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Autore: Chainblack    08/11/2017    1 recensioni
In fuga dalla disperazione dilagante della Hope's Peak Academy, sedici talentuosi studenti vengono rapiti e rinchiusi in una località sconosciuta, costretti a partecipare ad un nuova edizione del Gioco al Massacro senza conoscerne il motivo.
Ciò che sanno è che, per scappare da lì, dovranno uccidere un compagno senza farsi scoprire.
Guardandosi le spalle e facendo di tutto per sopravvivere, i sedici ragazzi tenteranno di scoprire la verità sul loro imprigionamento sapendo che non tutti potrebbero giungere illesi fino alla fine.
Ambientata nell'universo narrativo di Danganronpa, questa storia si svolge tra i primi due capitoli della saga.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 4 - Paura

   
                                                                              
Lo sguardo impietrito di Karol Clouds si era rapidamente trasformato in un'espressione di puro terrore.
La sua mente stava forzatamente tentando di rifiutare il fatto che Hillary gli fosse collassata davanti in maniera così improvvisa ed inaspettata.
Sbatté le palpebre più e più volte, come per scacciare quella oscena visione dal proprio cervello, relegandola in un mondo irreale in un sogno.
Riaperti gli occhi, dovette accettare che quella non era altro che la realtà.
Il resto della classe era giunto sul posto, atterriti dalla paura.
June Harrier fu l'ultima, in ordine, ad arrivare; non appena superò due dei compagni si ritrovò davanti il corpo della compagna caduta.
Le scappò un urlo terrorizzato; fu genuinamente acuto e potente, abbastanza da far rinvenire Karol dal suo torpore mentale.
- H-Hillary! HILLARY! - la chiamò lui, gettandosi sul corpo - Rispondimi! HILLARY! 
Una mano lo strattonò con forza, tirandolo all'indietro.
Karol perse l'equilibrio e cadde sulla schiena appena prima di riuscire a sfiorarne il corpo senza vita.
Si dimenò per alcuni secondi prima di voltarsi; Michael Schwarz lo stava tenendo saldamente tra le braccia.
- Lasciami! Dobbiamo aiutarla! - gli urlò contro - Dobbiamo fare qual-...! -
- Karol, smettila! - la voce dell'Ultimate Chemist tuonò furibonda - Non lo vedi!? Hillary... -
L'insegnante lanciò un'ultima occhiata disperata verso l'Ultimate Clockwork Artisan; gli occhi sembravano essere fuori dalle orbite dal dolore, e grumi di sangue scuro le colavano da bocca, occhi e naso.
- E' morta... - sospirò Pearl - Non... non c'è più niente da fare -
- Morta...? - biascicò Karol, senza più un briciolo di senno - Non può essere morta... non può! Avevo promesso... avevo promesso di proteggerla...! -
Judith si fece avanti, aiutandolo ad alzarsi.
- Prof, tirati su... dobbiamo uscire da qui -
- No! Io non...! -
Una voce più acuta fece trasalire tutti i presenti; un bizzarro rumore meccanico emesso dall'altoparlante indirizzò l'attenzione generale su Monokuma.
- Un cadavere è stato rinvenuto! Avete un'ora di tempo prima che cominci il processo! Usatela saggiamente! -
Poi, così come era comparsa, svanì nel nulla più assoluto.
Pierce si grattò furiosamente la testa, piangendo.
- No... No, no, NO! - urlò - Avevamo appena concluso...! TRE DI NOI SONO GIA' MORTI, OGGI...! -
- E' uno scherzo, vero...? - Kevin crollò su uno dei banchi del tribunale - Ditemi che è solo un brutto, orrendo scherzo... -
- Merda... - Xavier strinse i pugni fino a far schioccare le ossa - E' morta davvero... dobbiamo ricominciare! -
Pearl gli lanciò un'occhiata apprensiva.
- Xavier... Karol è messo parecchio male... e la maggior parte di noi è stanca e provata - la ninja sospirò - Siamo davvero in grado di portare avanti le indagini? -
Il detective si guardò attorno, spaesato da quella improvvisa constatazione.
Pierce e Kevin stavano dando chiari segni di debolezza sia mentale che fisica; entrambi si erano seduti per terra, recuperando fiato e tentando di calmarsi almeno in parte.
Karol era in uno stato irriconoscibile; la sua pelle era pallidissima, il volto contratto in una smorfia di dolore che sembrava lacerargli persino l'anima.
June, dall'iniziale timore, sembrava aver tramutato tutto in rabbia. La sua faccia era paonazza, e non faceva che guardare al cadavere di Hillary con profonda irritazione.
