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Autore: heliodor    01/10/2017    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Scomparsi

Quel giorno era terminato.
Non ne poteva più di provare abiti e scarpe. Era così stanca che nemmeno pensò di spogliarsi prima di gettarsi sul letto.
Mentre annaspava tra le coperte alla ricerca della posizione migliore per riposarsi, pensò agli scarsi progressi che aveva fatto.
Erano passate settimane dalla riunione e non aveva scoperto niente che riguardasse il circolo delle ombre e il circolo supremo.
Non osava chiedere a nessuno informazioni per paura di essere scoperta, quindi poteva contare solo su quello che riusciva a scoprire dai libri della biblioteca.
Ne aveva esaminati decine, nei ritagli di tempo che sua madre le aveva concesso, senza trovare niente che riguardasse ciò che stava cercando.
Se erano reali, nessuno ne aveva mai scritto niente a riguardo. Oppure qualcuno aveva fatto sparire tutto quello che era stato scritto sull'argomento.
Qualunque fosse la verità, era a un punto morto.
Robern non le aveva mentito. Quella era una parte della verità. Solo che era una parte molto, molto piccola.
Così tanto che lei faticava a vederne l'utilità.
Aveva bisogno di distrarsi, di allontanare quel pensiero.
Ormai non importava più. Tra poco avrebbe pronunciato i voti coniugali con Vyncent e tutto quello sarebbe passato in secondo piano.
L'attendeva un'intera vita con la persona che amava.
Non hai niente in comune con lui.
Le parole di Elvana risuonarono nella sua mente. Era così irritante sapere che in fondo non aveva tutti i torti.
Vyncent aveva molto più cose in comune con sua sorella. Sarebbe stato meglio con lei. Erano perfetti l'uno per l'altra.
Eppure lui aveva scelto lei.
Perché?
Tormentata da quel pensiero scivolò nel sonno.
Il giorno dopo Vyncent trovò il tempo di recarsi a palazzo per farle visita.
"Passiamo la giornata insieme?" gli chiese accogliendolo nella sala dove si erano incontrati la sera del ballo. "O hai troppi impegni?"
Lui aveva sorriso a disagio. "Nessun impegno. Bardhian si sta addestrando con Elvana al combattimento corpo a corpo e io non ho molto da fare."
E Bryce?, avrebbe voluto chiedergli, ma si trattenne. Sua sorella era tornata solo una volta a palazzo dopo il loro litigio, ma era stata attenta a non incrociarla.
Passeggiarono nei giardini, fermandosi solo per osservare i giochi d'acqua delle fontane. "E la caccia a Malag come procede? Non era prevista una missione sul vecchio continente?" chiese per rompere il silenzio.
Vyncent assunse un'espressione grave. "Preferirei non parlarne."
"Non ti fidi di me?"
"Certo che sì, ma non voglio turbarti."
"Ci sono brutte notizie?"
Vyncent si strinse nelle spalle. "Diciamo che sono meno buone di quanto pensassimo. Malag si sta riorganizzando e tra poco sarà troppo forte per essere affrontato con una semplice caccia. Dovremo combattere una vera e propria guerra."
"E dovrai partire anche tu?" Non sopportava l'idea di perderlo di nuovo per chissà quante settimane. E soprattutto di saperlo con Bryce dall'altra parte del mondo, lontano mille miglia da lei.
"Ne riparleremo a tempo debito."
Io voglio parlarne adesso, gridò una voce dentro di lei. Invece disse: "Ma se dovesse succedere..."
"Joyce" disse lui fissandola con sguardo serio. "Non permetterò che la guerra ci separi di nuovo. È tutto quello che posso dirti, per il momento."
"Quindi non partirai?"
"Dovrò comunque fare la mia parte" ammise lui. "Ma potrei farla stando qui, invece di andare in guerra."
Joyce sentì rifiorire la speranza dentro di lei. "Se tu restassi qui sarebbe meraviglioso."
"A proposito, c'è una questione di cui devo parlarti."
"Cosa?"
"Riguarda il luogo in cui vivremo."
Joyce venne colta alla sprovvista. Non pensava di lasciare il castello dopo il matrimonio. "Restiamo qui, no?"
