Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    18/12/2017    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il processo

Tra gli invitati al processo c'era anche Aldus. Indossava la sua veste azzurra e si guardava in giro con sguardo altezzoso, come se considerasse poco meno che misero quel posto.
Joyce invece era impressionata. L'edificio era un tripudio di marmi bianchi e grigi così lucidi che vi si poteva specchiare.
Il primo livello della costruzione era un enorme porticato che faceva il giro completo dell'edificio. Verso l'interno si aprivano diversi ingressi sormontati da archi sui quali campeggiavano i simboli delle principali famiglie di Nazedir.
Joyce non li conosceva e per lei non significavano molto.
"Ogni nobile casata della città elegge un giudice da inviare al tribunale" spiegò Jhazar mentre venivano scortati all'interno della struttura. "In totale vi sono diciotto giudici permanenti, più uno, Selena, che però non partecipa quasi mai ai dibattimenti. Oggi però farà un'eccezione."
"Perché?"
"Sembra che il crimine commesso sia considerato molto grave" disse Jhazar. "Selena non mi ha spiegato molto, ma la considera una cosa molto importante."
"Ma tu non sei un nobile di Nazedir" disse Joyce. "Perché ti hanno nominato giudice?"
"In base a una antica legge, uno straniero di nobile nascita che commette un reato molto grave può richiedere il giudizio dei suoi pari."
Anche a Valonde c'era una legge simile. Una persona doveva essere giudicata dai suoi pari. Però ancora non riusciva a capire cosa c'entrasse Jhazar in tutto quello.
"Pare che l'imputato si sia appellato a questa legge" proseguì Jhazar. "Poiché è uno straniero, deve essere giudicato da stranieri. Ed essendo nobile, serve un giudice straniero di nobili origini."
"Tu?"
Jhazar annuì. "E anche Aldus. E un altro paio di emissari di regni vicini che sono arrivati solo ieri a palazzo."
"È così complicato."
"I Nazedir tengono molto alla forma, lo avrai notato anche tu. Per loro la legge è sacra. Hanno persino una dea della giustizia."
"O un dio" lo corresse Joyce.
Jhazar scrollò le spalle. "In ogni caso, per me è solo una complicazione."
"Come può un processo mettere a rischio le trattative e l'alleanza?"
"Dipende da chi viene processato" disse Jhazar lasciandola interdetta. "Ora scusami, devo prendere posto tra i giurati."
La lasciò tra i banchi del pubblico. Joyce notò che erano presenti sia uomini che donne. Indossavano abiti di foggia diversa: alcuni sembravano nobili, altri facoltosi. Altri ancora semplici membri del popolo.
Sedevano fianco a fianco nella sala ottagonale, senza distinzione di sesso o nascita.
Siamo nudi davanti alla giustizia, aveva detto Zefyr. E forse era proprio così. Lì, in quella sala, non contava se eri nato nobile o ricco o povero, stregone o senza poteri. Lì eri come tutti gli altri, solo una persona davanti a una giustizia più grande.
Eryen era seduta cinque file più avanti, da sola ma isolata dal resto della folla dai soldati che la circondavano.
Temevano per la sua vita?
Zefyr era tra le lame d'argento che avevano il compito di vegliare su di lei, a giudicare dal fatto che era in piedi a due file di distanza.
Un gruppetto attirò l'attenzione di Joyce. Sedevano in disparte, avvolti in mantelli di colore verde scuro dalla fattura molto rozza. I loro sguardi erano duri e fissi sul palco dove tra poco sarebbero sfilati i giurati del processo.
Tra di loro c'era anche una ragazza dai capelli biondo oro.
Joyce la riconobbe subito. Era la stessa che aveva visto all'entrata. Come aveva fatto a raggiungere il tribunale così in fretta? E perché era lì?
Dal fondo della sala ottagonale giunse il rumore di persone in marcia. Nove figure umane, sei uomini e tre donne, fecero il loro ingresso nell'aula.
Joyce conosceva cinque di essi: Selena, Gajza subito dietro di lei, quindi Gastaf, Jhazar e per ultimo Aldus. Gli altri quattro erano visi anonimi.
Sul palco erano state sistemate nove sedie imbottite tutte uguali.
