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Autore: vortix    06/09/2017    2 recensioni
Tarquinio il Superbo non aveva preso molto bene la storia che lui fosse l'ultimo re di Roma, e la monarchia per lui doveva continuare. Ora l'ultimo dei re è tornato in vita e sta cercando di impossesarsi nel fuoco di Estia, la fiamma che tiene in vita non solo Roma ma anche la fede negli dei.
Sarà Chiara, l'ultima semidea in Europa, insieme ad alcuni illustri personaggi a noi conosciuti, che cercherà di fermare il temibile Tarquinio.
Storia post "Le sfide di Apollo".
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Estia, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy/Annabeth, Reyna/Jason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una serie di (sfortunati) eventi.'
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(tranquilli, non ho sbagliato saga)
15





Non sapendo bene dove andare, decidiamo di fermarci in un parcheggio qualsiasi e di pensare a dove possa trovarsi la terza pietra. Quando Reyna spegne la macchina si accascia sul sedile, e si prende il volto con le mani, con fare stanco.
Prima che io possa dire qualcosa, Leo mi precede, puntando qualcosa fuori dal finestrino. «Ragazzi, vedete anche voi quello che vedo io?» Davanti a noi campeggia un enorme cartellone pubblicitario, che pubblicizza un famoso museo di arte contemporanea chiamato Phoenix Art Meuseum. Strizzo leggermente gli occhi per vedere meglio la scritta, e all’improvviso vedo che il puntino della “i” della parola Phoenix non è un punto, ma una pietra che assomiglia molto a quelle che abbiamo recuperato fino ad ora.
«Dite che sia in quel museo?» Chiedo.
«Abbiamo idee migliori?» Ribatte Percy, e io rimango in silenzio.
«Allora è deciso, si va al museo.» Esclama Reyna, e riaccende la macchina, per poi sfrecciare in mezzo al traffico della città.
Durante il tragitto mi concedo qualche minuto per non ascoltare le assurde spiegazioni di Leo sul nuovo aggeggio che sta costruendo e di concentrarmi su quello che c’è fuori dal finestrino. La città mi sembra molto simile a Denver, se non fosse per le montagne sullo sfondo e per il caldo.
Oltrepassiamo enormi grattaceli ed edifici moderni, sedi di numerose banche e multinazionali, per poi arrivare in uno stabile fatto interamente di pietra grigia e vetro, collocato in una via secondaria. Il museo è grande quanto un campo da calcio, le vetrate sono perfettamente pulite e mostrano quello che si trova all’interno. Intorno vediamo una fontana che abbellisce la struttura e un giardino curato fino al minimo dettaglio.
Più mi avvicino e più penso che un posto così sia più adeguato per un paio di multimilionari che per quattro ragazzi vestiti con dei vecchi vestiti di una amazzone, e uno zaino in spalla.
Leo fischia per un secondo, facendo notare la bellezza del museo.
«Siamo sicuri che questo sia un museo e non la casa di Mark Zuckemberg?» Chiedo, non appena scendo dall’auto.
Faccio un piccolo salto dalla macchina per toccare terra con i piedi, ma questo mi provoca una dolorosa fitta al fianco, ma non dico nulla.
«Annabeth mi aveva parlato di un posto come questo. È stato progettato da uno dei migliori architetti del Paese e poi…» Si ferma Percy.
«E poi?»
«E poi non l’ho più ascoltata.»
Reyna si avvicina alla porta di ingresso e l’apre senza problemi. «Muoviamoci, per ora non vedo nessuno che ci possa creare problemi.»
«O che ci chiede il biglietto.» Aggiungo io.
Anche se l’orario per le visite in un museo è abbastanza inusuale, trovo comunque strano che non ci sia nessuno ad accoglierci, nel bene o nel male.
