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Autore: shiningreeneyes    05/10/2017    1 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che conosceva e in cui credeva viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
Note traduttrice: La storia non è mia, questa è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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CAPITOLO 33

Sai di cosa sto parlando.

 

 

 

Sabato, 30 Aprile

Trentasei settimane e cinque giorni 

 

Inutile dire che il resto della notte, almeno per quanto riguardava me, la trascorsi tra un sonno irrequieto e un dormiveglia pensieroso, tutto questo guardando silenziosamente un Harry addormentato. Sembrava tranquillo, come tutti mentre dormono, ma c'era una piccola ruga tra i suoi occhi che non c'era l'ultima volta che lo avevo visto dormire, e mi turbò, mi fece sentire come se lo avessi forzato di fare un mucchio di cose che lui non avrebbe voluto fare.

 

A dire la verità, però, niente di ciò che aveva detto mi aveva sorpreso più di tanto. Beh, tranne la parte in cui aveva detto che stava con Lauren solo perché era spaventato di dichiararsi gay se avesse rotto con lei. Ma oltre quello, tutto ciò che aveva detto erano verità che già conoscevo. Non che le conoscessi in realtà, ma mi sentivo come se il mio subconscio  sapesse, e tutto quello che Harry aveva detto era semplicemente venuto fuori da lì, mettendo in chiaro le cose.

 

Era strano che non avesse cercato di negare. Era strano. Era strano, era sbagliato, era confuso, era inquietante, e tutti quei pensieri e quelle immagini mentali mi facevano girare la testa. Alcuni pensieri erano ancora di speranza.

 

Mi aveva detto che desiderava fossi ancora qui, quando avrebbe rotto con Lauren e sperava che lo volessi ancora quando quel giorno sarebbe arrivato. Forse stavo solo andando troppo oltre, ma era sembrato come se volesse davvero tanto stare con me. Stupido, forse, accrescere le mie speranze quando si trattava di Harry, ma era difficile non farlo.

 

Era quasi impossibile, in realtà.

 

*

 

 

Quando mi svegliai quella mattina, ero solo, a giudicare dal posto freddo dove Harry era sdraiato, sembrava che fosse passato un po' da quando si era alzato. Controllai l'orologio che segnava quasi le 12.00, sospirai con leggera esasperazione considerando il fatto che avevo fondamentalmente sprecato metà della giornata quando avevo un sacco di compiti da fare.

 

Rimasi lì per un po', fissando il muro e cercando di non lasciare andare la mia mente altrove - non avevo più voglia di pensare agli avvenimenti della notte prima. Non prima di averne parlato con Harry, e cercai di capire se quello che aveva detto fosse la verità o lo avesse detto solo perché era ubriaco. Desideravo disperatamente che non fosse la seconda, ma come potevo saperlo? Alcune persone dicevano la verità quando erano ubriache, altre un mucchio di bugie. La notte prima era stata la prima volta che avevo visto Harry ubriaco - senza contare la notte in cui tutto era iniziato - quindi da quel che potevo saperne, sarebbe potuta essere sia un'opzione che l'altra.

 

Alla fine, dopo vari pensieri inutili, uscii dal letto e andai in cucina, dove trovai tutti e cinque i membri della famiglia Styles seduti intorno al tavolo, con piatti, bicchieri e tazze di fronte a loro, apparentemente nel mezzo di quella che era una tarda colazione o un pranzo anticipato.

 

Harry era seduto alla fine del tavolo con metà del viso sepolto tra le sue braccia. Avrei riso a quella vista se non fosse per il fatto che aveva un aspetto orribile. Oh, beh, i suoi occhi mostravano quello.

 

"Stai bene?" chiesi mentre andai verso la sedia libera tra lui e Adrian.

 

"Post-sbronza," fu la risposta che ottenni, prima che sollevasse lentamente la testa e mi guardasse con occhi spenti, "come mai hai dormito nel mio letto stanotte?" mi chiese.

 

Le mie guance si riscaldarono e tentai un sorriso. Il risultato fu una smorfia forzata, però, perché ero abbastanza sicuro che quello era un indizio del fatto che non si ricordasse della notte scorsa. Affatto. Ottimo.

 

"Me l'hai chiesto tu," dissi, "sei tornato a casa alle tre e mezzo, hai fatto un po' di rumore, mi sono svegliato, ti ho trovato in cucina, hai parlato di un sacco di scemenze, ti ho portato a letto e mi hai chiesto di dormire con te."

 

Sbatté le palpebre, guardandomi come se solo cercare di elaborare la piccola quantità di informazioni gli facesse venire un terribile mal di testa, poi scosse la testa con un gemito e trascinò una mano tra i capelli.

 

"Mi sento come un vecchio burrito in una piscina calda."

 

Tutti rimasero in silenzio per un secondo, anche Connor ed Adrian, guardandosi tra loro, prima che Anne pronunciasse un asciutto "questo non ha senso, Harry."

 

"Nemmeno questo cazzo di mal di testa," disse lui, "o questa disgustosa, calda sensazione nel mio stomaco."

 

"Smettila di bere così tanto e tutto sarà più bello," disse suo padre.

 

"Non bevo tanto."

 

"No, non bevi tanto," disse Anne, "ma quando lo fai, agisci come se stessi partecipando ad una competizione il cui scopo è riuscire a consumare quanto più alcool possibile nel minor tempo."