Selena si accomodò al centro, mentre alla sua sinistra si disposero nell'ordine Gajza e Jhazar. Alla sua destra sedettero Gastaf e Aldus. Gli altri quattro giurati presero posto sulle rimanenti sedie.
Quando tutti si furono sistemati, la stovoi si alzò in piedi. "Dichiaro aperto il procedimento. Fate entrare gli imputati."
Da una porta laterale uscirono quattro guardie, seguite da tre figure umane in catene. Indossavano abiti umili, più simili a stracci che a veri vestiti. Ed erano scalzi.
Joyce notò che nessuno di loro doveva avere più di dodici o tredici anni. Erano poco più che bambini, ma subivano lo stesso trattamento di pericolosi criminali. Si chiese che cosa avessero fatto di così tremendo per meritarselo.
I ragazzi sfilarono di fronte alla prime file. La gente seduta si alzò e gridò verso di loro, gesticolano minacciosa.
Le guardie respinsero i più temerari, due uomini che ci erano avvicinati ai ragazzi cercando di aggredirli e ci fu un parapiglia.
Dal fondo della sala qualcuno gridò: "A morte gli alfar."
"Uccideteli e facciamola finita."
"Non meritano un processo."
Il gruppo di cui faceva parte la ragazza dai capelli dorati rimase in silenzio, gli sguardi duri fissi sul palco.
"Silenzio" disse Selena. "O farò uscire tutti dal tribunale."
Ci vollero alcuni minuti e un paio di guardie per riportare alla ragione i più agitati. I due che avevano cercato di aggredire i ragazzi vennero trascinati fuori senza tanti complimenti.
"Chi difende gli imputati?" chiese Selena.
Un uomo si alzò e si fece avanti. Indossava un mantello color marrone e abiti di fattura grezza. Era scalzo, ma non aveva l'aria dimessa. Il suo sguardo sicuro e il suo portamento fiero lo facevano sembrare più alto. I suoi capelli erano scuri e folti.
Accanto a lui, notò Joyce, c'era un ragazzo. Indossava un mantello nero e verde e pantaloni scuri. Anche lui era scalzo ma a differenza dell'altro aveva capelli castani.
"Io" disse l'uomo.
"Therenduil" disse Selena. "Sono anni che non ti fai vedere in città."
"I miei impegni mi hanno tenuto lontano."
"Tu non sei cittadino di Nazedir" disse la stovoi. "Le nostre leggi dicono che un imputato può essere rappresentato solo da un cittadino."
"Nessuno si farà avanti per difendere gli imputati" disse Therenduil sereno.
Selena fece una smorfia. "C'è nessuno in questa sala che voglia rappresentare gli imputati di questo procedimento?"
Nessuno si fece avanti.
"In questo caso" disse Selena. "Therenduil è autorizzato."
Uno dei giudici, quello seduto all'estrema sinistra rispetto a Joyce, scattò in piedi. "Protesto. Ciò è in disaccordo con la legge."
"Gli imputati hanno comunque diritto a qualcuno che li possa rappresentare" obiettò Selena.
"Che si rappresentino da soli."
"Ciò non è possibile. Non hanno ancora raggiunto la maggiore età."
"Secondo le nostre leggi" replicò l'uomo. "Ma per le leggi degli alfar, sono già adulti."
"Ma noi li stiamo giudicando con le nostre leggi, non con quelle degli alfar" disse Selena col tono di chi non ammetteva repliche.
L'uomo fece una smorfia e tornò a sedere.
"A parte l'onorevole Afrim, qualcun altro ha  qualcosa da obiettare sulla mia decisione?"
Nessuno parlò.
"Bene" disse Selena. "Diamo inizio al dibattimento vero e proprio. Cancelliere, volete leggere le accuse?"
Un uomo di mezza età, fino a quel momento rimasto in disparte, salì sul palco. Indossava un lungo mantello nero e bianco senza ricami o altri simboli. Sotto il braccio aveva un mucchio di fogli che aprì e lesse ad alta voce.
"Gli imputati sono accusati di furto, saccheggio e omicidio" disse pronunciando più lentamente l'ultima parola.
