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Autore: Thalassa_    26/09/2017    8 recensioni
Albus lo stava guardando, in attesa, occhi verdi in occhi verdi. Guardare suo figlio era come guardare uno specchio che lo riportava a quando aveva lui quindici anni, riportando alla luce ogni sorta di ricordi, piacevoli e spaventosi, divertenti e tristi. Albus aveva i suoi capelli neri, forse solo appena più lisci e ordinati, la sua statura, il suo naso e i suoi occhi; ma quasi nient’altro.
Era circondato di amore quanto Harry era stato bisognoso di affetto, eppure lo rifuggiva; era sfuggente, chiuso, non alzava mai la voce – i muri della Tana se la ricordavano, la voce di Harry, quando aveva quindici anni e sbraitava contro le ingiustizie del mondo; aveva un umorismo ironico e tagliente, e Harry lo adorava, suo figlio, tanto diverso, tanto complicato e incomprensibile, suo figlio. Ma di tutte le cose che avresti potuto prendere da me, Al, pensò Harry, amareggiato, proprio le manie di persecuzione?

***
Harry iniziava sinceramente ad allarmarsi. “Cosa sta succedendo a Hogwarts, Neville?” chiese.
Neville sospirò.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo IX


Albus inspirò profondamente e si concentrò sul movimento della bacchetta, che aveva provato e riprovato fino a rischiare di slogarsi un polso. “Evanesco” disse a mezza voce.
Il fermacarte d’argento con le iniziali di Scorpius rimase lì dov’era, la sua presenza più solida e concreta che mai.
“Ci rinuncio” borbottò, posando la bacchetta e appoggiando la testa sul tavolo, sfinito.
Rose gli rivolse un’occhiata di rimprovero. Albus fu grato che avessero deciso di esercitarsi in biblioteca; almeno lì, sua cugina non poteva urlargli contro.
“Non ti stai impegnando abbastanza” lo rimproverò sottovoce.
“Non è vero, è una settimana che ci provo, non ci riesco e basta” protestò vivacemente. Cercò con lo sguardo il supporto di Scorpius, ma l’amico aveva vigliaccamente deciso di tenersi fuori dalla discussione e sembrava profondamente immerso in Pozioni Avanzate, un libro che aveva sempre criticato ampiamente per la sua palese inutilità.
Rose non demordeva. “Vuol dire che non hai studiato abbastanza attentamente la teoria” sentenziò.
Albus si morse la lingua per non risponderle male. Aveva letto e riletto il manuale fino alla nausea, aveva ascoltato mille volte sua cugina ripetere ogni definizione, aveva memorizzato anche il numero di pagina e la piccola macchia d’inchiostro sull’angolo destro della pagina che spiegava l’incantesimo, ma nulla di ciò che aveva provato a Evanescere aveva mai fatto qualcosa di più concreto che impallidire.
“La so a memoria, chiedimi qualsiasi cosa” la sfidò.
Dopo che ebbe risposto perfettamente alle sue domande per qualche minuto, Rose dovette arrendersi all’evidenza. “Forse hai una specie di blocco psicologico” mormorò, dubbiosa. “Ho sentito che può succedere…”
Albus sbuffò spazientito. “Semplicemente non vuoi accettare che io non sia brillante come te e Scorpius e tutta la nostra famiglia! Sono un mago scarso, ecco la verità, e non riuscirò mai a trasfigurare neanche una piuma!” Aveva alzato la voce, preso dalla foga, e una Tassorosso si era girata a guardarlo dal tavolo a fianco. La fulminò con lo sguardo, e lei tornò al proprio libro scambiando una risatina di scherno con la sua amica.
“Al, stai facendo una tragedia per niente” intervenne Scorpius, emergendo finalmente da Pozioni Avanzate. “Tutti hanno una materia che proprio non gli riesce. Puoi diventare un buon mago anche senza un G.U.F.O. in Trasfigurazione, ok? Non è un dramma”.
Magari fosse solo una materia il problema, pensò Albus tristemente. Trasfigurazione è quella che mi riesce peggio in assoluto, ma non si può certo dire che sia portato per gli Incantesimi o Pozioni o Difesa Contro le Arti Oscure…
Rose sembrava sul punto di esplodere.
