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Autore: Herondale7    31/08/2017    0 recensioni
I magici sono stati sempre temuti ed esiliati sin dalla Ripartizione nel Vecchio Impero. Sabriellen Jacklyn, una giovane ladra, entrerà in questa realtà più grande di lei in uno dei periodi più temuti nel regno dove vive. La guerra tra Neblos e Trule è difatti alle porte, e ciò che resta alla ragazza è fuggire per aiutare la sua famiglia frammentata; per perseguire in questa sua decisione dovrà compiere un gesto molto pericoloso: arruolarsi tra i pirati.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 8

Uscita dalla taverna mi ero concentrata nella mia fuga dal quel maledetto covo di malintenzionati precedentemente citato. Il fatto che oltre loro anche la Compagnia delle Terre Occidentali potesse avermi vista in compagnia di pirati, non fu di certo un incentivo a rimanere calma e riflettere sul da farsi.
Dovevo andare via dalla strada principale e allo stesso tempo assicurarmi di non essere vista dalla gente con altri ricercati. Decisi di allontanarmi in solitario rispetto agli altri membri dell’equipaggio di Bellamy; mi orientai con le stelle, veniva facile dopo anni di furti, così seguii il Corvo Nero, costellazione a Sud difficile da individuare, ma mi avrebbe di certo portata vicino alla nave.
Iniziai a correre scegliendo strade strette, dove finii per urtare mendicanti o uomini non troppo furbi. Dopo meno di mezzo minuto sentii un rimbombo alle mie spalle, probabilmente i pirati di Barrow si riversarono per la strada noncuranti delle guardie. Aumentai la velocità e mi tolsi le scarpe, fregandomene del dolore che avrei provato correndo su pietre, oggetti irriconoscibili e appuntiti o quant’altro. La mia priorità era non essere presa, perciò non fare rumore, o l’aver aiutato Bellamy non sarebbe servito a nulla se mi fossi fatta prendere.
Tre pirati mi stavano dietro, e fortunatamente non si erano accorti che erano sulla strada giusta. Presi più incroci possibili, sperando che si dividessero, lanciando pietre dalla parte opposta di dove mi dirigevo, per un po’ non funzionò ma dopo finalmente uno si allontanò dal gruppo, certo che fossi andata verso Ovest, alla spiaggia.
Ripensandoci non sarebbe stata una brutta idea, andando alla spiaggia sarei uscita dalla città, dirigendomi poi verso Sud. Effettivamente scegliendo quella strada avevo commesso un errore, fuori dalla città era campagna aperta, mi avrebbero vista subito, e avrei potuto contare solo sulla mia velocità. Li avevo distanziati un po’, ma ero stanca, e da scoperta la mia astuzia finiva lì, sarei crollata a terra con poco. Non potevo nemmeno aggirarmi per il confine, perché rischiavo di imbattermi in altri di loro.
Ebbi l’idea malata di girarmi, sfilare la spada e affrontarli ma pensai che mi rimaneva ancora un’ultima arma: il fattore sorpresa. Mi accostai a un angolo in attesa della loro comparsa. Dopo due minuti comparvero da un’uscita parallela. Potevo ancora giocarmela bene, uno era minuto. Scartai l’opzione di prenderli da dietro, erano al mio fianco, ma colpirli era ancora possibile. La spada, ripensandoci, era fin troppo pesante, così uscii lo stiletto.
Caricai silenziosamente, e feci un bel taglio a un braccio a quello che sembrava il più debole. Urlò e cadde. Quello accanto a lui uscì a sua volta la spada, una di quelle grandi grosse e pesanti, ma non conoscevo il genere, optai per squilibrarlo con Solida, prendendola alla meno peggio, e ci riuscì rispondendo con forza a uno dei suoi fendenti, dopo averne schivati due. L’allenamento dava i suoi frutti.
“Maledetta! Kasim, riprenditi!”
Diedi un colpo con il manico dello stiletto in testa a quello grosso che cadde a terra svenuto, mentre Kasim mi guardò stupefatto. “Tu!”
“Colpiscimi, penseranno che sei scappata, dirò che ci hai presi di sorpresa.”