 

"Vivi la vida loca," mormorò, e subito gettò la mano nella ciotola dei cereali di Connor.

 

 

*

 

Come previsto, non ebbi la possibilità di parlare adeguatamente con Harry quel giorno. Appena la colazione finì, si alzò dalla sedia, senza guardare nessuno o dare una spiegazione su dove stesse andando, e pochi secondi più tardi tutti sentimmo il rumore di una porta chiudersi. I suoi genitori scossero la testa, apparentemente un po' esasperati, e cominciarono a pulire il tavolo e a preparare Connor ed Adrian per una festa di compleanno a cui sarebbero dovuti andare alle 14.

 

Mi ci volle mezzo minuto e un rapido sguardo alla stanza di Harry per scoprire che era tornato a letto, giaceva sprofondato tra tutte le coperte con un po' di bava sul mento. Probabilmente non avrei dovuto trovare la saliva una cosa attraente. Rimasi lì e guardai il suo corpo dormiente per alcuni secondi prima di spegnere la luce sopra al suo letto per liberarlo dal fastidio di doversi svegliare e trovare una luce di 60 Watt che lo accecava. 

 

Avevo appena premuto l'interruttore e stavo per uscire dalla stanza quando un improvviso dolore allo stomaco mi fece bloccare e alzare automaticamente lo sguardo, con gli occhi spalancati. Le stesse fitte di dolore che avevo sperimentato il giorno precedente e giovedì erano tornate, un po' più intense, ma non ancora davvero dolorose. Mi mordicchiai forte l'interno del mio labbro e posai una mano sulla parte inferiore dello stomaco, stringendo leggermente.

 

"Tutto bene tu, giusto?" sussurrai, non volendo svegliare Harry, "non stai... male per qualche motivo, vero?"

 

Non successe niente per un po', tranne un paio di contrazioni più leggere che mi fecero trasalire lievemente. Inghiottii ansiosamente e stavo per iniziare a parlare di nuovo quando un paio di calci furono tirati contro il mio stomaco, e sospirai con immenso sollievo.

 

I calci continuarono per un po', ma così anche le fitte, e il fatto che erano più forti rispetto al giorno prima faceva aumentare la mia preoccupazione. Non avevo avuto il coraggio di muovermi finché non tornò tutto alla normalità, e visto che ci vollero dieci minuti, rimasi in piedi in mezzo alla stanza buia, probabilmente sembrando un idiota.

 

O almeno, io mi sentivo come un perfetto idiota.

 

Sabato passò e prima di addormentarmi quella notte, mi ricordai del picnic che io ed Harry avremmo dovuto fare. Mi rese un po' triste il fatto che non sarebbe mai successo.

 

Quando mi svegliai la domenica mattina, Harry non era in casa, e quando chiesi ad Anne dov'era, sperando di non farle intendere niente, mi rispose che era uscito con Niall, Zayn e altri ragazzi della squadra di calcio, e che sarebbe tornato a casa prima di cena.

 

La cena arrivò e finì, ma di Harry nemmeno l'ombra. Quando andai a letto quella notte non avevo sue notizie, e stavo iniziando a chiedermi se, nonostante mi fosse sembrato che non ricordasse niente di sabato, mi stesse evitando perché invece ricordava. Se era davvero quello che stava facendo, non potei fare a meno di pensare che stesse gestendo la situazione in maniera incredibilmente matura. Evitarmi? Davvero? Vivevamo nella stessa casa, per amor di Dio! E cosa pensava avrei fatto con tutte le cose che mi aveva detto quando era ubriaco? 

 

Spostai un po' la testa sul cuscino e spinsi un braccio sul mio stomaco, pregando silenziosamente che la mattina seguente fosse a casa e mi trattasse normalmente dato che dovevamo andare al nostro appuntamento con la dottoressa Hayes alle 15.00. Dire che non volevo andare da solo era un eufemismo. In realtà, ad essere sinceri, ero intenzionato a saltare tutto se Harry non intendeva venire con me.

 

Non era possibile che fossi diventato così dipendente da lui.

 

Mi addormentai, sentendomi ansioso per due motivi. Prima di tutto per i dolori, o qualunque altro nome ci fosse per definirli. In secondo luogo, per l'appuntamento del giorno dopo.

 

 

Lunedì, 2 Maggio

Trentasette settimane 

 

La colazione la mattina successiva fu lenta e tranquilla e coinvolse solo me, il bambino e i miei pensieri, visto che Harry era a scuola, Anne e Robin a lavoro, e Connor ed Adrian alla scuola materna. Ero abituato a trascorrere le prime ore della giornata da solo ultimamente, ma ciò non toglieva il fatto che mi sentissi insopportabilmente solo. Anne di tanto in tanto lavorava in casa, certo, ma comunque. E così trascorrevo parecchio tempo a parlare con il bambino; raccontandogli storie di quando ero ragazzo, raccontandogli di Owen, di Harry e di Liam, Zayn e Niall. Gli parlavo un po' anche dell'adozione, del suo futuro, della mia curiosità su come tutto si sarebbe evoluto alla fine e dove speravo fosse stato tra vent'anni.

