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Autore: iamnotgoodwithnames    13/11/2017    4 recensioni
"Al cuore non si comanda, non c’ha mai creduto ai modi di dire, non li ha mai voluti prendere neppure in considerazione, assurde frasi dette, ripetute così tante volte, da così tante bocche diverse, da perdere significato; da diventare banali cliché.
Eppure, alla fine, c’è rimasto incastrato anche lui in uno stupido cliché.
Al cuore non si comanda, si ripete, cercando di perdersi nel buglio di sogni che non sono mai piacevoli, cercando di dimenticare che, suo malgrado, la sua intera vita, per colpa di due iridi d’un pungente azzurro cielo, è diventata un banalissimo, insopportabile, cliché."
[Theo x Liam][Introspettiva][Slow Build][Spoiler!6A][Slice Of Life][Missing Moments][OC][OFC x Greenberg / Mason x Corey]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Corey, Liam, Liam Dunbar, Mason, Nuovo personaggio, Theo Raeken
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Moonbeams Bonds'
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~ Chapter Twelve : I Overthink And Think Twice ~



Voleva aspettarlo, restare sveglia, attenderlo al rientro, ma evidentemente la stanchezza deve aver avuto la meglio su di lei ed Esmeralda si è ritrovata a crollare, la fronte poggiata agli avambracci, incrociati al bordo del tavolo, e le gambe distese al divano, rannicchiate ed intrecciate tra di loro, in una posa tanto innaturale che ora, massaggiandosi il retro del collo, rimpiange d’aver assunto; si è risvegliata di soprassalto, le ciglia ancora incastrate tra di loro e le labbra screpolate, quando la porta della roulotte si è richiusa lentamente alle spalle di Theo


“che ore sono?”


Chiede, la voce impastata dal sonno interrotto, uno sbadiglio camuffato dietro un tiepido sorriso assonnato, la chimera fruga tra le tasche dei jeans cercando il cellulare


“quasi le una”


Dice quando riesce a trovarlo e ad Esmeralda non sfugge l’ombra d’un sorriso, maldestramente camuffato dietro uno sbuffo, né sfuggono i capelli arruffati ed i vestiti stropicciati della chimera 


“serata movimentata?”


Nasconde un risolino furbo la castana, scostandosi ciocche dagli occhi, sistemandosi in una posa più comoda, stiracchiando le gambe indolenzite e Theo distoglie rapidamente lo sguardo


“allora – trascina le lettere con fare infantile Esme – com’è andata?”


Non ha bisogno di guardarla per sentire l’insistenza d’iridi nocciola indagare alla ricerca di dettagli che Theo non ha intenzione di fornirle, ma che, comunque, finirà per raccontarle, a volte sospetta che anche lei nasconda sovrannaturali segreti, possibile che riesca sempre a scucirgli parole dalle labbra serrate?


“okay, faccio da sola – ridacchia cristallina la castana, incrociando le gambe, la schiena ritta poggiata al divano – è andata bene, più che bene, ma…ti ha dato un pugno?”


Sì, deve avere decisamente qualche strano potere, se ne convince la chimera, perché si è pulito ogni minima traccia di sangue dal volto e non ha idea di come possa essere riuscita a scorgere residui che, ne è certo, non dovrebbero neppure esserci


“un po’ te lo sei meritato – schiocca al palato la castana, assottigliando lo sguardo, arrampicandosi allo schienale del divano per poter studiare meglio le micro espressione di Theo – ma almeno vi sarete baciati, presumo, forse avete fato anche altro, rabbia e passione eh?”

“come ci riesci?”


