Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Rosmary    20/11/2017    10 recensioni
(Questa storia partecipa come edita al contest Chi ben comincia è a metà del prologo indetto da BessieB sul forum di EFP)
È il primo Natale dalla fine della seconda guerra magica: un'eredità inaspettata regalerà ai protagonisti un rifugio lontano dagli odori insopportabili della morte, in cui ogni cosa sembra divenire nuova e possibile.
"Hermione delle volte pensava che vi fosse qualcosa di profondamente sbagliato in quel bisogno, ma spaventata allontanava il pensiero da sé all’istante e s’imponeva di dimenticarlo."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Fred Weasley, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger, Ron/Hermione
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dedicato a tutti coloro che, malgrado le attese, ancora credono in questa storia e nella mia scrittura. Grazie di tutto ❤


 

III
Seguitavano a errare, eppure fuggivano loro stessi


 

Non c’è nulla che tu possa fare, nulla.”
Invece sì, io posso, io devo… io...”

Bugiarda.”
No!”
Bugiarda.”

~

 

“NO!”

Il respiro in affanno, il cuore impazzito, le pupille dilatate – un incubo. Hermione annaspava seduta sul proprio letto, con la schiena involontariamente curvata in avanti e i palmi appiccicati alle tempie. Ginny, svegliata dall’urlo dell’amica, era scattata a sedere a sua volta e fissava Hermione con apprensione, indecisa se avvicinarsi o meno.
Era la terza notte di seguito che un incubo mandava in rovina il riposo notturno delle due streghe e, malgrado le insistenze di Ginny, Hermione non le aveva raccontato neanche uno stralcio di quel sogno molesto, ma si era preoccupata di convincerla a insonorizzare la stanza per evitare di svegliare anche gli altri ospiti della baita.

“Questa notte mi dirai cos’hai sognato?”

“Ginny, ti prego...”

“Ron lo sa?”

“No.”

“Harry?”

“No.”

Ginny sospirò amareggiata. “Posso fare qualcosa per te?”

“Non farmi domande.”

La giovane Weasley ingoiò il disappunto e tornò supina. Non aveva intenzione di forzare l’amica, ma quella situazione era strana oltre che destabilizzante: dalla notte di Natale Hermione era cambiata, era taciturna, pensierosa, colpevole e insonne. Per quanto Ginny ripetesse a se stessa che tre giorni di malumore fossero ben poca cosa, non riusciva a ignorare una pressante sensazione di sventura – come se, d’un tratto, la lieta atmosfera natalizia fosse stata risucchiata via da qualcosa di indefinito, e nessuno a parte lei sembrava rendersene conto. Ron e Harry, complice il perenne baccano che popolava la baita, non avevano prestato la giusta attenzione allo sguardo cupo di Hermione né credevano che le timide occhiaie potessero essere causate da qualcosa di diverso dallo studio.
Tuttavia, per quanto Ginny fosse una buona osservatrice, non era riuscita a cogliere quanto anche Fred fosse stato diverso in quei tre giorni. Non aveva incubi a tormentarlo, ma lo sguardo incupito e l’atteggiamento astioso nei confronti di George erano segnali che chiunque avrebbe potuto captare – peccato che nessuno avesse la forza né la voglia di rintracciare il buio impigliato nelle luci di Natale.


 

Sei completamente impazzito.”

Posso spiegarti.”

Fred, non devi spiegare, devi troncare. Ora.”

George, io non prendo ordini neanche da te, questo lo sai.”

E tu sai che stai facendo una grandissima cazzata.”

Con la vecchiaia hai scoperto di avere una coscienza?”

Scoparsi la ragazza di nostro fratello è troppo anche per uno di noi due. E lo sai.


 