“No, tu vieni con me, non è un ordine, te lo sto riproponendo per un’ultima volta, abbiamo poco tempo perciò scegli.”
Il mago girò la testa a destra e sinistra nervoso, mi sfilò la spada dal fodero e la piantò nel cuore di quello che era stato un suo compagno, poi mi prese per un polso e iniziammo a correre per la radura. Ci fermammo solo perché io potessi rivedere il cielo, trovando quel dannato Corvo Nero, poi tirammo dritto senza sosta verso la scogliera, dov’era nascosta la nave. Non ci fermammo nemmeno alle urla e al fragore della battaglia dietro di noi. Il rumore dell’acciaio delle spade risuonava dietro di noi, ma non avevamo tempo.
Le lacrime fecero capolino senza che lo volessi, e a quel punto la vista mi si appannò. Continuai a correre, ma caddi un paio di volte. A causa del dolore ai piedi non stavo molto bene in equilibrio, eppure il Magico si girò e mi rialzò ognuna di quelle volte.
Nel caos generale di quando entrammo a bordo nessuno si rese conto che Kasim non era dei nostri. Eravamo salpati poco dopo gli ultimi arrivati e tutto andò bene fino a quando Demien non se ne accorse. Mi sbraitò contro per aver fatto salire un nemico volontariamente. Tutti ammutolirono mentre Demien continuava imperterrito il suo discorso su come sarebbe stato bello vedermi volare giù dal ponte con la passerella, omettendo che sarebbe potuta essere anche la sua fine. E si sa, chi tace acconsente.
“Pazza! Traditrice! Che cosa hai in quella testa vuota? Lui era lì con loro, col nemico! Ci andrò di mezzo anche io per te. Io mi fidavo, diamine!” Le sue urla si sarebbero potute sentire pure dalla terra ferma.
“Se solo tu sapessi che lui, quello con il nemico, mi ha aiutata nell’incantesimo per permettere al nostro Capitano e agli altri di scappare, forse ci ripenseresti due volte prima di buttare me e lui fuori bordo senza consultare il tuo superiore.” Dissi velocemente e con l’astio negli occhi. In tutto ciò il mio tono andò crescendo.
“Vorrai dire il mio Capitano, non di certo il tuo. Non lo riconosci come tale se non gli obbedisci.” Quella da parte sua fu una vera e propria pugnalata alle spalle.
“Basta voi due.” Bellamy si decise ad intervenire, uscendo finalmente dalla sua cabina. “Qual è il tuo nome, ragazzo?”
“Kasim Bartéz, signore.”
“Sai, Kasim.” iniziò camminando verso di noi con le mani giunte sotto il mento. “Il punto non è averti o meno a bordo. Il punto è che tu hai disertato da Barrow, tradendolo e utilizzando la magia contro di lui, e io non posso permettere che questo succeda anche al mio equipaggio nel caso in cui io ti facessi entrare a bordo definitivamente.” Disse piazzandosi di fronte a me e Demien.
“Ti lascio scegliere, puoi garantirmi che questo non accadrà e firmarmi documenti di lealtà, giurando sul tuo marchio di attenerti a quanto scritto, o puoi scegliere di andartene a nuoto, siamo a solo un chilometro dalla costa, la corrente non è molto forte, ma sono convinto che puoi farcela anche da solo grazie alla magia.” Era pura pazzia nuotare fino alla riva, e lui lo sapeva. Bellamy sapeva perfettamente che così avrebbe guadagnato un mago in più.
Kasim soppesò l’offerta, ma non scelse, piuttosto mi fissò.
“Tu che faresti a parti rovesciate, Jacklyn?” Mi colse alla sprovvista.
“È una scelta difficile, considerando che qui a bordo tutti dubiterebbero e mi maltratterebbero nonostante la promessa mentre lì a terra, sempre ammesso che io ci arrivi, tornerei da una ciurma che mi considera uno schiavo su tutti i punti di vista. Con le diverse scelte puoi risolvere i diversi problemi.” Sorrisi sfacciatamente, incurante degli sguardi puntati contro di me. Non ero del tutto convinta di potermi esporre così tanto per lui, ma ne valse la pena per vendicarmi delle frasi taglienti di Demien e dello sfruttamento in parte motivato di Bellamy.
