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Autore: Yasha 26    16/09/2017    4 recensioni
- Ho deciso di andarmene. –
- Dove andrete? –
- Ovunque mi porterà il destino, ma certamente il più lontano possibile da qui. – affermò il giovane.
Ci fu un lungo silenzio, in cui nessuno dei due sapeva bene cosa dire. Fu Kagome ad interromperlo.
- Il motivo per cui siete venuto qui… era per dirmi questo? – domandò esitante.
- Non lo so, perché non so cosa sceglierete di fare. – rispose l’han’yō.
- La mia scelta... – ripeté Kagome pensierosa, abbassando lo sguardo.
- Ritenete di non averne una? – chiese Inuyasha.
- Ho sentito molte persone chiamare questo luogo la "Gabbia dai fili d'oro". – esordì la giovane, alzandosi e guardandosi tristemente attorno. - Non importa quanto questo posto sia bello all'esterno; all'interno è ancora una gabbia. In qualità di donna che vive in un mondo governato da uomini e demoni, quale scelta pensate io possa avere Inuyasha-sama? –
- Chi vive all'interno di una gabbia può scegliere, a volte, di continuare a rimanere in essa, oppure può provare a fuggire. -
- E se vi dicessi che ho scelto di rimanere qui? –
- Perché? –
- Alcuni sostengono che il destino di una donna sia come una gabbia. Finché sono vive, non importa dove siano, loro non saranno in grado di uscirne. -
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Inuyasha, Kagome, Miroku, Naraku | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Allora? Chi è stato? – tuonò la voce del Generale, subito informato del furto di alcuni rotoli della sua pregiata carta washi dai magazzini.
- Nessuno di noi mio Signore! Vi supplico, credeteci! – rispose l’addetto del magazzino, inginocchiato ai piedi del Generale insieme a una parte della servitù che si occupava di quell’ala del palazzo.
- Di certo quei rotoli non se ne sono andati in giro da soli! Qualcuno li ha presi, magari per rivenderli. E chi se non voi, che eravate gli unici ad avervi accesso?! – esclamò furioso Naraku.
- Non siamo stati noi! Ve lo giuro Generale! –
- E allora chi? –
- Non… lo sappiamo… - sussurrò appena l’uomo, terrorizzato.
- Sicuro non sia stato nessuno di voi dunque? –
- Sì, mio Signore! Nessuno di noi oserebbe farvi un simile torto! – affermò l’uomo, sperando nella clemenza del loro Signore.
- D’accordo. Vi credo. – dichiarò Naraku, sotto lo sguardo stupito e sollevato dei presenti.
- Grazie mio Signore! Grazie! Vi siamo infinitamente riconoscenti e s… -
- Taci. – pronunciò freddamente il demone, recidendo la testa dell'uomo con i suoi artigli, che rotolò ai piedi della servitù tremante e singhiozzante, mentre il corpo cadeva in avanti ai piedi di Naraku. – Chi non è in grado di controllare dei semplici rotoli di carta in un magazzino, non merita di stare al mio cospetto. – sentenziò, guardando il corpo con sdegno. - Miroku! – urlò poi, chiamando il suo braccio destro, che apparve immediatamente.
- Ditemi Generale. – rispose il giovane, inchinandosi con riverenza al demone davanti a sé.
- Dai questi nullafacenti in pasto ai miei cuccioli di Paradisee e prendi nuovi servi più efficienti! E manda qualcuno a ripulire questa schifezza! – ordinò, mentre le suppliche e i pianti dei servitori riempivano la sala.
- Sì, Generale. – rispose Miroku, stringendo forte i pugni mentre i soldati trascinavano via i prigionieri in lacrime.
- Ah, Miroku… ho un’altra missione per te. – lo informò Naraku prima che andasse via, stringendo tra le mani un foglio dall’aspetto a lui familiare.
 
Inuyasha guardava il lento calare del sole da sopra un albero di ciliegio da cui poteva vedere tutta la vallata. Da quando aveva conosciuto Kagome, il sakura era diventato il suo albero preferito. L’odore dei fiori ormai sbocciati gli ricordava quello dei capelli della giovane, che di lì a poco sarebbe stata del suo Generale.
Il momento era infine giunto.