Quante volte aveva discusso con George in quei tre giorni? Troppe. Buttò giù un altro sorso del whisky incendiario che per anni era stato custodito gelosamente nella dispensa e indirizzò lo sguardo chiaro dinanzi a sé, ritrovandosi a fissare la parete odiosamente giallognola di zia Muriel. Con una smorfia di disappunto nei riguardi della parete, del whisky e di se stesso, bevve ancora – in quel momento, avrebbe desiderato essere astemio e andare in tilt con un goccio di liquore.
Lì in salotto, stravaccato sul divano in piena notte, Fred ignorava che Hermione, due piani più su, fosse stata svegliata da un incubo che aveva lui come protagonista. Né avrebbe dovuto interessargli, George aveva ragione: lui doveva stare alla larga dalla fidanzata di Ron.
In verità, contrariamente a quanto credeva lo stesso George, a eccezione di quel bacio irragionevole, non l’aveva sfiorata né lei sembrava essere disponibile a intrattenersi ancora con lui; anzi, da quella notte era stata bravissima a ignorarlo e a negargli persino un buongiorno. Un atteggiamento che faceva imbestialire la parte più istintiva di lui e che rasserenava quella più razionale.
Tuttavia, in quelle trentasei ore non erano mancati momenti in cui Fred avrebbe voluto strattonare Hermione contro di sé e darle dell’ipocrita – perché stai con lui se è così palese che vuoi me?, una domanda che aveva dovuto ingoiare più e più volte. Non che fosse una persona cattiva, al contrario: Fred Weasley era una gran brava persona; peccato che fosse anche molto giovane, molto irruento, molto irrazionale e decisamente incapace di adattarsi alle regole del buon costume – a lui della morale della gente non importava niente, l’unica morale cui era disposto a concedere credito era la propria, fatto che in quella circostanza rappresentava un problema di proporzioni gigantesche, dato che per la morale della gente era inammissibile essere attratti dalla fidanzata di un fratello, mentre per la sua morale era solo successo e ad essere inammissibile era che Hermione mentisse a Ron e respingesse lui.

La testa, quella gli scoppiava.

Strinse le tempie tra medio e pollice sperando che smettessero di pulsare. Non ricordava di aver mai patito così tanto per una situazione sentimentale né in realtà ricordava di averla mai vissuta, una situazione sentimentale. E anche quella volta non poteva fare a meno di etichettare come attrazione il tumulto di sensazioni ed emozioni che lo travolgevano quando era con Hermione – innamorato no, mai, fuori discussione.

“Non sapevo fossi anche un alcolizzato.”

Quelle parole colsero del tutto alla sprovvista Fred, che sobbalzò e rovesciò qualche goccia di whisky sul pregiato tappeto ai propri piedi.

“E distratto, aggiungo.”

“Io invece sapevo benissimo che fossi una ficcanaso rompiboccini, pensa un po’.”

Hermione distolse lo sguardo da lui infastidita e a disagio, dandosi della stupida per aver deciso di palesarsi quando aveva capito che quello seduto sul divano fosse proprio Fred.

“Che ci fai qui?” chiese lui.

“Dobbiamo parlare,” disse invece lei.

“In piena notte? No, grazie.”

“In pieno giorno non possiamo.”

“Hai ragione, sei troppo impegnata a fingere che non esista.”

“Non essere infantile.”

“E tu non essere scocciante.”

“Fred, per favore...”

“Hermione, sul serio, non dobbiamo parlare di niente. Sta’ tranquilla, io ho già dimenticato tutto, puoi comportarti con me come facevi prima, non devi preoccuparti di niente.”

Se l’avesse schiaffeggiata, probabilmente le avrebbe causato meno dolore. Hermione capì solo in quell’istante, al cospetto dell’indifferenza altrui, quanto ascendente lui avesse su di lei; erano state sufficienti poche parole e uno sguardo di sufficienza per farle avvertire dei crampi allo stomaco e un forte cerchio alla testa – che si fosse ammalata di lui?
Fred chiuse la bottiglia e si tirò su dal divano. Per un attimo Hermione s’illuse che volesse avvicinarsi a lei, invece lo vide riporre la bottiglia di whisky nella dispensa e dirigersi al piano superiore senza degnarla di uno sguardo né di un saluto – indifferente, ancora.
Rimasta sola, s’accasciò contro la parete giallognola e coprì il volto con le mani, immune al freddo e ai crampi sempre più acuti. Era stata così sciocca e illogica a cercarlo quella notte, a porgli quella domanda e a baciarlo con spregiudicata irruenza; tra le sue braccia, stretta a lui, s’era sentita giusta. Il senso di colpa nei confronti di Ron l’aveva investita nell’immediato, non appena i passi di George li avevano costretti a separarsi. Rifugiatasi a letto, aveva pianto come non le accadeva da mesi, singhiozzando contro il cuscino, nascondendo la testa sotto la coperta di lana. Ma le lacrime non avevano lavato via le colpe né i ricordi peccaminosi di quegli irrisori momenti, e una parte di lei era fermamente convinta che neanche il tempo avrebbe rimesso le cose al loro posto, perché era andato tutto in pezzi: la sua presunta alta moralità, il suo millantato amore per Ron, il suo futuro certo, l’onestà dei suoi sentimenti… in pezzi. Pezzi che però sembravano avere un incastro tutto loro: Fred – s’era allora chiesta se l’amore potesse essere immorale e la risposta cui era arrivata non l’era piaciuta affatto.

