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Autore: ___Darkrose___    01/09/2017    4 recensioni
Ci troviamo negli Stati Uniti, negli anni delle continue conquiste del territorio da parte degli americani a discapito dei nativi. Kagome è cresciuta in mezzo alla tribù Apache, mentre Inuyasha è un cowboy che condivide le idee espansionistiche dei suoi compatrioti. Nonostante le loro differenze i loro destini sono legati indissolubilmente.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati altri tre giorni e Inuyasha era rimasto lì. Non era ripartito, era rimasto con lei. Aveva assistito al rito di passaggio dei giovani, aveva aiutato le donne a trasportare le fasce di legna, pescato, cercato di imparare la loro lingua.
Kagome non poteva credere al cambiamento che il giovane aveva fatto da quando lo aveva conosciuto. I suoi occhi si erano aperti e aveva guardato con quelli di una persona nuova. Avrebbe voluto che tutto cominciasse così, che lui fosse sempre stato parte della sua vita e che tutto il resto non fosse mai accaduto.
Avrebbe voluto che sua nonna Kaede lo avesse incontrato e avrebbe voluto poterle parlare di quello che accadeva nel suo cuore. Non poteva farlo con nessuno in quel momento; per quanto comprensiva quella gente fosse stata era inconcepibile che lui venisse accettato come suo futuro sposo.
Sposo? Cosa stava dicendo, lei era già promessa a Koga. Era vero che buona parte del suo villaggio era stata sterminata, ma quei pochi che erano rimasti meritavano protezione, meritavano di potersi godere una vita e lei non era nessuno per impedirglielo.
Quei pensieri le vorticavano in testa come l’acqua nel fiume, ma quando incontrava quegli occhi color ambra, lei non riusciva a riflettere razionalmente; per lei Inuyasha era diventato qualcosa di più che un suo compagno di viaggio.
Chissà dov’era sua sorella Sango, chissà se stava bene.
No, stava sicuramente bene. Koga aveva promesso di proteggerla e lui manteneva la parola.
Lo sentiva nel suo cuore e se fosse accaduto qualcosa gli spiriti avrebbero trovato il modo di farglielo sapere. Le avevano riportato la serenità di sua nonna tramite il vento, le avrebbero anche fatto conoscere il destino di Sango.
Aveva bisogno di sapere cosa fare, aveva bisogno di conoscere quel suo futuro così incerto.
Inuyasha, nel frattempo, si trovava con un anziano del villaggio, che gli stava mostrando come costruivano i loro archi. Era stupefacente vedere con quanta pazienza costruissero e soprattutto l’impegno che li faceva andare avanti anche alla loro età.
Aveva visto tantissimi anziani nella sua città e quasi tutti erano stremati dagli anni di duro lavoro e praticamente nessuno riusciva ad arrivare a quella veneranda età;  addirittura la vita di sua madre era stata stroncata nel fiore degli anni.
Ad un certo punto il vecchio gli rivolese una domanda, ma lui non riusciva a capire. Questo provava a spiegarsi a gesti, dandogli l’arco, ma lui continuava a guardarlo con aria disperata.
- Ti sta chiedendo se lo sai usare -.
La voce di Kagome gli arrivò alle orecchie e quando si girò le rivolse uno sguardo pieno di gratitudine. Se non ci fosse stata lei probabilmente quel pover’uomo non sarebbe mai riuscito a farsi capire da lui.
- Ehm…io ho imparato solo con la pistola – rispose Inuyasha.
Kagome parlò per qualche momento con il vecchio, che alla fine le riservò un sorriso con quei pochi denti che gli erano rimasti e le consegnò l’arco.
Kagome guidò Inuyasha fino a un vecchio albero, sul quale erano dipinti dei cerchi che probabilmente venivano usati come bersagli.
La giovane impugnò saldamente l’arco e poi si voltò verso di lui.
- Non ero la migliore nel mio villaggio, ma me la cavo abbastanza – sorrise lei.
Scoccò la freccia, che si andò a piantare molto vicino al centro del bersaglio. Lei, però, non sembrava soddisfatta di quel risultato e quell’espressione imbronciata fece ridere Inuyasha.
Kagome, però, la interpretò come una presa in giro e gli consegnò l’arco con fare stizzito.
- Prova tu, vediamo se sei bravo –.