Appena entrati vediamo un enorme salone bianco, riempito solamente da una scrivania in mogano sulla destra con un computer e una tastiera, una serie di sedie vicino e un tappeto azzurro che segna il percorso da fare per arrivare nelle sale dove si trovano i quadri.
Questo posto urla ricchezza da tutti i muri, e fino ad adesso della pietra focaia nessuna traccia.
Decidiamo insieme di percorrere il tappetto e di inoltrarci nella prima stanza, dove si trova un quadro completamente nero con uno strappo al centro, insieme ad una piccola didascalia di fianco. Poco più in là, ci sono due uscite, una più a destra e una più a sinistra, tutte illuminate da delle luci soffuse incastrate nel soffitto.
«La pietra potrebbe essere dovunque, dobbiamo dividerci. -Annuncia Percy- Io e Reyna andiamo a destra, mentre Chiara e Leo andranno a sinistra. Ci ritroviamo qui tra mezz’ora, e se non abbiamo trovato niente cambiamo piano.» Noi tre annuiamo, sollevati dal fatto che per una volta è bello seguire degli ordini senza sprecare tante energie.
Io e Leo quindi non aspettiamo oltre e percorriamo il corridoio di sinistra, accompagnati solamente dal rumore dei nostri passi.
«Non ti sembra strano che finora non abbiamo incontrato nessuno?» Chiedo a bassa voce.
«Si, ma ho come la sensazione che questo sia il posto giusto.»
«Riesci a percepire la pietra?»
«Si, la sento vicina, per questo sono sicuro che sia qui.»
Improvvisamente un tonfo assordante rimbomba per tutto il museo, come se delle pentole e dei piatti in ceramica fossero caduti a terra. Io e Leo ci mettiamo subito in allerta, fermandoci di colpo.
«Colpa mia! Non avevo visto questo… Reyna, che diamine è questa cosa?» La voce di Percy proviene dal corridoio adiacente al nostro, e noi abbassiamo la guardia, tirando un piccolo sospiro di sollievo.
«Incredibile, Percy Jackson avrà salvato il mondo una decina di volte e ha sconfitto gran parte dei mostri della mitologia ma riesce ancora ad essere impacciato come un bambino di cinque anni.» Sussurro io, facendo sogghignare Leo.
«Ragazza, sei con noi da poco tempo ma hai già capito tutto.» Dice lui, facendomi l’occhiolino.
Io abbasso lo sguardo per evitare di arrossire davanti a lui, e aspetto che si rimetta a camminare prima di darmi un piccolo schiaffo sulla guancia, imponendomi di pensare ad altro.
Così percorriamo una serie di corridoi e stanze colme di numerose opere d’arte e sculture bizzarre, cercando in qualsiasi posto strategico adatto per nascondere una pietra focaia, ma non troviamo nulla. Arriviamo infine al terzo piano, dove si trova una statua in bronzo di un uccello che definirei maestoso.
Le ali sono aperte e mostrano le piume dorate scolpite meticolosamente una vicino all’altra, il corpo è pieno e ricoperto di pelliccia, le zampe sono ben ancorate sul piedistallo e il muso sembra quello di cigno.
«È una fenice.» Fa Leo.
«Come lo sai?»
«C’è scritto qui.» Ah.
Passano alcuni istanti di completo silenzio, nei quali io e Leo giriamo attorno all’animale scolpito, cercando qualcosa che possa ricordare la pietra, ma non vediamo niente.
«Ma certo. -Rompe il silenzio Leo.- Una fenice. Phoenix vuol dire proprio fenice.»
Sto per rispondere, ma qualcosa me lo impedisce.
La statua di bronzo dell’animale spiega improvvisamente le ali, prendendo vita da un momento all’altro.
Io e Leo indietreggiamo velocemente, cercando di non essere colpiti.
La fenice scuote prima le ali e poi il corpo, alzando le due zampe e poi muovendo il collo, come per sgranchirsi dopo anni di immobilità.
Muovendosi, vedo all’improvviso una pietra viola brillare leggermente sotto la sua zampa, e io sorrido.