Dormire, doveva solo dormire.

*

“Tesoro, cosa sono quelle occhiaie?”

“Io ho sempre le occhiaie, mamma.”

Jean rivolse uno sguardo di ammonimento alla figlia, che sbuffò e uscì dal bagno dove la madre, appena terminato il pranzo, le aveva chiesto di seguirla. Non aveva nessuna intenzione di confidarsi né con i genitori né con nessun altro, quell’infamante segreto doveva tormentare soltanto lei.
Con la voglia di mettere più distanza possibile tra sé e l’intuito ficcanaso della madre, seguì il vociare della baita e raggiunse i ragazzi in cucina; lì adocchiò Harry e Ginny giocare a scacchi, Charlie e George tormentare Percy con battute di dubbio gusto sulla sua prestanza fisica e, più appartati, Ron e Fred confabulare.

“Hermione,” chiamò Ron con un gran sorriso.

Hermione si sforzò di sorridere e si avvicinò al ragazzo. Non appena gli fu vicina, Ron allungò il braccio per circondarle la vita, l’attirò a sé e le stampò un bacio sulle labbra. Erano piccoli gesti affettuosi che non mancavano mai tra loro, eppure Hermione quella volta percepì un forte imbarazzo – sapeva che Fred li stava guardando e quando sollevò controvoglia lo sguardo arrossì di colpo dinanzi a degli occhi inquisitori e a delle labbra mute. Lo vide deglutire e si chiese per quale motivo sembrasse addirittura geloso, dopotutto era stato lui a scaricarle addosso tutta la propria indifferenza.

“Che avete?” chiese Ron, resosi conto della tensione tra i due.

“Cosa dobbiamo avere, Ronnie?!” domandò retorico Fred.

“Di cosa parlavate?” domandò invece Hermione.

Ron s’illuminò e, accantonata la perplessità, le mostrò la pergamena che aveva tra le mani. “Guarda qui! Ho inventato un nuovo tipo di merendina marinara!”

“Oh, è fantastico, Ron.”

“Non devi dirlo per farmi contento, so cosa pensi delle merendine di Fred e George, però sono orgoglioso di me stesso!”

“E cosa penseresti delle merendine mie e di George?” s’intromise Fred.

“Che sono roba illegale, schifezze… lo sai lei com’è,” considerò Ron distrattamente, rileggendo il procedimento.

Hermione avvampò ancora di più quando si avvide delle sopracciglia inarcate di Fred e della sua espressione divertita.

“In effetti non lo so com’è, ora che ci penso,” disse Fred al fratello. “Non sai mai cosa può piacere alla Granger!”

“Concordo in pieno, fratello. Sembrava tanto intelligente e abbiamo scoperto che le piace Ronnie!” intervenne George dall’altro lato della cucina, facendo ridere tutti di gusto – tutti eccetto Hermione e Fred, colpiti in pieno dalla pungente stoccata di George Weasley.

Hermione, certa di non essere a proprio agio neanche lì, rivolse un’involontaria occhiata di biasimo a George, rubò i dolcetti di Percy e si diresse a passo di marcia in camera propria, non prima di aver dato un bacio a Ron e giustificato la propria fuga con delle traduzioni di Rune arretrate.
Aveva quasi raggiunto la stanza, poteva sentire l’eco del chiacchiericcio di sua madre e Molly, quando delle dita si strinsero attorno al suo polso.

“Per la cronaca, il fatto che tu abbia traduzioni arretrate è una scusa poco convincente.”

“Per la cronaca, non sono affari tuoi.”

S’era divincolata senza voltarsi ed era entrata in camera, sperando che lui non la seguisse. Invece eccolo infilarsi nella stanza e chiudere la porta.

“Perché mi hai seguita?”

Fred ghignò. “Cosa te ne fai di tutti questi perché?”

“Tu non sei sano di mente,” considerò Hermione, ripensando alla freddezza del ragazzo di quella stessa notte.