"Non starebbe bene" disse Vyncent.
"Ma mio padre sarebbe d'accordo."
"Lo so, ma non si può lo stesso. Io sono uno stregone del tempio, non posso abitare con mia moglie sotto lo stesso tetto del re. Anche se è un tetto molto grande e sontuoso, questo devo ammetterlo" concluse con tono meno serio.
Joyce decise di assecondarlo per il momento. "Tu hai qualche idea?"
"C'è una piccola villa nel quartiere dei nobili" disse Vyncent. "Non è sfarzosa come il castello in cui sei abituata a vivere ma ha tutto quello che serve. Ha un grande giardino, una sala da ballo dove potremo dare delle feste, una biblioteca dove potrai mettere tutti i libri che vorrai ed è abbastanza spaziosa per noi due... e lo sarà ancora se saremo di più."
L'ultima frase la fece arrossire. "Perché non andiamo a vederla subito?"
Vyncent annuì. "Faccio chiamare Deliza e ci andiamo subito."
"Non ho bisogno della scorta quando sto con te."
Vyncent arrossì. "Noi due da soli nella nostra futura casa? Non starebbe bene. La gente parlerebbe male alle nostre spalle."
"Cosa vuoi che importi? Non faremo niente di male."
"Devo pensare alla tua reputazione, Joyce. E non voglio deludere tuo padre proprio adesso che ho conquistato la sua fiducia."
Galante e premuroso come al solito. Come poteva dubitare di Vyncent fino al punto di credere che avesse un qualche interesse per Bryce?
Era così chiaro che l'amava...
E anche lei amava lui, ne era sempre più convinta.
Chiamò un valletto e gli disse di far venire Deliza.
Il valletto impiegò pochi minuti per andare e tornare. "Vostra altezza, sua grazia Deliza non è nelle sue stanze."
Joyce gli ordinò di cercarla, ma fu tutto inutile. La strega era scomparsa dal giorno prima.
"Forse è stata convocata al circolo" suggerì Vyncent.
"E la nostra visita?"
"Sarà per un'altra volta."
"Aspetta, ho un 'idea." Richiamò il valletto e gli ordinò di convocare Oren. "Lui verrà di sicuro."
Il valletto tornò di nuovo a mani vuote.
"L'hai cercato dappertutto?"
"Sì, vostra altezza. Ho chiesto anche alle guardie all'uscita. L'hanno visto uscire ieri di buon mattino."
"Era da solo?"
"No, sua grazia Deliza era con lui."
"E non sono ancora rientrati?" chiese Joyce preoccupata. Non era da loro restare così tanto tempo fuori dal castello senza lasciar detto niente.
Il valletto scosse la testa.
Joyce lo congedò dopo averlo ringraziato.
"Forse sono rimasti al tempio" disse Vyncent. "Vado a controllare di persona."
"Grazie."
Vyncent tornò nel pomeriggio. "Non sono al tempio del circolo. Nessuno li ha visti. Sono tornati mentre ero fuori?"
Joyce scosse la testa. Ma dov'erano finiti quei due? Mancavano da quasi due giorni.
"Aspettiamo domani" suggerì Vyncent. "E poi decideremo che cosa fare."
La notte trascorse senza che nulla accadesse. Joyce diede ordine ai soldati di guardia alle entrate di avvertirla subito se fossero rientrati Oren o Deliza.
Nessuno venne ad avvertirla.
La mattina dopo Joyce si recò nelle stanze di Oren. La porta era chiusa a chiave ma lei bussò lo stesso.
Nessuno rispose.
Tirò fuori dalla tasca la chiave dorata che Robern le aveva dato e la infilò nella serratura. Non girava. "Era troppo sperare che funzionasse?" si domandò delusa.
Chiamò un valletto per ordinargli di portare un messaggio a Vyncent.
Lui rispose qualche ora dopo. "Anche io sono preoccupato. Vado a cercarli."
Se Vyncent era sulle loro tracce era più serena. Attese fiduciosa notizie per tutto il pomeriggio.