“Non è un dramma?” sibilò. “Non è un dramma? Al, quello che dici è ridicolo, sappiamo tutti che hai tanto talento, è solo che non ti impegni abbastanza per tirarlo fuori! Ti ricordi l’incidente di zia Fleur?”
Albus alzò gli occhi al cielo. Scorpius rivolse loro un’occhiata perplessa, ma Rose lo fulminò con un’occhiata, impedendogli di parlare.
“Al, tu devi prendere un G.U.F.O. in Trasfigurazione! Che razza di carriera potresti fare, altrimenti? Dobbiamo pensare al nostro futuro!”
Estrasse i volantini per gli studenti del quinto anno che descrivevano le competenze richieste per lavorare in vari campi, e iniziò ad elencare tutte le sfolgoranti carriere che Albus si sarebbe perso se non avesse preso un G.U.F.O. in Trasfigurazione.
“Basta, Rose, ho capito. Ti prometto che mi impegnerò di più, ok?” disse Albus sfinito, per farla tacere.
Rose parve soddisfatta e sbadigliò sonoramente. “Siamo tutti molto stanchi” disse, raccattando le sue cose. “Riprovaci domani quando ti sarai riposato, sono certa che andrà meglio”.
Albus aveva la certezza assoluta che non sarebbe andata affatto meglio. Per di più, ammirava la diplomazia con cui sua cugina riusciva a dire con leggerezza “siamo tutti molto stanchi” sottintendendo “siamo devastati fisicamente e psicologicamente dal fatto di aver passato la notte in bianco, rischiato le nostre vite e affrontato gli infiniti rimproveri e i sono veramente delusa della Preside e delle nostre madri fino al mattino”. La preside li aveva interrogati uno alla volta senza ricavarne granché, sempre più esasperata. James aveva accusato platealmente Virginia, ma aveva anche ammesso di non avere prove. Quando Rose aveva domandato candidamente se avesse preso in considerazione l’idea che fossero tutti innocenti, la preside aveva chiesto sarcasticamente se non fosse molto più probabile che fossero tutti colpevoli e che si stessero coprendo a vicenda. Albus era stato sul punto di rispondere che James avrebbe preferito essere espulso insieme a Avery che restare impunito, ma l’espressione glaciale della preside l’aveva talmente atterrito da privarlo della voglia di scherzare.
A quel punto, Albus aveva sperato che sarebbero stati finalmente mandati a dormire. Aveva invece scoperto con orrore che il peggio doveva ancora arrivare. Tutti i loro genitori erano stati immediatamente avvisati e alcuni di loro avevano chiesto di parlare con i propri figli mettendosi in comunicazione via camino. Albus aveva già visto sua madre arrabbiata innumerevoli volte, ma ciò che lo prese completamente alla sprovvista fu non sentirla gridare. Vederla pallida e scarmigliata nell’immagine tremolante tra le fiamme, gli occhi pieni d’angoscia e di accusa lo fece sentire tremendamente in colpa. James, alla sua sinistra, era mortalmente serio e teneva gli occhi bassi. Sua madre aveva detto loro poche parole che gli erano riecheggiate nella memoria tutto il giorno, come disegnate nelle fiamme tra cui si trovava, che si confondevano con il colore dei suoi capelli. Mi avete spaventata a morte, aveva detto con voce vibrante. Non fatelo mai più.
A urlare era stata invece zia Hermione, che aveva preteso di parlare non solo con Rose, ma anche con i suoi nipoti, e che era la ragione principale per cui quando avevano lasciato l’ufficio della preside era ormai mattino. Il colloquio di Scorpius con suo padre era durato pochi minuti, ma ne era uscito talmente pallido e tremante che Albus non aveva osato domandargli nulla.
Evidentemente, tutti e tre stavano rimuginando sugli avvenimenti di quella notte, perché uno strano silenzio carico di sottintesi era calato tra di loro.
“Tuo padre è stato molto duro con te, Scorpius?” chiese Rose, con una dolcezza nella voce che non era frequente sentirle adoperare.