"Contesto ogni accusa" disse Therenduil. "E dimostrerò di fronte a questi giudici che sono false."
Selena sedette sulla sedia. "Chi è che ha avanzato l'accusa?"
Un gruppetto di persone seduto in prima fila si agitò. Tra di loro si alzò un uomo corpulento e calvo, vestito con camicia e pantaloni colorati. "Onorevole giudice" disse con tono ossequioso.
"Presentati" disse Selena solenne.
"Mi chiamo Baren e sono un mercante di stoffe. Ho un negozio su una delle vie principali, nel quartiere dei mercati."
"Vieni al dunque, Baren."
"Sì onorevole giudice. Ogni mese ordino nuove stoffe per il mio negozio e puntualmente, il mese successivo, esse arrivano con un carro. A volte può impiegarci qualche giorno in più, ma di solito le consegna avviene in..."
"Ti prego Baren" disse Selena spazientita. "Non abbiamo tutto il giorno a disposizione."
"Quello che volevo dire è che questo mese la consegna non è avvenuta. Ho atteso alcuni giorni, poi ho chiesto a mio nipote di recarsi di persona a Yarosim, il villaggio da cui partono le spedizioni."
Un ragazzo dall'aria spaesata si alzò. "Onorevole giudice" disse con voce incerta. "Sono Mavrik, il nipote di Beren."
Selena sospirò spazientita.
"Ho viaggiato verso Yarosim" continuò il ragazzo. "Ma sul sentiero che attraversa la foresta, trovai ciò che restava del carro che trasportava le stoffe di mio zio."
"Sei certo che fosse proprio quello?"
"Ho riconosciuto Targut, il conducente. O quello che ne rimaneva."
Dal pubblico in sala si levarono grida di protesta.
"Uccideteli."
"A morte."
"Silenzio" disse Selena. "Guardie, allontanate quelle persone."
I soldati scortarono fuori un paio di cittadini e il dibattimento riprese.
"Continua" disse Selena al ragazzo.
"Mentre mi aggiravo tra i resti della carovana, notai due alfar che mi stavano spiando dalla boscaglia."
"Erano gli stessi che oggi sono in quest'aula?" chiese Therenduil.
Il ragazzo sussultò. "Non lo so, signore. Era quasi buio e io non ci vedo molto bene."
"Che cosa hai fatto dopo?" chiese Selena.
"Sono corso via per avvertire le guardie di quanto era accaduto."
"Suggerisco di ascoltare il comandante della guardia cittadina" disse Gastaf.
Selena annuì. "Fatelo entrare."
Un uomo in armatura scintillante entrò nella sala e marciò impettito verso il palco dei giudici.
"Stovoi" disse salutando Selena con un inchino. "Onorevoli giudici."
"Tamakar Curran" disse Selena. "Racconta a questa corte che cosa hai visto quel giorno."
"È semplice, stovoi. Dopo che il ragazzo venne ad avvertirci, partimmo in dodici verso il punto dell'attacco. Arrivammo che era ancora buio, ma i segni erano inequivocabili. La carovana era stata distrutta dagli alfar."
"Come potete esserne certo, tamakar Curran?" chiese Therenduil.
"È il vostro territorio, quello. Se succede qualcosa, voi ne siete responsabili."
"Quel punto della foresta viene attraversato da tutti" disse Therenduil. "Non solo da noi."
"Ma voi lo reclamate da anni" disse Gajza. "Non avete più volte minacciato di attaccare quelli che attraversavano la foresta?"
"Solo i cacciatori di frodo. Cacciano senza criterio, mettendo a rischio il delicato equilibrio tra prede e predatori."
"E voi non lo mettete a rischio andando a caccia degli stessi animali?"
"Noi lo facciamo per sopravvivere, non per divertimento" rispose Therenduil.
Vicino a lui, il ragazzo sembrava fremere di indignazione. Lo vide più volte dimenarsi mentre l'adulto gli metteva una mano sulla spalla come a calmarlo.
Nel frattempo, la ragazza dai capelli biondi e il suo gruppo si scambiavano discorsi silenziosi che da quella distanza non poteva udire. Le guardie non sembravano molto interessate a loro, prese com'erano dal dibattimento in corso.