Il ragazzo, ancora pallido in volto per le energie perse, ricambiò. Si girò verso Bellamy e tese una mano che fu prontamente stretta. “Affare fatto, Capitano Silver.”
All’improvviso esaurii la mia sfrontatezza e mi sentì a disagio, tutti guardavano a me come un’intrusa. Smisi di sorridere, sistemai una ciocca di capelli dietro un orecchio, poi imbarazzata, presi a guardare a terra. “Vieni nella mia cabina, Sabriellen.” Seguii Bellamy, non troppo grata di avermi allontanata dal centro dell’attenzione. Non è sempre un bene essere chiamati dal Capitano.
Fuori si stava alzando il vento e in cielo stava per piovere. Entrando al caldo nella cabina fu meglio, ma non bastò per tirarmi su di morale. Avevo fatto proprio una bravata che mi sarebbe potuta costare la vita.
“Sabriel, non era questo il nostro piano, dovevamo correre tutti fuori e dirigerci alla nave il più in fretta possibile, non far entrare estranei a bordo. Senza offesa per Kasim, ammetto che è stato utile alla causa.” Puntò gli occhi su di me, accusandomi. “Ma per te ho perso tutto oggi, anche i pochi rapporti con Alexander Barrow, e Kethani solo sa quanto altro se non avessi il patto firmato con me.”
“Noi vi abbiamo salvato la vita, e mi spiace che questo venga considerato alla stregua di un crimine dall’equipaggio, ma se fossi stata sola probabilmente non sarei riuscita a salvare nemmeno te.”
“Non è questo il punto. L’equipaggio ha faticato ad abituarsi a te in queste tre settimane e tu fai salire un altro mago. Per quanto mi dispiaccia ammetterlo concordo con Demien, avresti potuto ringraziarlo e lasciarlo lì. Nessuno è mai salito a bordo da anni oltre noi stessi e le nostre compagnie.”
“Per prima cosa chiamale con il loro nome, prostitute. E secondo, mi spiace di star smuovendo l’equilibrio a bordo, ma non è colpa mia se qui non hai mai avuto streghe o maghi, o donne come costanti.  Il mondo va avanti, la società si evolve, ma dato che non siamo altro che un problema sbarcheremo alla prossima tappa.” Minacciai. Sapevo che non lo avrebbe permesso, non dopo essersi accattivato Kasim.
Marciò verso di me e mi inchiodò alla parete con un braccio. Parlò piano e con calma misurata, ma fu abbastanza per innervosirmi. “Smettila di scappare, lo hai già fatto per troppo tempo, Sabriel. Elettra mi ha raccontato tutto di te, ogni singolo comportamento cocciuto, e stavolta non andrai via. Non lo permetterò, non ora che anche tu potresti giurarmi fedeltà.” Spalancai gli occhi, incredula.
“Sai bene che non posso. Ti venderei la mia vita, quando in realtà ti ho solo chiesto un rifugio per la guerra e qualche soldo per vivere. Non scordarti quello che hai detto fuori la locanda, Silver.” Non poteva dire sul serio. Lo spinsi con la magia e ribaltai la posizione, puntandogli Solida alla gola. Un dolore atroce si impossessò del braccio sinistro, scottava per la mia minaccia. Sentii i poteri venire meno ogni istante, così come la mia forza vitale.
“Secondo te non è abbastanza questo dolore che sto provando adesso? Non posso fare nulla contro di te. Non impormi di dover vivere con te, perché sappiamo entrambi che ciò implicherebbe che, se un giorno dovessi chiedermi una mano, io non potrei rifiutarmi. A quel punto a cosa dovrei rinunciare io?” mi cadde una lacrima colma di rabbia sulla camicia e il marchio smise di bruciare lentamente.
Eravamo ad un millimetro di distanza, la lama premeva su entrambi i nostri colli, dei maledetti ricci neri e rossi mi impedivano di guardarlo negli occhi. Lo stavo rifacendo. La magia si stava per impossessare di nuovo di me.