Leo accende immediatamente una fiamma sulla sua mano e sta per attaccare l’animale, ma io lo fermo prima che possa fare un disastro.
«Aspetta! Le fenici non dovrebbero essere cattive. In Harry Potter non lo sono.»
«Chiara, hai sbagliato saga.» Esclama Leo, ma prima di colpirla con il suo fuoco, Reyna e Percy entrano nella stanza, seguiti da un uomo alto come minimo due metri, con indosso un paio di pantaloni neri eleganti e una camicia bianca.
«Ehi ragazzi! Abbiamo compagnia!» Esclama Percy.
«Io non la definirei proprio una compagnia.» Sussurra Reyna, correndo verso di noi.
Prima di raggiungerci però, Percy e Reyna si bloccano di colpo vedendo la fenice dietro di noi agitarsi.
«State tranquilli, non è pericolosa! Sta solo proteggendo la pietra!» Dico io, allargando le braccia per evitare che le facciano del male.
Non so perché io ne sia convinta, ma il mio sesto senso dice che questo animale non è qui per attaccare, ma per proteggere.
«Oh, ma quale piacevole sorpresa. Oggi sono proprio fortunato, quattro in un colpo solo. Tarquinio ne sarà felice.» Esclama l’uomo.
Ora che lo guardo meglio, l’uomo misterioso potrebbe far concorrenza a Christian Grey: alto, bello, con i capelli biondi e un fisico scolpito che si intravede da sotto la maglietta. È chiaro che sia un tirapiedi di Tarquinio, ma perché non ha un’armatura? E cosa più importante, perché non ha con sé un’arma?
«Scusami un secondo… tu saresti? Perché sai, ne ho incontrati tanti di sbruffoni come te, e non ricordo se ti ho già sconfitto.» Dice Leo, con tono sarcastico.
Se il suo piano era quello di farlo arrabbiare, ci è riuscito piuttosto bene.
L’uomo digrigna con i denti, come se fosse un cane da caccia. «Sono Leonte, re di Sparta, figlio di Ecate, e non vedo l’ora di uccidervi; soprattutto quel moccioso con la tuta da meccanico.»
A quanto pare basta chiamare Leo “moccioso” per farlo arrabbiare; il ragazzo accende le sue mani con una fiamma, per intimidire il nostro amico, ma la cosa non pare funzionare.
«Correggetemi se sbaglio, Sparta non era la città rivale di Atene? Quella con tutti gli uomini pronti ad andare in guerra? Perché questo è vestito da banchiere?»
Anche se le mie domande erano rivolte ai miei amici, a quanto pare Leonte mi ha sentito. «Tu devi essere Chiara, la semidea italiana come Tarquinio. Quale piacere, tu sarai l’ultima a morire. In effetti, le tue domande sono legittime. Perché un re di Sparta è vestito così elegante? -Lui fa qualche passo avanti, e più le parole gli escono dalla bocca più mi sembra che il mio cervello stia per sciogliersi- Vedi, io non sono come gli altri re a cui piace sporcarsi le mani, non mi piace scendere in campo e usare delle stupide armi per raggiungere i miei scopi. Io ho mezzi decisamente più…avanzati.»
All’improvviso un’aurea viola compare intorno alla figura di Leonte, e io cerco di rimanere concentrata e di resistere il più possibile al suo potere.
I muscoli si fanno sempre più pesanti, e la testa comincia a farmi male. Non so cosa mi stia capitando, ma anche i miei amici sembrano essere in difficoltà.
Leonte alza la mano, giocherellando con una lieve luce nera che gli compare tra le dita affusolate, e sogghigna.
«Ha detto di essere figlio di Ecate…-cerca di dire Reyna- Usa…Usa la magia al posto delle spade.» La ragazza si accascia a terra, prendendosi la testa tra le mani.