“Non ho mai detto di avere dei difetti.”

“Non essere sano di mente è un difetto, Fred.”

“È questo il tuo problema, Hermione, guardi tutto dal punto di vista sbagliato.”

Era pronta a ribattere, ma le braccia di lui che l’abbracciavano e la sua bocca che la baciava azzerarono tutto. Lei dimenticò qualsiasi cosa dovesse dirgli e ricambiò ogni suo gesto, stringendosi a lui come era accaduto quattro giorni addietro.
Abituata all’istinto impacciato di Ron, boccheggiò sorpresa quando percepì le labbra di Fred saggiare la pelle del proprio collo e il suo corpo spingerla sul letto più vicino. Cadde con tanta irruenza che le sembrò di cozzare contro la pietra anziché cascare su un materasso, eppure non era il dolore ad animarla, ma delle forti scariche di elettrica adrenalina. Fred, a cavalcioni su di lei, non le dava tregua: tra baci e audaci carezze, sembrava intenzionato a imprimersi dentro di lei per sempre.

“Fred,” chiamò, “Fred,” ripeté negandosi alle sue labbra e cercando di spingerlo via.

“Cosa c’è?”

Hermione non rispose, si limitò a fissarlo, agguantando quei residui di autocontrollo che le avevano concesso il lusso di vincere l’attrazione e respingerlo. Lui la guardò e la vide col viso arrossato, gli indumenti stropicciati, i capelli stravolti e le labbra rosse. Sgranò gli occhi e guardò anche se stesso, a cavalcioni su di lei e con le dita ad artigliarle i fianchi. Nauseato da se stesso, si sollevò immediatamente, sistemando controvoglia la propria camicia semiaperta; le diede le spalle, incapace di incrociarne lo sguardo certamente allucinato e disorientato.
Non avrebbe voluto tramutarsi in una sorta di animale privo di senno, ma vederla con Ron aveva risvegliato una gelosia latente, che da troppi mesi teneva a bada. Forse aveva ragione Hermione e lui non era sano di mente, o forse aveva ragione lui e quella a non essere sana di mente era proprio Hermione, che più di lui si ostinava a portare avanti una farsa.
Fred Weasley detestava non seguire i propri istinti, a suo avviso razionalizzare persino i sentimenti era l’immorale passaporto per l’infelicità. Tuttavia, per amore del fratello aveva tentato, e ancora tentava, di reprimere la sua indole ed era proprio questo sforzo a farlo apparire del tutto fuori di testa quando, sordo alla logica, rispondeva ai richiami della propria natura indolente.

“Cosa ti è preso?” domandò roca Hermione.

“E a te?” chiese lui di rimando, ancora voltato.

“Perché mi hai seguita?”

“Perché non mi hai fermato?”

“Mi seguirai ancora?”

“Mi fermerai mai?”

“Fred, insomma, rispondimi!”

“Miss Granger, sei tu quella che ha la risposta per ogni domanda, da sempre.”

Hermione non avrebbe creduto di sorridere in una circostanza simile, eppure si ritrovò a scuotere il capo divertita, con gli occhi lucidi di lacrime che sapevano di eccitazione, rimpianto e colpa. Fred allora si voltò e sorrise sghembo, sedendosi accanto a lei e dandole un buffetto sulla testa. Tra loro, se ne resero conto entrambi in quel momento, c’era sempre stata una tensione fatta di malizia e contrarietà – incontri e scontri – che nel tempo, a loro insaputa, s’era nutrita di ogni sguardo e parola, divenendo un’attrazione tanto sbagliata da essere assolutamente desiderabile e irresistibile, soprattutto per un’anima ribelle come Fred, abituato ad avere tutto e a non rimpiangere niente. Quei giorni di convivenza forzata avevano fatto esplodere tutta la tensione che, lenta, s’era alimentata nel tempo – la vicinanza li aveva messi a nudo.

“Hermione? Hermione, vieni a guardare la televisione? Papà e tuo padre l’hanno comprata ora al paese, dicono che sia una bella cosa!”

La voce e i passi di Ron, provenienti dal corridoio e chiaro segnale che il ragazzo si stesse avvicinando, allarmarono sia Fred che Hermione. Lei serrò istintivamente la porta con la magia, mentre lui balzò di nuovo in piedi e fissò indeciso la porta.

“Devi andartene, per favore,” sussurrò lei.