Vyncent tornò quella sera stessa, scuro in viso. "Ora sono davvero preoccupato. Tutti lo siamo al tempio. Deliza non è il tipo da assentarsi per tutto questo tempo senza dare notizie."
"Nemmeno Oren." Joyce era atterrita. Se era successo qualcosa... "Vyncent, ti prego. Potresti cercarli tu stesso?"
"Vedrò quello che posso fare, ma non ti garantisco niente."
Joyce decise di attendere anche quella notte, che trascorse dormendo pochissimo. La mattina dopo le guardie riferirono che nessun dei due era rientrato.
Vyncent le mandò un altro messaggio. Al circolo erano tutti molto preoccupati, quindi gli avevano affidato il compito di ritrovare Deliza. A lui e Bryce.
Quindi oltre ad essere preoccupata adesso era anche di cattivo umore.
La giornata trascorse senza altre novità e quando calarono le tenebre Vyncent le fece sapere tramite un messaggero che le tracce di Oren e Deliza si perdevano da qualche parte nel quartiere commerciale.
Joyce non ce la faceva a passare un'altra nottata come quella precedente. Doveva fare qualcosa se non voleva impazzire.
Perciò quella sera, quando tutti nel castello erano addormentati, decise che Sibyl si sarebbe unita alle ricerche.
 
Joyce raggiunse il quartiere commerciale già trasfigurata come Sibyl. Era un rischio immenso uscire mentre Bryce, Vyncent e chissà quanti altri stregoni del circolo stavano cercando Deliza e Oren.
Era però un rischio che voleva correre.
Il quartiere commerciale era immerso nelle tenebre. Poche luci filtravano dalle imposte chiuse per il freddo che stava aumentando di giorno in giorno.
Tra poco l'inverno sarebbe piombato su Valonde. Per allora lei sarebbe già stata sposata con Vyncent, al caldo nella sua nuova casa.
Quel pensiero la eccitava e l'atterriva allo stesso tempo.
Nella stessa casa.
Con Vyncent.
Magari nello stesso letto.
Ovvio, stupida, si disse. Dove pensavi di dormire, in un'altra stanza?
Suo padre e sua madre dormivano insieme, quindi era naturale che marito e moglie facessero lo stesso.
Lei non faceva eccezione.
Decise di scacciare quel pensiero e concentrarsi sulla ricerca.
In giro non c'era anima viva, ma sapeva che c'erano posti in cui ne avrebbe trovata parecchia, di gente. E avrebbe potuto fare delle domande a quelle persone.
Solo che doveva trovare quei posti.
Uno erano le taverne che sorgevano lungo la strada principale che attraversava il quartiere. Quei posti servivano a sfamare i numerosi forestieri che si recavano in città per comprare o vendere le loro merci o solo per curiosità.
Non avendo un'abitazione propria alloggiavano nelle taverne e nelle locande, per chi poteva permetterselo.
Suo padre aveva vietato il vagabondaggio e le guardie portavano in prigione chi veniva sorpreso a dormire per strada.
Nessuno veniva punito per quello e i giudici avevano l'ordine di proporre loro un'occupazione nelle campagne, dove c'era sempre richiesta di braccia forti per arare la terra e accudire gli animali.
Però c'erano sempre i recalcitranti, quelli che non avevano intenzione di cambiare atteggiamento e stile di vita. Per loro c'era solo l'esilio. Venivano portati a centinaia di miglia di distanza dalla città, quasi ai confini del regno e lì abbandonati al loro destino.
La maggior parte non faceva ritorno.
C'erano molte locande, ma lei scelse quella più grande e affollata per iniziare le sue ricerche. Se c'era qualcuno che sapeva qualcosa, lì lo avrebbe trovato.
L'entrata del locale era aperta. All'interno, seduti a una dozzina di tavoli, c'erano una ventina di avventori, quasi tutti uomini. Alcuni erano ragazzi, altri anziani. La maggior parte erano degli adulti e qualche giovane. C'erano anche tre o quattro donne che sedevano in compagnia dei loro uomini.
Appena entrata si sentì addosso gli sguardi di un paio di avventori, ma li ignorò.
