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Autore: MarcoBacchella    13/09/2017    0 recensioni
Ci sono poche ragioni per cui un autore decide di chiamare uno dei suoi due protagonisti "Møbel". Il codice numerico per la o con la sbarretta è difficile da ricordare, e se si ha un portatile bisogna prima premere "FN" e poi attivare la tastiera numerica. Insomma, l'è un casino, ma ci deve essere una ragione ben precisa. Esattamente come la decisione di incentrare un giallo sullo stereotipo stesso del Giallo. Una sorta di meta-giallo con così tanti strati di ironia che l'autore non si ricorda se è serio o meno.
Genere: Comico, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

Capitolo 3


Saltando propriamente le scene che logicamente ci dovrebbero essere, si può evitare di dover spiegare perché o come i due protagonisti si stiano aiutando a vicenda. Se si segue questo metodo, un modo efficace per farlo è evitare in qualsiasi modo di dire che si è cambiato luogo, in modo tale da confondere il lettore. Come per ogni incipit degno di nota, l'inizio in medias res aiuta.
Premete invio, cambiate paragrafo, mi raccomando.


“Quindi l'universo ti parla.” disse lei, ancora più confusa di prima.
“No, l'universo non parla. Non ha una vera e propria bocca. La questione è molto più sottile di quanto lo si faccia. Devi pensarla in un modo non-antropomorfo. D'altronde, se gli asini avessero una divinità, avrebbe la forma di un asino, e questo concetto sta alla base dell'antropologia inversa come strumento per lo studio della teologia di culture e religioni estere. Però io ascolto l'universo.”
Isabella era visibilmente confusa. Aveva già sentito qualcuno parlare così, ma non sapeva dove. Era stato anni fa, ma non riusciva a collegare dove.
“Quindi tu ascolti l'universo. E che ti dice?”
“Ascolto quello che devo fare.”
“Ma perché?” replicò immediatamente lei.

Questo, ogni tanto, è il problema. Non mi comunica mai il perché. So solo che devo fare una certa cosa, ad un certo punto, ad una certa ora. Il risultato è che io non so perché dovessi venire in Corso Vercelli, o che dovessi andare proprio in Corso Vercelli, eppure ci sono arrivato.
Adesso potresti slegarmi dal termosifone?”
Isabella aveva imparato a legare le persone a qualsiasi tipo di mobilio, dalle testiere del letto alle cucine a isola, grazie ad alcuni documentari a cui si era appassionata durante le notti solitarie passate a studiare per una triennale presa in due anni e mezzo.
“Capisco lo sgomento. Quando me ne resi conto ero nella tua stessa situazione. Solo, senza maestria nel fare i nodi. Eri una scout?”
Qualsiasi cosa detta da lei avrebbe potuto essere mal'interpretata. Quindi non disse nulla.
“Senti, la spiegazione più semplice è sempre quella corretta. Quindi, o ho poteri magici, o l'universo mi comunica le cose.”
Effettivamente, per Møbel, solo una di queste aveva senso, ed era quella che l'universo gli comunicasse “le cose”.
Isabella ci pensò su. Quel giochino del fazzoletto e del sangue le dovrebbe aver detto qualcosa, d'altronde.
“Sei tipo un'illusionista e mi stai tirando scema, vero?”
“No. Guarda, io ti chiedo soltanto di credermi, almeno fino a che non avrai la prova che io ascolto effettivamente l'universo.”
“Crederti? Sei in un appartamento non tuo e, guarda, dobbiamo proprio ricominciare con sta storia della finestra?”
Isabella anticipò il narratore tagliando corto con la storia della finestra.
“Sì, lo so, ma perché sono qui?”
“È proprio quello che ti sto chiedendo da un bel po'.”
“Giusto, e hai trovato una risposta?”
“No.”
“Ecco, possiamo cominciare da questo. Di chi è l'appartamento?”
Isabella, rassegnata, si rimise seduta per terra con la schiena alla porta, sull'orlo di un pianto nervoso.
“Sai che ti dico? Va bene. Non che io ti creda o che non stia per chiamare i carabinieri, ma sto al tuo gioco. Tanto non è che ti sleghi da quel termosifone.”
Qual era una parola di sicurezza?”
“Cosa?”
“Nulla. Quindi di chi è l'appartamento?”
“È di Corrado.”
“E lui è per te...”
“Il mio capo.”
“Ecco, ma il tuo capo che lavoro fa?”
“Fa l'investigatore privato.”
“Tipo...Sherlock Holmes o quello di Hawaii Five coso?”
“Tipo nessuno dei due. Principalmente pedina le mogli o i mariti o entrambi del cliente di turno. La televisione e i mass media fanno sembrare il lavoro dell'investigatore qualcosa di emozionante, ma in realtà stai in un pandino coi vetri oscurati per un terzo della giornata ad aspettare.”
“Il pandino quello nuovo o quello vecchio?”
“Un pandino dell'ottantotto verde menta coi vetri oscurati.
Ma perché lo vuoi sapere?”
“Ah, nulla. Solo curiosità. La mia prima macchina era un pandino 750 bianco. N'ero innamorato.”
“Eri?”
“L'ho incidentato dopo due mesi.”
Ci furono altri attimi di silenzio. Il silenzio era popolare tra i due.
“Dovrei...dovrei farti le condoglianze? Perché non sono dell'umore adatto, sai, con il mio capo scomparso.”
“Ah già. Quando l'hai visto l'ultima volta?”
“Due giorni fa.”
“E da quanto lo stai cercando?”
“Circa un giorno.”
“È troppo presto. Non troveremo nulla adesso.”
“In che senso non troveremo nulla? Al massimo troveremo più indizi ambientali adesso.”
“No, non è così che funziona.”
“Sì, è così che funziona.”
Per l'ennesima volta, il silenzio. Il narratore ad un certo punto si stancherà pure di parlare di silenzio.
“Sai cos'è il principio di Pareto?” disse lui.
“Dimmi che non è un'altra delle tue stronzate sull'universo.”
“È una delle regole che governa tutti i campi dell'universo.”
Isabella sprofondò la sua faccia in mezzo alle ginocchia.
“Perché ti sto anche ad ascoltare?”
“Essenzialmente, il 20% di qualche cosa sarà responsabile dell'80% di qualcos'altro.”