Fred non tardò a smaterializzarli, ma Hermione poté vedere con chiarezza la contrarietà balenata in quelle iridi chiare.
Quando, pochi minuti dopo, si ritrovarono tutti in salotto dinanzi al televisore che un orgoglioso Arthur aveva messo in funzione, Hermione seduta tra Ron e Harry si sentì a disagio: per la prima volta in vita sua, pensò che quello non fosse il suo posto, non più. Poco lontano da lei, Fred fingeva indifferenza, ma dentro di sé aleggiava lo stesso pensiero: lei, , era sbagliata. Nonostante questo, entrambi recitarono la propria parte e s’interessarono ai programmi televisivi che divertivano tanto il signor Weasley, eccitato come un bambino dinanzi a Babbo Natale – Percy storse più e più volte le labbra, chiedendosi per quale ragione dovessero trascorrere un pomeriggio così babbano quando avrebbero potuto intrattenere interessanti conversazioni sulle nuove politiche ministeriali; ovviamente, nessuno dei fratelli perse la ghiotta occasione di schernire i suoi borbottii insofferenti.
Fu proprio approfittando di una battuta di Ron sulla, a suo avviso, depressione da ferie di Percy che Hermione sgattaiolò nuovamente via, questa volta prediligendo l’esterno innevato della baita, dove solo qualche giorno prima avevano giocato con la neve e lei era cascata su Fred – si chiese se avesse iniziato a inciampare in lui solo dopo la guerra o da sempre, ma neanche questa risposta le piacque.

“Disturbo?”

“No.”

Harry le sorrise e le porse una tazza di cioccolata calda. “L’ha preparata Ginny,” spiegò, “dice che ti ha messo tanto zucchero, come piace a te.”

Hermione accettò la cioccolata intenerita da tanta premura. “Quando non affattura, Ginny è molto dolce,” scherzò.

“Puoi dirlo forte!” si accodò Harry. “Cosa ti succede?” chiese a bruciapelo, guardandola dritto negli occhi.

“Sono confusa,” ammise, conscia che mentirgli sarebbe stato inutile. Harry la conosceva benissimo e l’aveva già vista a pezzi. “Molto confusa.”

“Non puoi controllare tutto, Hermione, non può farlo nessuno, neanche tu. E tu sei decisamente la persona più brillante che io conosca.”

Il sorriso buono di Harry riuscì a rasserenarla. Forse aveva intuito tutto, forse qualcosa, forse niente, eppure era lì a darle il proprio appoggio, senza giudicarla. Una parte di lei si sentì in colpa anche per quello – quante volte aveva giudicato la condotta e le scelte di Harry? Tante. Sempre sicura di essere nel giusto, di sapere cosa fosse sbagliato, di sapere ogni cosa – che sciocca.

“Grazie, Harry, di tutto.”

*

I pochi giorni che separavano gli abitanti della baita dall’ultimo giorno dell’anno erano trascorsi molto rapidamente. I genitori di Hermione e dei ragazzi Weasley erano molto affiatati tra loro e sempre più spesso avevano lasciato i figli soli per recarsi in paese o per fare piacevoli passeggiate; i Granger erano curiosi di conoscere altri maghi oltre la propria figlia e i Weasley erano interessati al mondo dei babbani visto dai babbani – Arthur non credeva che la vita potesse riservargli una gioia tale: “babbani in casa mia!”, usava ripetere spesso, come se non credesse sul serio di poter soddisfare tutte le proprie curiosità sugli affascinanti aggeggi non magici; aveva infatti scoperto che Scott, oltre a essere un gran bravo babbano, era anche un appassionato di tecnologia e motori.
I più giovani avevano invece preferito non allontanarsi mai troppo dalla baita, quel luogo li aveva stregati e lì, al riparo dalle brutture della guerra, sembravano aver ritrovato se stessi. Harry e Ginny, soprattutto quando suo padre non era in casa, si appartavano sempre più spesso, mentre Ron e Hermione non s’intrattenevano quasi mai da soli – lei adduceva sempre qualche motivazione e Ron, che non credeva di avere motivi per dubitare della buona fede della fidanzata, ingoiava il disappunto e la delusione, adeguandosi a lei.
Harry non aveva più tentato di parlare con Hermione, mentre Ginny aveva cercato a più riprese di capire cosa le stesse accadendo. Ma lei aveva sempre negato qualsiasi cosa e si era impegnata a ignorare di nuovo Fred, a sua volta nuovamente padrone di se stesso – almeno in apparenza.
Quel pomeriggio si erano recati tutti nel piccolo paesino vicino alla baita per fare gli ultimi acquisti in visione della cena di quella sera. Hermione aveva detto di avere delle lettere da scrivere prima della mezzanotte – auguri da fare – e che quindi preferiva non unirsi al gruppo e approfittare di un paio d’ore di solitudine. Ron non voleva lasciarla sola e soprattutto voleva capire se tra i mittenti ci fosse anche Krum, era dovuta intervenire Molly per convincerlo a venire via e a lasciare Hermione alle sue lettere. Tutti gli altri l’avevano semplicemente salutata, ecco perché la ragazza sobbalzò sorpresa quando, raggiunta la cucina per mettere qualcosa tra i denti, si accorse di non essere sola.

