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Autore: AmortentiaLethifold    16/09/2017    0 recensioni
Dal testo:
Non so come diavolo io sia finita qui, e non so neanche il perché.
“Non è vero, il motivo lo so benissimo” mi rimprovero da sola.
Sono sull'ultimo gradino del numero 12 di Grimmauld Place ed è la prima volta, dopo che io, Harry e Ron siamo fuggiti per andare alla ricerca degli Horcrux, che ci metto piede.
La prima volta dopo otto anni.
Mi appoggio con quasi tutto il mio peso alla porta per cercare di aprirla, quando questa quasi cede con uno schianto. Stringo i denti, spero di non aver svegliato quell’orrida megera dipinta nel quadro...
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Sono passati sette anni dalla conclusione della II Guerra Magica, ma Hermione realizza solo adesso che i pericoli sono ben lungi dall'essere sepolti e le speranze sono tutt'altro che vanificate.
Genere: Introspettivo, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Remus Lupin, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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HERMIONE'S POV 
 
È passata poco più di una settimana da quando ho auto modo di leggere la richiesta di demolizione della casa di Sirius, e ci ho riflettuto e rimuginato sopra molto più di quanto credevo avrei fatto.
La prima domanda chi mi è balenata nella testa riguardava il motivo per cui Harry avrebbe voluto una cosa del genere, ed ovviamente non ho avuto risposta: non potevo di certo rivolgermi a lui quando non me ne aveva mai accennato prima… Mi chiedo se l’avrebbe presa come una violazione di privacy.
Comunque ho deciso di aspettare, vedere se lui me ne avrebbe parlato (o se lo avrebbe fatto Ginny), ed anche perché non avevo capito la ragione per cui ci fosse bisogno di una richiesta di demolizione: dopotutto la casa appartiene ad Harry e secondo la legge può farne ciò che meglio crede.
In ogni caso, cerco di non pensarci più per tutta il resto della mattinata.
 
Ormai è l’una del pomeriggio, il momento tanto agognato della pausa pranzo, ma non ho molto appetito. Mi allontano con la sedia dalla scrivania e Marcel alza la testa nello stesso momento: << Hermione, stai andando a pranzo? >> il suo sorriso è tranquillo, così mi ritrovo mio malgrado alleggerita.
<< A dire la verità, Marcel, non ho fame. Pensavo di fare una passeggiata per schiarirmi le idee, magari prendere un po’ d’aria >> esito << Vorresti venire con me? >>.
Il sorriso gli si allarga e raggiunge gli occhi mentre mette da parte il lavoro che stava svolgendo e si allunga per afferrare la giacca a vento:
<< Volentieri. Vada per la passeggiata, ma se non ti dispiace io mangio qualcosa lo stesso. Il mio stomaco brontola anche troppo, mi sorprendo che non tu abbia sentito il rumore >> dice con una smorfia ridicola.
Mi sfugge una risata dalle labbra mentre apro la porta e lo invito ad uscire da quell’ufficio.
 
Marcel è, credo, una delle creature più innocenti che io abbia mai avuto il piacere di incontrare. Lo guardo sottecchi mentre usciamo dal portone del Ministero, e, scorrendo il suo profilo ingentilito dall’assenza di barba e dall’enorme massa di ricci sulla testa, mi sorprendo ancora una volta a pensare che esistono davvero persone esenti dalle macchinazioni mentali, dalla smania di potere o dall’atteggiamento di machismo che permeano l’ambiente ministeriale. Iklebogg è davvero così com’è, semplice, tranquillo, incredibilmente sbadato: c’è stato un periodo in cui avrei pensato che sarebbe potuto essere un buon compagno di vita, ma mi sono dovuta ricredere quando ho realizzato che sono troppo… Cervellotica.
Oh, Dio, non proprio cervellotica, ma diversa da lui: non dico sia infantile, ma la sua crescita interiore è stata di sicuro rallentata dal fatto che mentre qui nel Regno Unito infuriava la Seconda Guerra Magica, lui era in Germania, al sicuro dalla morte e dalle perdite.
Questo aspetto del nostro carattere, del nostro passato, ci rende incompatibili e credo che lui abbia capito quando gliene ho parlato, qualche tempo fa.
 