Il cowboy ingoiò il groppo che aveva in gola e provò a prendere l’arco. Era più difficile di quanto pensasse. Non era leggero come sembrava e la corda era così tesa che non sapeva bene come incoccare la freccia.
Mentre lo tendeva, sentiva la corda irrigidirsi sempre di più e farsi quasi tagliente tra le dita. Quando mollò la presa la freccia si piantò ai piedi dell’albero e si ritrovò con il dito indice e il medio tagliati dalla corda.
- Dannazione! – borbottò.
Kagome gli fu subito vicinò e controllo attentamente la ferita. Era solo un lieve taglio, ma perdeva abbastanza sangue.
Quando la vide così vicino a lui, così apprensiva e attenta la tentazione di avvicinarla di nuovo come al fiume lo invase, ma si trattenne. Dopo quel giorno lei aveva cercato di limitare i contatti con lui e ora che finalmente la sua mano lo stava sfiorando di nuovo quasi non riusciva a contenere l’emozione che quel tocco gli provocava.
Istintivamente passò la mano sana sulla sua guancia e lei fremette sotto il suo tocco. Continuava a tenere gli occhi bassi e sembrava essersi improvvisamente irrigidita.
Dalla guancia portò le dita sotto il suo mento e la costrinse a guardarlo. I suoi occhi risplendevano alla luce del pomeriggio e sembravano quasi spaesati. Avrebbe voluto curare quella tensione, come lei aveva fatto con la sua.
- Kagome, cosa ti succede? – le sussurrò.
Lei non sapeva cosa rispondere. Cosa poteva dirgli? Non sapeva neanche lei cosa stesse accadendo nel suo cuore. O meglio, era consapevole del fatto che ormai la sua anima fosse legata alla sua, ma non poteva ammetterlo. Se avesse detto quelle parole, tutto sarebbe diventato reale e lei non avrebbe più potuto nascondersi dietro quella gracile barriera.
Dei canti e delle urla cominciarono a scuotere quasi tutto il villaggio e quel momento idilliaco tra loro fu interrotto.
Perché proprio ora? Pensò Inuyasha irritato, che non riusciva a capire a cosa fosse dovuto tutto quel fermento.
Kagome si diresse verso il centro del villaggio e lui la seguì, sempre innervosito dal fatto che lei lo avesse mollato lì senza avergli dato una spiegazione.
Fermò una delle giovani che stava correndo e sorridendo e cominciò a parlare e subito dopo anche la piccola indiana cominciò a saltare allegra.
- Si può sapere cosa hai da saltare? Somigli a una molla – sbuffò Inuyasha.
- Il bambino è nato! – esultò la giovane.
Il giovane la guardò perplesso. – E allora? Mica è nato il tuo di figlio -.
Kagome alzò gli occhi al cielo. – E’ una festa! Dobbiamo prepararci! -.
Dopo aver detto quelle parole corse verso le tende per andare a vedere il bambino, mentre gli uomini continuavano a complimentarsi con il padre.
- Ma è possibile che qua sia tutto una festa?! -.
 
Rin non era più riuscita a parlare con Sesshomaru da quando si era fermato alla locanda. Non le aveva detto come mai solo suo padre fosse partito ed era diventato ancora più burbero del solito.
Il Signor Myoga e il Signor Totosai non erano ancora ripartiti, ai due piaceva godersi la buona compagnia delle donne del Saloon e la tranquillità del posto. Praticamente erano solo due vecchietti che volevano godersi al meglio gli ultimi giorni della loro vita, anche se presto si sarebbero probabilmente diretti verso una nuova avventura.
Anche Rin avrebbe voluto viaggiare, vedere il mondo che per una donna era difficile scoprire. L’unico modo per allontanarsi, però, era sposarsi e pregare che il proprio marito avesse le risorse economiche – e soprattutto mentali – per prepararsi ai viaggi che lei voleva fare.
Le sarebbe piaciuto vedere l’Europa e scoprire quelle terre antiche e piene di storia. Ma come ci sarebbe potuta arrivare?
Spesso con sua fratello e con Inuyasha aveva discusso per la sua volontà di andare lontano, ma quei due le ripetevano sempre che era troppo piccola e che per una donna non era sicuro muoversi da sola.