 

"Forse sarai un'amante dell'arte," mormorai. Ero sdraiato sul divano davanti alla TV, la mia testa appoggiata su un paio di cuscini e una delle gambe a penzoloni sul bordo del divano, indossando i miei soliti pantaloni e il maglione. "Forse sarai un pittore. O forse un fotografo, come Harry. O forse non sarai interessato per niente alle arti; magari ti piacerà lo sport, il canto, la recitazione, la natura, la letteratura, la politica, la filosofia o forse le auto. Le possibilità sono tante, non credi? Qualunque cosa tu scelga di fare nella tua vita, spero davvero per te che tu non abbia ereditato il cervello di tuo padre o il mio... sistema riproduttivo disfunzionale. Non che tu lo scoprirai comunque, a meno che tu non sia gay e... sai. Si. Ma spero che tu non finisca incinto di un bambino troppo presto altrimenti dovresti attraversare tutto questo pasticcio, come me. E come Harry. E un po' uno schifo," sorrisi debolmente, "nonostante questo, e per quanto folle possa suonare, sono felice che tu sia arrivato. Mi fai ingrassare e mi causi dolori ogni tanto e mi hai costretto a lasciare il liceo, ma è comunque bello averti. Non credo di avertelo mai detto prima, vero?"

 

Mi calciò piuttosto violentemente, e sorrisi un po'. "Credo di no. Ma, beh, l'ho detto adesso. È bello averti, e ti amo. Tanto."

 

Rimasi sdraiato così fino a quando quella posizione non divenne scomoda e dovetti muovermi per fare in modo che la mia gamba non si addormentasse e che la schiena mi uccidesse. L'orologio segnava le 13.30 e sospirai, impaziente che Harry tornasse a casa in modo da non dover stare seduto lì ad aspettare.

 

I dolori, che cominciavano ad essere quotidiani, ripresero intorno alle 14.00, ed espirai profondamente, facendo del mio meglio per alleviare la tensione che provavo, spostando un po' il maglione e accarezzandomi lo stomaco nudo con entrambe le mani.

 

"Dai, piccolo," sospirai, "smettila di farmi questo, sta cominciando a far male."

 

Era vero; quel giorno i dolori erano veri e propri dolori, e non solo una serie di contrazioni fastidiose che mi facevano contorcere. No, in quel momento erano dolorose. Non molto, non tanto da sentire la necessità di emettere qualsiasi suono o altro, ma abbastanza da aumentare il mio nervosismo. Quel giorno erano anche diverse; il giorno prima le fitte erano costanti per qualche minuto, ma in quel momento era mezzo minuto di dolore, un minuto di niente, dieci secondi di dolore, poi di nuovo tre minuti di niente, e così via.

 

Tutto quello era estremamente... stancante.

 

Non avere nemmeno la minima idea di quello che stava succedendo non faceva per niente placare i miei nervi. Continuò così per circa quindici minuti prima che mi voltassi per cambiare posizione e... ecco. I dolori cessarono.

 

Sospirai con leggero sollievo, ma sicuramente non mi sentivo calmo.

 

"A volte vorrei che tu parlassi," dissi, guardandomi la pancia, dove le mie mani continuavano ad accarezzare in piccoli cerchi lenti e rilassanti, "renderebbe le cose più semplici, non pensi?"

 

I successivi venti minuti passarono senza che accadesse niente di particolare, e quando sentii la porta d'ingresso aprirsi alle 14.30, ed Harry gridare "Lou? Sei in salotto?", chiusi gli occhi per un secondo, ringraziando le forze superiori per la decisione di Harry di venire con me.

 

"Si, sono qui," risposi, e qualche istante dopo comparve sulla soglia, i capelli disordinati e i pantaloni fradici.

 

"Sta piovendo," disse in risposta allo sguardo interrogativo che gli mandai, "vado a cambiarmi e poi andiamo."

 

"Aiutami prima, per favore," dissi stanco, allungando le mani verso di lui.

 

Sorrise affettuoso, mentre si incamminò verso il divano e afferrò le mie mani. Mi spinsi il meglio che potei con l'aiuto delle mie gambe e mi tirò le braccia, e con confusione, inciampando ed imprecando mi alzai in piedi e tirai il mio maglione dove si era sollevato un po'.

 

"Sta diventando dura, eh?" chiese guardandomi con preoccupazione.

 

"Cosa sta diventando dura?"

 

"Beh... l'esistenza."

 

Sorrisi storto. "Sto bene, Harry, mancano solo un paio di settimane comunque."

 

"Non lo sappiamo, però, no?"

 

Aggrottai le sopracciglia. "Cosa intendi?"

 

Lui scrollò le spalle, guardandomi indifeso. "Stai, sai, per avere un taglio cesareo, ma non abbiamo ancora stabilito un appuntamento per quello per ora. Cosa succede se dobbiamo aspettare un altro mese a causa di... non so, mancanza di chirurghi o qualcosa del genere?"

 

"In quel caso, il povero bambino rimarrà dentro per un po' di tempo in più, e non gli farà bene," dissi, "sono sicuro che oggi fisseremo un appuntamento per il cesareo, Harry. Andrà bene."

 

Sembrava volesse portare fuori altri argomenti, ma dopo un breve silenzio annuì. "Okay, va bene, ma se non prendiamo l'appuntamento oggi, inizierò a dare di matto, solo perché tu lo sappia."

 

"Si, va bene, dai di matto quanto ti pare," dissi, roteando gli occhi, "ma adesso vai a cambiarti altrimenti arriveremo in ritardo ."