"Tamakar Curran" disse Gastaf. "Finisci il tuo racconto."
Curran rivolse un leggero inchino ai giudici. "Per quella notte non potevamo fare altro, così decidemmo di tornare in città. Lasciai otto soldati di guardia, in modo che a nessuno di passaggio venisse in mente di saccheggiare i poveri resti della carovana. Il mattino dopo andai io stesso a dare il cambio a quegli uomini, ma sulla via li vidi arrivare al galoppo. Avevano catturato quei tre mentre si aggiravano nei dintorni" concluse indicandoli con il braccio teso.
Nella sala si levò un vocio sommesso. Stavolta Selena non intervenne per riportare la calma.
"Continua" lo esortò Selena.
"I miei uomini li avevano catturati mentre cercavano di scappare."
"Secondo te perché erano lì?" chiese Gajza.
"Erano tornati per finire il lavoro."
"Sempre che siano stati loro ad attaccare la carovana" intervenne Therenduil.
"E chi altri potrebbe essere stato?" chiese Gajza alzando la voce.
"Poi che cosa è successo?" chiese Selena.
"Abbiamo portato i prigionieri in città per interrogarli" disse Curran.
"E hanno confessato?"
"No. A dire il vero, non hanno detto niente."
"Il silenzio dei colpevoli" disse Gajza.
"Ciò non prova niente" rispose Therenduil, ma con poca convinzione.
"Chi è innocente di solito prova a discolparsi di fronte a una simile accusa." Gli occhi di Gajza brillarono. "Il silenzio è dei colpevoli."
"Loro avevano solo paura" disse Therenduil. "Erano spaventati dalle guardie. Non sono mai stai in città."
"Incolpi noi per il vostro modo di vivere da selvaggi?" chiese Afrim. "Non è vero che vivete in case costruite sugli alberi e vi vestite di foglie e pelli animali?"
"È vero" ammise Therenduil.
"Visto?" fece Afrim tronfio.
"Questo non è un processo al modo di vivere degli alfar" disse Jhazar prendendo la parola per la prima volta.
Afrim gli scoccò un'occhiataccia. "Tu non sei di qui e non puoi capire che cosa stiamo passando per colpa di questi selvaggi."
"Basta così" disse Selena. "Jhazar ha ragione. Non stiamo facendo un processo agli alfar, ma solo a tre di loro. Concentriamoci su questo."
Afrim fece un inchino, ma non smise di guardare con ostilità Jhazar, che da parte sua lo ignorò.
Selena rivolse un'occhiata a Curran. "È tutto?"
"Sì, stovoi."
"Puoi andare."
Curran rivolse un leggero inchino a Selena e uno più lungo e profondo a Gastaf.
"Chiedo che i ragazzi possano parlare" disse Therenduil.
"Richiesta accolta" disse Selena.
Il più alto dei tre si alzò e camminò fino a piazzarsi davanti al palco dei giudici. "Mi chiamo Olfin e..."
Afrim balzò in piedi. "Questo selvaggio ci offende" urlò stizzito.
La sua reazione sorprese persino Selena, che sussultò.
"Devi rivolgerti a noi con le dovute formalità. Siamo gli onorevoli giudici per te."
"Per questa volta lasceremo passare" disse Selena con tono più calmo. "Continua, Olfin."
"Sono il più grande e parlerò a nome degli altri" spiegò il ragazzo. A dispetto dell'età sembrava più maturo e cosciente di quello che stava accadendo. "Non siamo stati noi ad attaccare la carovana. Abbiamo visto il fuoco alzarsi dalla strada e Findayne ci ha raccontato che era accaduto qualcosa di brutto. Althariel ci disse di non andare e di stare alla larga, perché tra non molto sarebbero arrivati i soldati della città, ma noi siamo andati lo stesso. Eravamo solo curiosi."
"Perché non avete raccontato questo ai soldati, quando vi hanno portato in città?" chiese Jhazar.
"Avevamo paura. Ci hanno sempre detto di non parlare con i soldati, se ne incontravamo uno."
"Però avete cercato di scappare" disse Gajza sospettosa.
"Gli anziani dicono sempre di scappare davanti ai soldati."
"Selvaggi" fece Afrim.