Prese un lungo respiro e si preparò a rientrare. La cesta piena di panni pesava da morire e tenerla era parecchio difficoltoso, soprattutto mentre cercava di aprire la porta.
Prima che rovesciasse tutto a terra qualcuno aprì la porta dell’ostello e si ritrovò davanti lo sguardo glaciale di Sesshomaru.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma fu interrotta dall’ingombrante presenza di Myoga e Totosai, che praticamente li travolsero.
- Dai ragazzo, ti offriamo da bere! -.
Quei due lo stavano  portando al Saloon! E lui ci andava anche!
Rin sentì la sua rabbia montarle, ma cercò di non darlo a vedere sfoderò e la sua migliore faccia da schiaffi.
- Spero che troverà quello che cerca Lord Taisho, spesso gli uomini cercano compagnie facili -.
Lui sembrava pronto a risponderle, ma lei le richiuse subito la porta dietro di sé con forza.
Quel maledetto stupido, era proprio come tutti gli altri uomini. Cercava la compagna a buon mercato perché non era in grado di tenersi una donna normale.
Provava un profondo disprezzo per quel Sesshomaru, ma ogni volta che provava a fare su di lui non pensiero malevolo, questo veniva spazzato via da quella sera sulla veranda o da quel delicato bacio sulla sua mano.
Già, quel bacio. Era stato strano quel momento tra loro, non vi era stata nessun tipo di malizia in quel bacio, ma qualcosa di profondo. Sentiva ancora il calore di quelle labbra sul dorso della mano e ripensandoci, istintivamente, tornò a toccarla.
Cercava di riscuotersi, ma le sembrava del tutto impossibile. Decise di rimettere in ordine di corsa le stanze e di scendere di sotto a prendere una boccata d’aria.
Quando ebbe finalmente finito la notte era già calata da un po’ e la luna piena di stagliava sopra di lei, illuminando i dintorni. Le luci delle botteghe erano spente, l’unica rimasta accesa era quella del Saloon.
Era entrata raramente in quel luogo, ma non le era mai piaciuto. La puzza di sigari impestava l’aria e gli uomini erano quasi tutti ubriachi. A quell’ora, oltretutto, le donne probabilmente si stavano già esibendo in quei balletti.
Aveva visto parecchie volte Inuyasha e Miroku tornare ubriachi marci da quel posto, e tutti e due almeno una volta avevano ceduto alla lussuria, o almeno ne era certa.
Quante volte aveva dovuto accudire quei due zucconi dopo epiche bevute. Però doveva dire che con loro si era sempre divertita e che i giorni, per quanto ripetitivi, non erano mai stati noiosi.
Chissà cosa stavano facendo ora i suoi due uomini.
Si infilò nella stanza del fratello e osservò le sue cose. Dentro vi erano molte foto di loro dai piccoli e in quasi tutte compariva Inuyasha.
Sorrise nel rendersi conto di quanto tutti e tre fossero cresciuti, le cose erano cambiate più di quanto si sarebbe mai potuta immaginare.
Decise che si sarebbe mossa a cavallo verso il fiume, ma non voleva farlo con quella scomoda gonna lunga. Prese al volo una camicia e dei pantaloni del fratello e se li infilò. Miroku odiava quando lo faceva, diceva che non si addiceva al comportamento di una signora. Inuyasha, invece, la incoraggiava. Diceva che una donna doveva essere indipendente e dato che non gli era permesso di esserlo, tanto valeva che si travestisse da uomo per guadagnarsi la libertà.
I pantaloni erano larghissimi e dovette stringere la cintura fino all’ultimo passante, senza comunque ottenere buoni risultati. Infilò la camicia nei pantaloni e si diresse a passo spedito verso le scuderie per prendere uno dei loro cavalli.
Gli unici clienti di quei giorni erano i due anziani e Sesshomaru e i signorini potevano benissimo cavarsela da soli, tanto avrebbero sicuramente fatto tardi al Saloon.
Spronò il cavallo e si diresse verso il fiume poco lontano, ci andava spesso per rilassarsi. Lì vicino c’era un albero rinsecchito dal caldo sotto il quale si metteva sempre per ripararsi dal sole, anche se quella sera tirava un vento molto freddo.
Legò le redini del cavallo a uno dei rami più bassi e si mise con la schiena appoggiata al tronco dell’albero, sperando di poter rimanere da sola con i suoi pensieri.
