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Autore: DonnieTZ    15/09/2017    5 recensioni
[Destiel] [Dystopian!AU]
In un universo in cui tutto è controllato - perfino l'arte e le relazioni - si racconta della leggendaria connessione che collega le anime gemelle quando esiste la possibilità concreta che il loro amore si realizzi. Cas, con la sua fede nel rigido sistema che governa tutto, è un pittore solitario; la voce che improvvisamente sente una sera qualsiasi, invece, è quella di Dean, un cantante che il sistema lo odia.
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Avrebbe voluto essere in grado di chinare la testa, di sottostare alle regole, ma c'era qualcosa nella sua anima che non voleva saperne. C'erano passioni e tormenti e incubi dietro le palpebre quando arrivava l'alba e lui andava a dormire. Cantare rendeva tutto così evidente da fare quasi male. Ma quella sera c'era il vago pensiero di dover ricacciare indietro la malinconia, perché non era solo a sentirla vibrare nella mente.
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Non aveva davvero idea di cosa stesse dipingendo, non riusciva a carpire un'immagine completa, ma sapeva che riguardava Dean. C'erano angoli più scuri, sfumature che si incupivano fino a diventare nere, ma il verde smeraldo brillava al centro della composizione, come una luce lontana.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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14. Il momento di lottare

Dean aveva pensato di andare da Sam, lui che di emozioni capiva qualcosa, almeno. Poi si era ricordato del suo chip – il segno indelebile del controllo del sistema – e si era limitato a dirottare la sua camminata per le vie del quartiere, in attesa che arrivasse l'orario di lavoro. Non poteva rischiare di mettere la sua famiglia in pericolo, lasciando una traccia su dove si trovasse; non quando il prezzo era così alto, quando l'obiettivo finale era la libertà di tutti.
Sentiva il senso di isolamento strisciargli sulla pelle, fastidioso e insistente come un continuo grattare. Gli mancava la connessione e non era una mancanza tollerabile; era più un buco d'anima, un vuoto di gravità all'altezza del cuore. Sembrava che tutto fosse in sospeso, lì, muto e disturbante nella gabbia toracica.
Passeggiò per quasi un'ora, facendo soste davanti a qualche vetrina con quadri o sculture di cui non capiva nulla, finché non intravide due controllori con i loro lettori portatili intenti a scannerizzare i chip dei passanti. Era raro che accadesse nel bel mezzo della via, di solito bastavano le verifiche ai cancelli, e Dean rifletté sul fatto che in quei mesi gli era capitato di vedere – ed essere sottoposto – a molti più controlli, molte più persone con le loro divise grigio chiaro ad aggirarsi per il quartiere.
Così si incamminò deciso verso il cancello, tagliando corto.
«Chip prego» impose la guardia.
Dean rimosse il bracciale, infilandolo nella tasca dei jeans, per poi allungare la mano. Senza neanche riflettere o farci caso, una volta superato il cancello, infilò nuovamente il bracciale. Non voleva sentire Cas, non dopo quello che era successo, non dopo il suo sguardo ferito e quegli stupidi pensieri...
Con una parte della mente valutò di non aver sentito la connessione tornare su di lui all'improvviso, durante gli attimi in cui si era tolto il bracciale, ma si rispose che probabilmente Cas aveva indossato il suo perché aveva bisogno anche lui di una pausa. Non che ci stesse davvero facendo attenzione, Dean, a quei ragionamenti. Erano in sottofondo, fugaci e nebbiosi, come se non fosse più abituato a pensare da solo, senza la voce analitica di Cas a razionalizzare.
Al Roadhouse, Ellen e Jo captarono il suo umore e lo lasciarono in pace. In camerino, Dean valutò se fosse il caso di rimuovere il bracciale, cantare “A simple man” e far tornare indietro il tempo a quella prima sera con Cas. Qualcosa continuava a non sembrargli al suo posto, però: era inutile indugiare in quella felicità, era inutile fingere che il mondo non fosse un posto marcio, inutile ignorare che valesse la pena lottare perché chiunque potesse amare o cambiare idea nella vita o scegliere il proprio destino.
Così tenne il bracciale per distinguere i suoi pensieri da quelli di Cas, per rendersi conto di quale fossero le sue motivazioni e arrivare a una decisione che fosse sua e sua soltanto. Cantò sottotono, svogliato e distratto, sbagliando un paio di volte.
Si accorse della propria stupidità solo due ore dopo, nel bel mezzo del concerto. I pensieri a sovrapporsi pericolosamente uno sull'altro, come se fosse finalmente in grado di ragionare lucidamente, oltre la coltre di commiserazione e senso di colpa.
Aveva rotto il bracciale di Cas.
Cas non aveva nessun bracciale da indossare.
E lui si era perso così tanto in se stesso da non rendersi conto che qualcosa non andava, che in quegli istanti senza bracciale, al cancello, avrebbe dovuto sentire Cas.
Strappò il bracciale dal polso con forza, graffiandosi la pelle.
Niente.
Il vociare del pubblico – poco più di un mormorio perplesso – gli parve assordante nel silenzio della sua mente.
Cazzo, cazzo, cazzo...
Scattò in piedi, la chitarra a cadere sul finto legno del palco, facendo fischiare le casse.
«Devo... devo andare... io...»
Si precipitò fuori dal Roadhouse, nelle vie del quartiere, dove le persone camminavano per raggiungere i luoghi di svago o per tornare a casa. Nella mente risuonava solo una preghiera allarmata tutta rivolta a Cas, perché lo sentisse ovunque fosse, qualsiasi cosa fosse successa.
Dove sei, Cas? Ho bisogno che tu mi senta. Ho bisogno... di te.
«Il chip prego» gli chiesero al cancello.
«Devo passare!»
«Signore, il chip, prego.»
Dean allungò il braccio, strisce rossastre a decorare la pelle tesa sulle vene, dove aveva strappato la plastica con troppa forza.
«Lei risulta a lavoro, signore. Non può passare e non può stare qui.»
«Non capite! Devo andare, il mio compagno... gli è successo qualcosa!»
«Se l'ha chiamata per comunicare un'emergenza, basta che lei la riporti e manderemo qualcuno a verificare.»
«No, lui... dannazione, devo passare! Devo trovarlo!»
Dean si lanciò come se fosse possibile superare il pesante cancello in metallo opponendo abbastanza resistenza. Le guardie gli furono addosso in un attimo, colpendolo con il manganello che sovraccaricava i chip. Scosse violente partirono dal polso, invadendogli l'intero corpo, attraversando i nervi come un'onda. Dean crollò al suolo, sbattendo lo zigomo contro il cemento.
Fu tutto bianco, lontano, distante.
«Devo... andare...» tentò di sputar fuori, tornando piano in sé.
Quando provò a rialzarsi, una delle guardie allungò nuovamente il manganello. Gli bastò un contatto delicato contro la schiena di Dean perché il chip mandasse nuovamente una dolorosa scossa.
Dean chiuse gli occhi, respirando contro la strada.
Cas, ti prego...
Rinvenne che la folla stava premendo ai bordi della sua coscienza. Qualcuno urlava che era un'ingiustizia, qualcuno cercava di farsi avanti contro il cancello. Sbatté le palpebre un paio di volte.
«Sappiamo cosa succede al porto!»
«Avete paura che la rivoluzione arrivi anche qui?!»
Le voci agitate si susseguirono, ma Dean faceva fatica a star loro dietro. Si mise seduto, rendendosi conto di essere circondato dalle gambe delle persone accalcate contro le guardie. Quando riuscì a mettersi in piedi, la testa girò pericolosamente e le urla sparirono in un silenzio ovattato per qualche istante.
«Dannazione» borbottò.
«Ehi, stai bene?» domandò un ragazzino.
Impugnava l'archetto di uno strumento a corda e sembrava terribilmente giovane. Dean lo guardò come se la sua presenza significasse qualcosa, come se fosse importante averlo incontrato.
«Sì, sì amico, sto bene» rispose al giovane musicista, per poi rivolgere l'attenzione alla folla rabbiosa.
Una guardia toccò con il manganello i primi della fila e Dean ebbe la fugace visione della perplessità sul suo volto quando il passante non fece una piega.
«Esatto, brutto stronzo!» sputò fuori quest'ultimo. «Non ho i vostri stupidi chip! Non potete torturarmi!»
Buona parte delle persone accalcate tirarono su le maniche e Dean comprese.
Comprese che la lotta di Sam e Charlie e Bobby era grande e avrebbe cambiato le cose. Comprese che avevano tutti bisogno di provarci, di strappare un po' di libertà all'esistenza. Si voltò verso il ragazzo, posandogli una mano sulla spalla, mentre la folla iniziava a muoversi verso le guardie con più convinzione.
«Ascoltami bene: devi trovare un posto in cui nasconderti...»
«Kevin.»
«Kevin,» ripeté Dean, «devi restare lì e non muoverti, perché qui le cose si stanno mettendo male, d'accordo?»
Kevin rimandò a Dean uno sguardo confuso, poi comprese. Si sbottonò il polsino della camicia e mostrò il polso, una cicatrice perlacea a tracciare una linea sottile. Anche lui non aveva il chip del sistema, ma quello dei rivoluzionari.
«Non è il momento di nascondersi» dichiarò, risoluto.
E Dean comprese che era la verità, che non era il momento di nascondersi.
Era il momento di lottare.
Poi avrebbe trovato Cas e, finalmente, avrebbe meritato di stare al suo fianco e avrebbe avuto tutta la libertà per farlo.
 
