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Autore: Giglian    20/12/2017    4 recensioni
Nell'oscurità di una guerra incombente, le sfrenate e spensierate esistenze dei Malandrini si sfilacciano negli intrighi di una Hogwarts sempre più ricca di pericoli ed insidie. In un labirinto di incertezze, nell'ultimo anno l'amore sembra essere l'unico filo che conduce alla salvezza. Ma, per chi giura di non avere buone intenzioni, nulla sa essere semplice.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Le avventure dei Malandrini.'
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Quella fantasmina non la piantava più di parlare. Stava seriamente pensando a come levarsela di torno nel modo più carino possibile quando Mirtilla Malcontenta trovò la frase perfetta, una delle poche frasi che facevano diventare James Potter un cubetto di ghiaccio. Una frase apparentemente innocua.
Ma non per lui.
“Hai degli occhi fantastici, sai?” miagolò, con una voce triste.
Il ragazzo sollevò il capo dal bordo. Lentamente. Rimase in silenzio.
“Sembrano due lingotti appena forgiati dagli elfi della Gringott. Non sono mica normali, eh? Oh, ma io lo so cosa sono.” Lo guardò impietosita. James Potter rabbrividiva. “So che cosa promettono due occhi d’oro, COSI’ d’oro. Mi dispiace tanto tanto. Tu…”
“Basta. Smettila.” La voce di Ramoso uscì fuori più dura di quanto non volesse. Bastò quello per far intirizzire una permalosissima ragazza morta in un cesso pubblico. Si gonfiò come un tacchino, e gli parve di vedere del pallore – rossore? – accumularsi sulle gote. Seriamente, si era gonfiata come una palla.
“CHE MODI!” sbraitò. “Volevo solo consolarti!”
E bellamente, non si saprà mai in che modo, James Potter si ritrovò inondato dalla testa ai piedi.
“Hey!”
“Se ti do tanto fastidio me ne vado!” strillò quella, spappolandogli un timpano. “Tanto lo so che sei innamorato perso per la Prefetto di Grifondoro e che non te ne fai nulla di una lagnosa come me!” E con uno ululato da sirena si cacciò nel tubo di scarico.
No, quello era davvero troppo. Anche i fantasmi, adesso?! Era assurdo!
“HEY!” Sclerò Potter, balzando in piedi e cercando goffamente di afferrarla, schizzando schiuma dappertutto. “IO NON SONO INNAMORATO DELLA EVANS! MI HAI SENTITO?! IO NON SONO…!”
Fu in quel momento, l’esatto secondo prima, in cui i suoi sensi si acuirono ed il suo istinto gli gridò una cosa che aveva già sentito parecchie volte da quando era diventato un Animagus.
Pericolo. Pericolo. Pericolo.
Fu esattamente un attimo prima. La percezione di qualcosa nell’aria che non doveva esserci. Di qualcosa pronto a farlo diventare una preda. Qualcosa pronto a mangiarlo.
Poi, fu acqua.
Non capì inizialmente cosa gli afferrò il collo, stringendo come un tentacolo. In un istante, James Potter fu scaraventato contro il fondale della vasca.
Non fece in tempo a prendere fiato e, quando aprì la bocca in un moto istintivo, un fiotto di schiuma e balsamo gli finì in gola, bruciando come il fuoco.
Iniziò a tossire, divincolandosi. La testa era ancora rimasta a poco prima, quando stava strillando come un idiota che non amava Lily. Quando era in salvo.
Scioccato, realizzò che qualcuno, qualcosa, stava cercando di affogarlo.
Le mani si afferrarono il collo cercando di allentare la presa ma affondarono, perché ciò che l’aveva avvinghiato non era nulla di materiale: era acqua, acqua che scorreva, e stringeva, e soffocava…
Il suo ginocchio scattò contro la parete. Fece perno con il piede ma tutto quello che riuscì a fare fu tirare una poderosa testata contro la parete opposta e la vista iniziò a farsi buia.
Cristo, si sentiva il capo spaccato in due.