Purtroppo qualche dio cocciuto aveva deciso di tormentarla fino alla fine, perché dopo poco una figura a lei ben conosciuta le si stagliò di fronte.
- Questo non è vestiario consono a una signora -.
In quel momento le sembrò di sentire suo fratello e questo non fece che accrescere il suo nervosismo. Sesshomaru era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento.
Alzò lo sguardo e lo fissò seria. – Forse le donne del Saloon avranno abiti sicuramente più adeguati -.
Un sorriso divertito comparve sul viso del giovane, che si distese a terra vicino a lei.
- Non sono andato la per le donne -.
A quel punto fu Rin a ridere di gusto. – Oh certo, perché voi siete diverso da tutti gli uomini di questa terra -.
Quando si voltò verso di lui se lo ritrovò a pochi millimetri dal viso e il suo cuore cominciò a battere furiosamente nel petto e lei si odiò per questo.
- Non più di tanto, apprezzo comunque un buono scotch, anche se da queste parti sembra difficile trovarlo e mi sono fatto convincere da quei due che al Saloon ne avrei trovato -.
Rin avrebbe voluto ribattere, ma proprio non ci riusciva. Era incantata da quello sguardo così magnetico. Lui era così perfetto in qualunque situazione e questo la mandava completamente in tilt. Non le era mai capitato di rimanere senza parole davanti a qualcuno.
- Soprattutto – continuò lui. – Apprezzo la compagnia di una bella donna -.
A quel punto il cuore di Rin sembrò smettere di battere tanto andava veloce. Sentiva il viso caldo e in quel momento avrebbe solo voluto poter dire qualcosa, ma più cercava di aprire la bocca, più uscivano solo balbettii sconnessi.
Sesshomaru si allontanò improvvisamente da lei e si mise a fissare l’acqua, tornando una statua di compostezza e silenzio.
Lui si era dovuto allontanare per un unico e semplice motivo. Non riusciva a controllarsi di fronte a lei. Provava un convulso desiderio di farla sua lì, sotto quell’albero, ma non poteva lasciarsi andare a certe cose; la sua educazione e il sua carattere glielo impedivano.
Lui trovava che fosse stupenda anche in quelle vesti maschili. I suoi occhi scuri lo avevano quasi stregato e il suo profumo per poco non gli aveva fatto completamente perdere il controllo.
Aveva dovuto richiamare a sé tutto il suo autocontrollo per allontanarsi, ma mai come  quel giorno si era sentito nel posto giusto. Non gli importava di essere lontano dalle comodità inglesi e soprattutto non gli mancavano le dame di corte. Mai aveva trovato una donna così forte in Inghilterra e probabilmente non ci sarebbe riuscito di nuovo neanche se avesse cercato per mille anni.
Aveva anche ormai capito che lei non gli era del tutto indifferente e che entrambi erano scossi dagli stessi sentimenti l’uno per l’altra. Però non riusciva comunque ad abbandonare quella corazza che si era costruito, anche se lei la aveva scalfita più di qualsiasi altra persona al mondo.
Aveva conosciuto così poco sua madre. Era ripartito con suo padre in tenera età e quando era morta il senso di colpa per non averla vista abbastanza lo aveva invaso. Per questo motivo ora sentiva il bisogno di proteggere quella giovane così fragile come non era riuscito a proteggere sua madre in precedenza. Lei, così delicata ma forte allo stesso tempo.
- Voi avete viaggiato tanto? – chiese lei a bruciapelo.
Sesshomaru la guardò sorpreso per quella domanda. – Da quando siamo tornati al “voi”? -.
Rin alzò gli occhi al cielo esasperata. – Hai viaggiato tanto, Sesshomaru? -.
Smise di guardarla e tornò a fissare l’acqua. – Abbastanza da conoscere bene il mondo -.
Dopo quella frase lo sguardo della giovane si perse nel cielo a guardare le stelle e lui si ritrovò incantato a guardare come i suoi occhi brillassero più di qualsiasi altro astro.
- Mi piacerebbe vedere quei posti, ma non credo che mio fratello o Inuyasha riusciranno mai a portarmici, loro sono troppo legati a questa terra -.
Sesshomaru non si lasciò scappare quell’occasione. – Se vorrai potrai venire in Inghilterra con me -.
