinandoglisi e controllandolo dalla testa ai piedi.           
Gli parla, ma Alec quasi non ascolta. La sensazione non sua fa ritorno: orgoglio, trionfo, belligeranza... Aspettativa? È difficile da dire, perché ce n'è così tanta; minaccia di mandare Alec al tappeto e ha bisogno di sedersi. Inventa qualche debole scusa per Isabelle e si dirige nella sua stanza, chiudendo a malapena la porta dietro di sé prima che Izzy sia in grado di scorgere le rughe disegnate sulla sua faccia confusa.
Alle prime ore del mattino, arde ancora viva. Alec non dorme, ma nemmeno desidera farlo. I suoi occhi bruciano, ma non si è mai sentito più sveglio. Alec si chiede cosa succederebbe se dovesse aprire il suo petto: vedrebbe il sentimento risplendervi? Ci sarebbe una corda stretta attorno alla sua vena cava, che interrompe la sua circolazione ma è brillante e luminescente? Potrebbe far uscire quella corda dalla sua gola solo per scoprire che conduce da qualche parte lontano o addirittura dall'altra parte del mondo?      
Dall'altra parte del sentimento, qualcuno sta lavorando duramente quella notte. La sua energia è indefessa, la sua mente galoppa. Alec è quasi certo di chi sia, ora, il suo spirito delle tre del mattino.        
Ode la voce di Magnus nella sua testa, intensa e fortuita. Non dice nulla di più di ciò che Alec non abbia udito durante la chiamata — non c'è ancora un legame — ma comunque si sente come se ogni nervatura del suo corpo fosse in fiamme.        
Magnus, pensa, cercando di concentrarsi sulla sensazione. Cerca di spingersi verso il suo epicentro, immaginando la corda del destino come una fune di sicurezza che può tirare. Non è così fortunato; la sua stanza rimane focalizzata, chiara e attuale. Ma il suo corpo duole, come se avesse davvero tirato quella fune, i muscoli delle sue braccia bruciano, ed è così vicino al suo obiettivo ora. Si sente vicino. Accadrà presto, no? C'è una pressione crescente sulle sue tempie e sembra quasi che qualcuno stia bussando dall'altra parte.      

 
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Alec non ha mai pensato davvero di incontrare di persona qualcuno del cluster. Suppone che sarebbe imbarazzante; è facile quando puoi semplicemente lasciare che la tua mente galoppi, ma pensare alle parole e pronunciarle... è un po' più difficile. Sa che sarebbe più dura dover scegliere cosa dire.
Non è esattamente vicino a nessuno di loro, con Lydia e Maia dall'altra parte del mondo, e Raphael già così evasivo. Presume che Clary sia la più semplice da visitare, ma anche allora, non ha davvero i soldi per poter comprare un biglietto aereo per attraversare il Paese. E Magnus... Magnus potrebbe essere ovunque.
Jace e Simon potrebbero incontrarsi, però. Se davvero volessero. Jace, a Londra, e Simon che saltella di qua e di là per l'Europa, in questo tour che  sembra non finire mai. È ad Amsterdam al momento. Non è lontano. Un salto per attraversare la Manica e potrebbero parlarsi di persona. Condividere l'ossigeno di persona. Toccarsi di persona.            
Alec prova un briciolo di gelosia (o forse è solo Clary che si intromette). Non è geloso di Jace o di Simon individualmente, ma  — è quella brama, di nuovo quella sensazione di solitudine. Uno spazio vacuo fra le sue costole; la possibilità fra le dita. Alec brama la connessione, il che è buffo, tutto sommato. Brama un tocco e non può fare a meno di pensare come sia toccare una persona con cui hai già condiviso quasi tutto ciò che è prezioso.   
Riconosce che sarebbe intenso. Qualcosa che va oltre alle parole. Soverchiante.   
Forse.

 
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Alec non sa cosa sia successo in realtà con i file che ha rubato per Lydia e Magnus.  Vede Lydia di tanto in tanto, ma sempre incidentalmente, sempre diretta verso altri luoghi. Non gli chiede nient'altro di lui, ma in un certo senso vorrebbe che lo facesse.        
C'è un qualcosa di inspiegabile nel suo motivo.       
Nelle notti in cui si sveglia alle tre a causa di qualcuno che si muove nella sua testa, prende il cellulare dalla tasca e guarda fisso e a lungo la lista delle chiamate. Il bagliore illumina il suo viso di un blu granuloso e strizza gli occhi, il suo pollice fermo sulle chiamate recenti.      
Ciao, uomo nella mia testa, lo chiama Alec.            