<< Hermione, sul serio, mi sembri depressa. Posso capire che la questione Tarnoskij ti abbia risucchiato le energie, ma mi pare che adesso abbiano sospeso il tutto, no? Su di morale, sono quasi dieci minuti che non apri bocca e guardi l’asfalto >> dice, mentre addenta un tramezzino.
<< Hai ragione, scusa. A dire la verità, il mio umore non è legato a Tarnoskij, stavo solo ripensando ad un amico che è venuto a mancare qualche tempo fa. Comunque non dire che sembro depressa, così non mi aiuti di certo, uh >> concludo ridendo. Non voglio che arrivi a pensare che sono una persona che vive nel passato e nell’orrore della Guerra.
Arriviamo ad Hyde Park in poco tempo, chiacchierando di argomenti leggeri. È una giornata cupa, minaccia di piovere, ma non fa molto freddo: sembra che l’ultimo alito d’estate non voglia cedere il passo all’autunno, mantenendo stabili le temperature.
Ci sediamo su una panchina e ascolto Marcel che blatera riguardo a Frances, la sua ex ragazza che lo ha lasciato per andare a Monaco a studiare odontoiatria. Mi concentro sul parco, sugli alberi, sul pezzo di lago che riesco a scorgere in lontananza e sento una piccola stretta al cuore. Mi ricorda moltissimo Hogwarts.
 
Questa settimana non è stata particolarmente dura sul fronte lavorativo, ma su quello emotivo devo ammettere a me stessa che è stata pesante: era diverso tempo che non mi capitava di pensare così spesso agli anni di Hogwarts e soprattutto a Sirius. La sua morte, come quella di Fred, di Tonks, di Silente e di tutti gli altri membri dell’Ordine che avevano perso la vita, mi aveva colpito direttamente al cuore e, per cercare di cancellare il macigno che vi pesava, avevo deciso che sarei andata avanti concentrandomi solo su quello che mi avrebbe aspettato fuori da scuola.
Malgrado ciò però, avevo anche allentato molto tutti i rapporti che avevo con i miei amici: Harry e Ginny li vedevo frequentemente, ma al momento sono in una situazione delicata, con Ginny incinta del secondo figlio; Ron lo frequentavo spesso prima che partisse per una missione di non so che genere insieme ad altri Auror in Romania, ormai un anno fa; George so che sta andando avanti con il suo negozio di scherzi, e so anche che ha aperto una filiale a Hogsmeade. Me lo ha detto Ron, che prima di diventare Auror ha lavorato con il fratello per circa due anni. Sospiro, pensando a quanto effettivamente mi manchi.
Infine Remus. Il mio ex professore non lo sento, né lo vedo o ho comunque sue notizie da una vita. Ricordo di averlo visto qualche mese fa al Ministero, ma non sono riuscita a parlare con lui perché nel giro di poco se n’era andato.
Continuo a chiedermi che fine abbia fatto mentre ci alziamo dalla panchina e Marcel mi fa strada per tornare al nostro ufficio.
<< Sei pensierosa. Più del solito, intendo. C’è qualcosa che ti pesa? Magari posso aiutarti >>.
Sento la voce di Iklebogg e so già, prima ancora di accertarmene, che sta guardando nella mia direzione con fare dubbioso.
Gli rispondo che sto bene, che non sono preoccupata per me bensì per Lupin, che anche lui conosce di fama. 