Castiel guardava l'uomo che aveva davanti con gli occhi blu spalancati. Era ancora nel sotterraneo del palazzo delle assicurazioni, in una stanzetta umida che forse apparteneva ai tempi precedenti al sistema.
«Allora, allora, allora... perché non mi dici dov'è andato Crowley?»
«Perché non lo so» rispose nuovamente.
L'operazione per rimuovere il chip era durata poco, almeno per quanto potesse essergli sembrato. Prima di addormentarlo, Crowley gli aveva detto che tutta la città stava andando da lui a farsi rimuovere il chip – “o da quella vostra amica rossa” – e che nei quartieri periferici erano già esplosi focolai di rivolte. Quel discorso aveva convinto Cas ancora di più: stava facendo la cosa giusta.
Certo, avrebbe voluto salutare Dean un'ultima volta, sentirlo togliersi il bracciale e tornare a connettersi con lui, ma non poteva indugiare su quei pensieri più di tanto.
Al suo risveglio, però, Crowley era sparito e al suo posto c'era un uomo inquietante dal sorriso tirato e un po' folle, che continuava insistentemente a pretendere risposte che Cas non aveva.
«In questo caso sei piuttosto inutile per me, non credi?» si decise a concludere l'uomo, prima di colpirlo con forza.

 
Salve!
Il prossimo è l'ultimo VERO capitolo, seguito poi da un piccolo epiloghetto che dovrei scrivere in un battito di ciglia. 
Non arrendetevi. Fate come Dean, lottate per arrivare alla fine e vi prometto che... che...
Va beh. Fidatevi, se vi riesce. XD
Per il resto come state?  Ok, no, sul serio, stasera cerco di rispondere alle bellissime recensioni che mi avete lasciato!

Spero continui a piacervi e grazie per la vostra pazienza e i vostri incoraggiamenti! Siete prezios*
DonnieTZ


 
   
 
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