I vari piani della pagoda iniziavano già a illuminarsi e quando anche l’ultimo piano, quello in cui era rinchiusa la ragazza, sarebbe stato illuminato dalle lampade, lei avrebbe lasciato le sue stanze per raggiungere quelle di Naraku.
Avrebbe tanto voluto rapire Kagome e portarla via con sé, ma sapeva di non poterlo fare. Lui e Miroku erano stati addestrati per servire fedelmente il Signore per cui decidevano di lavorare e, nonostante fosse una delle sue guardie del corpo, nonché secondo braccio destro del demone ragno, Naraku era comunque più forte di lui, quindi da solo non avrebbe avuto scampo in un confronto diretto.
- Ancora a contemplare l’orizzonte? – lo provocò Miroku, apparendo improvvisamente alle sue spalle, ma Inuyasha non rispose. – Non è il momento di poltrire. Abbiamo una missione. – lo informò lo yōkai.
- Inizio a capire perché le persone comuni chiamino la Pagoda Dei Ciliegi Rossi “La gabbia dai fili d'oro”. – disse l’han’yō, continuando a guardare l’edificio.
- Guardandola da qui, sembra davvero una bellissima gabbia artigianale. Però non mi è chiaro quale sia stato lo scopo iniziale della sua costruzione. -
- Forse era una prigione sin dall'inizio. – rispose Inuyasha, stringendo i pugni. - Una prigione che mangia le persone. – aggiunse, ricordando come le servitrici paragonassero i ciliegi rossi dipinti sulle pareti interne della pagoda a dei fiori insanguinati.
- Una prigione è sempre stata così. – replicò Miroku.
- Sai cosa odio di ciò? –
- Cosa? –
- Una prigione non dovrebbe essere così splendidamente decorata. – sostenne con rabbia.
- In realtà ci sono prigioni ovunque. Alcune sono mozzafiato, altre sono sgradevoli. Alcune sono visibili, altre sono invisibili. –
Inuyasha osservò anche l’ultimo piano della struttura illuminarsi. Il tempo era infine giunto per Kagome, e anche per il suo cuore, che iniziava a dolere sempre più. Erano sensazioni che non aveva mai provato e avrebbe preferito continuare a ignorare visto quanto facevano male.
- Qual è la missione di oggi? – chiese l’han’yō, alzandosi e dando le spalle a Miroku. Forse distrarsi lo avrebbe aiutato a non pensare, ma il demone non disse nulla.
Inuyasha non ebbe tempo di voltarsi e chiedere all’amico perché non rispondesse, che un forte colpo al collo lo fece finire giù dall’albero e impattare malamente al suolo.
- Quando i tuoi occhi guardano dritto verso il cielo, non dimenticare mai che i tuoi piedi sono sempre sporchi di terra. – parlò lo yōkai, scendendo a sua volta dall’albero.
- Pe-perché mi hai colpito? – domandò l’han’yō provando a mettersi seduto, avvertendo una forte fitta alla testa.
- Inuyasha, qual è il mio ruolo nell’esercito di Naraku? – chiese serio il demone.
- Sei il suo braccio destro. La mano che uccide al posto suo. – rispose il giovane, sgranando gli occhi e intuendo subito tutto. – Oh, dunque, l'obiettivo della missione di oggi... sono io. –
- Esatto. -
- Naraku ti ha ordinato questo? -
- La formazione che abbiamo ricevuto, sin da quando eravamo giovani, è stata quella di accettare i comandi di una sola persona. – chiarì Miroku.
- Quindi vuoi uccidermi? – chiese incredulo il mezzo demone, che considerava l’amico più di un fratello.
- Un altro insegnamento che abbiamo ricevuto è che i comandi devono essere eseguiti. – aggiunse lo yōkai, inginocchiandosi davanti all’albino. - Ci sono alcuni posti dove noi non possiamo oltrepassare la linea invisibile. – asserì il demone, sotto lo sguardo arrabbiato e deluso del giovane han’yō. - Ti avevo avvertito Inuyasha, ma tu sei stato comunque testardo! –
- Quindi ti basta questo per uccidermi senza rimorso. Un ordine… – sostenne Inuyasha, sorridendo beffardo.