<< Ah sì, il professor Lupin, il lupo mannaro. Non saprei proprio aiutarti ma posso azzardare un’ipotesi. So che gli ultimi mesi sono stati duri per quelli della sua… specie. >> Lo guardo con fare interrogativo, non so proprio di cosa stia parlando.
<< Beh, immaginavo sapessi in quali condizioni versano i lupi mannari, ma dal tuo sguardo deduco di no. Beh, sta di fatto che dopo la guerra, in Gran Bretagna, come anche nei principali paesi colpiti dalla furia di Tu-Sai-Chi >> lo guardo sorpresa, possibile che ancora non riesca a dire “Voldemort” nonostante gli anni che ci separano dalla Guerra? << i lupi mannari sono stati ancora più emarginati >>.
<< Non ci credo. Il Ministero ha fatto cadere quasi tutte le limitazioni che erano loro imposte, per aiutarli >> replico scocciata.
<< Si, lo so che cosa ha fatto il Ministero, ma credimi se ti dico che non è stato sufficiente. La gente continua a non fidarsi, dopotutto Tu-Sai-Chi aveva reclutato mostruosità di ogni genere per rimpolpare il suo esercito, compresi i lupi mannari. Non per la loro forza, ovviamente, ma per ammorbare quante più persone possibile. Le persone hanno paura, Hermione, gli anni che sono passati e l’invenzione di pozioni Anti-lupo non sono sufficienti a permettere loro di dimenticare >>.
<<È orribile. Non è giusto>> mi sento una ragazzina capricciosa nonostante i miei 25 anni, ma non trovo altro modo per esprimere il mio disgusto.
<< Lo so, e mi dispiace per il tuo amico >> chiude la conversazione con un’alzata di spalle.
Apre la porta del nostro ufficio ed entro dietro di lui, ma mentre Marcel di toglie la giacca e la appende allo schienale della sedia, io rimango impalata sulla soglia. Cristo, non ho per niente voglia di rimettermi alla scrivania, così gli dico che in realtà avevo delle ricerche da finire per qualche caso di cui mi invento il nome.
Annuisce un po’ dubbioso e mi saluta, ma quando sono già a metà corridoio in direzione dell’ingresso, mi chiama alzando la voce: << Granger! Ti va di uscire a bere qualcosa, questa sera? È martedì, prometto che andiamo in un posto dove non c’è casino! >>.
Lo guardo e gli urlo di rimando: << Non saprei Iklebogg, ti chiamo verso le cinque per confermare! >> con un sorriso ed un’alzata di mano gli do le spalle e mi avvio verso l’esterno. 


 
oOo


Non so come diavolo io sia finita qui, e non so neanche il perché.
“Non è vero, il motivo lo so benissimo” mi rimprovero da sola. Sono sull’ultimo gradino del numero 12 di Grimmauld Place ed è la prima volta, dopo che io, Harry e Ron siamo fuggiti per andare alla ricerca degli Horcrux, che ci metto piede.
Mi appoggio con quasi tutto il mio peso alla porta per cercare di aprirla, quando questa quasi cede con uno schianto. Stringo i denti, spero di non aver svegliato quell’orrida megera dipinta nel quadro...
Incredibilmente, silenzio tombale: che la vecchia sia diventata dura d’orecchi?

Faccio qualche passo nell’ingresso e mi sento attanagliare da un senso di disagio piuttosto fastidioso, mi sento come se stessi sbirciando di nascosto nel passato di una persona di cui sento la mancanza, molto lontana nel tempo e da me.
Osservo le stoviglie nel lavello della cucina e lo strato di polvere che ricopre il tavolo, passo nel salotto e vedo i divani spostati. Realizzo che in realtà sto sbriciando nel mio passato ed il senso di disagio che percepisco è dovuto al fatto che tutti gli abitanti di questa casa sono morti. Sirius, che ha perso letteralmente la vita, ed i membri dell’Ordine, che non esiste più. E poi gli ultimi assidui frequentatori, io ed i miei amici, che una volta finita la Guerra abbiamo deciso di voltare pagina, anzi cambiare proprio il registro della nostra vita.
 
