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Autore: __roje    18/10/2017    5 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Ryu è un ragazzo di appena sedici anni praticamente invisibile al mondo intero, ma che un bel giorno si trova a fare la conoscenza del ragazzo più ammirato e desiderato della sua scuola, Hara. Solo che quell'incontro darà il via a tutta una serie di episodi tutt'altro che piacevoli per il nostro protagonista. Infatti finirà con lo scoprire che proprio Hara nasconde un carattere davvero particolare e schivo sulla propria vita privata, e spetterà proprio a Ryu scoprire il perchè del suo atteggiamento. Con determinazione e amore Ryu dovrà passo dopo passo arrivare al cuore di una persona che non sa che significa amare, e dovrà combattere contro i suoi demoni.
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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CAPITOLO 44

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Cosa era preso a Sega. Perché improvvisamente aveva iniziato a dare i numeri. Non riuscivo a capirlo e francamente iniziavo a stancarmi del suo essere lunatico. Certe volte era anche peggio di una ragazza.
“Sai che ti dico Hara? Sono stufo.” Aveva detto così, e nei suoi occhi avevo visto lacrime pronte ad uscire.
Quante volte lo avevo fatto piangere?
Era colpa mia, lo sapevo troppo bene. Ero stato egoista, sebbene non fossi capace di dargli ciò che voleva desideravo che fosse mio, tenendolo intrappolato in un qualcosa che gli faceva male.
Mi resi conto che era inutile andargli dietro, dirgli ancora una volta che sarei cambiato perché avrebbe significato mentire. Forse era meglio così, forse dovevo semplicemente lasciarlo libero di trovarsi qualcun altro che avrebbe avuto cura di lui.
Improvvisamente però un immagine affiorò nella mia mente, era Sega nelle braccia di un altro, sorridente come suo solito e un altro uomo che lo toccava. No, no, no...
Quel pensiero mi fece rabbia, e mi maledissi perché era quello il motivo che mi impediva di chiudere la cosa. Non ci riuscivo, c’era qualcosa che mi impediva di lasciarlo andare. Perché.
“Dannazione..” strinsi i pugni.

***

Entrai nel locale di Takeru, stranamente i piedi mi avevano portato lì. Perché non ero andato a casa?
“Ryu?” la voce familiare fece scattare qualcosa dentro di me, e nel vedere Takeru non riuscii più a frenare le lacrime che cominciarono a bagnarmi il viso.
Takeru molto confuso, e colto di sorpresa mi corse incontro chiedendo di essere sostituito da qualcuno. Mi strinse a lui e mi portò sul retro. “Dannazione Ryu, ma che cosa ti è successo eh?” Mi fece accomodare su una sedia a caso nello spogliatoio dei camerieri, mi offrì anche un tovagliolo e si inginocchiò davanti a me per guardarmi meglio.
“S-scusami Takeru... ma io non sapevo da chi andare.”
“Che c’è eh? E’ successo qualcosa con Yuuto?” Nel sentire quel nome una nuova fitta di dolore travolse il mio cuore, e altre lacrime. Non ebbi più la forza di parlare, così Takeru molto semplicemente si alzò e mi afferrò portandomi contro il suo petto e stringendomi forte a se. “Sfogati finché vuoi.”
E così feci una volta avuto il suo permesso. Piansi talmente tanto che gli occhi cominciarono a farmi male, ma la ferita che avevo nel cuore era peggio, nessun altro dolore era paragonabile.
Una mezz’oretta dopo avevo esaurito ogni lacrima e mi sentivo stranamente meglio, avevo come esternato tutto ciò che portavo dentro da mesi. Tutti i dubbi, la frustrazione e la gelosia provata, tutti i sentimenti spiacevoli che avevo portato con me in quei mesi si erano sciolti in quelle lacrime e mi sentivo più leggero, stranamente vuoto però.
Tornò presto Takeru con una tazza di tè fumane e me la offrì “Bevi, ti farà stare meglio.”