Scorpius ebbe un impercettibile moto d’incertezza, poi scosse la testa. “No, niente di che. Mi ha solo detto di non mettermi nei guai, rispettare le regole e quelle cose lì. Credo si sia piuttosto spaventato, non ha mai avuto molta simpatia per le Creature Magiche, da ragazzo è stato attaccato da un ippogrifo o qualcosa del genere. Secondo me, però, è stato piuttosto contento che siamo finiti sul giornale” aggiunse, con un mezzo sorriso. “Non sembrava molto contento dell’intervento di Griffith, però…dice che passa troppo tempo da Magie Sinister per essere uno che insegna Difesa contro le Arti Oscure…”.
“Beh, meglio così” rispose Rose, interrompendo il suo abituale fiume di parole e rivolgendogli un gran sorriso. “E… grazie di tutto”. Scorpius sorrise imbarazzato, guardandola intensamente negli occhi.
Albus si sentì improvvisamente di troppo.
Uno strano malessere lo pervase. Aveva ascoltato mille volte gli sproloqui di Scorpius sul loro radioso futuro, in cui avrebbero avuto una splendida carriera appena terminata la scuola e immancabilmente sarebbero diventati una grande famiglia felice. A questi discorsi Albus aveva sempre annuito con grande entusiasmo, cercando di non far trapelare il proprio scetticismo. Ci avrebbe pensato la vita a infrangere i sogni di Scorpius. Dal canto suo, non aveva mai avuto dubbi né sul fatto che dopo Hogwarts le loro strade si sarebbero divise, perché mai e poi mai avrebbe avuto accesso alle stesse possibilità di carriera di Scorpius, né sul fatto che sua cugina potesse provare il benché minimo interesse per il suo migliore amico. A quanto pare, almeno su questo punto si era sbagliato, ma non si sentiva euforico come quando si lasciava contagiare dai sogni entusiastici di Scorpius. Non poté fare a meno di sentirsi messo da parte. Chi l’avrebbe mai detto che l’invidia fosse una sensazione tanto pungente?
“Buonanotte, Rose” intervenne, spezzando la magia degli sguardi.
“Buonanotte, ragazzi” rispose Rose, allontanandosi sotto lo sguardo trasognato di Scorpius.
“Che dici, facciamo qualche altro tentativo?” chiese Scorpius, stranamente poco loquace. Albus annuì stancamente.
Dopo qualche minuto, la totale mancanza di miglioramenti e l’assenza di Rose fecero desistere entrambi dal loro proposito. Albus era ormai rassegnato all’idea di fallire miseramente il test il giorno successivo.
Cercò di non pensare al sorriso crudele della Chapman quando avrebbe annunciato, con la vocina stridula piena di soddisfazione: “Un altro Deludente, signor Potter, e un’altra delusione per tutti noi – temo proprio che dovrò scrivere ai suoi genitori”. Ormai suo padre doveva possedere una tale collezione di lettere simili da riempirci una biblioteca.
“Sarà meglio che andiamo a dormire anche noi” sospirò, e l’amico annuì. L’adrenalina che aveva continuato a scorrere per diverse ore dopo l’incontro con il Tuono Alato era scomparsa e la stanchezza accumulata si stava facendo sentire. “Cosa sarebbe l’incidente di zia Fleur?” chiese Scorpius curioso, mentre imboccavano la strada per i sotterranei.
“Solo il preludio dell’ennesima delusione che ho dato ai miei” rispose Albus, di cattivo umore. “Non bastava essere figlio del Ragazzo-che-è-sopravvissuto, non bastava un nome ridicolo come Albus Severus, no, ci voleva anche qualcos’altro per far alzare le aspettative di tutti nei miei confronti. Così, ho dato i primi segni di magia a nove mesi, quando ho fatto esplodere in mille pezzi il carillon con le ninne nanne francesi che mi aveva regalato zia Fleur. Si offese moltissimo, a quanto mi hanno raccontato, e andò avanti a bisticciare con mia mamma per secoli…”.
“Nove mesi? Ma è prestissimo!” commentò Scorpius, stupito.