 

Alla fine arrivammo in ritardo perché scegliere un paio di jeans era apparentemente molto più difficile di quanto si potesse immaginare, almeno se i brontolii di Harry erano di qualche indicazione. Così, quando arrivammo nell'ufficio del medico, l'orologio segnava già le 15.10, entrambi andammo verso la porta della dottoressa Hayes ed io alzai la mano per bussare.

 

"La prossima volta mettiti un paio di pantaloni da ginnastica, come me," gli dissi piano, in modo che le altre persone nella sala d'attesa non mi sentissero.

 

"Scusa se voglio apparire bello per le persone che posano i loro occhi sulla mia graziosa forma."

 

"Non c'è niente di grazioso nella tua forma, ti ho visto ballare."

 

"Che cosa? Quando?"

 

"Nella tua stanza, circa una settimana fa. Eri tutto tranne che grazioso, lasciamelo dire."

 

"Sono bravo a-"

 

Non riuscì a parlare oltre perché la porta si aprì e la dottoressa Hayes improvvisamente fu davanti a noi. 

 

"Siete in ritardo," disse con un sorriso, "per la prima volta, credo."

 

"Emergenza moda," disse Harry con un sorriso brillante.

 

"Ah, naturalmente," disse lei, "beh, entrate e iniziamo."

 

Si spostò e ci fece entrare nella stanza prima di chiudere la porta e andare a sedersi nella solita sedia alla scrivania. Anche io mi sedetti nella solita sedia, e così anche Harry.

 

"Allora, siamo vicini ormai," disse, incrociando le gambe, "dovrebbero mancare poco più di due settimane."

 

Riuscì a rispondere solo con un breve "si", e lei continuò.

 

"Prima di arrivare al sodo, vorrei dirvi che ho fissato un appuntamento con l'agenzia di adozione," disse, "ho ricevuto un messaggio questa mattina, quindi non mi sono preoccupata di chiamarti, ti hanno inserito giovedì 5 maggio alle 12."

 

La mia mascella si spalancò. "Così presto?" domandai esitante, "pensavo ci sarebbe voluto più tempo."

 

"Di solito si," disse lei, "ma a causa delle circostanze un po' insolite e del fatto che sei così in là con la gravidanza, hanno deciso di farti saltare la fila."

 

"Oh, io- beh, è una buona cosa, credo," dissi, mordendomi nervosamente il labbro inferiore.

 

"Lo è?" chiese Harry rigidamente.

 

"Si, Harry," risposi, ugualmente rigido, "lo è."

 

"Okay, volevo solo capire." Non era felice, potevo dirlo senza guardarlo.

 

"Beh, okay, ora che abbiamo parlato di questo," disse la dottoressa, guardandoci imbarazzata per aver assistito al disaccordo di Harry, "penso che sia giunto il momento di parlare un po' di più del cesareo."

 

Almeno avevo avuto ragione quando avevo presunto l'argomento del quale avremmo parlato.

 

"C'è molto da dire al riguardo?" chiesi.

 

"No, non davvero," disse lei, "ma quello che dobbiamo fare è fissare un appuntamento."

 

Giurai di aver sentito Harry tirare un sospiro di sollievo, e sorrisi. "Si, certo," dissi, "come... beh, cosa dobbiamo fare?"

 

"Allora, di solito quando fissiamo un taglio cesareo, preferiamo che la persona incinta sia nello stadio iniziale del travaglio prima di procedere," cominciò decisa, "ma visto che in realtà non sappiamo se entrerai in travaglio in modo naturale, dovremmo scegliere una data, preferibilmente dopo la trentanovesima settimana."

 

Annuii per mostrare che avessi capito.

 

"Quindi c'è... una particolare data che preferisci?"

 

"Cosa? Posso sceglierne una?" chiesi, leggermente sorpreso da quell'improvviso potere.

 

"Non abbiamo molti fattori da includere a causa di tutte queste circostanze che si aggiungono al fatto che tu sia un uomo e non una donna," disse, "quindi, se hai una data particolare in cui ti piacerebbe darlo alla luce, dimmelo e vedo se sono disponibile quel giorno."

 

"Sarà lei a farlo?" chiese Harry, guardandola confuso, "pensavo che i chirurghi avessero quel compito."

 

Scosse la testa. "Gli ostetrici sono quelli che eseguono i tagli cesarei, quindi si, sarò io a farlo."

 

"Oh," dissi, sentendomi altrettanto confuso. La mia pancia sarebbe stata tagliata; non avrebbe dovuto farlo un chirurgo e non un dottore? Scelsi di non porle quella domanda , però- non volevo offendere nessuno.

 

"Okay, quindi... okay, una data," guardai Harry, cercando consiglio. "Qualche idea?"

 

Premette le labbra, pensieroso, ma poi scrollò le spalle.

 

"Non proprio, no. Sarebbe bello se potessimo scegliere mese e tutto, ma... beh, un giorno vale l'altro, no?"

 

Sospirai. "Credo di si," tornai a guardare la dottoressa Hayes, "controlli quando lei è disponibile e fisseremo quella data."

 

"Siete terribile nella cooperazione," disse mentre cominciò a scorrere sul computer, digitando qualcosa qua e là e guardando avanti e indietro sullo schermo. L'ufficio era immerso nel silenzio mentre continuava a digitare, a cliccare e a guardare, ma alla fine parlò di nuovo. "Beh, penso che martedì 24 maggio alle 02.30am sarebbe un buon momento per me. Va bene per voi?"