“Grazie” e iniziai a sorseggiare. Ero profondamente imbarazzato di aver pianto come un bambino davanti a lui, chissà che idea si era fatto di me. “Scusami... ti ho disturbato.”
“Mh? Oh figurati, non c’era molta gente. Piuttosto, spero che ora tu ti senta meglio.” Annuii e feci un altro sorso, “E’ troppo inopportuno chiederti perché stavi piangendo?”
“No, affatto. E’ sempre per lo stesso motivo e sono stanco.”
Takeru sospirò “Lo sapevo che c’entrava Yuuto. Che cosa ha fatto?”
“E’ questo il punto! Non fa assolutamente nulla. Anzi, fa qualcosa che mi fa sperare che le cose stiano cambiando, che lui sia finalmente pronto a stare con me e invece si rimangia tutto, fa cose che contraddicono quello che mi dice.”
Takeru si mise a sedere per ascoltare meglio, “Tipo? Non è una novità che Yuuto faccia cose strane, non è nemmeno il tipo che sa esprimersi se non per brontolare.”
“Sono mesi che aspetto Takeru! Quanti anni dovrò aspettare prima che lui ricambi i miei sentimenti?”
Forse era questo a farmi soffrire. Se ci fossero voluti anni quanto ancora voleva farmi aspettare, perché mi faceva vivere nel forse? Perché si concedeva solo in parte. “Credi che lui sia innamorato?”
“Eh?” non capii il senso di quella domanda.
“Lui non te l’ha mai detto ma ci sei stato abbastanza vicino per capire se prova qualcosa o meno, non sei certo cieco. Sapresti rispondere se è innamorato o no?”
Una simile domanda mi spiazzò un pò. Se Hara era innamorato? Non ci avevo mai pensato. Avevo sempre atteso che fosse lui a dirmelo, ad ammettere che lo fosse e non mi ero preoccupato più di tanto di ciò. Un pò mi aveva dimostrato che qualcosa fosse cambiato, ma persino la sua gelosia mi era sembrata solo possessività per un oggetto e non perché fosse innamorato. Quindi?
“Io credo di no...” Ammetterlo fu devastante.
“Posso essere sincero con te Ryu?” lo guardai attentamente, non avevo mai visto tanta serietà negli occhi di Takeru se non quando si era arrabbiato con me per la faccenda di Mizumi. “Io al tuo posto avrei lasciato perdere da una vita. Cioè avrei perseverato se avessi visto dei risultati, e adesso ti parlo da amico, perchè non cerchi di volerti più bene e pensi un pò a te?”
Nessuno fino a quel momento mi aveva mai detto una cosa simile, e proprio colui che per primo aveva cercato di incitarmi. “Credi che debba rinunciare a lui?”
“Sì, sinceramente sono stanco di vedere un mio amico piangere.”
Amico? Aveva proprio detto così. In diverse situazioni Takeru si era già dimostrato buono con me, e non era la prima volta che ascoltava i miei lamenti o che cercava di farmi passare la tristezza. Nella mia vita però non conoscevo affatto l’amicizia, nè tanto meno quanto facesse male essere innamorati quindi tutto ciò per me era nuovo e sapere di avere una persona che a me ci teneva mi riempì di una strana gioia, improvvisamente mi sentii meno vuoto. “S-siamo amici?”
Takeru mi fissò serio, ma poi sfoderò un ampio sorriso “E’ ovvio stupidone!”
Ripensai un pò a tutto, e in generale a tutti. Kioko, Kyoja e così Takeru erano sempre stati dalla mia parte, non mi avevano mai giudicato o trovato ripugnante sebbene fossi innamorato di un ragazzo. Si erano comportati da amici dal primo momento, sebbene con Takeru le cose fossero cominciate in maniera molto strana... ciò nonostante ringraziavo il cielo di averlo incontrato. “Grazie, davvero.”
Con una mano mi arruffò la frangia “Smettila di fare quella faccia idiota! Stasera sai che facciamo? Ce ne andiamo da qualche parte, così ti distrai un pò.”