- Idiota! – lo colpì nuovamente Miroku, scaraventandolo a terra con un pugno. - A causa dell'improvvisa scomparsa di quei dannati fogli, sette persone hanno perso la loro vita! – urlò furioso, sollevandolo con una mano per il kimono e strattonandolo. - Per cosa sono morti? Chi dovrebbe rimpiangere le loro morti? – chiese con mano tremante di rabbia. – Tu non ascolti mai! Per questo è accaduto ciò! –
- La persona responsabile di quelle morti è quella che ha emesso la loro sentenza. – replicò l’han’yō.
Miroku lo guardò con rabbia, non riuscendo però a contraddirlo. Lasciando la presa sul kimono, lo colpì allo stomaco con un altro pugno, facendolo impattare contro un albero.
Seppur intontito e dolorante, Inuyasha riuscì a sollevarsi, mettendosi seduto. Miroku era molto più forte di lui. Non per nulla Naraku lo aveva voluto tra le prime fila del suo esercito di demoni. Avrebbe potuto ucciderlo con una sola mano se avesse voluto.
- Io so perché sei così arrabbiato. – borbottò il mezzo demone.
- Tu non capisci! – affermò Miroku, dandogli le spalle e guardando l’orizzonte ormai tinto di sfumature rosate.
- Sono consapevole invece. Nessuno è pieno di sensi di colpa per la loro morte. Nessuno se ne preoccupa o addirittura se ne cura. Tu sei arrabbiato perché noi siamo uguali a loro. In essi vedi il nostro stesso riflesso. – sostenne Inuyasha, asciugando col dorso della mano il sangue che scendeva dal suo labbro. – Noi siamo demoni, tuttavia dipendiamo dalle decisioni di qualcun altro, esattamente come quei servitori. Non c’è differenza tra noi e loro finché esisteranno esseri assetati di potere come Naraku a cui nessuno si ribella. – aggiunse infine.
- La ragione per cui hai fatto tutto questo… è per amore di Kagome? – domandò Miroku, voltandosi a guardarlo. Aveva capito subito quanto il suo amico fosse attratto da quella concubina, tuttavia non pensava gli eventi prendessero una simile piega.
- Forse perché mi sento in una gabbia invisibile. Anch’io, in lei, ho visto il mio stesso riflesso. – rispose il mezzo demone, appoggiandosi alla sua spada e alzandosi finalmente in piedi.
- Vattene! – ordinò Miroku, fronteggiandolo.
- Eh? E la tua missione? – domandò sorpreso l’han’yō.
- Da adesso dobbiamo iniziare a fuggire. – sostenne il giovane, guardandosi intorno sospettoso.
- Abbiamo molta familiarità con i metodi di Naraku. Sei sicuro di volerlo fare? –
- Non preoccuparti, lo rallenterò in qualche modo. Ricordi chi è il più forte tra noi due? –
- Che intendi? –
- Hai mai sentito la storia di quei due amici che incontrano una bestia? Uno di loro indossò le sue scarpe più leggere e l'altro gli chiese, “Tu puoi correre davanti alla bestia con un cambio di scarpe?” L'altro gli rispose: “Finché posso correre davanti alla bestia, tu starai bene.” – spiegò sorridente lo yōkai.
- Diventerò forte come te in futuro! Devo solo scoprire le tecniche segrete di Tessaiga! – rispose sicuro il giovane, ancora troppo inesperto nell’uso della spada che era stata del padre.
- Dal momento che abbiamo disobbedito a Naraku, la morte si avvicina. Non c'è tempo per il futuro. È necessario tu le scopra il prima possibile per diventare più forte. Abbastanza forte per fuggire dalla morte. Capito? Ora vai. Stanno per arrivare! – informò Miroku, sentendo la presenza dei demoni di Naraku avvicinarsi.
- Non andiamo via insieme? – chiese incredulo l’albino.
- Dobbiamo separarci. In questo modo non saranno in grado di focalizzare tutte le loro forze per inseguirci. –
Inuyasha lo guardò insicuro, ma lo sguardo di Miroku gli diceva che non ammetteva repliche. Lo yōkai iniziò ad incamminarsi per andar via, ma prima di farlo aggiunse un’ultima cosa.
- Non farti uccidere, fratello. – gli sorrise, prima di sparire tra la vegetazione.