“Già. È stata l’unica volta che ho battuto Rose in qualcosa” replicò, depresso. “In realtà ho battuto anche James, lui ha compiuto la prima magia accidentale tardissimo, era già nata Lily…”
Scorpius ridacchiò. “Non mancherò di ricordarglielo la prossima volta che mi chiama Sgorbius” disse con un sorrisetto che Albus ricambiò.
“Se non sbaglio fece levitare un calderone di mia madre e me lo fece cadere in testa” continuò Albus, a cui era appena tornato alla mente un ricordo abbastanza nebuloso. Quello che ricordava distintamente era il terrore che l’aveva pervaso quando aveva visto piombare su di sé il calderone e poi una strana sensazione di calma. Una sensazione strana, indefinibile se non con il fatto che in quel particolare momento per lui valeva una legge in genere non realizzata nell’universo, che è volere è potere.
“Prima che tu possa fare battute idiote sui danni permanenti riportati dal mio cervello in seguito alla botta” riprese “ti informo che il calderone andò in mille pezzi, mamma era furiosa… Insomma, le magie accidentali sono state frequenti durante la mia infanzia, e in genere anche abbastanza eclatanti. Così la mia famiglia si era fatta l’idea che avessi qualche talento straordinario. Quando sono arrivato a Hogwarts, hanno dovuto constatare che non era così” concluse amaramente.
Scorpius parve molto colpito dal racconto. Guardò Albus con un’aria strana, come se lo stesse esaminando.
“Sai, Al”, disse meditabondo, “tua cugina potrebbe avere ragione”.
“Oh no, ti prego” gemette Albus. “Non iniziare anche tu con la teoria del talento nascosto che aspetta solo di emergere! Grindelwald” disse al serpente inciso sulla parete. Non successe nulla.
“Hanno cambiato la parola d’ordine?” chiese perplesso. Scorpius sembrava saperne quanto lui. “Devono averla cambiata ieri sera…”
“La nuova parola d’ordine è Arsenico” disse una voce alle loro spalle. “Ingrediente utilissimo in molte pozioni e veleni”. Il muro si fece da parte per aprire il passaggio davanti a loro.
“Punto numero uno, piantala di sbucare in questo modo alle spalle della gente!” sbottò Albus.
Virginia sorrise divertita.
“Punto numero due” intervenne Scorpius “come fai a sapere la nuova parola d’ordine se ieri sera eri con noi?”.
“Ma che carini” li punzecchiò Virginia, sorridendo, “ora vi completate anche le frasi a vicenda?”
“No, seriamente” insisté Albus “come fai?”
“Chi pensi che le scelga le parole d’ordine, Albus?” chiese Virginia con un sorriso ambiguo, entrando nel passaggio con il suo passo leggiadro.
“Stai scherzando!” protestò Albus, scandalizzato. “Entro quando hai intenzione di prendere possesso della scuola, di preciso?”
Virginia rise, ma non rispose. “Beh, io andrei nel mio dormitorio” disse in tono vago.
“Punto numero tre” riprese Scorpius, imperterrito. “Cosa ci facevi oggi pomeriggio con un elfo domestico?”
“Shhh!” lo zittì Virginia, allarmata.
Giusto, l’elfo domestico! Albus se n’era completamente scordato. Dopo pranzo, mentre vagavano per corridoi poco frequentati nella speranza di evitare i Grifondoro, se possibile ancora più fastidiosi del solito, e le loro insinuazioni su quanto successo la sera prima, avevano intravisto Virginia parlare amabilmente con un elfo domestico. Albus sapeva, naturalmente, che gli elfi domestici lavoravano a Hogwarts – non era possibile essere nipote di Hermione Granger e non sapere tutto quanto c’è da sapere sullo sfruttamento degli elfi domestici – ma nonostante fossero regolarmente pagati per lavorare a Hogwarts, proprio grazie a sua zia, non ne aveva mai visto uno. Continuavano a compiere il loro lavoro silenzioso nell’ombra, nelle cucine o mentre gli studenti dormivano. Albus non aveva idea di come Virginia l’avesse convinto a uscire dalle cucine, ma se c’era qualcuno che sapeva essere estremamente persuasivo era sicuramente lei.