 

Martedì 24 maggio alle 02.30am. Poco più di tre settimane. Quel pensiero mi fece venire la nausea e trascinai lentamente la mano tra i capelli, elaborando in silenzio il fatto che in poco più di tre settimane avrei potuto tenere mio figlio tra le braccia.

 

"Okay," dissi finalmente, la mia voce suonava un po' spaventata. Qualcuno poteva biasimarmi?

 

Harry mi mise dolcemente una mano sul braccio e voltai la testa per guardarlo, trovandolo con gli occhi fissi ai miei e con un morbido sorriso tra le labbra.

 

"Andrà tutto bene, rilassati," disse, e mi strinse dolcemente il braccio prima di togliere la mano.

 

"Quindi il 24 maggio va bene per voi?" chiese la dottoressa.

 

"Si," dicemmo io ed Harry insieme, e alzai le sopracciglia. "Ci sarai?"

 

"Penso che ne abbiamo già parlato," disse, "ma si, verrò. E non c'è bisogno che ti metta a protestare."

 

"Va bene, come vuoi," dissi, agitando la mano, "se vuoi vedere... qualunque cosa disgustosa dovranno fare, accomodati."

 

"Grazie."

 

"Prego."

 

Guardai di nuovo alla dottoressa e scrollai le spalle in risposta al suo sopracciglio alzato. Lei sorrise per un attimo, ma subito ritornò al suo solito sguardo da professionista, piegò le mani sulla scrivania e mi guardò.

 

"Dovrei informarti del fatto che c'è una percentuale di rischio riguardo a questo," disse, "i parti vaginali sono statisticamente più sicuri dei tagli cesarei, ma ovviamente non c'è questa opzione per te. E c'è anche il fatto che in realtà non sappiamo come è costruito il tuo corpo all'interno."

 

"E cosa... cosa significa?" chiesi.

 

"Significa che mentre siamo pienamente consapevoli su come effettuare un cesareo su una donna, perché sappiamo com'è il suo corpo all'interno, non abbiamo questo vantaggio con te. Non siamo al cento per cento sicuri di dove il bambino si stia sviluppando, e quindi di conseguenza non siamo al cento per cento sicuri su dove mettere le mani."

 

Se prima avevo la nausea, non era niente in confronto a quello che sentivo in quel momento. 

 

"Io- quindi- è tipo- potreste finire... per uccidere entrambi?"

 

"Oh, Signore, no," disse in fretta, agitando una mano, "no, non siamo incapaci, ma sto solo dicendo che l'intervento chirurgico potrebbe non funzionare come quello di una donna."

 

"Ma... nessuno morirà, giusto?" chiese Harry, e okay, sembrava davvero terrorizzato.

 

"C'è sempre un certo rischio quando si tratta di interventi chirurgici," disse, mandando a me e ad Harry un sorriso confortante, "ma sono abbastanza certa che nessuno morirà."

 

*

 

Non appena mettemmo piede fuori dall'edificio mezz'ora dopo che avevamo fissato un nuovo appuntamento di controllo per il lunedì successivo, Harry esplose.

 

abbastanza certa che nessuno morirà!" esclamò così forte che uno stormo di uccelli sopra ad un albero emise una serie di suoni prima di volare via, sparendo tra il cielo nuvoloso.

 

"Harry, calmati," dissi mentre entravamo in macchina.

 

"Non posso fottutamente calmarmi!" urlò, colpendo ripetutamente il volante, come un pazzo. "Non ha garantito che tu ed Aidan non morirete! Potresti morire, Lou! Potreste morire entrambi!"

 

"Ti prego calmati," gli dissi implorante, guardandolo con occhi enormi, "nessuno morirà, staremo bene."

 

"Non puoi promettermelo!"

 

"Non puoi nemmeno promettermi che tra dieci minuti non morirai," dissi piano.

 

"Non tirare in ballo quella carta, Lou! Come pensi che mi sentirei se tu o Aidan moriste, eh?"

 

"Io- non lo so, Harry," sospirai, "e non lo scopriremo, perché staremo entrambi completamente, al cento per cento, bene. Io e Aidan, staremo bene."

 

Tutto il suo corpo tremava a causa di qualche emozione che non riuscivo a decifrare, ed il suo sguardo sembrava piuttosto senza controllo quando incontrò il mio. Avevo quasi paura che il volante si rompesse a causa della sua stretta, e lo sentii digrignare i denti. Dopo quella che sembrò un'eternità, iniziò a calmarsi e improvvisamente sembrava spaventato. Molto, molto spaventato, quasi come se volesse iniziare a piangere.

 

"Non posso perdervi, okay?" disse brusco, "non posso perdere Aidan, perché è mio figlio, e nessuno vorrebbe perdere i propri figli, nessuno. E non posso perdere te, perché tu sei il mio- tu sei il mio Louis, e ho bisogno di averti intorno. Non voglio che tu muoia o che sparisca dalla mia vita. Anche dopo che Aidan sarà nato e lui- lui sarà andato con qualcun altro, ho bisogno di te nella mia vita. Me lo puoi promettere? Che non scomparirai?"