Ma di cosa stai parlando?”
“Beh, di tutto, anche se in realtà è una legge economica e statistica. Ora, lui è sparito da due giorni, giusto? Due giorni sono 48 ore. Il 20% di 48 ore sono 9,6 ore. Durante le ultime 9 ore e 36 minuti dei due giorni che ha passato da scomparso troveremo l'80% delle prove relative alla sua sparizione. Quindi, visto che sono circa le due e dieci, e stabilendo che Corrado è scomparso circa a mezzanotte di due giorni fa, tra quattordici minuti cominceremo a vedere le prove. Almeno l'80% di esse.”
“Ma tu hai deciso adesso tutto questo, o te lo sei sognato ieri notte? Non ha nessuna logica.”
“Ma anche se non ha una logica, l'universo ha voluto che io ti dicessi tutto questo.”
“Basta, va bene, l'ho capito. Sei un drogato. Non avrei dovuto infierire. Ora ti lascio andare...a fare qualsiasi cosa l'universo ti dica che devi fare.”
“Sicura di non aver bisogno di me?”
Isabella lo guardò fisso mentre disfaceva i nodi.
“Sicura.”
“Sicura sicura?”
“Sì, sicura. Adesso vai a fare qualsiasi cosa, però fuori di qui.”

Lo slegò e lo sbatté fuori dall'appartamento. Prese un grande respiro. Tirò fuori dallo zaino il telefono. Nessuna chiamata, nessun messaggio. Né da Corrado, né da qualsiasi altra persona.
Isabella, da buona milanese, alle 14:15 di un qualsiasi giorno cominciava ad avere fame, quindi frugò un po' nelle varie dispense. Corrado aveva solo scatolette di pesce. Sgombro, tonno, acciughe, una mezza verdesca sottolio.
Isabella sentì vibrare il telefono. 14:24.

Una mail da Amazon. C'erano trenta metri di corda in sconto.
Aggiunse al carrello, e proprio appena prima di pagare, un furgoncino bianco fece casino in strada, schiantandosi tra una macchina della polizia e un palo.

  
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