Andò dritta verso il lungo bancone di legno dietro al quale si muoveva un tizio dall'aria smilza e l'espressione sofferente. Indossava un grembiule sporco sopra una camicia e dei pantaloni logori.
Joyce non era mai stata in una locanda prima di allora, ma aveva letto i romanzi della Stennig e lì i protagonisti si ritrovavano molte volte in quei posti.
"Salve" disse avvicinandosi. "Siete voi il padrone della locanda?"
Il tizio la squadrò dall'alto in basso. "E tu chi sei? È la prima volta che ti vedo da queste parti."
"Sto cercando il padrone..."
"Sono io" disse lo smilzo. "Vuoi mangiare? Vuoi dormire? Entrambe le cose?"
"In verità io..."
"Allora vuoi farmi perdere tempo?" tagliò corto lo smilzo. "Guarda che io non ho voglia di scherzare."
"Neanche io" disse Joyce a muso duro. "Mi servono delle informazioni."
"Qui nessuno ti dirà niente" disse lo smilzo.
"Non hai nemmeno sentito la domanda."
"Non ha importanza. Non parleranno."
"Vedremo." Joyce tirò fuori dalla tasca una moneta d'oro e la appoggiò sul tavolo. "Posso avere la vostra attenzione?" chiese agli avventori a voce alta.
Una ventina di teste si voltarono dalla sua parte.
Joyce mostrò loro la moneta d'oro. "Sto cercando informazioni su una strega e il suo accompagnatore. Sono scomparsi due giorni fa mentre si trovavano vicini a questa locanda. Darò questa moneta a chi mi fornirà delle informazioni utili per ritrovarli."
Ci fu uno scambio di sguardi tra gli avventori, poi uno di essi, un uomo barbuto con una pancia così grossa che sembrava stesse per esplodere, si alzò e disse: "Io ho visto qualcosa."
Si avvicinò al banco.
"Dimmi che hai visto" disse Joyce.
"Prima voglio vedere la moneta."
Joyce si penso su, quindi gliela porse.
L'uomo la prese e se la rigirò tra le mani. "È oro vero" disse sorpreso.
"Dimmi che hai visto."
"Un tizio e una strega che camminavano proprio qui fuori" disse.
"Non sai altro?"
"Sì, certo" disse l'uomo. "Erano proprio lì quando sono volati via."
"Cosa?" Deliza conosceva la levitazione?
"Proprio così" disse l'uomo. "Sono volati via verso le nuvole. Secondo me si sono trasformati in uccellini." Rise sguaiatamente.
Joyce lo fissò minacciosa. "Mi hai mentito."
"No, è l'assoluta verità" E giù un'altra risata fragorosa, stavolta accompagnata dai sogghigni di alcuni avventori.
Joyce sentì montare la rabbia. "Lo trovi divertente?" Evocò un dardo magico e lo puntò verso l'uomo.
Questi si immobilizzò.
"Strega" sussurrò qualcuno.
Joyce avvicinò il dardo al viso dell'uomo. "Hai ancora voglia di ridere?"
"No, vostra grazia" disse il tizio tremando. "Non volevo offendervi."
Joyce respirò a fondo. "Dammi la moneta."
Il tizio ubbidì.
Joyce la mostrò ai presenti. "Chi ha informazioni utili?"
Una donna alzò la mano. "Io... io ho visto qualcosa, vostra grazia. Un giovane ragazzo che portava legata al fianco una spada molto bella e una strega dai capelli lunghi e neri e le forme abbondanti. Erano a cavallo."
"Dove li hai visti?"
"Due case da qui verso il fiume. Sono stai attaccati da dei tizi che lanciavano dei dardi, forse stregoni."
"E poi cos'è successo?"
"Sono scesi da cavallo e hanno seguito quei tizi. Si sono diretti verso il cancello occidentale."
Era quello che portava alle colline.
"Nient'altro?" chiese Joyce.
La donna scosse la testa.
Lei le lanciò la moneta e annullò il dardo. Uscì dal locale sentendosi gli occhi di tutti addosso, ma stavolta era contenta.
Appena fuori assaporò l'aria fresca della notte. Mentre decideva da che parte andare, una mano sbucò dalle tenebre e le afferrò il braccio.

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