Inuyasha guardò con tristezza il punto in cui il suo amico era sparito, poi rivolse lo sguardo al cielo; il crepuscolo era ormai vicino. Guardò nuovamente in direzione della pagoda e sorrise.
Era tempo di andare.
- Han’yō, preparati a morire! – minacciò un demone alle sue spalle, attaccandolo con i suoi artigli.
Naraku doveva aver già scoperto il tradimento di Miroku, si disse il giovane, che riuscì ad evitare il colpo saltando agilmente ed estraendo la spada, con la quale tagliò in due il demone. Dal folto della vegetazione, altri demoni si fecero avanti attaccando l’albino, che riuscì però a parare tutti i colpi, ma più ne uccideva, più ne apparivano.
- Non ho tempo per giocare con voi! Toglietevi dai piedi! – urlò loro, scagliandogli contro il Kaze no Kizu, l’unico attacco che aveva scoperto della sua spada, spazzando via una parte della vegetazione e uccidendo tutti i demoni in un colpo solo.
Saltando tra un albero e un altro, nascondendosi più che poteva alla vista delle guardie nel giardino, Inuyasha riuscì finalmente a raggiungere la pagoda, uccidendo i demoni posti di guardia all’ultimo piano.
Restava la parte più difficile da portare a termine, pensò.
 
Kagome si stava preparando per incontrare il Generale Naraku. Il momento era arrivato. Acconciò i capelli e truccò il viso con delicata polvere di riso, delineò con accuratezza le sopracciglia aiutandosi con un bastoncino di carbone, colorò di scarlatto le labbra con la pasta lucida ottenuta dai petali di benibana e alcune resine, così come le avevano insegnato le sue maestre, infine indossò il pregiato kimono che le avevano portato le servitrici.
Si osservò soddisfatta allo specchio. Di certo, sarebbe stata affascinante agli occhi del demone.
In attesa che le guardie venissero a prenderla, si mise a scrivere gli ultimi versi su quel fiore che tanto amava da quando era piccola e molti ricordi le vennero alla mente, come le lunghe preghiere con la zia all’ombra dei sakura, oppure le piacevoli passeggiate con la madre sotto quegli alberi che, a otto anni, le apparivano immensi. Amava quel delicato profumo trasportato dal vento per tutto il villaggio, così come la caduta dei petali come se fossero fiocchi di candida neve. Le piaceva correre sotto quella pioggia profumata, nonostante i rimproveri della madre di stare attenta a non scivolare. Poi, ricordò qualcosa che non avrebbe voluto rammentare… i delicati petali ricoperti da spruzzi rossi.
Kagome distolse lo sguardo dal foglio, cercando di controllare le lacrime che minacciavano di sgorgare e guardò fuori dalla finestra. Ormai i sakura stavano sfiorendo, come lei.
Una leggera brezza alle sue spalle la fece sorridere e ritornò a scrivere.
- Noto che non avete perso l’abitudine di osservarmi di nascosto, Inuyasha-sama. – sostenne Kagome, rasserenandosi per qualche motivo a lei oscuro.
Da quando era rinchiusa in quella pagoda, il mezzo demone veniva a farle visita praticamente ogni giorno, ma restando sempre nascosto, almeno finché non era lei a chiamarlo.
- Sono venuto a dirvi addio. – rivelò subito il giovane.
- Volete andarvene? – chiese stranamente turbata, interrompendo la scrittura, ma senza voltarsi in direzione del giovane.
- Siete voi che volete andarvene. – replicò Inuyasha, osservando come si fosse agghindata per l’incontro con Naraku. I suoi capelli profumavano di fiori di ciliegio come mai. Sembrava quasi felice del destino che le era toccato. – Quando il sole tramonterà, voi lascerete la Pagoda Dei Ciliegi Rossi. –
- Quindi… lo sapevate… - sospirò, intingendo le setole del pennello nell’inchiostro.
- Lo sapevo dalla prima notte che siete arrivata qui. – rispose fronteggiandola. - Quando la pagoda è completamente illuminata, gli eventi si ripetono. L'unica differenza è che l’ospite della pagoda cambia ogni volta. Le somiglianze no. Sono tutte donne molto giovani e belle. – spiegò tristemente Inuyasha.