Esclama alla fine la chimera, sul serio è da mesi che se lo chiede, come diamine ci riesce, com’è possibile che Esme sembri sempre sapere la verità ancor prima che venga enunciata?
La giovane scrolla le spalle con fare ovvio, incastrando una ciocca dietro l’orecchio


“osservo, semplice deduzione Watson”

“allora posso anche non parlare, Sherlock”



Ribatte sarcastico Theo, spogliandosi dei vestiti, nel rigirarseli tra le dita nota qualche piccola traccia, macchie d’erba e fango, talmente insignificanti che gli pare ancora più impossibile che Esme possa essere riuscita a notarle, ma a quanto pare quella ragazza ha davvero una lente d’ingrandimento naturalmente incorporata alla vista


“è più divertente se me lo racconti – s’imbroncia infantilmente la castana, volgendo il busto alla chimera – e mi risparmi la fatica di dover andare per deduzioni...dai, per favore”


Intreccia le dita nella smorfia di una preghiera, fissando Theo intento nel sistemarsi la tuta sgualcita con cui è solito dormire, questa è un’altra di quelle cose strane che solo Esme sembra essere in grado di fare, da quando hanno cominciato a condividere la roulotte non l’ha mai vista indugiare sul suo aspetto, non è narcisismo, ma semplice consapevolezza e Theo sa, perfettamente, d’avere un aspetto alquanto attraente eppure Esmeralda non l’ha mai guardato, neppure per un singolo istante, nello stesso modo in cui la maggior parte della popolazione femminile e, spesso, anche maschile lo hanno guardato nel corso della vita; lei semplicemente lo guarda, perfettamente indifferente.

Non guarda il corpo, gli addominali, i bicipiti, Esme lo guarda fisso negli occhi, lo guarda al di là dell’aspetto e, a volte, Theo ne è persino segretamente terrorizzato; ha il timore che un giorno riuscirà a vedergli persino quell’anima sporca che con fatica ha nascosto per tutto questo tempo.
A volte pesano quegli occhi disinteressati che lo guardano come se fosse sempre stato lì, in quella roulotte, come se sia sempre stato parte di quella famiglia numerosa, come se sia un fratello ritrovato ed ha il sospetto che, infondo, Esme sappia già quanto nera sia la sua anima e, per qualche assurdo motivo, abbia scelto di non darvi alcun peso e, in fondo, è piacevole.

Essere guardato come un essere umano la cui vita possiede ancora un barlume di speranza, di valore, dopotutto è confortevole e Theo c’ha fatto l’abitudine; ci si è persino scavato un rifugio negli sguardi da sorella di Esme.
Forse, se non si fosse mai macchiato l’animo e le mani di sangue innocente, è questo quel che avrebbe potuto avere con Tara.


“Theo?”


Lo richiama la castana, inclinando appena il capo, la voce vibra d’impercettibile preoccupazione e la chimera sbatte le palpebre, focalizzando l’attenzione al volto della giovane che sussurra un tenue


“va tutto bene?”


Cosa succederebbe se le rivelasse la verità, quell’unica verità, che forse ancora le sfugge? 
Cosa succederebbe se fosse completamente, totalmente, sincero con lei?
Se soltanto a lei concedesse la possibilità di vederlo, vederlo davvero, oltre ogni maschera, inganno e finzione?
Preferisce non avere risposta a nessuna delle domande, preferisce restare così, in bilico, nella sicurezza che si è creato 


“ehi Watson, so dedurre, ma non leggere tra i pensieri – ironizza la castana, poggiando i gomiti al bordo dello schienale, il mento sorretto tra i palmi – non sono il professor Xavier, se vuoi…non ti giudicherò, lo sai, al massimo ti insulterò un po’, soprattutto se sei scappato, di nuovo”


Riesce a scucirgli un sorriso tirato, visibilmente incerto, e per un’istante Theo si convince che, forse, a lei potrebbe davvero raccontare ogni terribile azione di cui si è macchiato le mani  e non essere odiato comunque, forse lei sarebbe davvero così folle da riuscire a guardare oltre ciò che un tempo è stato; infondo lo accolse e lo aiutò quando ancora non sapeva neppure quale fosse il suo nome