Anche quello l’aveva già fatto una volta. Mi aveva portato con se, e si era sempre sorbito il mio pessimo umore senza mai lamentarsi. Improvvisamente mi venne da ricambiare quel sorriso, e annuii entusiasta dell’idea che aveva avuto.
Takeru lavorò fino a tardi quel giorno, sebbene dovesse prendersi anche cura di me ma non sembrò pesargli la cosa, anzi, era sereno e cordiale come al solito con tutti. I suoi dipendenti sembravano amarlo molto, così come i clienti che gli davano a parlare. Era davvero stupefacente che un ragazzo di vent'anni fosse riuscito a tenere in vita un attività così comune in una città come Tokyo, ma Takeru aveva le carte in regola per sfondare e quella sera me lo dimostrò: aiutava i camerieri, si rendeva utile persino in cucina e ogni tanto dava il cambio alla cassa. Nonostante fosse il proprietario non se ne stava con le mani in mano, ed era proprio questo suo modo di fare che lo faceva amare così tanto. In tutto ciò ebbe persino tempo di farmi compagnia e di prepararmi una cena molto semplice, ma deliziosa.
Mi offrì persino un cambio, e di andarmi a fare una doccia nel suo appartamento al piano di sopra, era la prima volta che mettevo piede in casa sua.
Era un appartamento parecchio grande, ma vuoto con pochi mobili e tenuto veramente bene. Per un ragazzo che viveva da solo quel luogo era caldo e accogliente manco fosse tenuto in ordine da una donna, e mentre mi guardavo in giro la cosa mi fece pensare alle condizioni in cui viveva Hara, al fatto che diversamente da Takeru non sapesse come provvedere a se stesso e nemmeno occuparsi della casa. Quel pensiero mi rattristì molto, mi fece quasi venir voglia di correre da lui perché non ero io ad avere bisogno di lui ma era il contrario.
“Allora ti sei cambiato? Oh, sei ancora così.” Notò Takeru venendo a controllare.
“Si, scusa ora vado a farmi una doccia.”
“Datti una mossa che per le 23 usciamo, a dopo” e si congedò con un cenno di mano.
Chissà dov’è che voleva andare. Sapevo molto poco dei luoghi che amava frequentare o della gente che conosceva, infondo lo avevo sempre visto insieme a me ed Hara.
Lasciai cellulare e chiavi di casa sul mobiletto che c’era nel salottino ed entrai nel bagno. La doccia seppe farmi rinascere, mi sentii stranamente meglio e l’acqua portò via i pensieri bui avuti prima. Aveva ragione Takeru, per una volta dovevo pensare al mio bene.
Dopo la doccia avvertii mamma che sarei tornato tardi e stranamente non disse nulla, anzi parve tranquilla forse perché credeva che insieme a me ci fosse Hara. Ero così dispiaciuto per lei, non aveva idea di quanto suo figlio facesse cose sbagliate, avevo persino fatto sesso con il ragazzo che mi piaceva sotto il suo tetto e non me ne ero nemmeno curato. Ero il peggiore.
Takeru mi aveva prestato una maglietta pulita, una felpa leggera visto che l’estate stava iniziando ad andare via e le temperature la notte scendevano un pò troppo.
“Oh vedo che ti sta” commentò Takeru.
“Già, stranamente.”
Takeru ridacchiò e afferrò un vasetto dal bagno, ci infilò le dita dentro e con gesti molti delicati mi passò le mani tra i capelli sistemandomi i capelli. “Ora va meglio” non capii cosa avesse fatto, poi mi specchiai e notai che mi aveva tirato all’indietro i capelli, la frangia era stata sistemata di lato cadendo morbida su un lato della fronte. “Che ne pensi eh? Meglio con i capelli un pò tirati indietro.”
Stranamente sì, era meglio. Takeru sembrava essere la cura al mio cuore ferito, sapeva come rendere quella mia faccia diversa dal solito e come farmi dimenticare dei problemi.