Io, Percy e Leo siamo ancora davanti alla fenice che si dimena, gracchiando in cerca di intimorire il nemico.
I nostri respiri si fanno sempre più pesanti, e qualsiasi cosa ci stia facendo Leonte, sta funzionando.
«Vedete, devo essere sincero. Ora come ora mi fate un gran pena, e vi risparmierei per poi trasformarvi in criceti, ma state proteggendo qualcosa che mi appartiene, e deve essere mia. Perciò sono costretto ad eliminarvi.» Dice Leonte con tutta la calma del mondo.
Lui sa di poterci sconfiggere e si sta solo godendo il momento.
E poi le cose avvengono con una velocità impressionante e io faccio fatica a mantenere la mia posizione: con un’alzata di mano Leonte fa cadere a terra Reyna a peso morto; per un momento penso che sia morta, ma quando vedo il suo torace fare su e giù, prendendo e portando fuori aria, mi convinco che stia solo dormendo.
Successivamente il fuoco nelle mani di Leo scompare solo con un’occhiata da parte del re, e Leo sembra essere scioccato, ma prima che lui possa anche solo insultarlo viene catapultato sul muro, prendendo una bella botta alla testa. Il colpo fa svenire il ragazzo, e come se non bastasse, gli viene impedito di muoversi da una serie di radici verdi che sbucano dalla parete, che si aggrappano come dei tentacoli al corpo di Leo, bloccando ogni singolo movimento possibile.
Io e Percy rimaniamo inermi davanti alla fenice, che ora come un cane bastonato si accuccia dietro di noi, tremante.
Il ragazzo di fianco a me prende la sua spada, ma nel profondo so che non servirà a molto.
«Andiamo ragazzi, vi sto offrendo una possibilità di scappare. Non siete molto intelligenti a rimanere qui a proteggere questo animale inutile. La pietra deve essere mia, e l’avrò a costo di usare anche le maniere forti.»
Con la coda dell’occhio riesco a vedere l’uccello dietro di noi che si copre con le sue stesse ali, proteggendo la pietra viola. Ed è in questo momento che penso che anche a costo della mia vita devo difendere questa creatura.
«Sai cosa odio di voi re? -Esclama improvvisamente Percy- Siete troppo logorroici.» E parte subito a sferrare un colpo con la sua spada verso Leonte, che con un piccolo sorrisetto si sposta verso sinistra, evitando facilmente il colpo.
«È tutto qui quello che sai fare? Il famigerato Percy Jackson è solo questo? Un po’ deludente, non trovi anche tu, Chiara?»
Ed è a questo punto che sia io che Percy siamo abbastanza incazzati da scagliare contro Leonte una serie di fasci di luce e di acqua, che insieme formano un getto arcobaleno che colpiscono il re, scagliandolo contro un quadro poco più in là. Il corpo di Leonte viene scaraventato contro la parete con una forza brutale, e questa crolla per terra come se fosse fatta di polistirolo.
Per un momento mi chiedo dove abbia trovato Percy tutta quell’acqua, ma decido che non è il momento adatto per fare questo genere di domande.
«Parli ancora, stupido re spartano?» Grida Percy, tenendo ancora bel salda la presa sulla sua spada.
Lancio un’occhiata a Reyna e Leo, ancora inermi e svenuti.
Improvvisamente una risata riecheggia dalle macerie del muro appena crollato, e poco dopo Leonte si rimette in piedi, pulendosi la camicia bianca dai resti di calcestruzzo.
«Ora sono arrabbiato.» E senza aggiungere altro, Leonte scaglia contro Percy una serie di fasci neri, usando tutte e due le mani.
Il ragazzo però se la cava egregiamente nel schivarli tutti e a distruggerne gran parte con la sua spada azzurra, fin quando Leonte non decide che può bastare.
«Vai così, Percy!» Esclamo io, rimanendo sempre vicina alla fenice ancora terrorizzata.
«E chi l’avrebbe mai detto che gli allenamenti di Chirone sarebbero davvero serviti.»