- Così, le ragazze che vivono sotto queste lampade sono tutte le stesse per voi. Ho ragione? – chiese leggermente risentita, ma senza capirne il perché.
- Che siano le stesse o no, per me non è mai stato importante. Questo perché non sono mai state parte del mio mondo. –
- Poi le avete viste sparire? –
- No. Questa è la prima volta. – rispose il ragazzo, ottenendo la completa attenzione della ragazza, che lo guardava sorpresa. – E sarà anche l’ultima. – aggiunse Inuyasha. 
- Perché? –
- Perché ho deciso di andarmene. –
- Dove andrete? – domandò curiosa.
- Ovunque mi porterà il destino, ma certamente il più lontano possibile da qui. – affermò il giovane.
Ci fu un lungo silenzio, in cui nessuno dei due sapeva bene cosa dire. Fu Kagome a interromperlo.
- Il motivo per cui siete venuto qui… era per dirmi questo? – domandò esitante.
- Non lo so, perché non so cosa sceglierete di fare. – rispose l’han’yō.
- La mia scelta... – ripeté Kagome pensierosa, abbassando lo sguardo. 
- Ritenete di non averne una? – chiese Inuyasha.
- Ho sentito molte persone chiamare questo luogo la "Gabbia dai fili d'oro". – esordì la giovane, alzandosi e guardandosi tristemente attorno. - Non importa quanto questo posto sia bello all'esterno; all'interno è ancora una gabbia. – aggiunse, per ritornare a guardare il giovane. - In qualità di donna che vive in un mondo governato da uomini e demoni, quale scelta pensate io possa avere, Inuyasha-sama? –
- Chi vive all'interno di una gabbia può scegliere, a volte, di continuare a rimanere in essa, oppure può provare a fuggire. Venite via con me. – propose l’han’yō pieno di speranza.
Kagome lo guardò sconvolta. Non si aspettava un tale risvolto. Aveva già coinvolto troppe persone e non poteva permettere che anche a lui accadesse la stessa cosa.
- E se vi dicessi che ho scelto di rimanere qui? –
- Perché? – domandò il giovane, sgranando gli occhi incredulo.
- Alcuni sostengono che il destino di una donna sia come una gabbia. Finché sono vive, non importa dove siano, loro non saranno in grado di uscirne. –
- Per me è terribilmente difficile credere che qualcuno che scrive versi su quanto sia preziosa la vita, dica cose del genere! – protestò Inuyasha.
- Forse perché non avete letto abbastanza attentamente. – rispose lei con sguardo avvilito. - Ciò che i miei scritti vogliono davvero significare, Inuyasha-sama, è che non importa dove il destino mi porterà. Il mio cuore sarà sempre libero. – spiegò con un leggero sorriso.
- Non capisco. –
- Dimenticatevi di me. – proferì decisa la giovane, voltandogli le spalle. – Il tramonto è vicino. Adesso dovreste andarvene. –
- Ma… -
- Vi prego, lasciatemi sola. – insistette Kagome, con un peso sul cuore.
Inuyasha la guardò con dolore, ma non poteva costringerla ad andare via con lui. Si avvicinò alla finestra per andare via, ma prima di farlo si voltò verso la ragazza.
- Le frasi che avete scritto, le ho ben comprese. Sappiate che non credo a una sola parola di tutto quello che avete appena detto! – affermò Inuyasha, saltando poi dalla pagoda.
Kagome guardò la finestra dalla quale Inuyasha era uscito. Uno strano senso di vuoto la colse per la prima volta da quando era entrata in quella pagoda. Sospirò amareggiata e si rivolse verso il paravento della sua camera.
- Dal momento che siete qui, perché non vi fate vedere? –
- Essere in grado di sentire la mia presenza non è affatto semplice, Kagome-sama. –
- Miroku-sama. - s’inchinò con grazia la giovane davanti al demone che apparve da dietro l’oggetto.
- Conoscete addirittura il mio nome? – si finse stupito il demone.
- Come braccio destro, siete molto importante per il Generale. Per me non è difficile conoscervi. – spiegò la ragazza.
- Suona come se aveste fatto delle ricerche prima di venire qui. – suppose lo yōkai.
Kagome non rispose, ma sorrise divertita.