Inesplicabile. Giusto.

 
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«Magnus sta nuovamente chiedendo di te» dice Jace con uno sbadiglio, sistemato su un lato del letto di Alec. Ha tolto tutti i libri di Alec dal materasso e ora i loro dorsi stanno crescendo sul pavimento. Alec ha smesso di cercare di sgridarlo e si limita a sopportarlo come meglio può. Jace ascolta solo ciò che vuole ascoltare.
«Ah sì?» chiede Alec, cercando di mantenere la sua voce ferma. Non ha menzionato la telefonata, ma immagina che non ce ne sia di bisogno perché ognuno di loro lo sappia. Non sa nemmeno il motivo per cui vuole tenerlo segreto. Alcuni di loro probabilmente stavano ascoltando, quella notte al distretto. Lo conoscono tutti, e tutti conoscono Magnus, intimamente.           
«Sì» risponde Jace, a testa in giù sul materasso, mentre guarda Alec che si abbottona l'uniforme e appende la pistola alla cintura. «Sta diventando incorreggibile».          
«Almeno sai cosa significa questa parola?».
«L'ha usata Magnus. Sta' zitto. In ogni caso».         
«In ogni caso cosa?».
«È abbastanza strano, non credi?» dice Jace, pensieroso. «Continuo a chiedermi perché voi due siate gli ultimi. Se ci sia un motivo sottostante all'ordine in cui è successo. Perché Magnus sia così dannatamente coinvolto».
«Semplicemente gli interessa». Alec fa spallucce.   
«Lo so che gli interessa». Jace aggrotta la fronte. «Ma gli interessa un sacco di te. E non vi siete nemmeno incontrati. Ogni santo giorno è tutto un Come sta Alexander? Cosa sta facendo Alexander? Alexander sta avendo una buona giornata?. Come può importarti di una persona che non hai mai nemmeno incontrato?».
Alec trova le parole sulla sua lingua un po' troppo sdolcinate: ancora cose sulle anime gemelle, cose come conoscere come qualcuno si senta alle tre del mattino, cose come legami universali, cosmici, che uniscono insieme due persone, cose che vanno oltre le parole e la ragione. Alec non è nemmeno certo che quelle parole siano sue — forse sono di Clary, o di Simon, sono entrambi dei sentimentali — ma c'è di nuovo quello spazio nel suo petto in attesa.       
Ad Alec importa come importa a Magnus. Vuole essere completo. Vuole che il suo cluster sia un tutt'uno, perché magari farà la differenza. Forse si sveglierà alla mattina e il posto sarà semplicemente un po' più chiaro. Sentirsi sempre un po' incompleti fa davvero schifo.            
«Abbiamo parlato al telefono» ammette Alec. «Una volta. Ha detto che gli hai dato tu il mio contatto».
Jace si mette a sedere e sembra offeso.        
«Io non l'ho sicuramente fatto! La serpe».   
«Immagino sia solo — uhm, impaziente. O qualcosa del genere». 
Jace solleva  le sopracciglia, come se volesse dire qualcosa di palesemente ovvio, ma poi decidesse di non farlo.
«Sai una cosa, Alec? Non dirò niente. Quando lo incontrerai, puoi sopportarlo... da solo. Non dirò una parola di più».

 
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Non dovrebbe essere una sorpresa il fatto che Magnus appaia nel peggiore degli scenari. Sarebbe chiedere troppo, vero?, che apparisse nel salotto di Alec così come molti di loro hanno fatto. Se, magari, una notte, la sensazione delle tre diventasse un qualcosa di più di una sensazione. Alec sarebbe così fortunato.
Alec non può nemmeno dire di avere un brutto presentimento a riguardo quando si sveglia quella mattina, perché la giornata inizia esattamente come le altre. Si sveglia prima dell'alba — ha il turno presto — e riesce a incrociare Izzy non appena emerge dalla propria stanza prima che esca, le lascia velocemente un bacio sulla fronte. Si ferma in caffetteria durante il tragitto verso il distretto e prende un qualcosa di molto zuccherato per sé e un caffè  nero e amaro per Raj. Clary appare sul sedile del passeggero della sua auto, la sua testa ronza e il suo sorriso è lucido, evidentemente si sta godendo una qualche festa a tarda notte, ovunque sia. Ride più gaiamente del solito ed Alec scuote il capo, raccomandandole severamente di trovare un autista sobrio che la porti a casa a fine serata.        
Raj lo ringrazia per il caffè e poi Jace gli gironzola attorno mentre Alec sta sistemando le sue scartoffie, e poi ricevono una chiamata.         