Gli occhi di Rin sembrarono illuminarsi ancora di più e il suo sorriso si allargò. – Vedere l’Inghilterra? E la Francia, l’Italia… -.
- Calmati – sbottò lui. – Cominciamo da Londra -.
A quel punto Rin non si trattenne, poteva finalmente cominciare a sfiorare il sogno di poter viaggiare e quasi non le sembrava vero. Buttò le braccia al collo del giovane e non le importava quanto potesse sembrare sconveniente quello che stava facendo.
Lui, invece, rimase immobile come una statua, senza sapere che cosa fare mentre quel piccolo corpo si stringeva a lui. Si limitò a sfiorarle la nuca con la mano, mentre i suoi capelli si infilavano tra le sue dita.
- Grazie Sesshomaru -.
 
La festa per la nascita del bambino era cominciata. Gli uomini e le donne ballavano intorno al fuoco. Kagome si dimenava intonando canti allegri e gioendo insieme alle giovani donne.
Inuyasha stava seduto in disparte e la guardava contento. In mezzo alla sua gente lei sembrava sempre rinascere. L’aveva quasi vista appassire in mezzo agli uomini che l’avevano trascinata al forte, mentre lì lei sembrava felice e appagata.
Avrebbe voluto poterla vedere sempre con quel sorriso sulle labbra, anche se questo avrebbe significato dirle addio.
Aveva capito le regole dei villaggi. Nessuno avrebbe accettato un uomo bianco come marito di una giovane ragazza apache, soprattutto se quella ragazza era la nipote di una sciamana.
Ahiga era seduto poco lontano da lui insieme a sua moglie. Le cingeva le spalle con il possente braccio e la guardava con amore. Forse era quello che lui desiderava in fondo al suo cuore, una donna che lo guardasse con quegli occhi e da poter amare, anche se quella donna non sarebbe mai stata Kagome.
La donna di Ahiga, che aveva capito chiamarsi Macawi, si allontanò per unirsi ai canti e ai balli e l’uomo si avvicinò a lui inaspettatamente.
- Non ho mai visto un bianco guardare così una delle nostre donne – sentenziò serio, senza smettere di guardare la moglie ballare.
Inuyasha si irrigidì all’improvviso e cercò di allontanare lo sguardo da Kagome.
- Non credere che io non abbia visto come la guardi, ho troppe lune addosso per non capirlo – continuò lui. – Lei è tua acqua -.
Inuyasha lo guardò confuso. – In che senso, la mia acqua? -.
Ahiga sorrise divertito e volse lo sguardo verso di lui. Il giovane doveva ammettere che quegli occhi lo intimorivano.
- L’uomo è come il fuoco. Lui è indomito, è nato guerriero, ma il suo spirito ha bisogno di essere placato. La donna invece è come l’acqua; dona la pace e da la vita. Quando il fuoco incontra la sua acqua questi elementi si completano e si forma l’armonia.
Quando trovi la tua acqua, non puoi fuggire, perché l’acqua scava in profondità e non ti lascerà mai solo -.
Inuyasha rimase in silenzio ad ascoltare e i suoi occhi tornarono a posarsi sulla giovane. Era bella proprio come il giorno in cui lo aveva vista la prima volta. Aveva di nuovo addosso il sorriso di quel giorno e la stessa gioia si rifletteva in quegli occhi.
- Io però non sono il suo fuoco – sentenziò Inuyasha.
Ahiga rimase in silenzio per qualche secondo. – La scelta se esserlo o no spetta solo a te -.
Dopo avergli detto quelle parole si allontanò, era il momento per lui insieme allo sciamano, di andare a benedire il nuovo nascituro.
Si rese conto solo in quel momento di quanto si sentisse fuori posto. Lui non sarebbe mai riuscito a far parte di quella gioia e di quell’ardore. Lui era sì come il fuoco, ma un fuoco distruttivo, che non riusciva a preservare la vita. Kagome era un’acqua vitale, forse troppo per uno come lui. Non sarebbe mai riuscito a darle quello che meritava e forse l’unico modo per renderla felice era dirle addio.
Fu con quella consapevolezza nel cuore che si lasciò guidare da Kagome in quel ballo quando venne a prenderlo. Quello era il suo modo per dirle addio, era il suo modo per salutarla per sempre. Si godette lo spettacolo di quel sorriso felice e di quella gioia. Voleva ricordarla così, voleva imprimere quel sorriso nei suoi occhi per sempre.