«Ora basta!!» Grida Leonte, e quando alza le mani io e Percy pensiamo che voglia colpire noi, ma non è così.
Un fascio nero di magia si propaga dalle mani del re per poi dirigersi alla velocità della luce verso la fenice. Essendo proprio davanti all’uccello non riesco a pensare ad altro che alla mia morte, ma prima che la magia nera mi colpisca, Percy mi si avvicina con uno scatto fulmineo e la dirige verso destra con la sua spada, creando uno scudo d’acqua che impedisce alla magia di Leonte di toccarci. Questa però è troppo forte, lo riesco a percepire sulla mia pelle, e per quanto Percy sia forte, la sua barriera d’acqua non resiste più di tanto; infatti dopo qualche secondo, questa si rompe come se fosse vetro, e noi due veniamo scaraventati all’indietro, finendo proprio vicino ai corpi di Reyna e Leo.
I miei occhi rimangono chiusi per qualche secondo, cercando di ristabilire una connessione tra il mio corpo e il mio cervello. Ho come la sensazione che la botta che ho preso si farà sentire per settimane.
Quando riapro gli occhi, la scena che mi si presenta davanti non è una delle migliori: nonostante il nostro volo, Percy è riuscito a salvarci, ma la magia di Leonte è arrivata comunque alla fenice, che ora non è altro che un mucchio di cenere oro pochi metri lontano da noi.
Le lacrime mi scendono copiosamente sul viso, e sono dovute non solo per la tristezza per la fenice, ma anche per la frustrazione di aver perso proprio sotto il mio naso la pietra focaia. Ora come faremo? La profezia funziona anche con solo tre pietre?
«Tu…Tu! Sei un mostro!» Urlo improvvisamente, alzandomi da terra. «Era un animale innocente!»
«Chiara, dolce ed innocente Chiara, si vede che sei ancora inesperta. La morte prima o poi arriva per tutti gli esseri viventi, io mi diverto solo ad accelerare il processo.»
Un nuovo livello di rabbia ora ribolle nelle mie vene e prima di pensarci due volte la canalizzo tutta nelle mie mani, e la scaglio contro Leonte, che però sparisce in una nuova nera con un gesto teatrale, schivando all’ultimo i miei poteri.
Non appena il re di Sparta scompare, Leo e Reyna si risvegliano, chiedendo che cosa sia successo.
Mentre io rimango al centro della stanza, inerme e completamente sconvolta dagli ultimi avvenimenti, Percy aiuta gli altri due a rimettersi in piedi, offrendogli dell’acqua per riprendersi.
«Quel tipo mi ha rubato il fuoco! Come diavolo ha fatto?» Chiede Leo, sbuffando.
«Ci ha reso tutti più vulnerabili. È la sua magia, è quella che ci impedisce di agire al meglio.» Aggiunge Reyna, con un pizzico di amarezza nella bocca.
«L’ho sentito anche io, per fortuna siamo tutti vivi.» Dice Percy. «Ma la fenice e la pietra sono stati carbonizzati. Come facciamo adesso?»
Alle loro parole riesco ad uscire dal mio piccolo stato di trance, ma quando mi volto verso di loro un dolore lancinante proviene dal mio fianco, ed è ora che mi ricordo di essere ancora ferita.
Mi accascio a terra, gemendo, e gli altri accorrono verso di me.
Leo appoggia una mano sotto la mia schiena per accompagnare la mia caduta, e Reyna mi controlla la ferita al fianco, e dalla sua espressione capisco che si è riaperta e che sta ancora sanguinando.
Io comincio a respirare affannosamente, ma non dico nulla.
«Vedrai, andrà tutto bene. Sei una ragazza forte, riuscirai a guarire anche questa volta.» Sussurra Leo, e io gli sorrido.