Sono venuta qui, nell’unica casa che ci ha ospitato per poco durante quell’anno di ricerche, forse perché avevo bisogno di riprendere contatto con quel genere di ambiente. Per quanto la mia scelta sia stata lugubre (sarei potuta andare anche a Hogwarts, volendo), aiuta a riscuotermi dal torpore in cui ero caduta.
Ho capito solo qualche momento fa che la soluzione migliore per me non è il lavoro da ufficio, non sono le scartoffie in cui immergermi per tenere la testa impegnata. E non è sicuramente vivere da sola tagliando i ponti con tutti, davanti alla loro felicità così diversa dalla mia.
Sbuffo un po’ impaziente ed un po’ infastidita, mi faccio una coda alta e sposto la solita ciocca ribelle dietro l’orecchio: “mettiamoci al lavoro e puliamo quest’immondezzaio”. Mi tuffo nelle pulizie e mi sento subito come se avessi 15 anni, quasi mi aspetto di sentire la voce di Sirius che impreca, o quella dei gemelli alla ricerca di schifezze per i loro esperimenti...
 
Quando termino, sono passate circa due ore e l’aspetto degli ambienti è solo leggermente migliorato. Ho risistemato il salotto e riordinato la cucina, mi guardo intorno poco soddisfatta e immagino come potrei cambiare e reinventare tutta la casa da cima a fondo secondo il mio gusto personale.
Mi appoggio allo stipite della porta che collega salotto e cucina, improvvisamente stanca quando realizzo che tanto non servirebbe a nulla, Harry questa casa la vuole rasa al suolo.
Guardo l’orologio a pendolo dietro alla poltrona ma mi accorgo che è fermo, così accendo il display del mio cellulare. Ovviamente non c’è campo, ma per fortuna non è esploso per l’alto tasso di magia che c’è nell’aria, quello sì che sarebbe stato un bel problema.
 
Salgo le scale ed esco un attimo sul balcone della camera di Sirius per provare a richiamare Marcel, sono le 17.18 ed avrei dovuto avvertirlo almeno venti minuti fa.
La chiamata dura davvero pochi minuti, il tempo di inventare una scusa per rinviare la nostra uscita e chiedergli perdono. Non è offeso, suppongo se lo appettasse, comunque gli garantisco che in settimana saremmo usciti per un aperitivo per farlo contento, così mi chiude la chiamata con un saluto decisamente più allegro.
Mi appoggio al cornicione della terrazza e mi guardo intorno: sotto di me, il giardino è orribilmente malmesso, accanto a me invece vedo ancora le chiazze nere lasciate da Sirius quando spegneva con poca grazia le sigarette direttamente sul porfido delle piastrelle.
Sorrido mestamente, tiro fuori un pacchetto di slim dalla tasca del trench e ne accendo una con la bacchetta. Non fumo quasi mai, a dire il vero, ma quello di concedermi una cicca ogni tanto è un vizio che ho preso da un paio d’anni. Avevo già fumato in passato, ed il mio primo tiro me l’aveva fatto fare proprio Sirius Black, quando avevo 16 anni.

Rimango a guardare, in balìa dei ricordi, un preoccupante nuvolone nero che sale da ovest a velocità allucinante fino al momento in cui decido che dovevo assolutamente ritornare a casa mia, dopotutto non avevo ragione di rimanere a Grimmauld Place un attimo di più.
Proprio mentre espiro l’ultima piccola boccata di fumo azzurrognolo e schiaccio la sigaretta sul muretto, aggiungendo una piccola cicatrice a quella terribile casa, sento del chiasso provenire dalla cucina, sembra un clangore assordante di una pentola che cade a terra.
Non me lo aspettavo, e vengo colta di sorpresa da una strisciante sensazione di paura. Chi diavolo può esserci qui dentro? Kreacher so che non vive più qui, gli è stato proibito (gentilmente) da Harry diversi anni fa, adesso credo si trovi nelle cucine della scuola. Dovrei essere sola.
Ovviamente non sono disarmata, ma la prontezza di riflessi che avevo a 17 anni mi ha abbandonata.
Sfilo la bacchetta dallo stivale destro, con un movimento fluido mi faccio un Incantesimo di Disillusione, spengo la luce e aspetto qualche secondo nel buio prima di avvicinarmi alla prima rampa di scale.



 
  
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