“non sono scappato”


Soffia camuffando un sorriso sghembo la chimera, distendendosi al materasso, gli avambracci intrecciati dietro alla nuca poggiata alle lamine di freddo ferro rivestito della roulotte


“com'è andata allora? – chiede Esme che, a quanto pare, è incredibilmente abile nel leggere emozioni inespresse, avanzando rapida sino al letto – va più in là”


Lo scaccia infantilmente gettandosi al materasso con la medesima grazia d’un elefante che si tuffa da un trampolino, com’è possibile che un corpo tanto minuto possa creare così tante confusione si dice Theo spostandosi a sinistra, lasciandole un ampio spazio al fianco che la castana occupa puntellando il gomito al cuscino, inclinando il capo in quell’espressione, una smorfia concentrata, che assume ogni volta che vuol cercare di scavare tra i silenzi di Theo


“avevi macchie di fango tra i jeans e sono piuttosto certa ti abbia tirato un pugno – ridacchia Esme – o mi dici che c’ho preso oppure continuo a parlare per supposizioni finché non ti sfinisco e sappiamo entrambi che ci riuscirò, molto presto”


Schiocca la lingua al palato con assoluta certezza, incastrando il braccio sotto la nuca, la chimera inspira, sollevando le sopracciglia, annuendo impercettibilmente, ha ragione, ci riesce sempre, tanto vale parlare si dice


“sì, mi ha tirato un pugno – ammette, lanciando un’occhiata in tralice alla castana – non capisco come tu ci riesca, ma è successo”

“non ti sei pulito bene dal sangue – chiarisce semplicemente la giovane, l’indice volteggia a mezz’aria, indicandogli il naso – e…poi? Lo avete…sì, insomma…avete…eh?”


A Theo fanno quasi sorridere le smorfie imbarazzate che plasmano il volto di Esme, vorrebbe quasi risponderle di sì, per il gusto di vederla arrossire e poi squittire come uno scoiattolo sotto effetto d’allucinogeni dalla gioia, perché è certo che quella sarà la sua reazione e la cosa lo diverte, è teneramente infantile e, se non avesse ormai da tempo accettato il nuovo lato, più umano, di sé, penserebbe di essere completamente uscito di testa; ma da quando ha incontrato Esmeralda ha lentamente cominciato a divenire consapevole d’ogni minimo cambiamento che l’inferno ha contribuito a generare e non tutti sono negativi


“no – dice invece, l’ombra di un sorriso smaliziato a dischiudergli le labbra – ma avremmo potuto”

“cazzo, non te ne sarai mica andato sul più bello?”


È un rimprovero, la chimera può leggerlo nel tono esterrefatto e vagamente esasperato della giovane, si passa una mano tra i capelli, scostandosi alcune ciocche che ne ricadono alla fronte


“innocente – sbuffa, è ancora infastidito dalla prematura e brusca interruzione avvenuta solo pochi minuti prima – l’hanno chiamato, è dovuto andare di corsa”

“fanculo – esclama tra i denti Esme, sollevando appena il capo, le iridi nocciola brillano di genuina serenità – ma almeno adesso non hai più scuse, dovete vedervi di nuovo, prendi il telefono”


Gli ordina e Theo, deve ammetterlo, comincia a sospettare sempre di più che quella figura minuta, se soltanto lo volesse, potrebbe uccidere qualcuno rivolgendogli il giusto sguardo, c’è una tenue minaccia che si nasconde dietro quegli occhi di cioccolata, una minaccia che la chimera non sente la necessità di scoprire, sospira teatralmente afferrando il cellulare dalla tasca della tuta stropicciata, restando in attesa a fissare i cristalli liquidi dello schermo accecarlo


“non ti consiglierò di augurargli la buonanotte, non sei decisamente il tipo – a quanto pare Esme lo conosce meglio di quel che crede, si sistema al cuscino la castana, battendo la lingua ai denti – digli quel che vuoi, basta che gli lasci capire che vuoi rivederlo perché tu vuoi farlo”