Il buio…l’avvolgeva…
No!”
Tirò un ultimo strattone, e le sue mani si aggrapparono al bordo, emergendo dalle bolle. Cercò di issarsi fuori dall’acqua, ma quella forza era immensa e lo trascinava giù.
Ossigeno, aveva bisogno di respirare e subito.
“Cristo! Non ce la faccio…”
Le dita scivolavano sulla cornice dorata. Il braccio perdeva potenza.
I polmoni stavano urlando.
E per un folle momento James Potter pensò che fosse veramente arrivata la fine.
Poi, qualcosa si mosse dietro le sue ciglia semi chiuse, ed i suoi occhi incoscienti ripresero lucidità, misero a fuoco.
Sulle piastrelle della vasca c’era la sirena che prima stava appollaiata sulle vetrate.
I suoi occhi grandi lo fissarono, e la bocca si aprì in uno strillo disumano, come una gigantesca onda sonora.
L’acqua si aprì in due, come spazzata via, e la presa sulla sua gola si dissolse.
James si arrampicò sul bordo e tirò il più grande respiro della sua vita.
“Ahhh!”
L’aria entrò ruvida, facendolo tossire. Gli venne un conato ma decise di non vomitare sull’essere che gli aveva appena salvato la vita.
Gli occhi bruciavano, i polmoni urlavano e la testa gli faceva un male cane ma, ossigeno! Puro, fresco, delizioso ossigeno!
Strisciò fuori, senza forze, boccheggiando, e agguantò un asciugamano. La sirena ritornò nella sua postazione di prima.
“G-grazie.” Tossì Potter, e quella sorrise, dolcemente.
Si appoggiò dolorante al muro, cercando di non pensare al bel rivolo di sangue che gli stava colorando la vista di rosso.
Qualcuno voleva ucciderlo. Afferrò la bacchetta, indossando il mantello con l’altra mano. Poteva essere ancora nei paraggi e di certo non aveva le energie per resistere una seconda volta. Doveva rimanere sveglio.
Chi?
Chi diavolo era stato, e perché? Qualcosa non quadrava. I Black? Non aveva senso. I Black erano controllati a vista, non potevano esercitare incantesimi oscuri. Silente…Silente se ne sarebbe accorto.
Qualche loro sottoposto? Erano davvero capaci di tanto? Ma era l’ultimo anno e fino a quel momento erano stati con la testa bassa. Perché attaccarlo l’ultimo anno di scuola, rischiando l’espulsione, quando potevano fargli la festa una volta finito tutto?
Si portò una mano alla fronte, che pulsava in modo osceno, e il sangue gli colò tra le dita.
“Merda…”
"James!"
Una voce dall’altra parte del corridoio. Si lasciò cadere oltre la porta, certo che due braccia lo avrebbero afferrato e così fu.
James Potter alzò il capo e vide lo sguardo sbarrato di Sirius Black.
"Ma cosa diavolo ti è successo?!"
"Non...non lo so...mi hanno aggredito mentre facevo il bagno…”
“Tu…CHE COSA?!”
“Hanno cercato di affogarmi, Felpato. Qualcuno…non ho visto chi. L’acqua…La sirena…”
“Piano, piano, ma di che accidenti stai parlando?”
“Te lo spiego dopo.” Borbottò lui, lasciandosi trascinare via. “Che ci fai qui?"
“Io…eh.” Sirius Black si interruppe di colpo, fermandosi. “Avevo dimenticato il libro di Divinazione e stavo andando a riprenderlo. Ho sentito un urlo. Ti porto in Infermeria.”
“Lascia perdere. E’stato solo un taglio, il sangue si è già fermato. Portami piuttosto in camera, dobbiamo parlarne con gli altri.”
"Fa vedere!" disse brusco Black e contemplò la ferita alla testa. Sembrò convincersi che fosse tutto a posto. Rimasero in silenzio e il corridoio si popolò di ombre.
“Chi pensi che sia stato?” il mormorio di Black avrebbe tagliato l’acciaio. “Sei certo che volessero ammazzarti?”