Aspettai che anche lui si fosse cambiato e uscimmo, chiudendo l’appartamento alle nostre spalle. Nel farlo mi sembrò di essermi dimenticato qualcosa di importante, ma forse era solo il pensiero di aver lasciato li la mia maglia che tanto avrei ripreso il mattino dopo.
E la serata iniziò. Takeru guidò per mezza Tokyo senza una meta precisa, ci fermammo in vari luoghi per esempio una crepperia che conosceva bene e me ne offrì una senza che gliela avessi chiesta.
“Ti restituirò i soldi domani.”
Takeru scoppiò a ridere “Credi sul serio che accetterei gli spicci di un moccioso?” Lo guardai male e continuò a ridere addentando la sua creepes. Era sempre il solito.
Dopo la prima tappa percorremmo l’autostrada e arrivammo dall’altra parte della città tornando quasi nei pressi del suo locale, e li in mezzo a tanto cemento vidi emergere la Tokyo Tower illuminata di rosso. Avevo già assistito a ciò ma la persona insieme a me quella volta era un altra, era Hara e mi tornò stranamente in mente il suo volto. “Che c’è mh? Ti piace la Tokyo Tower?”
“No. Che dici andiamo vicino al mare?”
“Mare?! Beh, ok.”
Acconsentì anche a quell’ennesimo capriccio e guidò a lungo fino al golfo della città dove immense navi si muovevano avanti e indietro perse nell’oscurità di quelle acque.
Non avevo mai apprezzato davvero il mare, eppure allontanarmi da Tokyo era l’unica possibilità per non pensare a lui perché ogni cosa mi ci faceva pensare. Era ovunque.
Scendemmo dalla macchina, Takeru aveva parcheggiato in un posto dove vi era una bella veduta del golfo dall’alto. Una scelta quanto meno spettacolare e ne fui felici.
C’era una ringhiera che permetteva di affacciarsi e godersi quella vista, e un venticello fresco cominciò a soffiare scompigliandomi i capelli che con cura Takeru aveva cercato di sistemare, ma non importava. Non c’era gel o vestito che potesse cambiare quello che ero o provavo, ero condannato.
Anche Takeru mi raggiunse affacciandomi accanto a me.
“Ti devo ringraziare” cominciai a dire attirando la sua attenzione, “lo so che sembrerò ripetitivo, ma venire qui e il tuo aiuto mi hanno fatto sentire meglio, davvero. Hai ragione forse dovrei semplicemente arrendermi e lasciare Hara così com'è, almeno una persona intelligente questo avrebbe fatto” mi voltai appena per guardarlo negli occhi e quest’ultimo fece lo stesso, stupito che stessi dicendo ciò e che avessi forse ascoltato il suo consiglio, “tuttavia sono uno stupido, e forse anche masochista e forse piangerò ancora altre trecento volte prima di capirlo che lui non mi vuole ma io lo amo e non posso dimenticarlo.”
Chiunque sulla faccia della terra avrebbe detto sì questo ragazzo è pazzo se vuole continuare. Che motivo mi spingeva a rincorrere ancora una persona che mi propinava solo forse e mai certezze, chi avrebbe mai fatto una scelta simile... forse solo chi come me era innamorato.
Takeru mi osservava serio, il vento che gli muoveva i capelli “Sai un pò mi aspettavo che dicessi questo, me lo sentivo che non avresti davvero rinunciato.”
“Il solito idiota eh?” ridacchiai.
“No, non lo sei” Eh? Mi ritrovai un Takeru che non avevo mai visto davanti ai miei occhi, lo sguardo intenso e un sorriso così dolce non glielo avevo mai visto stampato in viso, “Quell’idiota è davvero fortunato” sorrise e si allontanò dalla ringhiera, “Vieni torniamo in macchina.”
Mi stupì molto che volesse già andarsene. Chissà perché.