Albus e Scorpius avevano guardato la scena a bocca aperta, ma l’elfo era scomparso nel nulla con un sonoro crac prima che avessero potuto avvicinarsi. Virginia si era allontanata in tutta fretta, e Albus e Scorpius, dopo essersi scambiati uno sguardo stralunato, avevano concordato silenziosamente di aver avuto abbastanza avventure per quel giorno.  
“Eh va bene” si arrese Virginia, con gli sguardi inquisitori di Albus e Scorpius puntati addosso. “Ora vi spiego tutto, sediamoci qui”. Presero posto sulle poltrone in pelle nera di fronte al camino nell’angolo a destra della Sala Comune, il più lontano possibile dagli altri Serpeverde.
“Sto facendo delle ricerche sull’aspetto più primitivo e innato della magia, quella dei maghi antichi, quella dei bambini maghi prima che imparino a controllarla” sussurrò Virginia. “Sapete che Albus Silente era in grado di compiere alcuni tipi di incantesimi senza l’ausilio della bacchetta? Così, ho pensato di analizzare più da vicino i Senza Bacchetta più accessibili a noi, gli elfi domestici”.
Albus la guardò pieno di interesse. Non gli era mai venuto in mente che gli elfi domestici possedessero un tipo di magia che ai maghi era preclusa.
Scorpius, invece, era sbiancato. “Vì, sarai anche la cocca della McGonagall, ma se ti beccano a sperimentare sugli elfi domestici altro che espulsione, finisci dritto ad Azkaban!”
“Ma per chi mi hai preso!” protestò Virginia, indignata. “Gli ho solo fatto qualche domanda! Ma vi pregherei di non, ehm, pubblicizzare la cosa”.
Albus smise di seguire il battibecco tra lei e Scorpius. Qualcosa nelle parole della ragazza l’aveva colpito, ma non riusciva a identificare cosa fosse. Rimase affascinato dall’idea di una Magia istintiva, primordiale, posseduta dai Senza Bacchetta… Ripensò alla sensazione provata da piccolo, quando aveva fatto esplodere il calderone.
Le risate dei suoi due compagni lo riportarono al presente. Scorpius stava raccontando a Virginia gli incidenti causati da Albus durante l’infanzia.
“E così, James Potter non ha dato segni di magia fino a sei anni e mezzo, eh?” ghignò Virginia. “Interessante”. 
“Virginia, raccontaci una di quelle storie su Serpeverde!” trillò una ragazzina del primo anno saltellando verso di loro con aria speranzosa. Diversi suoi coetanei annuirono eccitati.
“Un’altra volta, Emily, è già molto tardi ed è ora che andiate nei vostri dormitori” rispose Virginia, accarezzandole i capelli scuri.
“Dai, per favore” insistette Emily con voce innocente. “Non è poi così tardi, e abbiamo già finito i compiti…”.
“E va bene” cedette Virginia, rassegnata, sedendosi con un sorriso in mezzo ai marmocchi.
“C’erano una volta quattro maghi di straordinario talento. I loro nomi erano Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso –”
“Quanto la prendi alla larga, Vì!” commentò Albus alzando gli occhi al cielo. “E meno male che dovevano andare a letto presto! Faranno l’alba se ogni volta riparti dai Fondatori…”
Virginia lo fulminò con un’occhiata. “È necessario” rispose seccamente “perciò siediti in silenzio e ascolta”.
Albus si sedette suo malgrado. Anche se conosceva a memoria i racconti di Avery, bisognava ammettere che c’era qualcosa di ipnotico nella sua voce. Le storie erano sempre le stesse: i quattro Fondatori e un’epoca perduta in cui a Hogwarts regnava l’armonia; ex-Serpeverde che avevano fatto cose grandiose, nel bene e nel male; e poi le Guerre Magiche, il ruolo cruciale di Snape, la scelta del professor Lumacorno e di pochi altri, le schiere infinite di Mangiamorte. Virginia parlava della propria Casa con passione, ma anche con una lucida accuratezza storica che non mancava di fargli venire i brividi.
I Mangiamorte avevano scelto di essere malvagi, questo cercava di inculcare Virginia ai suoi compagni di Casa. Si può scegliere la propria strada, anche se si è Serpeverde.