Judith e Pearl, dopo essersi prese cura di Karol, si erano riunite a Xavier in compagnia di Michael.
I quattro si accorsero di essere gli unici ad aver mantenuto un apparente sangue freddo, ma l'espressione di ognuno di loro tradiva ansia e perplessità.
- Abbiamo meno di un'ora. Il tempo ci è a sfavore... - commentò Xavier - A maggior ragione dobbiamo sbrigarci -
- Xavier, la situazione non è come le altre volte! - sbottò Michael - Hai visto Hillary, no!? Si è trattato quasi sicuramente di avvelenamento! -
- E con questo? - domandò Pearl.
- "E con questo"!? Non abbiamo una vera scena del crimine da ispezionare, se la morte è stata provocata indirettamente! Abbiamo l'intera scuola da ispezionare, nessuna pista, e soltanto quattro persone abbastanza in forze! Vi sembra poco!? -
- Cinque... cinque persone... - fece una voce alle loro spalle.
I quattro si voltarono per poi subito notare una furibonda Ultimate Archer col volto torvo e contratto.
- June...? Ti senti meglio...? - chiese timidamente Judith.
- Oh, una meraviglia! Davvero! - rispose ironicamente lei - Non potrei stare meglio. Ora muoviamoci e TROVIAMO QUALCHE PROVA! -
- Non condivido il suo temperamento, ma ha ragione. Dobbiamo fare in fretta - annuì Pearl, malvolentieri.
Xavier si guardò attorno ancora una volta: mai come quel momento avvertì la mancanza di alleati.
Erano rimasti in otto, la metà del numero di partenza.
La scuola stava diventando larga e vuota.
- V-vi aiuteremo anche noi... -
La vocina sottile di Kevin Claythorne si fece avanti.
Il biondino stava aiutando Karol ad alzarsi. Tenendolo per mano, lo portò dal resto del gruppo.
- Possiamo... possiamo ancora aiutarvi - fece l'Ultimate Botanist - Giusto, Prof? -
- G-giusto... - tossicchiò Karol - Non posso fermarmi... non adesso... -
La palese menzogna non fu difficile da smascherare; nessuno dei due sembrava avere forza né col corpo né con lo spirito, ma la loro facciata di audacia aiutò il morale del gruppo.
Xavier compì un breve cenno con la testa.
- Va bene, ma non affaticatevi troppo - disse loro - Pierce? Dobbiamo prendere l'ascensore. Ce la fai? -
L'Ultimate Sewer, divenuto sempre più piccolo e tremolante, annuì debolmente.
Xavier inspirò profondamente.
Sapeva di dover dire qualcosa, ma vi erano due dettagli non di poco conto che gli impedirono di formulare immediatamente il concetto.
Il primo era che lui stesso, nonostante il mostrarsi freddo e calmo, era tormentato da dubbi e dalla paura come tutti gli altri.
Le gambe non smettevano di tremare; il ricordo dell'esecuzione di Rickard non era stato sovrascritto o rimpiazzato, ma solo aggravato da quell'ulteriore incidente.
Trovare la forza di agire da leader in una situazione simile gli richiese molti più sforzi del normale.
In secondo luogo, un terribile dilemma attorniava la sua mente.
Alzò la testa, osservando negli occhi ognuno dei sette compagni sopravvissuti assieme a lui.
"Uno di loro... è un assassino...?" si chiese retoricamente.
La risposta la aveva già, ma si forzò a non darsela.
- Ok, ragazzi... - deglutì lui - Abbiamo poco tempo. Andiamo -
Come una sola persona, otto teste diedero il proprio cenno di assenso.
Tutti corsero verso l'ascensore il più velocemente possibile, spinti dall'urgenza di fare presto.
Uno solo di loro restò momentaneamente indietro.
Michael si voltò indietro per un istante, fulminato da un pensiero.
Il suo sguardo andò a puntare il posto in cui Hillary era caduta, priva di vita.
Il chimico deglutì.
"Merda..." sospirò "Guarda che mi tocca fare...
 


L'ascensore arrivò al piano terra, riportando gli studenti davanti ai dormitori.
A differenza delle altre volte, dove un'atmosfera di apatia, mestizia ed incertezza aleggiava sovrana come dopo ogni processo, i sopravvissuti schizzarono via in cerca di qualunque cosa potesse dare loro un indizio.
Ognuno con un'idea ben precisa nella mente, presero direzioni diverse inoltrandosi nei meandri dell'istituto.
Solo tre persone rimasero nel piazzale, sommersi dal silenzio lasciato dal resto della classe.
Xavier e Karol notarono con ammirazione, e con un vago senso di disagio, ciò che Michael aveva fatto.
Il chimico aveva trascinato di peso il corpo senza vita di Hillary fino all'ascensore, portandolo di sopra assieme agli altri.
A causa di ciò, aveva ricevuto occhiate sdegnose emananti pareri contrastanti, ma nessuno degli alunni aveva osato fiatare.
Tutto sommato, il suo piano d'azione seguiva una logica inattaccabile.
- N-non guardatemi così! - si giustificò Michael - Come potrei ispezionare il cadavere senza portarlo con me!? -
- Non ti sto giudicando, Mike... - sospirò Xavier - Ma ammetto che... sembra quasi ti venga naturale armeggiare coi cadaveri, oramai... -
- Era... era una battuta!? Credi che mi diverta!? -
- No, no, dimentica ciò che ho detto - si scusò lui - Avevo solo bisogno di scaricare la tensione -
Schwarz sbuffò con irritazione, decidendo saggiamente di sorvolare.
- Bene, procediamo con ordine - disse il chimico - Karol, togliti la camicia -
L'insegnante restò sorpreso.
- L-la... che? -
- La camicia! Sei sordo!? Toglitela e dammela! - disse, indicando la chiazza di sangue lasciata lì da Hillary - Se davvero è morta avvelenata, allora hai del veleno  addosso! Levala subito! -
A malincuore, Karol si ritrovò a separarsi dal suo capo preferito.
Notò che anche la cravatta presentava macchie, e si ritrovò costretto a rimuovere anch'essa.
Facendo attenzione a non toccare le parti infette, porse tutto tra le mani dell'Ultimate Chemist.
- Bene, adesso avrò bisogno di alcuni dei miei strumenti da lavoro -
- Dove sono? -
- Nella mia stanza, proprio qui davanti - disse, indicando la porta numero quattro - Fortunatamente non ci vorrà molto. Mi sbrigherò -
- Ottimo. Noi veniamo con te - fece Xavier, con calma.
Michael notò qualcosa, nel tono di Xavier. Una traccia di dubbio, forse, o un altro sentimento non positivo.
I due si squadrarono a vicenda.
L'Ultimate Chemist stava assumendo un'espressione furibonda.
- Non hai di meglio da fare che starmi appiccicato...? - chiese, infastidito - Abbiamo poco tempo -
- Allora datti una mossa, Mike. Ma io resto con te -
- Oh, davvero gentile, mio buon samaritano! - ribatté - E sentiamo, poi vorresti una confessione scritta di come ho ucciso Hillary!? -
- Michael, non puoi di certo impedirci di dubitare di te... - stavolta fu Karol, con voce più severa, a rispondere - La vittima è morta con del veleno... non lo definirei propriamente il tuo "campo d'azione", ma sai... -
Michael Schwarz piantò furiosamente il piede destro sul terreno.
- Ah, magnifico! MAGNIFICO! - gridò - Una persona muore avvelenata, e tutti sospettano il chimico! -
- Caro vecchio senso comune. Come dargli torto? - ironizzò Xavier.
- Oggi ti credi straordinariamente simpatico, vero? -
In quel momento, anche il nervosismo di Xavier venne a galla in maniera improvvisa.
Il suo unico occhio fulminò con un unico sguardo il volto di Michael.
Questi rimase momentaneamente paralizzato dalla paura.
- Datti una mossa, ho detto! Abbiamo poco tempo, ricordi!? - disse - Prima finiamo e prima potrai tornare a lagnarti di come tutti ti credono un assassino! Ora muoviti! -
- Bah... - sbuffò l'altro, dando cenno di resa - Ve ne pentirete... -
A Karol non piacque l'atmosfera venutasi a creare, ma non proferì ulteriormente parola.
La strategia di far andare tutti d'accordo era fallita dal principio; le opzioni dell'Ultimate Teacher si erano drasticamente ridotte a poche possibilità.
I tre si diressero in direzione della stanza di Michael, stranamente in silenzio.
Il chimico tirò fuori la chiave numerata e la fece girare con un suono secco e metallico.
Una camera perfettamente ordinata e pulita si mostrò agli occhi di Karol e Xavier, colpiti da quanto quella stanza fosse tenuta in modo assolutamente impeccabile.
Vi era una libreria in cui erano posti, più che tomi, ampolle di vetro e misurini in grande quantità.
La prima tappa di Michael fu proprio lì; afferrò alcuni contenitori ed una vaschetta di liquido sospetto.
Xavier notò poi una grossa teca di vetro sigillata posta vicino al letto; era certissimo di averla già vista da qualche altra parte.