“credo di s…”

“Theo non era una domanda – ridacchia cristallina la castana, rannicchiando le ginocchia al petto, armeggiando con le coperte – so che vuoi farlo, adesso scrivigli quel che ti pare e poi spegni la luce per favore, sto crollando dal sonno”


Conclude infine, riuscendo nel difficile compito d’infilarsi sotto le coperte, allungando nuovamente le gambe ed aggiustandosi al materasso, chiudendo già gli occhi e Theo, può scommetterci, è certo che tra qualche minuto dormirà come una bambina serena.
Scuote il capo ritrovandosi a sorridere, mai avrebbe immaginato di poter essere tanto umano, non lui che l’umanità era certo di non averne mai posseduta o di averla svenduta in cambio d’un effimero potere che, alla fine, non era neppure riuscito ad ottenere; forse Esme ha davvero qualche strana capacità, una specie d’influenza positiva, qualcosa che lo aiuta a lasciar emergere il meglio di sé, quel meglio che non credeva neanche di avere.

Sfiora lo schermo del cellulare, picchiettando parole incerte, cancellando e ricomponendo un messaggio che non sa davvero come scrivere, decidendo infine di essere semplicemente quel che è


 
“la prossima volta spegni il cellulare Dunbar, non mi piace essere interrotto”


Nell’attesa che il messaggio giunga a destinazione Theo si dice che, se Liam non aveva già il sospetto che fosse un perfetto idiota quelle parole possono decisamente esserene la conferma, dannazione poteva scrivere qualcosa di meno arrogante, ma chi vuol prendere in giro, non ci sarebbe riuscito neppure se avesse cercato su google come poterlo fare.
Al diavolo, si dice, cercando di scivolare cautamente tra le coperte, facendo attenzione a non svegliare la già dormiente Esmeralda, quanto meno è stato chiaro, ci sarà una prossima volta, la vuole, diamine se la vuole. 

 
 
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
 

“la prossima volta spegni il cellulare Dunbar, non mi piace essere interrotto”


No, la prossima volta si ricorderà di dovergli rompergli il setto nasale almeno altre due volte prima di lasciarlo parlare.

È già sufficientemente imbarazzante essere stati interrotti dalle grida, decisamente isteriche, di sua madre che urlava in un misto confusionario, tra il preoccupato e l’irato, una sequenza di imprecazioni e plausibili punizioni per il semplice motivo che Liam, da bravo adolescente, si era dimenticato di avvertirla che avrebbe ritardato, a dire il vero non le aveva neppure detto che sarebbe uscito.
Come se tutto questo non fosse bastato a farlo avvampare di vergogna c'ha pensato il risolino di Theo, un ghigno sfacciato, e, probabilmente, gli zigomi dovevano aver assunto il colore di pomodori molto maturi, decisamente maturi se si aggiunge il piccolo dettaglio che lo stronzo stava ridendo di Liam mentre si aggiustava, con assoluta disinvoltura, la lampo dei jeans.

E adesso questo, il messaggio che il mannaro inserirà nella sua nuovissima e personale classifica dei cento motivi per cui Theo Raeken è una testa di cazzo e Liam Dunbar un dannato idiota; una lista che probabilmente dovrà persino allungare perché sospetta già che cento motivazioni non siano abbastanza.


“vaffanculo Raeken, la prossima volta non ti darò neppure il tempo di guarire prima di fratturarti il naso, di nuovo”


Digita così rapido, inviando così freneticamente quel messaggio al mittente che ci riflette solo poi, dopo minuti trascorsi a fissare le sue stesse parole lampeggiare tra i cristalli liquidi, di aver implicitamente ammesso che ci sarà una prossima volta.

Primo motivo per cui Liam Dunbar è un idiota : non si sofferma a riflettere, non ne è in grado.