Montai in macchina e guidò nel completo silenzio senza capire dove stesse andando, lo cominciai a capire quando imboccò strade che conoscevo troppo bene e le mie peggiori paure si realizzarono, mi portò proprio davanti a casa sua. Ne rimasi spiazzato. “Perché Takeru? Perché siamo qui?”
“Perché è qui che vorresti essere non certo con me.”
Strinsi i pugni sulle cosce, era così evidente? “Scusami, ti prego.”
“E per cosa? Infondo è naturale. Sai invidio così tanto Yuuto” iniziò a dire e voltò il viso verso la sua casa con un velo di tristezza negli occhi, “per uno che non ha mai imparato ad amare gli è andata davvero di culo.”
Lo guardai stupito di quelle parole.
“Quindi va, mostragli quanto lo ami e vedrai che cederà finalmente perché solo un pazzo rifiuterebbe di essere amato da uno come te.”
Quelle parole, tutto il suo discorso seppero quasi farmi piangere. Dentro di me provavo così tanta gratitudine per lui che non sapevo più come esprimere, così lo abbracciai fregandomene di sembrare una ragazzina idiota. “Grazieeeeeee Takeru!”
“Sisi va bene ora lasciami è raccapricciante questa cosa!” E si liberò dalla mia presa.
Scesi dall’auto e lo saluti vedendolo sfrecciare via come una saetta nel buio della notte. Era un buon amico e l’aveva dimostrato ancora una volta.
Ora però dovevo affrontare Hara, chiedergli scusa per il mio sclero e risolvere quella faccenda. Mi ero comportato male, come al solito mi ero messo a frignare come un bambino che pretendeva qualcosa sebbene Hara in quel periodo si fosse comportato quasi decentemente con me.
Ero sulla soglia di casa sua, chiedendomi cosa avrei dovuto dirgli, avevo il cuore che mi tamburellava nel petto e le mani sudate ma la voglia di vederlo era immensa così senza più esitare bussai attendendo con impazienza di vedergli aprire la porta.
Tuttavia le cose andarono molto diversamente e ad aprire la porta non fu affatto Hara ma bensì una donna che conoscevo molto bene, sua madre. Come al solito era truccata pesantemente, rossetto rosso sulle labbra quasi sbavato e un vestito troppo succinto per una donna della sua età; nel vedermi lì inarcò un sopracciglio non ricordandosi affatto di me.
“Non ho ordinato alcuna pizza moccioso. Sparisci!”
“Non sono il fattorino signora. Sto cercando Hara veramente.”
La donna se ne stupì ancora, “Yuuto? E cosa vuoi da lui eh.”
Possibile che quella donna si fosse dimenticata di avermi già visto una volta? “Sono un suo amico.”
“Non so dove diamine sia quell’idiota quindi sparisci.”
Come? Una madre che non sapeva neppure dove fosse suo figlio. Che schifo dio mio, che orrore una donna del genere. Poi un altra voce proveniente dalla casa chiamò la donna “Himeko ma che stai facendo? Torna qua” Era chiaramente la voce di un uomo.
“Si ora vengo, il tempo di mandare al diavolo sto marmocchio” gridò fregandosene che fosse li davanti a lei, e rivolse di nuovo l’attenzione su di me “senti non so proprio dove sia quello quindi sparisci e non venire più, quel verme non ha nemmeno il permesso di portare gente a casa.”
Verme? Quella donna aveva sul serio chiamato il proprio figlio verme? Ero sconvolto. In breve mi riaffiorarono in mente tutte le volte che Hara mi era sembrato pensieroso e cupo, al dolore che aveva provato ogni qual volta che quella donna aveva portato a casa un uomo e alla solitudine che per colpa sua aveva dovuto patire solo perché quella che nemmeno si poteva definire sua madre aveva sfogato su di lui tutto il suo veleno senza meritarselo.
“Che schifo...” borbottai prima a bassa voce.
“Eh? Che hai detto moccioso?”