“Tu cosa ci fai qui?”

“Ci abito, temporaneamente.”

Hermione alzò gli occhi al cielo, spazientita. “Non dovresti essere con gli altri?”

“Sei un tribunale o cosa? Volevo dormire e sono rimasto qui. Anzi, siccome mi sono svegliato da tipo dieci minuti, tieni a freno la lingua e abbassa quella voce stridula.”

Dovette stringere le labbra per evitare di rispondergli a tono. In effetti, aveva l’aria ancora intontita dal sonno e i capelli tutti scompigliati. Se non fosse stato per i denti che masticavano la fetta di crostata, avrebbe pensato che dormisse a occhi aperti.

“Beh, buongiorno allora.”

“Buongiorno anche a te, cara cognata!”

Hermione non rispose, piuttosto tagliò una fetta di crostata anche per sé. “Questa è quella di mia madre,” considerò. L’altro annuì.

“Cucina bene.”

“Lo so.”

“Rilassati, non ti chiederò niente.”

“Però potresti insultarmi, ma di certo non ti sforzeresti di capire.” Aveva parlato con troppo astio, se ne avvide quando sbirciò il fastidio sul volto dell’interlocutore. “Scusa.”

“Non è con me che dovresti scusarti.”

“Dovrei scusarmi con Fred, non è così?”

“Dovresti scusarti prima con Ron,” disse George, “e dirgli la verità.”

“Non sono affari tuoi, ma grazie dell’interessamento… e di non avergli detto niente,” ammise controvoglia, arrossendo al ricordo del suo sguardo di rimprovero nel sorprenderla assieme a Fred.

“Non l’ho fatto per te, ma per i miei fratelli.”

“Grazie ugualmente.”

“Figurati.”

“Credi che sia colpa mia? Credi lo abbia fatto di proposito?” chiese dopo un po’.

“No. Credo che sia successo e basta e che dovresti comportarti di conseguenza, ma non lo farai. Sei pur sempre Hermione Granger, dopotutto.”

“E questo cosa vorrebbe dire?”

“Che non faresti mai qualcosa che possa mettere in discussione la tua immacolata condotta e moralità. E, diciamocelo chiaramente, Hermione, prendere una sbandata per il fratello del tuo ragazzo è troppo compromettente per te.”

“Non sono come mi descrivi tu.”

“I fatti sono d’accordo con me, invece.”

Consapevole di non voler ascoltare altro e di non avere nessun elemento in propria difesa, negò il proprio sguardo a George, mise via la crostata e ritornò in camera, chiudendo la porta con tanta violenza da far vibrare i gingilli posti sulle mensole.
La fredda pacatezza di George era riuscita a innervosirla, le aveva snocciolato con assoluta calma ciò che da giorni e forse da mesi la tormentava – giusto o sbagliato, morale o amorale? – e le aveva dato dell’ipocrita e della codarda, e lei non aveva nessun fatto utile a smentirlo.
Sdraiatasi sul letto, si chiese per l’ennesima volta se a quel punto non fosse davvero più giusto confessare tutto, ma c’era una parte di lei – codarda o speranzosa? – che le intimava quantomeno di ritornare a Hogwarts per prendere una decisione; forse Fred era solo una malsana attrazione passeggera, e se così fosse stato come avrebbe potuto non pentirsi di aver lasciato andare Ron, l’amore della sua vita?

“Non ci credi neanche più tu, Hermione,” sussurrò a se stessa.

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Rosmary