È evidente, se lo fosse non si sarebbe mai lasciato trascinare in una simile situazione, a torturarsi la mente per quello che, neppure troppo tempo fa, era stato il nemico pubblico numero uno del suo branco e che, non lo ha dimenticato, lo ha semplicemente accantonato in un angolo per motivi sconosciuti, lo ha quasi portato ad uccidere il suo stesso alpha; manipolandolo.

E cos’ha fatto Liam?

Lo ha tirato fuori da qualsiasi posto Kira l’avesse rinchiuso, lo ha persino ospitato in casa sua e si è lasciato intossicare da qualche strano incantesimo, perché è indubbiamente così che è andata, Theo deve avergli fatto qualcosa, qualcosa che Liam non riesce a capire, qualcosa che riporta ogni pensieri, tutta l’attenzione, ogni singola cellula del corpo del mannaro alla chimera.
Qualcosa che lo ha spinto, pochi minuti prima, a provare l’irrefrenabile desiderio di mandare al diavolo, per una volta, sua madre, che è la donna che lo ha messo al mondo, che adora e che proteggerebbe persino dalla naturale morte, perché la voglia di staccarsi dalle labbra della chimera, di allontanare le mani di Theo, incastrate tra i suoi capelli, era decisamente scarsa; anzi assente per essere precisi.

E se questo non è un qualche genere di strano incantesimo, allora significa che Liam è davvero un idiota e, alla fine, c’è cascato, il suo peggior sospetto si è tramutato in verità, innegabile verità, Liam Dunbar è caduto in un buco, metaforico questa volta, che ha un nome ed una spiegazione che, in tutta onesta, preferirebbe evitare ripetersi.

Sbuffa rumorosamente, gettando il cellulare al comodino, lasciandosi cadere al materasso che cigola sotto al peso del mannaro


“vaffanculo Raeken”


Soffia tra le labbra dischiuse, se potesse osservarsi noterebbe l’ombra di un sorriso increspargli gli angoli della bocca e, molto probabilmente, si prenderebbe a schiaffi da solo, ma infondo è spontaneo istinto, del resto, per quanto Liam si sia sforzato di negarselo, è da quella fatidica notte in cui le labbra di Theo si scontrarono con le sue che non ha mai smesso, neppure per un istante, di chiedersi come sarebbe stato andare oltre, approfondire il bacio, gettare a terra i vestiti ed approfittare del letto.

E questa sera, finalmente grida una vocina nascosta da qualche parte nella mente del mannaro a cui Liam prova a non dare ascolto, l’immaginazione è stata messa da parte e la realtà l’ha colpito in pieno, così forte che gli rimbomba ancora il cuore nel petto, e la lucidità è andata a farsi una passeggiata nel bosco lasciandolo lì, in balia di desideri repressi e labbra incredibilmente soffici.

La fortuna per Liam è stata che Theo, a quanto pare, era forse persino più impaziente di lui e lo stupore, per il mannaro, è stato scoprirsi incredibilmente audace.

Ha ignorato il sangue, conseguenza delle sue stesse azioni e della rabbia, la radura e la remota, ma plausibile comunque, possibilità che qualcuno potesse vederli ed ha lasciato che le sue mani agissero, prima ancora che la mente potesse riuscire a formulare barlumi di pensieri vagamente lucidi, nel battito di ciglia i jeans di entrambi sono scivolati lungo i fianchi, fermandosi oltre le ginocchia, le dita del mannaro non hanno indugiato, dimenticando ogni minima traccia di pudore hanno accarezzato il membro eretto della chimera, stringendosi poi delicate, in un lento su e giù che Theo, a giudicare dai mugugni soffiati nell’incavo del collo di Liam, deve aver gradito al punto da decidere di imitarne i gesti.