- Miroku-sama, a vostro giudizio, quanti punti vale il mio aspetto oggi? – domandò lei con aria civettuola, volteggiando su se stessa.
- Così l'altra volta avete ascoltato la conversazione. – sogghignò lo yōkai, per nulla sorpreso.
- Quanti punti? – insistette Kagome, sorridendo più ampiamente.
- Ho sentito dire che dieci punti di bellezza potrebbero indicare dieci punti di pericolo. I vostri punti dovrebbero essere dati dal Generale, Kagome-sama. Io sono solo un guardiano. –
- Allora perché state spiando nella mia stanza? –
- Perché un ladro è entrato qui. – spiegò divertito Miroku.
- Oh! Davvero potrebbe esserci un ladro nella mia camera? – si finse preoccupata la ragazza, portandosi una mano alla bocca.
- Se ci fosse un ladro, potrebbe nascondersi ovunque. –
- E avete fatto qualche scoperta? – chiese la giovane, dirigendosi verso la finestra per guardare fuori.
- Purtroppo no. Si nasconde in profondità come l’acqua. – rispose il demone, facendosi serio.
- Siete dalla parte della luce, mentre egli è dalla parte oscura. Quindi, Miroku-sama, non siete in una situazione pericolosa? – ipotizzò Kagome, voltando appena la testa e osservandolo con la coda dell’occhio mentre le si avvicinava alle spalle.
- A volte, colui che è nella parte oscura è in una situazione maggiormente pericolosa, perché se è troppo buio non sarà in grado di vedere il percorso. – replicò pensieroso Miroku.
- Oh, un ladro che non può vedere nell'oscurità. Allora quello deve essere un ladro stupido. – ironizzò la ragazza. – Se è così, cos’è che ancora preoccupa tanto Miroku-sama? -
- Questo stupido ladro è davvero il tipo di persona di cui avere più paura, perché non agisce di conseguenza. Questo può portare a molti problemi. Non solo sacrificherà la sua vita, ma è probabile che con sé trascinerà altre persone. – spiegò con voce cupa il demone.
Kagome si voltò mantenendo il suo finto sorriso, nonostante fosse rimasta molto scossa da quelle parole.
- Appunto, Miroku-sama. Per il vostro bene è necessario che vi teniate a distanza da quel ladro. –
- Kagome-sama, avete usato il vostro pennello in modo davvero incauto. Questo ha provocato il Generale Naraku, che ha giustiziato degli innocenti incolpandoli ingiustamente del furto dei suoi stupidi fogli pregiati! – l’accusò Miroku, ancora contrariato da quelle morti causate dall’amico per la donna di fronte a lui.
Di tutte le femmine esistenti, perché quell’idiota doveva scegliere la più intoccabile?
Per un attimo, che non sfuggì a Miroku, Kagome perse il sorrisetto che le aveva adornato le delicate labbra scarlatte, ma lo recuperò subito.
- Stasera dovrebbe esserci un'atmosfera romantica, Miroku-sama. Le vostre parole non la rovineranno? – chiese la ragazza, dirigendosi verso i suoi scritti per rimetterli a posto.
- Quello che avete detto è vero, Kagome-sama. Le mie parole rovineranno l'atmosfera. – rispose Miroku, incrociando le braccia e scuotendo rassegnato la testa.
- Allora la vostra punizione è aiutarmi a sistemare tutti questi fogli prima che lasci la pagoda. Altrimenti… -
- Altrimenti cosa? – ghignò Miroku.
- Altrimenti mi lamenterò di voi con il Generale. – minacciò scherzosamente.
- Sembra che non possa rifiutarmi. – rispose Miroku, avvicinandosi al chabudai.
- Esatto, non potete rifiutare. – sorrise soddisfatta la ragazza, prendendo il suo yatate e chiudendo il pennello nel suo vano ma, quando il demone le fu vicino, dal manico del prezioso oggetto fuoriuscì un affilatissimo tagliacarte, con il quale cercò di colpire Miroku, che evitò prontamente l’attacco.