È un'aggressione a scopo di rapina, succede spesso, ed Alec non ci pensa due volte mentre afferra la propria giacca e si precipita fuori, Raj nel frattempo borbotta qualcosa a riguardo di saltare il pranzo.
Ma non è solo una tentata rapina.     
Si sta facendo freddo a New York, e Alec riesce a vedere il proprio fiato creare delle nuvolette nell'aria, bianche e simili a funghetti. Si stringe di più nella giacca a vento e desidera di aver portato con sé i guanti. Forse nevicherà oggi. Se succederà, non vede l'ora di osservare lo spettacolo da dentro il suo appartamento con un bel libro e della cioccolata con tutti quei piccoli marshmallow per cui aveva tanto insistito che Izzy la comprasse. Prova a pensare a Raphael e Lydia, richiamando alla mente pensieri di un clima più caldo.
Tutto ciò che riceve in risposta è una risatina tagliente e incurante da parte di Raphael. Alec borbotta contro il freddo.           
Alec e Raj trascorrono un bel paio d'ore a controllare i vicoli del centro, cercando un tizio che corrisponda alla descrizione data da un testimone. Raj schizza dentro e fuori da alcuni negozi con un taccuino pieno di domande, mentre Alec pattuglia il marciapiede, fermandosi ogni sette persone a chiedere se abbiano visto qualcuno di simile.            
«Sì, in realtà io ho visto un ragazzo» dice la trentunesima persona che Alec ferma. Indica con il pollice dietro di sé. «Circa due minuti fa, è scomparso nel vicolo subito dopo quel nightclub che ha appena chiuso. Perché? È nei guai?».           
Alec ringrazia l'uomo velocemente e percorre la strada nella direzione indicata, scansandosi e tessendo il proprio cammino attraverso i pedoni mattutini, chiaramente molto più interessati  a tenere saldo il proprio caffè che a togliersi dalla traiettoria di un poliziotto di fretta. Alec aumenta la sua andatura fino a farla diventare una corsetta e contatta Raj via radio per dirgli dove sta andando. Il freddo è come un solletico che brucia nei suoi polmoni e pizzica il suo naso. Il vicolo è tranquillo, proprio come Alec si aspettava. Il sole sta sorgendo, ma l'aria è ancora gelida, ghiacciata anche nelle ombre degli edifici che si stagliano su di lui, e sa distintamente di fumo e fogna sul retro della lingua di Alec. Arriccia il naso, disgustato, e i suoi occhi si spostano verso le scale antincendio, ma le trova vuote, eccetto per i teli per stendere la biancheria che ondeggiano nella brezza un po' più in alto.
I passi di Alec sono sorprendentemente rumorosi sull'asfalto, i suoi stivali con la punta d'acciaio sbattono rumorosamente ad ogni passo. Non smette di pensarci, un fischiettio sulle sue labbra che sembra un qualcosa di simile a qualsiasi cosa Simon stesse suonando la scorsa notte, anche se Alec non lo ammetterebbe mai.
Non fa nemmeno l'errore di non estrarre  la pistola quando vede un uomo  più avanti che corrisponde alla descrizione del rapinatore. No, Alec è un poliziotto competente. Non sarebbe arrivato dov'è se non fosse stato bravo nel suo lavoro o se non avesse saputo aderire al protocollo.
Alle volte le cose brutte succedono e basta. Alec può dimostrarlo. Prontamente.
«Signore!» lo chiama Alec. «Signore, sono della polizia. Per favore, metta le mani sopra la testa e stia in piedi contro il muro laggiù».         
«Alec» dice Jace, da qualche parte al suo fianco. «Credo abbia una pistola».       

 
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Alec perde i sensi da qualche parte fra una pistola che spara e un grande dolore infiammato che s'impenna attraverso la parte destra del suo corpo. È disteso a terra —  come ci è arrivato? —  e sente un odore metallico. Ferro? Forse. Dio, è freddo.            
Sbatte le palpebre a fatica, ma la sua vista annaspa e la testa gli martella. Si muove un po', cerca di mettersi a sedere, ma il suo stomaco è dilaniato dal dolore, non riesce a respirare, sdraiandosi di nuovo per terra con un forte sibilo che spinge attraverso i suoi denti serrati. Le sue dita scivolano sotto la sua giacca a vento, sfiorando il suo fianco, da qualche parte proprio sotto la decima costola, e se ne allontanano calde e appiccicose.
Oh.
Gli hanno sparato.     