Albus la ascoltò più attentamente del solito, quella sera. Erano passati secoli dall’ultima volta che era rimasto ad ascoltarla. Gli erano sempre sembrati discorsi vuoti; riportare l’armonia a Hogwarts, sconfiggere il pregiudizio (peraltro estremamente fondato e basato su prove quasi schiaccianti) che voleva tutti i Serpeverde destinati all’oscurità, per Albus era un progetto disperato, lo vedeva nella sua stessa famiglia.
Pensando a come Virginia li avesse salvati, la sera prima, non riusciva più a vederle solo come parole vuote. Molti ragazzi si erano fermati ad ascoltarla, irretiti dal suo modo di raccontare malgrado la patina di indifferenza e scetticismo, mentre i più piccoli la ascoltavano rapiti. Sabina Greengrass rivolse loro un’occhiata di ostentato disgusto e marciò verso il suo dormitorio con il naso in su, seguita affannosamente da una ragazza senza personalità che si chiamava Elizabeth, o forse Eleanor.
“Quella non era un’amica di Virginia?” sussurrò a Scorpius.
“Eliza? Non più” rispose l’amico, che venne brutalmente azzittito dalla bambina di nome Emily.  
Erano finalmente arrivati a una delle cantilene che concludevano ogni storia. Conoscere è un dovere; comprendere una necessità; ignorare una colpa.
Emily tirò una manica a Virginia, facendola abbassare per non farsi sentire, mentre gli altri ragazzi si disperdevano. “Speravo fosse una di quelle storie in cui dici: le colpe dei padri ricadono sui figli, nasciamo con le mani macchiate di sangue. Speravo me lo spiegassi bene” disse piano.
Virginia le sorrise affettuosamente. “Un’altra volta, Emily, promesso. Ne parliamo solo io e te, ok? Ora vai a dormire”.
Albus continuò a pensare a lei, una volta salito in dormitorio. Riportò la conversazione a Scorpius, parlando sottovoce da un letto all’altro.
“Com’è possibile che a una bambina tanto minuscola interessi una frase così inquietante?” domandò perplesso. “È una frase che non ho mai capito, tra l’altro”.
“Io non mi stupirei tanto” sussurrò Scorpius. “Non mi aspetto che per te sia facile da capire, Al, ma tieni presente che quella bambina si chiama Emily Rookwood”.
Albus rimase un momento in silenzio, mentre il nome faceva scattare collegamenti nella sua memoria.
“Il padre…?”
“Lo zio”.
Albus non disse nulla. Sapeva che Scorpius pensava al Marchio Nero che marchiava indelebilmente l’avambraccio del padre.
“Scorpius” chiamò, esitante. “Cosa ti ha detto davvero tuo padre, oggi?”
Quando Scorpius rispose, aveva la voce rotta. “Mi ha detto che ha già perso la mamma una volta, e non la vuole perdere di nuovo”.
Albus si sentì profondamente ingrato.
 
 
 
N.d.A.
 
So di essere estremamente in ritardo con gli aggiornamenti, scusatemi! In questo periodo sono molto impegnata e i capitoli arriveranno un po’ a sorpresa, non me la sento di promettere la regolarità della scorsa primavera. In compenso ho due buone notizie per voi. La prima è che sto anche scrivendo una storia per un contest, appena la pubblico vi lascio il link; la seconda è che i prossimi due capitoli di questa sono già quasi pronti, quindi non dovrete aspettare altri mille anni!
Unica nota inutile: “Pozioni Avanzate” è il libro di Pozioni che Harry usa al sesto anno e di cui eredita la copia di Piton. Considerando che senza i preziosi appunti del Principe Mezzosangue è impossibile preparare una pozione decente, mi sembra chiaro che sia un libro di testo fondamentalmente inutile e che Scorpius lo stia leggendo solo per non mettersi in mezzo tra Rose e Albus.  
Questo capitolo naturalmente si ricollega al terzo, in cui Hermione si stupiva delle conoscenze storiche dei Serpeverde. Nel caso a qualcuno il nome non dica nulla, Rookwood era un Mangiamorte.  
Come sempre vi ringrazio e vi invito a lasciare un commento, mi fa sempre molto piacere sentire le vostre opinioni e mi aiuta tantissimo.
A presto! 

 
   
 
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