Mentre Percy cerca probabilmente nel suo zaino qualche barretta di ambrosia, dal cumolo di ceneri che si trova poco più in là vedo del fumo liberarsi verso l’alto.
«Ragazzi…» Indico con il dito verso i resti della fenice, che in un primo momento prendono fuoco da soli, ma poi dalle fiamme compaiono delle ali piumate rosse ed oro, fino a rivelare tutto il corpo della creatura di prima.
«Ma certo! La fenice riesce a rinascere dalle sue ceneri.» Sussurra Reyna, meravigliata da quello che è appena successo.
L’animale una volta riformatosi si avvicina a noi con maestria ed eleganza, e noto che la sua zampa racchiude ancora miracolosamente la pietra viola che stavamo cercando; così non appena si avvicina a Leo la fenice lascia la presa e la pietra scivola lentamente verso i suoi pantaloni.
In un religioso silenzio poi si avvicina a me, e mi fissa con il suo paio di occhi rossi: dal suo sguardo capisco che è riconoscente per il nostro tentativo di proteggerla, e io l’accarezzo come se fosse un gattino. «Non c’è di che.» Dico, e tutti noi sorridiamo.
Dopo qualche secondo però, la fenice si avvicina alla mia ferita sul fianco, esaminandola come farebbe un buon dottore.
«Guardate, sta piangendo.» Sussurra Reyna.
Dagli occhi dell’animale vedo un paio di lacrime scendere e cadere direttamente sulla mia ferita, e ad un tratto una scarica di adrenalina mi arriva a tutto il corpo. Poi succede qualcosa di sbalorditivo: in pochi secondi il sangue scompare e la pelle si richiude ermeticamente, lasciando come traccia una lieve cicatrice.
Dopodiché l’animale mi concede un ultimo sguardo e poi spiega le ali, volando via.
«Le sue lacrime mi hanno guarita…» Dico ad alta voce per metabolizzare la cosa.
«Si è creato un legame tra voi. Le fenici sanno essere molto riconoscenti con i loro padroni. Probabilmente ha apprezzato il tuo tentativo di proteggerla.» Dice Reyna, aiutandomi ad alzarmi dal pavimento.
Quando mi rimetto in piedi non sento più alcun dolore, anzi, mi sento come se fossi rinata.
«Forza, è ora di uscire da questo posto. Se ci scoprono qui, dobbiamo spiegare come abbiamo fatto a distruggere una parete e ripagare tutte queste opere d’arte.» Esclama Percy, prendendo in mano le sue cose.
«Io proporrei una tappa da Mc Donalds, questi re mi hanno fatto venire una gran fame.» Propone Leo, e tutti noi ridiamo, sollevati per aver scampato nuovamente la morte.
 
 
 
 
……..
Salve a tutti!
Uhg, è quasi una settimana che non aggiorno. Perdonatemi. Non ho molte scuse, sono solo stata parecchio impegnata e poi ho perso un po’ di entusiasmo nello scrivere. Ma non preoccupatevi, sono determinata a finire questa ff prima dell’inizio delle lezioni all’università, quindi mi metterò di impegno.
ALLORA. La terza pietra è stata presa. Inizialmente volevo che fosse la fenice quella a creare problemi, poi quando mia sorella mi ha detto: “ma in Harry Potter è così buona e carina!!!” ho pensato di mantenere queste caratteristiche. E in effetti, penso che sia stata una buona idea. Alla fine nella “”””””””battaglia finale””””””””””” ci saranno anche i vari re al servizio di Tarquinio, quindi ho pensato di descriverne un altro e Leonte è uno dei miei preferiti.
I figli di Ecate non vengono mai considerati molto, e farne uno cattivo mi sembrava una cosa interessante.
Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto, ci ho messo un po’ di tempo a scriverlo. Come sempre potete scrivermi nelle recensioni, io sono felicissima di interagire con voi 😊
Per qualsiasi domanda potete trovarmi su
Twitter- @glaukopsis
Un bacio, Claire
   
 
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