“Certissimo.”
“James…pensi che…?” Ancora silenzio. Il cuore di Sirius Black si colorò di un sentimento buio e ribollente e James lo percepì, rabbrividendo come ogni volta che venivano colpiti da emozioni così forti. Sapeva che li avrebbe ammazzati, se avesse potuto. Tutta la sua famiglia. Dal primo all’ultimo. Li avrebbe fatti fuori e non avrebbe provato rimpianti.
“Non lo so.” Ci andò giù cauto. “Mi sembra davvero strano che siano stati loro, voglio dire, perché ora e perché in questo modo? Tutti i Serpeverde poi erano in Sala Grande a vedersela con i ragni, potrei sbagliarmi ma sono quasi certo che non mancasse nessuno all’appello. Ma preferisco sentire prima Lunastorta. E’ lui quello riflessivo.”
“Tu li sottovaluti.” Black lo disse senza guardarlo in faccia. Guardava l’oscurità, serio, la mascella di granito. “Lo hai sempre sottovalutato. Quello di cui sono capaci.”
“E tu li vedi ovunque.” Rimbeccò Potter, con un sospiro. “Ma, mai dire mai, no? Non lascerei nessuna opzione scartata e no, non li sottovaluto. So di che gran pezzi di merda stiamo parlando. Potrebbe essere. Potrebbero averlo fatto. Non so come e perché, ma so che non vedrebbero l’ora.”
“Già.” Sospirò Black, con ancora nel petto un macigno pesante e doloroso. “E ti giuro che se è così, gli presenterò il conto. E questa volta niente potrà ripagarlo.”
Arrivarono in camera e a Minus quasi prese un colpo, mentre Lunastorta si fiondò ad aiutarli, sbiancando. Parlarono, parlarono tutta la notte ma la sensazione che qualcosa di malvagio stesse per alzare la testa non passò.
La sensazione che quell’anno tutto sarebbe cambiato. E che la realtà che tanto temevano si avvicinava più velocemente del previsto.
Hogwarts, la scuola di magia e stregoneria più famosa al mondo, non era più sicura.
 
 
 
 
 
 
 
La mattina arrivò tiepida e nuvolosa. Qualcuno aprì gli occhi prima degli altri, due grandi occhi dolci.
Una ragazza si alzò lentamente dal letto, indossando la camicetta, lavandosi il viso e cercando di essere il più silenziosa possibile.
Una ragazza profumata come le margherite.
La sala di Corvonero era splendente ed incantevole come al solito, con il  cielo stellato a ricoprire la moquette ed il soffitto in una illusione che l’aveva tenuta sveglia tutta la prima notte. Ad ammirare, a sognare, a calcolare il tragitto dei pianeti. Ad immaginare di essere una di quelle stelle. In fuga, per sempre.
Beccò una primina e cercò di svignarsela prima di essere abbordata, ma quella aveva tutta l’aria di essere finita sotto le grinfie della Chang o di qualche sua adulante sottoposta e non parve darle troppo peso, impegnata a staccarsi una cicca dai capelli e a tirare insulti al muro. Corvonero non era poi così splendida, dopo tutto.
Scese le scale con i libri sottobraccio e per l’ennesima volta fu veramente tentata di rendersi invisibile con un incantesimo, se solo fosse stato possibile. A casa lo faceva sempre, e usciva in giardino, sola, al sicuro.
La ragazza che sapeva di margherite masticava una mela e stava per affrontare il primo compito della giornata, trasfigurazione, quando un gruppetto di Tassorosso l’assediò.
Si sentì soffocare ed avvampò, come sempre quando accadevano cose di quel tipo, ma quelle non erano lì per fare amicizia con lei: ridacchiando le davano le spalle e fissavano un punto oltre la sua testa.
Decise di scavalcarle con tutta la delicatezza di cui era capace e manco a dirlo, qualcosa quasi la travolse.
“Dio mio, questo sì che è un bel risveglio.” Sospirò una Tassorosso al suo fianco. “Quello me lo mangerei davvero come brioche.”