Le sue parole suscitarono un sommesso vocio di approvazione tra i presenti.
Selena gli lanciò un'occhiataccia alla quale il giudice rispose con un'espressione di sfida. "Non hai altro da aggiungere a tua discolpa?"
"Non siamo stati noi" disse Olfin. "La foresta è piena di briganti di questi tempi."
Joyce pensò che la guerra doveva aver creato molti disperati. E la disperazione poteva portare anche una persona buona e ragionevole a fare azioni malvagie.
"Gli onorevoli giudici pensano di avere abbastanza materiale per deliberare?" chiese Selena ai presenti. "O volete fare altre domande?"
Nessuno chiese di fare altre domande.
"Molto bene" disse Selena alzandosi. "Ci ritiriamo per deliberare. Verrete convocati quando saremo pronti a leggere la sentenza."
Tutti si alzarono in piedi mentre i giudici lasciavano la sala, anche chi era seduto sulle panche.
Joyce si accorse di aver perso di vista il gruppetto della ragazza bionda. Infatti erano spariti nel nulla.
Gajza, Jhazar e Gastaf si staccarono dal gruppo dei giudici e scesero tra il pubblico presente in sala.
Gajza andò da Eryen e si mise a parlare con lei. Gastaf richiamò l'attenzione di Zefyr e gli disse qualcosa.
Jhazar invece venne verso di lei. "Ti sei annoiata?"
"Affatto" rispose Joyce. Il dibattimento era stato interessante, anche se non conosceva le leggi di Nazedir. "Non sono stati loro, vero? Sono solo dei ragazzi."
"No" disse Jhazar.
"Allora voterai per l'innocenza?"
"Non è così semplice" disse preoccupato. "Le leggi di Nazedir sono diverse dalla mie. Da noi, per infliggere la morte a un imputato, i giudici devono essere tutti d'accordo. Se non è possibile, allora l'imputato viene condannato ai lavori forzati o all'esilio, ma non a morte. Da quello che ho capito, a Nazedir una sentenza di morte può essere emessa anche con una semplice maggioranza."
"Ma non li possono condannare. Non sarebbe giusto."
"Giusto o sbagliato, se cinque giudici voteranno per la colpevolezza..." Lasciò cadere nel vuoto il resto della frase.
"Perché vogliono condannarli? Non si rendono conto che non possono essere stati loro?"
"Se ne rendono conto, ma è un'occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire."
Joyce non capì quell'ultima frase. "Che vuoi dire?"
"Gastaf ha del risentimento verso gli Alfar e vuole vendicarsi."
"Risentimento?"
"È una voce che gira, devo informarmi meglio" disse Jhazar restando sul vago. "Gajza invece vuole veder fallire l'alleanza. Non vuole che Nazedir vada in guerra. Di norma quei due non si sopporterebbero, ma il destino li ha messi insieme."
"Non capisco."
"Se condanniamo quei ragazzi sarà la guerra con gli Alfar. Selena non combatterà su due fronti. Il che vuol dire che l'alleanza salterà. E se salta l'alleanza con Nazedir, tutti gli altri vassalli di Malinor li seguiranno."
"È terribile. Che possiamo fare?"
"Tu niente, ma io..." Si interruppe.
Therenduil si era avvicinato. Insieme a lui c'era il ragazzo che lo accompagnava ovunque.
"Scusa, devo andare" disse Jhazar.
Lui e l'alfar si allontanarono parlando sottovoce.
Joyce si voltò e vide che Gastaf li stava osservando. E non era solo.
Zefyr era tornato da Eryen e la stava accompagnando fuori dal tribunale.
Gastaf invece stava parlando con un tizio vestito come uno dei valletti del tribunale.
Joyce lo riconobbe subito. Era Khadjag, lo stregone che aveva rubato il messaggio destinato a Jhazar.
Che ci faceva lì?
I due parlarono per qualche secondo, poi lo stregone si allontanò.
Joyce si guardò attorno. Nella confusione si erano dimenticati di lei e l'attenzione di guardie e nobili era rivolta altrove.
Senza pensarci oltre seguì Khadjag fuori dal tribunale.

Prossimo Capitolo Mercoledì 20 Dicembre
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor