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Autore: Lady R Of Rage    05/09/2017    1 recensioni
Una giovane, fragile umana è tutto quello che si frappone fra Mettaton e i suoi sogni.
Quando lui e la ragazza si fronteggiano per un’ultima, strenua battaglia, la star è convinta che sarà questione di poco.
A volte, però, le cose non vanno come noi vorremmo, e un fallimento può originarsi dalla ragione più insospettabile.
E mentre un dolore atroce si fa largo attraverso il suo corpo, incomprensibile per Alphys e ancor meno per lui, Mettaton capisce che è giunto il momento di scendere a patti con la realtà.
E di capire per davvero quali sono i suoi sogni.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphys, Frisk, Mettaton, Napstablook
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie '#MTTBrandVitaDiM...'
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Sorsi Amari

La teiera bolliva sul fuoco, fischiando nel silenzio della sala da pranzo. 
Undyne si alzò da tavola, mollemente, guardando fissa di fronte a sé. 
-Vuoi lo zucchero?- domandò afferrando la maniglia. Alphys alzò lo sguardo dal cellulare. -Tanto, grazie.-
Undyne annuì. Due tazze blu a forma di pesce erano pronte sul piano del tavolo, colme di altrettante bustine di te ai ranuncoli. Versò l’acqua calda in quella più chiara. 
-Non aveva altri eredi?- domandò. Alphys sussultò, facendo tremare la sedia. 
-Non parliamone, t-ti prego.-
-Giusto.- Undyne passò alla tazza scura. La sua mano tremò, uno schizzo d’acqua bollente atterrò sul pavimento a un’unghia di distanza dal suo piede. 
-Dannazione!- 
Sbatté la teiera sul piano e aprì il cassetto degli stracci, ma un cigolio legnoso la fece voltare. Alphys si incamminava verso di lei, le mani strette ai fianchi, gli occhiali appannati.
-F-Faccio io.-
Undyne scrollò le spalle. -Sei molto dolce.- disse accarezzandole la spalla. Le porse uno straccio rosa, a pallini neri. Alphys alzò un sopracciglio.
-Era una gonna di Mettaton, questa?-
-Esatto.- Undyne sorrise scoprendo le zanne. -Il mese scorso ha mandato quel suo dipendente gatto a comprare vestiti a sorpresa, ma si è dimenticato di dirgli che taglia porta.-
-M-Me lo ricordo. Ero in camera sua quando si è provato gli abiti nuovi. Non g-gli entrava nulla. Ha scaricato tutto nella discarica.-
“Tipico. Darli a dei bisognosi era troppo difficile?”
-Almeno ci ho guadagnato io, no?- Undyne serrò il pugno attorno allo straccio. -Lui come sta? Ancora in vena di balli e pose?-
-In realtà no.- sussurrò Alphys. -È… strano. Ha delle strane pretese.-
-Pretese, sempre pretese! Come fai a sopportarlo?-
Vide Alphys ritrarsi verso la parete. “Quella dannata scatoletta… tira fuori il mio lato peggiore”.
-Mi dispiace.- sospirò. -Non dovevo alzare la voce. É successo qualcosa, fra voi due?-
-L-Lui…- la scienziata si riavvicinò al tavolo. -Da qualche giorno… dice di avere problemi, ma non c-capisco cosa ci sia che non va.-
Sospirò: -Forse non mi impegno abbastanza.-
Undyne digrignò i denti. “Egocentrico, e per di più sgarbato”. -Alphys, tu hai sempre fatto di tutto per lui. Se non fosse per te, lui non sarebbe nessuno. Ti sei impegnata anche troppo.-
-I-io gli voglio bene…-
-Non c’è niente di male. Ha l’animo di un ragazzino viziato. Non è pericoloso, e non direi neanche cattivo, ma di sicuro molto difficile. Tuttavia…- Undyne chinò la testa di lato. -Tuttavia non è da lui comportarsi così. Probabilmente è rotto, nulla di più. Non era fatto per combattere. Dovremmo farglielo capire.-
Alphys annuì. -Saresti un’ottima mamma.-
Si scambiarono uno sguardo. Undyne inspirò l’odore dolciastro del tè ai ranuncoli. “Quante volte l’abbiamo bevuto assieme, Asgore?” Porse la tazza chiara ad Alphys, portando alla bocca quella scura. Prese una profonda sorsata: era caldo, forte. La rassicurava. 
“Stare attaccati al dolore non servirà a nulla. Asgore appartiene al passato, ed è giusto che là rimanga. Vorrei che Alphys non avesse da preoccuparsi di quell’attorucolo viziato: sarebbe più facile anche per lei guardare oltre”.
Alphys aveva provato varie volte a formare un legame tra lei e Mettaton, ma tutte le volte era finita a male parole. Voleva davvero scendere a patti con il suo carattere, anche solo per far felice la ragazza che amava. Ma Mettaton era sempre così sfacciato e intrusivo da rendere impossibile qualsiasi tentativo di comunicazione da parte sua. Poteva restarsene a cuocere nel suo brodo: non ne avrebbe sentito la mancanza.
“È la tua dedizione, Alphys. Riesci a formare un legame con qualsiasi cosa”.
-Non è nemmeno riuscito ad attaccare l’umana.- proseguì Alphys. -Si è sentito malissimo, è a letto da giorni.- tirò su col naso. -Ha male allo stomaco, dice.-
La tazzina di tè scivolò dalla mano di Undyne, frantumandosi sul pavimento della stanza. 
Alphys trasalì, ma la guerriera non se ne curò. Fissò Alphys con gli occhi sbarrati, la mano che aveva fatto cadere la tazza ancora sospesa in aria.
“Se è ciò che penso, è in grossi guai.”.
-Allo stomaco?-


-Capo?-
-Sei tu, tesoro?-
Burgerpants spinse la porta in avanti di un palmo. -Posso?-
-Ma prego, prego!- La voce argentina dell’androide risuonò dal profondo della stanza. “La sacra suite del capo: tutti i dipendenti sognano di vederla. Non posso credere di essere stato io il primo.”
Era esattamente come la immaginava: i muri erano rosa pallido, con strisce nere agli angoli. Il letto era così vasto da poter contenere lui stesso almeno cinque volte, con almeno sei cuscini a forma di cuore sparsi presso la testiera. Una tenda nera lo avvolgeva come un baldacchino, e sotto la tenda giaceva Mettaton, con una coperta di lana rosa premuta sullo stomaco. 
-Vieni pure avanti, tesoro caro.- sorrise l’androide. -Dovevamo vederci in salotto, ma il mio povero pancino non sopportava più l’agonia di stare piegato.- 
La mano guantata della star carezzò lo stomaco teso. -È capriccioso, sì?-
Burgerpants non seppe cosa rispondere. Fece slalom tra i vestiti a terra, raggiungendo la testiera del letto. Sulla mano sinistra reggeva un vassoio che recava una tazza di olio bollente. 
-Mi dispiace.- mugugnò. -Che stiate male.-
Mettaton prese la tazza. -Anche a me. Alphys non capisce cos’abbia. Mi ha rivoltato come un calzino, e… niente!-
Serrò il pugno della mano libera attorno alla coperta. -Fa male. Mi era passato prima, ma adesso… Per arrivare dal divano a qua ho impiegato cinque minuti.- 
Strinse i denti in uno spasmo improvviso. -Ah. Ahi, ahi. Non essere timido, tesorino. Vieni qua accanto a me. Prendi pure un cuscino.-
Burgerpants mosse appena la testa in un sì. “E adesso cosa vuole?”. Girò intorno al letto e si arrampicò sul materasso, gattonando sul copriletto di broccato rosa. 
-Ho un aspetto pietoso, non trovi?-
-Certo che no.- balbettò il giovane in risposta. -Sei così glamour che il glamour dovrebbe baciarti i piedi.-
“Ma guarda cosa mi tocca dire per tenere un micragnoso lavoro.”
-Non adularmi, ti prego.- l’espressione di Mettaton si fece dura. -Voglio che tu sia onesto con me. Brutale. Per questo ti ho fatto venire.-
Serrò di scatto gli occhi, ansimando. 
-Serve che chiami Alphys?-
-No, no. Ti prego. Lasciamola stare. L’ho già insultata a sufficienza.- Mettaton si strofinò il guanto sulla fronte. -Sono un disastro, non è vero? Un essere orribile.-
Burgerpants non seppe cosa rispondere. Si accomodò sui cuscini. “Che materasso soffice. Quello di casa mia è marmo, al confronto. Stupido Mettaton con i suoi stupidi lussi.”
-Lo so che lo pensi. Lo capisco da come mi guardi.- sussurrò Mettaton. -Un bravo attore deve saper leggere le facce, no? E tu, scusami se mi permetto, sei un libro aperto.-
-Io…- Burgerpants si strinse nelle spalle. -Sono contento.- “No affatto.” -Di essere facile da comprendere per te.-
-Niente lecchinerie, ne abbiamo già parlato.- mugugnò l’androide. -Sii onesto con me. Sono una persona cattiva?-
Il suo sguardo si allontanò dal suo viso, perdendosi negli arabeschi sul soffitto. -Perché credo di esserlo. E vorrei sapere se, insomma,- la sua mano si serrò di nuovo sullo stomaco. -si può fare qualcosa al riguardo.-
Burgerpants sbatté le palpebre. “E adesso cosa gli dico?”. Sollevò la mano a mezz’aria, le dita contratte. “Sembro un dannatissimo idiota e ho il capo davanti che mi chiede di essere onesto con lui. Ci scommetto la coda che mi caccia al primo sgarbo.”
-Allora?- Mettaton sorrise malizioso. -Se ti piaccio così tanto puoi andare. Sto cercando di- un gemito soffocato nella mano. -capire cosa ho che non va.-
-Voi…- Burgerpants deglutì. -Siete strano. Davvero strano. Non capisco mai cosa volete.-
-Mhm.-
“Lo odio quando fa così.” -Lustrini e colla nei Glamburger? Che schifo è? E siete viziato. Quando le cose non vanno come volete pestate i piedi e ve la prendete con me. Cosa vi ho fatto? È perché anche io voglio recitare?- “È una vita che sogno di farlo. E questo… è così piacevole!” 
-Siete un codardo. Quando le cose vanno male vi chiudete nella suite e non ce n’è più per nessuno. E siete così maledettamente finto. E irritabile, sfacciato, vanesio, egoista, egocentrico, e…- prese un profondo respiro.
-Avete un pessimo gusto in fatto di arredamento, vestiti, scarpe, trucco e gioielli.-
Mettaton sbatté le palpebre. Sorrideva bonario. -Sei davvero un tesoro.- 
“Cosa?”. -Ma vi ho appena insultato.- Burgerpants serrò i pugni per contenere il tremito delle sue mani. -Non ve la prendete?-
-Ne avevo un bisogno immenso.- sussurrò il robot. -Ora che so cosa sono, posso pensare a cosa posso essere.-
Burgerpants allungò il collo. -Non siete arrabbiato con me?-
-Non più.- rispose dolcemente Mettaton facendo l’occhiolino. -Hai detto che sono irritabile, vero? Ora guarda come non lo sono più.- 
Prese la tazza di olio e portò alla bocca una sorsata. -Mmh.- Si leccò le labbra. -Ho fatto dispiacere Alphys. Ho ferito tanta gente. Mio cugino, Undyne, Alphys,- un altro sorso, un altro ancora. -E te. Ti è piaciuto sfogarti?-
-Penso di sì.- balbettò Burgerpants. -Ne avevo bisogno. Grazie, capo. Davvero.-
Mettaton sorrise. D’un tratto portò le mani allo stomaco e soffocò un urlo fra i denti. -Mie stelle…-
-Capo?-
-Il mio stomaco!- strillò l’androide. -Brucia. Brucia forte.-
-Vado a chiamare Alphys.- Burgerpants trasse il telefono dalla tasca. La mano di Mettaton raggiunse il suo polso. -No. Deve riprendersi da Asgore. Faccio da solo. Non è niente che un sonnellino non possa superare.-
Mettaton sollevò di scatto copriletto e lenzuola, facendo scivolare le gambe al di sotto. 
-Vi aiuto.- Burgerpants lo afferrò sotto le ascelle e lo sistemò. -Servono altri cuscini?-
-Sì.- Mettaton serrò entrambi i pugni e contrasse il volto. -Sì, per favore. Poi portami…- Una lacrima nera scivolò dal suo occhio destro. -La mia mascherina, per favore. Là. Sul pavimento.-
Burgerpants annuì: gettò tutti i cuscini verso il corpo dell’androide, fino a formare una montagna alta quanto il suo braccio. La mascherina giaceva presso la finestra: era coperta di paillette rosa e nere, che formavano un motivo a scacchi. Il gatto la prese e la lanciò verso Mettaton. Le dita dell’androide tremavano mentre la prendeva. 
-Chiudi le cortine, fammi un favore.- Burgerpants annuì. Quando ebbe finito con la prima tenda, tornò a guardare il letto. Mettaton stringeva un lembo di coperta attorno alle dita. Giaceva sul fianco, le ginocchia al petto, i denti serrati, i capelli scompigliati, la mascherina sghemba sulla faccia. Se avesse potuto sudare, sarebbe sicuramente stato grondante. Prese la seconda tenda, accostandola alla prima. 
-Capo?-
-Stai qua, mio caro.- Un gemito. La sua voce tremava, come sotto distorsione digitale. -Chiudi bene le tende, spegni la luce e inchiava la porta. Non lasciarmi.-
Burgerpants biascicò un sì e corse a obbedire. La stanza si fece completamente buia: prese il cellulare dalla tasca e accese la torcia. I gemiti di Mettaton da dentro la sua gabbia di seta erano l’unico rumore che interrompeva di tanto in tanto il lugubre silenzio che dominava nella stanza. Si sedette sul tappeto di fianco a letto e aprì l’applicazione di MettaTemple Run. “Se non mi distraggo impazzisco. Non l’ho mai visto così.”
-Posso- deglutì. -Mettere in carica il telefono?-
-Fai come vuoi.- mugugnò la voce spezzata del suo capo. -Gioca. Leggi. Distraiti. Basta che stai qua. Non posso stare solo. Non posso. Devo sentire…- Un singhiozzo soffocò le sue parole. -Sentire che ci sei. Fa troppo male. Se sto da solo io…-
Altri singhiozzi, e colpi di tosse. Una successione che, Burgerpants pensò con un brivido, avrebbe soffocato un essere respirante. “Ma Mettaton è forte. Antipatico, ma forte.”
-Io non sono io.-

Angolo della Lady:
A qualcuno è mancata, Cuore Elastico?
Va bene, si sentono i grilli. Ma adesso che ho finito il Prezzo del Potere sono pronta a riprendere questo mio vecchio progetto. 
Che mi sono resa conto, santo cielo, è scritto MALISSIMO. 
Tutto raccontato e niente mostrato. Infodump come se piovesse. Immagini agghiaccianti e pacchiane.  "Il sapore amaro, stantio, del senso di colpa, gli riempiva la bocca come cloroformio", "sentì un terrore ancestrale scorrergli nei circuiti", ma che è?! 
Infatti, per questo capitolo, ho tentato uno stile più pulito, più gradevole, e meno impacciato. 
Spero che vi piaccia. Vorrei arrivare a dieci capitoli, e c'è ancora molto da fare. 
Lady R

 
  
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