 

Lo sguardo sul suo viso e il suono della sua voce mi ricordò di sabato e di quanto disperato sembrava. Era più o meno lo stesso aspetto che aveva in quel momento, solo non così spento e scoraggiato. Sembrava che quello fosse il momento migliore per parlare di quella notte, ma sembrava essere già di mal umore e non volevo essere quello che glielo avrebbe peggiorato ancora di più.

 

Quindi annuii solamente. "Si, te lo posso promettere," dissi, "non scomparirò dalla tua vita."

 

Il tragitto verso casa fu silenzioso; non un silenzio imbarazzante, ma pensoso. Vidi il cipiglio sul volto di Harry che stava a significare che era immerso profondamente nei suoi pensieri e non potevo davvero biasimarlo dato che volevo disperatamente trovare un posto tranquillo e perdermi anche io nei miei. Ma non ebbi modo di farlo, però, non appena arrivammo a casa, Anne ci chiamò in cucina, dicendoci che eravamo arrivati in tempo per la cena.

 

Non appena la cena finì, però, fuggii praticamente nella mia stanza e mi sdraiai sul letto, sulla schiena per una volta, a fissare il soffitto. Non sapevo nemmeno cosa fosse, ma la mia testa era un tripudio di pensieri, preoccupazioni e sentimenti. 

 

Cercando di non pensare troppo per non far peggiorare il mio mal di testa, mi girai di lato e chiusi gli occhi. Come al solito, mi addormentai quasi subito.

 

 

Martedì, 3 Maggio

Trentasette settimane e un giorno 

 

"Sei... davvero incinto."

 

Sollevai le sopracciglia. "Scusa?"

 

Eravamo entrambi coricati sul letto, come al solito, ed eravamo così da circa tre ore, da quando lui era tornato a casa da scuola alle 15.

 

"No, non in senso negativo," disse in fretta, "solo... sei così estremamente incinto ora. È figo."

 

"Sono così grande che sembro un disabile," mormorai, "non c'è niente di figo, posso assicurartelo."

 

"In quel caso, sei il disabile più carino che conosco," disse, spingendo la gamba contro il mio piede.

 

"E quante persone disabili conosci?"

 

Sorrise e si voltò sulla schiena, alzando lo sguardo verso il soffitto. "C'è una ragazza nella mia lezione di giapponese, il lato sinistro del suo corpo è semi-paralizzato o qualcosa del genere. Sembra strana."

 

"Non essere cattivo," dissi, colpendogli la spalla, "parlando del giapponese, come sta andando? Ancora uno schifo?"

 

"Forse no. Ho parlato con il mio insegnante e penso che siamo riusciti a trovare una soluzione. Ma se passerò, il mio voto non sarà buono."

 

"Beh, meglio che essere bocciato," ragionai.

 

"Credo," scrollò le spalle, "quindi, dal momento che siamo già su questo argomento, come va a te, con lo studio da casa?"

 

"Passerò gli esami finali," dissi facilmente, "quindi non sono preoccupato, non proprio."

 

"E dopo aver superato i tuoi esami?"

 

"Dopo avere superato i miei esami?"

 

"Università e quella roba. Quali sono i tuoi progetti?"

 

Abbassai lo sguardo, sentendomi in imbarazzo tutto ad un tratto. "Ho pensato di... posticipare," dissi esitante, "sai, prendermi un anno per lavorare, raccogliere un po' di soldi e tutto, e poi tornare a studiare una volta che avrò preso il controllo della mia vita."

 

"Non hai il controllo della tua vita?"

 

"Andiamo," dissi roteando gli occhi, "quest'anno scolastico è stato folle. Mi sento come se la mia vita di un anno fa fosse completamente scomparsa, non ho avuto modo di pensare ad altro oltre al bambino, a te e alle mie lezioni. Tutto il resto è stato... trascurato da quando ho scoperto del bambino e non c'è un solo aspetto della mia vita che al momento sia stabile. Se dovessi andare all'università in autunno, probabilmente mollerei prima di Natale. Non ho l'energia per pensare ad ulteriori studi in questo momento, per cui credo lascerò perdere per ora."

 

Per qualche motivo, sulla sua faccia c'era un espressione leggermente arrabbiata, e vidi la sua mascella stringersi. 

"Non sei serio, vero?" chiese piano.

 

Corrugai la fronte. "Si, lo sono."

 

"Allora sei un fottuto coglione."

 

I miei occhi si spalancarono e tirai le mie ginocchia verso il mio stomaco. "Scusa?"

 

Si avvicinò e si sedette, guardando verso di me con occhi stretti. "Uno dei motivi che hai elencato quando mi hai detto che non volevi tenere Aidan," cominciò, "era perché volevi avere l'opportunità di apprendere una buona istruzione. E ora sei seduto qui e mi stai dicendo che non studierai?"

 

"Studierò, ma aspetterò un anno o poco più," dissi, corrugando le sopracciglia, "credimi quando ti dico che non voglio dare via mio figlio per un istruzione che nemmeno sono certo di ottenere. Sono certo che andrò all'università, ma non questo autunno. Non farne un dramma, Harry; sono così stanco di litigare con te, e soprattutto per questo."

 

La rabbia sul suo viso svanì leggermente, ma ancora ne vidi traccia nei suoi occhi e nel modo in cui si mordeva le guance, come se volesse calmarsi. 

 

"Sai che non sono d'accordo con la 'nostra' decisione di darlo in adozione," disse con calma, "sono completamente contrario, in realtà, e vorrei che provassi a vedere le cose dal mio punto di vista invece di essere maturo riguardo a questo."