“Quello ti usa e ti strapazza come un asciugamano, scema.” La rimbeccò un’altra, maliziosa. “E poi ti butta via. Lo fa sempre.”
Iniziarono una accanita discussione mentre la ragazza puntò gli occhi sul mago che stava creando il caos.
Era già lontano, e portava tra le mani un vassoio pieno di dolcetti. Un ragazzo. Correva da qualche parte come una furia. Non l’aveva guardato bene ma aveva percepito eleganza, un buon odore e qualcosa di indefinito, un fascino sfuggente. Un principe nero.
Stava ancora pensandoci quando qualcuno le posò delicatamente la mano sulla spalla.
Una mano gentile.
“Professor Silente.”
Il vecchio mago le stirò un sorriso e già aveva in testa quello che le avrebbe detto. Ma questa volta non le andava di sentire la ramanzina.
“Ho bisogno di studiare e ci riesco meglio da sola.”
“Mia cara.” Quello sospirò, e i suoi incantevoli occhi azzurri la sondarono dentro. “Prima o poi dovrai prendere coraggio e affrontare la tua nuova vita.”
“La sto affrontando! Davvero.” La ragazza arrossì. “Ma ci sono davvero tanti compiti. E a me piace il silenzio.”
“A te piacciono le persone.” Controbatté lui, scompigliandole i capelli. “La solitudine ha le sbarre. E tu sei appena scappata da una gabbia, e di certo non per chiuderti in un’altra.”
“Io…io qui sto bene. Mi sento finalmente libera, e non smetterò mai di ringraziarla per questo. La gabbia di cui parla ha la porta aperta, sono sincera.”
“Oh, ma io non sto parlando di un posto fisico.” L’uomo le puntò l’indice contro il petto, delicatamente. “Datti una possibilità. Provaci. Solo allora ne sarai veramente al di fuori.”
 
 
 
 
 
 
Sirius Black piazzò il vassoio sulla pancia di Potter con la delicatezza di un elefante e quello protestò come un bambino.
“Per il duca!” se la ghignò. “Non porto la colazione a letto nemmeno alle mie fidanzate, sappilo Potter.”
“So di essere la tua preferita.” Tubò quello, agguantando un biscotto allo zenzero. “Ma sui modi avrei un po’ da ridire.”
“Mi auguro che tu non salti un’altra lezione.” Sbottò Remus, piazzandosi inferocito sulle sue ginocchia e facendogli sfuggire un gemito. “Ne hai saltate troppe, e non hai nulla.”
“Oh, dolcetti!” trillò Minus, travolgendolo per accaparrarsene uno.
“Insomma!” sbraitò Potter, sollevando il vassoio per aria per evitare le grinfie del suo topastro preferito. “C’è qualcuno qui che sappia cosa significhi delicatezza? Hanno cercato di ammazzarmi, per Merlino!”
“Ma vuoi abbassare la voce? Abbiamo concordato di non parlarne con nessuno, per ora!” sbottò Lupin, afferrando il vassoio e donando la felicità a Peter. “E ribadisco l’obbligo di andare a lezione perché stai alla grande.”
“Oh, non so, sai?” Peter sputacchiò briciole tutt’attorno, le guance gonfie come un criceto. “Io lo vedo pallido, secondo me dovrebbe riposare.”
“Eccola, la mia seconda fidanzata.” Sorrise Potter, afferrandolo. “Sentito, Rem Rem? Loro sì che mi vogliono bene.”
Ma il sorriso scomparve non appena si infilò la mano in tasca.
“Tutto bene? I postumi di ieri sera?” ghignò Black, ma poi lo squadrò bene. “Oh, ma che ti prende? Devi aver preso davvero una botta più forte di quanto pensassimo.”
“Io…” Potter si strinse il pugno contro i jeans. “Ho perso una cosa. Credo ieri sera. Una lettera. Hai visto per terra una lettera, Sirius?”
“Una lettera? E di chi?” s’incuriosì Peter.