“Lei non è affatto una madre, e nemmeno una persona e se c’è qualcuno che qui è da reputarsi verme è lei signora quindi mi faccia la cortesia di.. CHIUDERE QUELLA BOCCA DA OCA STARNAZZANTE E SE NE VADA AL DIAVOLO MALEDETTA STRONZA!”
Tutta, e ripeto tutta la voce che possedevo mi uscì per quella frase insieme alla rabbia che provavo dentro, e non me ne pentii minimamente. Lo avevo fatto per Hara.
La donna rimane sconvolta per quella sparata ma subito di accigliò furiosa, “Come ti permetti brutto cretino!” e sollevò una mano, probabilmente per colpirmi ma non importava. Poteva farmi quello che voleva, non sarebbe stato minimamente paragonabile a ciò che aveva passato Hara e forse ricevere quel colpo mi avrebbe avvicinato un pò al suo dolore.
Chiusi gli occhi aspettandolo con ansia, incassando la testa nelle spalle però un tonfo, e il colpo non andò a segno perché a fermarla era stato Hara. “Hara?” pronunciai sorpreso di vederlo lì.
“Che cazzo stai facendo?!” sbottò la madre bloccata dal figlio e stupita di vederlo.
Hara era famelico, furioso con sua madre e le stringeva il polso fregandosene di farle male e la donna si lamentava ma il figlio sembrava fregarsene.
“Non ti azzardare a toccarlo!” disse infine fulminandola con lo sguardo, i suoi occhi color ambra erano diventati misteriosamente bui. Con un gesto poco delicato la spinse via facendola ruzzolare a terra, la donna parve addirittura farsi male ma Hara non parve fregarsene.
Com’è che la situazione aveva preso quella piega? Guardai tutta la scena pieno di sgomento, non avevo mai neppure visto Hara così furioso, era intriso di odio e si percepiva. Covava così tanto odio verso di lei? Era assurdo.
Hara all’improvviso mi afferrò per un polso, lo strinse forte facendomi male, e mi trascinò via di lì sotto le grida della madre che lo malediva e cercava di rimettersi in piedi. Mi voltai per guardarla, e stranamente pensai che fosse stata tutta colpa mia ancora una volta se Hara non aveva più una casa.
Fui trascinato lontano, in un parchetto del quartiere che a quell’ora era deserto a parte noi due. Hara mi lasciò andare e camminò ancora un pò dandomi le spalle, chissà che espressione aveva in volto.
Che cosa dovevo fare, che cosa dovevo dirgli? Non avevo alcun rimedio per una situazione del genere, non era sua sorella, nè tanto meno suo padre o un suo caro amico. Non era di me che aveva bisogno e pensai che forse Takeru avrebbe saputo che fare in quel momento.
“Ehm Hara..” provai a dire mordendomi la lingua, con che coraggio gli volevo parlare.
“Diciassette anni...” aveva detto all’improvviso, stava parlando allora, “Per diciassette anni non ho fatto altro che accantonare tutto, non ho fatto altro che sopportare quella donna in ogni suo capriccio e cattiveria, ho cercato per anni di capire dove avessi sbagliato come figlio e del perché mi odiasse così tanto e non ci sono mai riuscito e ho sopportato, o arrancato sopportando portandomi tutto dentro.” Era incredibile che di punto in bianco mi stesse dicendo certe cose, non sembrava più lui. E incredulo lo ascoltavo mentre parlava con la sua voce così intensa e bella. “Ho tenuto Mizumi lontano da me per proteggerla, per impedirle di scoprire che sua madre non è altro che una delusione e per evitarle l’ennesimo dolore ma nel frattempo ho tenuto lontani tutti, la mia famiglia. Senza rendermene conto che stavo lentamente uccidendo me stesso...” fece una pausa, alzando la testa verso l’alto mostrandomi meglio la sua nuca e le sue spalle larghe, “ma poi, all’improvviso qualcuno che nemmeno conosco, che non sa nulla di me arriva e dice di amarmi, mi insegue ovunque io vada e mi resta accanto sebbene io sia identico a quella donna. Hai continuato a tornare da me anche quando ti ho detto di andartene.. e sei riuscito a fare ciò che io non sono stato capace di fare in diciassette anni.”
Fu in quel momento che Hara si voltò verso di me, lentamente, il vento che gli muoveva i capelli neri rendendoli tentacolari e lucenti al chiaro di luna. Si voltò, e mi mostrò un viso stranamente rilassato, gli occhi lucidi di chi è pronto a piangere ma aveva uno strano sorriso dipinto sulle labbra. “Sei riuscito a dirglielo...” disse infine, “ci sei riuscito al posto mio.”
Ero spiazzato che quella persona che ora era davanti a me fosse davvero Hara. Lo stesso ragazzo che per quasi due anni non aveva mai mostrato alcuna fragilità, se non alcuni spiragli mentre ora aveva completamente abbattuto la sua corazza, il muro che aveva eretto per tenere lontani tutti era improvvisamente crollato e quello che avevo davanti era finalmente il vero Hara. Un Hara capace di piangere, capace di sorridere in quel modo così sereno e di parlare, di raccontarmi finalmente ciò che si portava dentro da anni.
“Perdonami Hara, perdonami davvero..” e mi lanciai verso di lui senza pensarci e quest’ultimo spalancò le braccia per accogliermi un gesto che mi lasciò sconvolto, ma felice. Mi ritrovai tra le sue grandi braccia, stretto a lui contro il suo petto ascoltando i battiti accelerati del suo cuore. Quindi non era solo il mio a fare così, pensai.
“Di cosa chiedi scusa idiota”
“Ti ho detto quelle cose orribili oggi, ma non le pensavo davvero! Non ti lascerei mai lo sai.” La sua mano mi accarezzò la nuca dolcemente, era la prima volta che lo faceva, e mi tenne stretto a se così che potessi sentire il suo profumo e il suo calore. Era tutto reale quindi.
“Stai ancora pensando a quello.”
Mi staccai da lui guardandolo in faccia, “Ero venuto per quel motivo in verità. Volevo chiederti scusa per oggi ma poi le cose.. ecco... ho sclerato come al solito.”
Hara rise “Si ho visto. Per una volta sei stato un grande!”
Ricambiai quel sorriso, ero così bello vederlo così sereno. “Eh? Aspetta per una volta?” Lo cacciai via infastidito per quella frase ma mi tirò di nuovo a se stringendomi forte.
“Ancora un po’.”
Non si era mai comportato così, ma quel suo modo di fare mi piacque così tanto che pensai di dovermi svegliare da un momento all’altro. Sicuramente tutto ciò non era reale. “So già che tra poco tornerà tutto come prima.”
“Che intendi?” Hara si scostò per guardarmi in viso.
“Tra poco tornerà tutto come prima lo so, ma è davvero bello stare tra le tue braccia” sorrisi assaporando a pieno quel momento, quel viso che tanto amavo e che volevo vedere sempre così sereno. Sperai solo che un giorno anche il vero Hara potesse trovare la felicità.
Hara ridacchiò per la mia frase e sfoderò un ghigno divertito, “Allora penso che dopo questo ti sveglierai sicuramente Sega” disse e avvicinò il volto al mio e mi baciò dolcemente. Il tempo intorno a me si fermerò, sentivo che quel bacio era davvero voluto ed era dolce quanto lo era lui in quel momento. “Non lasciarmi mai più solo Ryu, resta con me.”
Ogni cosa, ogni episodio accaduto, ogni lacrima versata improvvisamente venne premiata così come il mio perseverare così a lungo. Lo fissai così sconvolto da non sapere cosa dire, il volto mi era diventato probabilmente color porpora e la cosa divertì non poco Hara. Il momento parve infinito e sperai che lo fosse. Ero tra le sue braccia, le sue labbra sulle mie e i nostri cuori per una volta erano vicini.
  
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