 

"È una questione per cui dobbiamo essere maturi," sospirai, "e vorrei che tu lo capissi."

 

"Certo che lo capisco, non sono così stupido," disse, "ma quello che non capisco è il motivo per cui sei così fissato, attaccandoti alla tua opinione sul non essere in grado di offrire ad Aidan una buona vita."

 

"Io- perché è così, Harry. Non è un opinione, è un fatto."

 

"Perché?" chiese. Senza aspettare una risposta, si appoggiò a me, mi guardo intensamente e continuò. "Hai appena detto che non stai pensando di andare all'università questo autunno, giusto?"

 

Un po' esitante, annuii, e lui sorrise ampiamente, guardandomi soddisfatto di se stesso.

 

"Okay, quindi non andrai all'università," continuò, "ho parlato molto di questo con mamma e lei ha detto più di una volta che è disposta a lasciarci vivere qui, sia che teniamo il bambino o che non lo teniamo, e aiutarla in qualsiasi modo possiamo. Se non andrai all'università, potresti vivere qui e alternarti tra il lavoro e il prenderti cura di Aidan, mentre io mi alternerò allo studio, al lavoro e al prendermi cura di Aidan durante il mio tempo libero. Ho già un sacco di soldi in banca, quindi quando il tuo anno sabbatico sarà finito, entrambi avremmo abbastanza soldi per essere in grado di trovare qualche posto in cui vivere da soli, Aidan avrà un anno a quel punto, quindi possiamo mandarlo all'asilo nido o trovare una babysitter regolare. In questo modo possiamo studiare e lavorare e prenderci cura di Aidan."

 

Sembrava così entusiasta quando finì di parlare che non potei fare a meno di ridere, il che lo portò ad essere ancora più eccitato.

 

"Sei consapevole di quanto suoni folle?" chiesi, ancora ridendo, "è fottutamente folle!"

 

Il suo sorriso vacillò un po'. "È un piano che potrebbe funzionare, Louis. E non venire a dirmi che sono impulsivo ed avventato, perché ho parlato con mamma, ho parlato con papà, ho fatto le mie ricerche e ho letto di persone che hanno fatto più o meno la stessa cosa. Questo potrebbe funzionare."

 

Rimasi a bocca aperta, perché era completamente pazzo.

 

....

 

Lo era?

 

"Harry, io- io apprezzo molto che tu abbia impiegato del tempo a pensare a tutto questo," dissi, mordendomi il labbro inferiore, "ma-"

 

"No, Lou! No!" mi interruppe ad alta voce, con una smorfia di pura esasperazione che gli dipingeva il volto, "a meno che tu non abbia un argomento valido per andarmi contro, dovrai promettermi di riconsiderarlo, perché so che l'unico motivo per cui vuoi dare Aidan via è perché hai paura che non possiamo dargli una buona vita, e se seguiamo questo piano, l'avrà."

 

Pensava davvero che quel piano fosse buono? Dovevo ammettere che non era il piano peggiore che avessi mai sentito, ma comunque. C'erano delle domande che avevano bisogno di risposte. Per non parlare del fatto che ero arrabbiato con lui per avermi fatto riconsiderare tutto quando ero così sicuro della precedente decisione.

 

"Okay, ascolta," dissi, passandomi una mano sul viso e guardandolo, "sei assolutamente certo al cento per cento che a tua mamma vada bene che io rimanga qui per un anno intero?"

 

Lui annuì velocemente. "Si, sono al cento per cento sicuro, puoi chiederglielo tu stesso."

 

Inghiottii e chiusi gli occhi. "Ed esattamente dove hai pensato di andare a studiare se rimarrai a casa?"

 

"Manchester," disse immediatamente, "era la mia prima scelta quando feci le domande."

 

"È ad un'ora di macchina."

 

Lui scrollò le spalle. "Lo so. Studierò a casa il più possibile, altrimenti tornerò a casa i fine settimana e per le vacanze ogni volta che avrò il tempo."

 

"Sei anche a conoscenza di quanto seccante sarà per te?" chiesi incredulo.

 

Lui si strinse nelle spalle. "Sono disposto a farlo."

 

Respirai profondamente, per qualche motivo cominciai a sentirmi un po' stressato. "E andrai anche a lavorare?"

 

"Quando ho tempo," disse, "la mamma di Niall gestisce quel negozio di alimentari all'angolo accanto a Starbucks e ha detto che c'è sempre qualcosa da fare lì, quindi posso andare quando sono disponibile e lei mi troverà qualcosa da fare."

 

"Hai davvero pensato a tutto questo?"

 

"Certo che l'ho fatto. Questo è il mio ultimo tentativo di farti cambiare idea."

 

"Giusto. Okay, allora... quando quest'anno finirà, vuoi che noi due - tu ed io - andassimo a vivere insieme?" quel pensiero era stranamente liberatorio, per non parlare della tentazione meravigliosa e confortante. Ma anche fottutamente spaventosa.

 

"Si."

 

"E come pensi che funzionerà con Lauren e tutto?" dovevo chiederglielo, no?

 

Il suo viso si irrigidì un po' e fece una smorfia per un attimo. "Lascia che mi preoccupi io di quello."

 

"Harry-"

 

"Louis, per favore. Non è un fattore che bisogna necessariamente prendere in considerazione ora."