Si ritrova ad essere sorprendentemente calmo, che non è esattamente la reazione che ci si aspetterebbe di avere in una simile situazione, ma Alec può affermare di non essersi mai soffermato molto in passato a pensare a come avrebbe reagito se gli avessero sparato.          
Il suo respiro è cadenzato, per non dire un po' debole, e il cielo sopra di lui è azzurro. Un bell'azzurro cristallino, chiaro e freddo. Gli ricorda l'occhio di Jace.
Il sangue sta filtrando attraverso la sua camicia, ma è caldo, quindi va bene. Il dolore dietro la testa, dove ha colpito il calcestruzzo, non è molto diverso dal mal di testa che si rimesta quando qualcuno lo visita quand'è stanco o scontroso, quindi anche quello va bene.       
La radio appesa alla sua spalla inizia a ronzare e poi c'è la voce di Raj, confusa e distante, che chiama Alec  affinché risponda attraverso le interferenze. Raj lo capirà in un attimo, Alec ne è certo. Non è così idiota. Andrà tutto bene. Andrà —.        
Un altro dolore lancinante rimbalza nel suo addome e si ripiega su se stesso con un grugnito, tenendo gli occhi serrati con forza. È come se stesse andando a fuoco — come se la sua pelle stesse sobbollendo, gorgogliando, diventando nera e cinerea sotto le sue dita mentre cerca di spiluccare i bordi laceri della sua uniforme.
C'è un sacco di sangue.         
Malsanamente, spera che non sia Izzy a dover spingere il suo cadavere fuori dall'obitorio. Anche se è la migliore patologa forense  di New York —  per sua stessa ammissione, ovviamente —  e quindi preferirebbe che fosse lei a fare, in un certo senso, la sua autopsia, se si dovesse arrivare a tanto. Spera proprio di no.
Un'altra fitta di dolore. Grida questa volta, sente il sangue che filtra fitto nel lino blu inamidato della sua camicia.
Forse se fosse stato un bravo poliziotto non sarebbe successo. Forse non aveva colto  dei segnali che avrebbe dovuto invece notare — il che è probabilmente il caso. Forse se avesse spinto per avere quel lavoro d'ufficio, alla caccia di strisce sulle sue spalle, come avrebbero voluto i suoi genitori, non sarebbe stato qui, in questo vicolo, un poliziotto di pattuglia qualsiasi.     
Probabilmente avrebbe potuto fare qualcosa di meglio. Avrebbe sempre potuto fare qualcosa di meglio.
Izzy sarà così arrabbiata con lui.       
«Alec? Alec!» ode, da una qualche parte così lontana e allo stesso tempo incredibilmente vicina. È Clary? O forse è Lydia. Non ne è troppo sicuro. Chiunque sia non è davvero qui, dopotutto. È solo nella sua testa. «Oh mio Dio, Alec!».           
Sente delle mani tremanti sulle sue spalle —  di nuovo, non sono davvero qui, ma nondimeno sono calde. Sembra Simon, considerando tutti i calli che si è procurato suonando la chitarra.  
«Alec, cazzo». C'è Jace. «Alec, su, amico, tieni duro. Cazzo! Cazzo — c'è, c'è per caso qualcosa che possiamo fare? Qualcuno ha chiamato la polizia? Qualcuno sa che è qui? Dov'è quel coglione del suo partner?! Cazzo!».
«Se ne è occupata Biscottino. La polizia e il servizio di pronto intervento stanno arrivando» dice qualcun altro e la sua voce sembra autentica e familiare. Alec sente delle mani sul fianco dov'è ferito — non è sicuro di chi siano, e in verità sono solo le sue, tuttavia —.   
«Comprimi la ferita, Alexander» dice la stessa persona. «Devi arrestare il flusso sanguigno, o ti dissanguerai prima che qualcuno arrivi a salvarti».         
Jace sta ancora imprecando da qualche parte nei paraggi, e Simon sta tremando, e Alec pensa di scorgere Clary e Raphael in piedi che lo guardano, entrambi pallidi e spaventati —  ma annuisce, fa ciò che gli è stato detto. Porta le mani alla ferita e preme con fermezza. Il sangue cola fra le sue dita come melassa, e Dio in Cielo, fa male, ma stringe i denti e fa quel diavolo che gli è stato detto di fare. Sa come seguire gli ordini.
«Bravo. Bravo. Così» dice quella persona. «Stai andando bene, Alexander».       
E oh, pensa Alec, mentre i brividi iniziano a scuotere il suo corpo e lo shock si innesta nelle sue vene.
È Magnus.      
   
 
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