Sforzando la propria memoria, ricordò di aver adocchiato qualcosa di simile in infermeria.
"Oh, sbaglio o Michael ha fatto razzia di medicinali, tempo fa?" ponderò lui.
Tutti i farmaci della scuola erano stati requisiti dall'Ultimate Chemist sotto il pretesto che potessero essere usati come veleni.
Le parole di Michael erano rimaste impresse nella mente di Xavier.
Quest'ultimo non riuscì a fare a meno di notare che vi erano numerosi flaconcini vuoti, alcuni contenenti solo tracce di polveri o liquidi vari; chiari segni che quelle sostanze erano state adoperate in qualche modo.
Non dicendo una parola, Xavier passò oltre.
Karol, nel frattempo, aveva controllato il bagno e il resto della stanza. Rientrò nella sala principale della camera dove ad attenderlo vi era un Michael Schwarz ancora più irritato.
- Finita la perquisizione? - chiese sarcastico.
- Io sono a posto - rispose Xavier.
- Sì... credo non ci sia altro da vedere - annuì Karol - Solo una cosa, Michael. Hai fatto esperimenti in camera tua? In bagno c'erano alcune ampolle lavate e messe ad asciugare -
Il ragazzo si sistemò gli occhiali sul naso.
- Tsk! Certo che sì! E' l'unico luogo che posso chiudere a chiave senza che nessuno abbia niente da ridire, dopotutto! -
- Non lo nego. E a che cosa stavi lavorando? -
- Ad un veleno per uccidervi tutti - disse, con una smorfia di scherno - Se anche ve lo dicessi non lo capireste nemmeno! Se proprio volete accusarmi, fatelo in tribunale! -
- Devi sempre rendere le cose difficili. Eh, Michael? - lo rimproverò Karol - Sembra quasi... come se la morte di Hillary non ti importasse... -
- Io non sono come te, Prof - sbottò lui, uscendo dalla stanza - Non riesco a provare empatia per una persona che, tra l'altro, mi odiava -
- Hillary era solo spaventata -
- Lo sono ANCHE IO! - ribatté lui - Ho una paura FOTTUTA che uno di voi mi farà la pelle, uno di questi giorni! E non venitemi a dire che è assurdo, perché dopo che quel maledetto doppiatore bonaccione ha assassinato ben DUE persone, io non mi aspetto niente di meglio da voi altri! Ma sai qual'è la differenza tra me e voi? IO non mi fido, e non mi fiderò MAI! Non commetterò errori, o passi falsi! Immaginerò sempre il peggio, e la mia cautela mi salverà la vita! -
- Io mi auguro che la tua amata "cautela" non sia invece la paranoia che ti scaverà la fossa, Mike - rispose Xavier.
Pur aspettandosi l'ennesimo battibecco, Karol notò che i due finirono semplicemente per ignorarsi a vicenda.
- Hai tutto ciò che ti serve? - chiese il detective.
- Tutto -
- Bene. Lavorerai al centro del piazzale; Karol, sorveglialo continuamente - ordinò all'insegnante - Non deve muovere un passo senza che tu te ne accorga. Intesi? -
L'insegnante disapprovò quel modo di fare con tutto se stesso.
- Xavier, mettere Michael in prigionia non ci aiuterà... -
- No, Prof, va bene così - sbottò Michael - Tanto comunque non avrei il tempo di andarmene a zonzo. Se resti con me almeno avrò una persona che potrà parlare in mia difesa -
Clouds si morse il labbro con forza, scacciando un'altra volta l'immagine di Hillary morente dalla propria testa.
- E sia... - disse - Ma non darmi motivo di dubitare ulteriormente di te... -
- Impossibile. Non potresti dubitare di me più di così, no? - l'ironia triste ma pungente di Michael mandò a segno un colpo ben assestato.
Xavier sperò con tutto se stesso che Karol sarebbe stato all'altezza del compito affidatogli.
L'insegnante atterrito e terrorizzato di pochi minuti prima aveva lasciato posto al solito Karol posato e paziente, ma con una profonda ombra che andava dilagandosi.
Un presagio preoccupante fece rabbrividire Xavier: Karol Clouds aveva un'aura completamente diversa rispetto a quella che aveva mostrato quella stessa mattina.
Qualcosa era cambiato, nell'Ultimate Teacher; qualcosa di imprecisato, impalpabile. Invisibile.
Xavier non sapeva di cosa si trattava, né di cosa gli stesse dando quell'impressione.
Glielo lesse semplicemente nello sguardo, negli occhi.
- Ci vediamo più tardi... - li salutò lui, dirigendosi verso la prossima destinazione.

 

   
 
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