“Non ci ho fatto molto caso.” Chiosò Black, con un’alzata di spalle. “Hey, ma dove corri adesso?”
“Devo sistemare una cosa!” esclamò James, e si fiondò fuori dalla porta con lo stomaco attorcigliato.
Lei non era in Sala Comune.
E mentre correva alla sua ricerca con una strana sensazione dentro, accadde una cosa particolare. Ricordava perfettamente il viso che aveva visto nella sua testa quando quel tentacolo d’acqua lo stava per portare a salutare il diavolo. Aveva pensato ad una faccia sola, prima che arrivasse il buio. Nella sua mente, nei suoi ricordi.
E probabilmente le aveva appena spezzato il cuore perché se quella lettera fosse finita nelle mani sbagliate, per lei sarebbe stata dura. Molto dura.
Ne ebbe la conferma quando, con un tuffo al petto, vide Lily Evans con il viso impietrito mentre un paio di Serpeverde, ridacchiando, la stavano salutando sventolando quella che era stato il loro personale pomo della discordia.
Una lettera piena di insulti ed intimità rigorosamente Grifondoro in mano alla Casata più stronza della storia.
E James Potter si sentì una merda colossale. Una grande, enorme e puzzolente cacca di Troll.
Non solo l’aveva ferita, ma aveva appena perso quella che era una pistola carica, come un coglione. E con Lily nel mirino.
Per quanto lui e la Evans si stessero sulle palle, quello era un colpo basso anche per loro due.
La bella rossa lo guardò, in silenzio. Sospirò, massaggiandosi gli occhi stancamente, e si accostò alla finestra.
Non l’aveva cacciato a calci e quello era già un inizio, pensò James, appoggiandosi accanto a lei.
Rimasero in silenzio per un po’ e a pensarlo solo qualche giorno prima, lo avrebbe trovato impossibile. Lui e Lily, insieme, affacciati alla finestra senza mettersi le mani al collo.
Solo che non sapeva cosa cazzo dirle, stavolta. La lingua gli si era incollata al palato.
Il suo profilo era splendido e bianco come la luna. La bocca morbida, il naso dritto e gli occhi che come due pietre sondavano l’orizzonte. Quel viso, fisso, nella sua testa, mentre pensava di morire. Chissà perché.
“Lily.” Trovò la forza di dire, non avendo le palle di guardarla. “Io…cavolo. Te lo giuro, non gliel’ho data io. Non con intenzione, almeno. E…beh, mi dispiace, rossa.”
Lei rimase per un po’ zitta e per un istante si aspettò un cartone sui denti. Lo avrebbe preferito alla malinconia che c’era nella sua voce.
“Lo so.” Mormorò. “Ti sarà caduta o una cosa così. So che non l’hai fatto con intenzione. Ci speravo, perlomeno. Strano.” Sorrise amaramente. “Chissà perché lo speravo. Non ha molto senso, no?”
“Ci sono cose che non hanno senso e non l’avranno mai, immagino.”
Il giardino di Hogwarts si stava popolando in fretta. La giornata era nuvolosa e presagiva qualche goccia di pioggia. Erbologia si preannunciava una palla, quel giorno. Si sarebbero inzuppati di fango appena messo piede fuori.
“Mi odia.” Glielo disse così, come se fosse normale. Come se fossero…amici. Ma non lo guardava. Continuava a fissare un punto lontano. “Petunia è mia sorella. Mi odia veramente.”
Si attorcigliò una ciocca di capelli ad un dito, e la sua voce continuava ad essere così tranquilla e triste, che Potter avvertì un nodo, da qualche parte dentro di sé. Un nodo che si stringeva.
“Ad alcuni non piacciono proprio coloro che sono diversi.” Proseguì lei, cercando di rendere la sua voce leggera. “A volte mi chiedo se non facessi bene a dividermi in due. Sarebbe tutto molto più semplice. Ma a quanto pare mi tocca rimanere questa cosetta tutta intera, metà e metà, vagabondare tra due mondi senza mai appartenere a nessuno dei due. Non so nemmeno perché ti sto dicendo queste cose.”