Rigirando l’arma tra le mani come un pugnale, Kagome continuò ad attaccare senza tregua lo yōkai, cui iniziava a diventare difficile evitare ogni colpo. Con un’agilità che non credeva possibile in una donna umana, che soprattutto indossava strati di ingombranti kimono, Kagome stava riuscendo a tener testa alla sua velocità di demone, tuttavia si rese conto che non stava agendo sul serio, poiché la lama non arrivava mai a colpirlo davvero, nonostante le occasioni non le fossero mancate. Aveva una perfetta padronanza sia dell’oggetto tra le sue mani sia dei suoi movimenti. Stanco di giocare, saltando alle sue spalle, il demone riuscì a immobilizzarle il braccio che impugnava l’arma, ma Kagome fece scivolare abilmente il tagliacarte nell’altra mano, sorprendendo così Miroku che si trovò la lama puntata al collo.
- Hai talento, eppure sei volontariamente in un posto pericoloso come questo. Chi sei davvero? – domandò il demone, mentre liberava il braccio della ragazza, che ripose tranquillamente lo yatate nell’obi del kimono.
- Informerò il Generale del vostro attacco nei miei riguardi. – ritornò a sorridere la ragazza, eludendo la domanda.
- Scoprire le vostre reali intenzioni forse lo interesserebbe di più. – la prese in giro Miroku, riprendendo le formalità, poiché la ragazza pareva non voler parlare.
- Avete intenzione di dirglielo? –
- Perché no?
- Siete un subordinato che non ha eseguito un ordine. Pensate che crederà alle vostre parole? –
- Anche se siete rinchiusa nel Padiglione Dei Ciliegi Rossi, sembra conosciate molte cose di quello che accade là fuori. – notò lo yōkai.
- In realtà non mi è stato poi tanto difficile scoprirlo. –
- Lasciate che vi dia un consiglio Kagome-sama: Rinunciate subito! – ritornò serio Miroku.
- Dal momento che avete scelto di sfidare i suoi ordini, perché volete fermarmi? – domandò altrettanto seriamente Kagome.
- Pensate che stia facendo questo per proteggere Naraku? –
- Non è così? –
- La forza di Naraku è molto più terrificante di quanto possiate immaginare. Non avete idea di chi vi state mettendo contro. –
- Invece sono abbastanza consapevole di ciò. – replicò Kagome, abbassando lo sguardo e ripensando alla madre e alla zia.
- Credo abbiate una ragione sufficiente per fare questo, ma vi è un vasto mondo là fuori. Avete ancora la possibilità di andarvene. La vostra poesia non dovrebbe scomparire. Inoltre, Inuyasha ha deciso di cercare la propria strada. – la informò il demone, cercando di convincerla.
- Sono fiduciosa che ci riuscirà e dimenticherà tutto di questo luogo… Inclusa me. – rispose Kagome, dando le spalle al demone e lasciando intendere che per lei l’argomento era da ritenersi chiuso.
Miroku sospirò sconfitto e abbandonò quindi la stanza, lasciando da sola la ragazza, che si voltò verso lo specchio a osservare il proprio riflesso.
- Fin dall'inizio, nessuno avrebbe dovuto mantenere memoria alcuna di me. – sospirò con dolore Kagome, mentre una lacrima fuggiva dai suoi occhi velati di amarezza.
 
 
 
 
 
 
 
E rieccomi col secondo capitolo ^_^  Spero sia piaciuto a chi segue la storia.
Ah, ho aggiunto l'immagine al primo capitolo perché non mi ero accorta non ci fosse XD avevo sbagliato il link per inserirlo XD Ho scelto quell'immagine, anche se so che non è Inuyasha, perché mi fa pensare a lui, mi piace l'atmosfera nostalgica che creano i petali che entrano nella stanza che pare vuota alle sue spalle.
Grazie di cuore a chi ha recensito il primo capitolo <3 mi hanno fatto davvero molto piacere i vostri commenti dopo tanto che non pubblicavo nulla <3  :-*  <3  :-* <3  grazie carissime <3
Avete già notato delle piccole sfaccettature del carattere di Kagome XD complimenti. Questo capitolo vi avrà messo altri dubbi immagino.
Rispondo solo ad una vostra domanda: “Kagome è un demone?” No, lei è umana ^_^ il resto lo scoprirete col prossimo capitolo se vorrete ;)
Baci Faby <3 <3 <3 <3 
   
 
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