E al mannaro il paradiso non è mai sembrato tanto vicino e gli sarebbe bastato anche questo per potersi considerare la persona più felice, se non del mondo, di tutta l’America, ma poi il paradiso lo ha visto, nella penombra rischiarata da lievi raggi lunari, l’ha visto chiaramente, l'ha sentito su pelle, ad ogni tocco, ad ogni carezza e, fluttuando in una nuvola di pura estasi, in paradiso c’è entrato non appena quelle labbra dannatamente carnose gli hanno avvolto la superficie, già umida, dell’intimità e la ruvida lingua di Theo si è soffermata a degustare ogni singolo centimetro di pelle.

In paradiso Liam, poi, ci si è perso, aggrappandosi con forza alle sbarre, rifiutandosi di uscirne, quando la chimera, senza battere ciglio, senza neppure dargli tempo d’essere avvertita, si è riempita la bocca di sperma, ingollando senza esitare, quando Liam è riuscito a riaprire gli occhi un’ondata d’improvvisa pudica vergogna l’ha invaso, mentre le iridi glauche di Theo lo fissavano smaliziato, leccandosi le labbra come se avesse appena assaporato il più delizioso dei nettari.

Ed in quel preciso istante, ormai rimpiombato a terra, Liam ha mandato a quel paese ogni vergogna, ogni timore, ogni dannato dubbio ed ha afferrato, letteralmente, il momento; sfruttando quel poco che aveva avuto modo di apprendere in una calda estate di molti anni prima.

Ha ignorato lo sguardo titubante di Theo, che sembrava volergli chiedere se ne era sicuro, che nessuno lo costringeva a farlo, né ha azzittite le inespresse parole baciandolo con una tale foga da capovolgere la situazione e ricadergli sopra, approfittandone rapidamente per sfilargli i boxer e avvolgere, con studiata lentezza, l’erezione della chimera tra le umide labbra.

E se le invocazioni ad un ipotetico Dio, il respiro affannato, il rimbombare del cuore della chimera nei timpani di Liam non hanno mentito allora Theo deve aver apprezzato, più di quanto il mannaro immaginasse, quel maldestro tentativo di emulare la maestria dimostrata poco prima.

Molto probabilmente, se sua madre non l’avesse chiamato, Liam si sarebbe anche concesso molto volentieri ad una seconda sessione, ben più approfondita, ma è risaputo che le madri è meglio non farle alterare mai troppo, più pericolose di qualsiasi creatura sovrannaturale, quanto meno non ha lasciato incompleta l’opera; il retrogusto del sapore di Theo al palato ne è la conferma definitiva.
Non era un sogno, neppure nel migliore dei suoi sogni lucidi il mannaro sarebbe stato in grado di provare un tale piacere da esserne completamente inebriato, ancora adesso, a distanza di minuti.

Al diavolo, si dice rigirandosi tra le lenzuola, armeggiando al comodino


 
“domani sera, da me, alle otto”


Digita sintetico, ignorando l’ora tarda e la stanchezza che ne appesantisce le palpebre.

Motivo numero due da aggiungere alla lista : non si sente minimante in colpa.

Perché, non importa cosa dirà il branco, quando e se sapranno, Liam Dunbar non ha alcuna intenzione di rinunciare, né spezzare o far cessare in alcun modo, qualsiasi genere d’incantesimo Theo Raeken eserciti su di lui; l’inferno non è mai stato così dannatamente paradisiaco. 


 

 
Salutate Craig e Tweek che sono adorabili e trovavo particolarmenti adatti per questa storia. 

Ringrazio tutti i silenziosi lettori e coloro che hanno aggiunto tra preferite/seguite/ricordate questa roba qui, un grazie enorme anche alle splendide recensioni; che fa sempre piacere leggere. 

Spero che il capitolo non vi abbia né deluso, né annoiato troppo e che i personaggi risultino ancora un pochino IC. 

Grazie ancora a tutti, 
alla prossima 
   
 
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