Lei non si rendeva conto di quello che era passato per la testa del giovane, a lei sembrava sempre lo stesso Inuyasha. Lo sguardo sempre un po’ perso, il suo sorriso divertito ed era così che lei lo voleva.
Forse non era troppo tardi per dire a Koga ciò che provava, forse lui avrebbe capito. Lui non era malvagio e nel suo cuore avrebbe trovato lo spazio per perdonarla.
Sì, lei poteva vivere con Inuyasha e poteva farlo ora. Non dovevano separarsi per forza.
E fu con quei due pensieri che ballarono. Perché in quel momento erano davvero come l’acqua e il fuoco. Erano così diversi eppure così vicini.
Entrambi si godettero quella gioia, convinti ormai entrambi della loro strada.
 
 
 
Dopo aver recuperato Ayame e aver scoperto che stava cercando di raggiungere Koga, non ci volle molto per incontrare il giovane capo tribù. Era anche lui sulle tracce di sua sorella. Gli aveva detto che dovevano aver lasciato il forte da qualche giorno e che era sicuro che si fosse diretta verso un villaggio di Apache poco lontano.
Non era stato semplice convincere Koga della bontà d’animo di Miroku e del fatto che l’uomo che accompagnava Kagome si fosse prodigato per salvarla, ma alla fine con l’aiuto di Ayame ci erano riusciti.
Il viaggio lo avevano passato in silenzio, mentre Sango e Miroku si tenevano in disparte. La giovane gli aveva spiegato della difficoltà del capo tribù nell’accettare gli uomini bianchi e Miroku non lo poteva biasimare. Dopotutto erano stati loro a far invadere il loro villaggio, ma allo stesso tempo se non lo avessero fatto non avrebbe mai incontrato Sango. Lei era la donna giusta per lui. Era forte come una guerriera e lo sguardo sempre sicuro e fiero; celava bene la preoccupazione per la sorella, ma si vedeva che ora che la sapeva lontana dalla grinfie degli americani era molto più rilassata.
Era così contento di vederla così felice, ma ora era lui ad essere preoccupato per Inuyasha. Chissà se Kagome aveva interceduto per lui e lo aveva protetto.
Koga, nel frattempo, cominciava a rendersi sempre più conto che la felicità che provava nel vedere che Ayame era venuto a cercarla era fin troppa. Non poteva credere che nonostante la loro ultima discussione lei si fosse preoccupata a tal punto del suo ritardo da tornare indietro per cercarlo.
Aveva il viso scavato dalla stanchezza, probabilmente non si era fermata neanche un attimo per raggiungerlo in tempo.
Avrebbe voluto cancellare quegli occhi verdi dalla sua mente, ma più la guardava più si rendeva conto che forse era stato troppo impulsivo nella scelta della sua sposa. Kagome era bella, dolce e pura, ma non era Ayame. Per quanto fosse meno aggraziata e più irruenta, aveva qualcosa che non riusciva a trovare in nessun’altra donna.
Prese un profondo respiro e cercò di riprendere coscienza di sé. Non poteva infrangere una promessa fatta alla defunta sciamana Kaede. Le aveva promesso che avrebbe sposato sua nipote e che l’avrebbe sempre protetta fino a quando lei lo avesse desiderato.
 
Kagome si era svegliata abbastanza tardi quella mattina. La sera prima i festeggiamenti erano durati fino a notte inoltrata, anche se era stata una serata bellissima.
Inuyasha aveva ballato con lei tutta la sera e lei ne era stata felice. Era sicura che anche lui ricambiasse quei suoi sentimenti. Lo  aveva letto nei suoi occhi e in tutti i gesti che aveva fatto da quando erano partiti.
Lui non era come gli altri bianchi, ne era sicura. Inuyasha era diverso da qualunque altra persona avesse mai conosciuto, perché aveva cercato di imparare e di capire e nonostante le loro differenze non l’aveva mai lasciata solo anche nei suoi momenti più bui.
Si alzò di corsa e si diresse verso la tenda dove dormiva. Avrebbero trovato un modo per vivere insieme, anche se sarebbero dovuti andare in capo al mondo.