 

Quello sarebbe stato un momento perfetto per portare avanti le sue confessioni da ubriaco - ovvio - ma eravamo nel mezzo di una conversazione che era più importante di stupidi affari d'amore adolescenziali. Un'altra volta sarebbe stato altrettanto perfetto.

 

"Bene, okay," dissi con un sorriso incalzante, "ma tu vuoi che viviamo insieme?"

 

"Le persone all'università hanno sempre dei compagni di stanza," disse, "non con un bambino e una storia incasinata, ma non significa che non possa funzionare. Ora viviamo insieme, no? Non con il bambino, ma comunque."

 

Pensai a me ed Harry vivendo insieme, da soli, sarebbe stato duro - letteralmente - ma scelsi di non commentare, non volevo aggiungere altro alla nostra discussione.

 

"Si, viviamo insieme ora," dissi, "ma con tua mamma che frena tutto quando le cose diventano troppo di merda tra noi. Lei non ci sarà lì quando ci trasferiremo, quindi come pensi di evitare che uno di noi scappi, ad un certo punto?"

 

Non era impossibile che la mia domanda lo offendesse dato che gli avevo già detto che non gli importava abbastanza di me ed Aidan e di volermi intorno, quando le cose erano diventate difficili. Ma no. Dovevo ancora sperimentare l'altro lato di lui - e sperai di non doverlo mai fare - ma avevo la sensazione che lui fosse quel tipo di ragazzo che prendeva una decisone e poco dopo si pentiva e decideva di darsela a gambe. Se era davvero serio nel voler tenere Aidan, dovevo saperlo, dovevo essere certo al cento per cento che non mi avrebbe abbandonato.

 

Mi guardò con un espressione vuota per un bel po' di tempo, ma poi fece una smorfia. "Perché non importa quanto io sia arrabbiato con te, non potrei mai abbandonare Aidan," disse semplicemente, "e non potrei mai abbandonare te."

 

Per qualche stupida ragione non riuscivo a replicare, era la rassicurazione che volevo, e annuii. Guardai nei suoi occhi grandi e speranzosi per un attimo e poi sorrisi debolmente.

 

"Tu... ti rendi conto di quanto sia da pazzi questo piano, vero?" chiesi, "probabilmente manderemo tutto a puttane prima di quattro mesi."

 

Sorrise. "Ne dubito. E in ogni caso, sono disposto a provare."

 

Chiusi gli occhi e presi un respiro profondo, costringendomi a non alzarmi dal letto e uscire dalla stanza. 

 

"Okay, senti," dissi, la mia voce instabile, "andremo a quell'incontro con l'agenzia di adozione giovedì, vediamo cosa hanno da dirci, e poi ci sediamo e ne parliamo di nuovo. Va bene?"

 

Anniii subito. "Si, certo, nessun problema," disse, suonando impaziente, "allora sei disposto a cambiare idea? Non sei così convinto di darlo in adozione?"

 

"Il tuo piano non è... il peggiore che abbia mai sentito," dissi lentamente, "e so di persone che hanno fatto la stessa cosa, crescere un bambino e studiare allo stesso tempo, quindi... credo che non sia impossibile. Ma l'adozione è ancora un'opzione più che valida, solo per essere chiari."

 

"Almeno non sei convinto a darlo," disse piano, "quindi grazie."

 

Sospirai, ma poi gli offrii un sorriso. "Nessun problema."

 

Ci fu silenzio per un po', mentre eravamo sdraiati e ci guardavamo, entrambi privi di espressioni. Stavo per chiedermi se stesse per baciarmi di nuovo - solo Dio sapeva che non ero contro all'idea - ma poi lui aprì bocca.

 

"Mi dispiace per sabato," disse tranquillamente.

 

Sollevai un sopracciglio. "Sabato?"

 

"Quando sono tornato a casa ubriaco. Mi dispiace."

 

Avevo pensato che sarei dovuto essere io a dover tirare fuori quell'argomento per primo, ma gli fui grato di avermi risparmiato l'imbarazzo di quel compito. Ero un po' confuso, però.

 

"Per cosa... per cosa ti stai scusando esattamente?" chiesi con una risatina.

 

"Per tutte le cose che ho detto," disse, guardandomi con sguardo di scuse.

 

Sbattei le palpebre, ancora più confuso. "Le cose che hai detto?"

 

"Sai di cosa sto parlando. Ho parlato molto quella notte e ho detto un mucchio di cose che probabilmente ti hanno confuso un casino, e mi dispiace."

 

La mia bocca si aprì in una silenziosa 'o' e mi leccai il labbro pensieroso.

 

"Pensavo che non ti ricordassi niente," dissi.

 

"All'inizio, ma poi pezzo per pezzo mi sono ricordato tutto."

 

"Oh." Esitai, non ero certo di cosa dire o quali domande porre. "Quindi... ti ricordi," mi morsi il labbro, "perché hai detto di essere-"

 

"In realtà non mi sento di volerne discutere in questo momento," mi interruppe piano, "ne parleremo presto, te lo prometto, ma non ora. Se ti va bene."

 

Annuii. "Certo." Rimasi un po' deluso perché non c'era niente che volessi di più di ricevere le risposte alle domande su Harry e sui suoi sentimenti per me.

 

Ma per una volta non dovevo dubitare più sul fatto che mi avrebbe deluso e lasciato confuso e con il cuore spezzato.

   
 
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