Feci un passo indietro e rifoderai la spada. Quando osservai il braccio vidi che tutti capillari erano sollevati e incredibilmente visibili. “Adesso, Capitano, credo che noi due dovremmo stilare l’accordo tra voi e Kasim, a meno che non siate dell’avviso di farne firmare uno anche a me.” Abbassai lo sguardo e colpevole mi allontanai, girai una sedia e mi ci sedetti scompostamente.
Bellamy riprese fiato, e mi guardò esausto. “No, nessuno ne ha intenzione.”
Rimanemmo ore a scrivere quel dannato accordo per Kasim, ogni tanto Bellamy sollevava gli occhi dal foglio di pergamena e faceva commenti deplorevoli. Altre volte si limitava a sbuffare e intingere la penna nel calamaio.
“Sai una cosa?” Disse a un certo punto. “Fai quello che vuoi, sei indomabile da quando hai questi poteri. Hai dimenticato quanti furti d’oro hai fatto per me? Eri umile.” disse recuperando l’inchiostro e altra carta.
“Ero la vostra staffetta. Per voi spero di non dover fare nulla oltre lo stretto necessario.” Fece quasi più male a me pronunciare quelle parole che a lui sentirle.
Ragionandoci sopra, tra una clausola e un’altra mi resi sempre più conto di essere nel giusto. Quando un giorno avrei avuto un compagno, dei figli, e chissà, un posto stabile al Consiglio del quale ero appena venuta a sapere, non mi sarei potuta permettere di abbandonare tutto solo perché un certo pirata fosse venuto a bussare alla mia porta per aiuto. Eppure essendo stata sopraffatta dai quei modi selvaggi ero passata dalla parte del torto con un nonnulla.  
Qualche ora dopo ero sola nella mia cabina, Bellamy era andato a dormire e nessuno era passato da me, ero stata volontariamente evitata. La pioggia fuori era ormai una tempesta, e il rumore che faceva non rendeva tutto meno triste, semmai aumentava il mio malumore.
Forse ci ero andata giù pesante con Bellamy, di certo il passaggio dal ‘tu’ al ‘voi’ era stata una cosa non calcolata, ma ero sinceramente convinta che la persona che voleva al suo servizio non fosse una strega ma una schiava, e io non conoscevo quel Bellamy. Non ero decisa a vendere la mia libertà già prima, quando potevo essere vincolata alla guerra, perché farlo ora? Perché vincolarmi a qualcuno per un tempo indeterminato?
Certo, i cambiamenti c’erano stati in me, su questo non potevo dare torto a Bellamy, e non ero certa che tutti fossero in positivo. Avevo acquisito un’arroganza che non mi aveva mai caratterizzato, e in secondo luogo le mie priorità non erano più sfuggire alla guerra, ma scoprire qualcosa sui maghi. L’incontro con quella vecchia mi aveva fatto capire che del mio stesso essere moltissime cose mi erano ancora sconosciute.
Avevo capito di essere la discendente di una famiglia magica importante e di non riuscire a controllare la mia stessa natura. Avevo capito di avere degli alleati e di non saperne l’identità. Avevo capito che la mia famiglia non me lo aveva voluto rivelare per tenermi al sicuro, ma mi aveva preparata alla grande per il mio diciassettesimo compleanno spiegandomi cosa mi sarebbe accaduto.
Il fatto che non avessi mai avuto dei genitori a parlarmene rendeva ancora tutto più difficile da digerire. Insomma, non che fosse facile parlarne. Era una parte di me che era nata a distanza di diciassette anni, anche se era sempre stata lì come a ricordarmi di tutto quello che ero. Come se la persona che ero stata fino ad allora non contava.
Contava invece cosa avrei fatto di giusto o sbagliato da quel momento, dato che avevo tutte le facoltà che mi premettevano di cambiare la realtà intorno a me.


 

Spazio autrice:

Mi rendo conto che ho saltato l'aggiornamento la settimana scorsa senza avvertire, e che oggi aggiorno con due giorni di ritardo, ma perdonatemi ugualmente (Ho avuto degli impegni con il mio ragazzo). Ritornando a noi, che ne pensate? Lasciate qualche commento nella storia se qualcosa non vi è chiaro (anche perché sono abbastanza certa di aver scritto qualche periodo in modo assurdo, ma dettagli).
Alla prossima,
Herondale.

  
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