Lo trovò intento a prepararsi, ma dove stava andando? Aveva di nuovo addosso i suoi normali vestiti; la camicia era ancora sporca di sangue nonostante avessero provato a lavarla.
Quando la vide non sembrò contento, anzi il suo sguardo era un misto di ansia e preoccupazione. Perché era così?
- Inuyasha – provò a dire, ma lui la interruppe.
- Io me ne torno a casa -.
Una semplice  frase che le mandò completamente il cuore in frantumi. Perché la stava lasciando? Perché stava andando via?
- Ma…ma io pensavo che… -
- Cosa? -, il tono derisorio che usò non fece altro che accrescere il suo dolore. – Che saremmo stati insieme? Io sono un americano e tu solo una squaw -.
Aveva di nuovo usato quell’appellativo, non lo aveva più fatto dopo la loro lite. Perché ora la stava trattando così male? Quello non era il ragazzo che aveva conosciuto in quei giorni, non era il suo Inuyasha.
Avrebbe voluto fermarlo, avrebbe voluto dirgli i suoi sentimenti, ma la freddezza del suo sguardo la bloccò. Aveva sbagliato tutto, aveva completamente frainteso quei gesti così dolci dei giorni precedenti.
Si sentiva svuotata e non riusciva neanche a parlare. Avrebbe voluto dirgli di non andare, di rimanere con lei per sempre, ma si rendeva conto che sarebbe stato inutile. Diede un ultimo sguardo a quegli occhi dorati che l’avevano incantata fino a quel giorno e fece del suo meglio per non lasciar scorrere le lacrime sul suo viso.
Aveva provato a parlare, ma dalla sua bocca erano usciti solo dei respiri spezzati dal dolore. Proprio ora che lei aveva deciso di rimanergli accanto e di cambiare vita. Sperava che quei giorni lui avesse capito tante cose, e invece aveva fatto solo finta.
Lui se ne andò senza dirle nient’altro. Non c’era davvero più niente da dire, perché la sua indifferenza aveva detto abbastanza.
Si sentiva una stupida per aver anche solo pensato che lui fosse diverso, che potesse comprendere il suo mondo. Forse se quel giorno lo avesse baciato lui avrebbe preso quello che voleva e sarebbe sparito comunque. Aveva fatto bene a stargli lontano e soprattutto a non concedergli il suo cuore.
Ma cosa stava dicendo? Lui il suo cuore lo aveva ancora e forse se lo sarebbe tenuto per sempre, anche se ora era ridotto in mille pezzi.
Il dolore che provava la stava divorando dentro, lo stava completamente consumando. Era così spiazzata che non riusciva a muoversi, era rimasta immobile a guardare la sua figura allontanarsi per prendere il cavallo e quando era ripartito, mentalmente gli aveva detto addio.
Ora era finita per sempre.
Tutto intorno a lei le sembrava silenzio e quando la sua figura sparì dai suoi occhi si accasciò a terra, lasciando finalmente uscire le lacrime che aveva trattenuto. Ora poteva soffrire liberamente e offrire le sue lacrime al vento.
Non si accorse neanche della figura dietro di lei e quando si sentì sfiorare la spalla, finì di trattenere quel poco di autocontrollo che le era rimasto.
- Sango… - mormorò tra le lacrime.
Si buttò tra le braccia della sorella, abbracciandola forte e singhiozzando sulla sua spalla. La gioia di vederla viva non riusciva a colmare il dolore che le stava completamente riempendo l’animo.
Sango era spiazzata, si sarebbe aspettata qualsiasi cosa, ma non di trovarla in quelle condizioni.
- Sorella mia, cosa ti hanno fatto? -.
 
 
 
Ciao a tutti!
Lo so, forse il capitolo è pieno di avvenimenti, ma se lo avessi tagliato in pezzi sarebbero stati due capitoli troppo corti e quindi ho preferito sistemarli in questo modo, spero che vi piacciano!
insomma, Kagome e Inuyasha si sono ufficialmente separati, mentre anche Koga comincia ad avere dei dubbi. Però qualcuno sta continuando a tramare nell’ombra (Spoiler :P).

Comunque ringrazio tutti quelli che stanno continuando a seguirmi, grazie davvero *.*
Un bacione enorme a tutti quanti! <3
Silvia 
   
 
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