Ora veramente impazziva. Non tollerava più quella voce. Quell’apatia, quello sguardo. C’erano volte in cui Lily Evans era insopportabile ma avrebbe dato veramente via un braccio per farsi rompere le palle invece che guardare quella ragazzina devastata da qualcosa di cui lui non era mai stato al corrente.
Gli mancavano, si rese conto sorpreso, mentre le afferrava un braccio in modo brusco. Gli mancavano quelle rotture di palle, gli strilli e gli schiantesimi in mezzo al naso. Assurdo.
“Stammi bene a sentire.” Le abbaiò ad un palmo dal naso. “Lo so io perché mi stai dicendo queste cose! Ed è perché non sei in cerca di qualcuno che ti consoli e ti coccoli promettendoti che andrà tutto per il meglio, ma perché stai cercando l’unica persona qua dentro in grado di sbatterti su quella maledettissima faccia la verità, e la verità è che stai dicendo un mucchio di cazzate, che tua sorella è una stronza inutile di cui puoi fare a meno e che tu non sei per niente sopportabile mentre fai la lagna!”
Lei lo fissò con la sorpresa più totale spiaccicata in faccia. E poi glielo vide. Di nuovo quello sguardo, quello scintillio.
“Lagna?!” sbottò, incazzata come una biscia. “Oh ma certo, al Signor James sonounfigo Potter non piacciono le ragazze che si lamentano! Devo starmene in piedi, cucirti i calzini e stamparmi un bel sorriso sul muso! Pronta a servirti e riverirti!”
“Sarebbe sempre meglio che sentirti autocommiserarti come se fossi l’unica mezzosangue sul pianeta, ti do una notizia bomba, i fratelli e le sorelle si odiano dall’alba dei tempi, il mondo fa schifo e fai parte della categoria sfigata della società assieme ad un altro migliaio di persone, così è la vita ma sei davvero troppo carina per non tirare dritto per la tua strada, che è esattamente la seconda camera a sinistra, letto firmato JAMES POTTER. E ti assicuro che se tu fossi un MOSTRO come dice quella ciabatta isterica che hai per sorella, sarebbe decisamente diversa.”
“Tu…tu…OOOH!” Lily Evans si girò di scatto verso la finestra, fumando dalle orecchie. “Tu sei impossibile!”
James sorrise e si appoggiò al muro, fissandola di sottecchi. Lei guardava ostinatamente fuori, digrignando i denti.
“Sai.” Fu qualcosa nella voce di James a farla girare di nuovo. Lily Evans lo fissò e qualcosa di caldo le colò dentro perché in quel momento, per un folle istante, James le sembrò…impacciato. In un modo dolce, positivo e strano. Si grattava la nuca e trovava estremamente interessante una ragnatela. “Io…non le ho mai pensate quelle cose, di te. Quello che mi hai detto alla guferia. Che sei inferiore e tutto il resto.” La fissò negli occhi, e ghignò. Ma qualcosa era diverso, stavolta. “Sei una arpia snob, Lily Evans, ed è solo per questo che non ti sopporto.”
E fu lì che accadde ciò che fino a quel momento sarebbe stato impossibile per chiunque, persino per loro due. Qualcosa di miracoloso e speciale.
Lily Evans gli sorrise.
Non era un sorriso acido, non era una smorfia e nemmeno un ghigno compiaciuto. Era un sorriso vero.
E gli scivolò sulla schiena come una carezza, mentre il suo cuore iniziò a suonare un vero e proprio concerto.
“Grazie, James.”
E se in futuro avrebbero mai pensato ad un momento in particolare, al momento che aveva segnato l’inizio di tutto ciò che sarebbe avvenuto poi, avrebbero pensato a quel momento.
Non lo sapevano ancora, non ne erano consapevoli e non lo sarebbero stati a lungo. Ma in quel momento nacque qualcosa.
E, se non era amicizia, gli ci si avvicinava molto.
 
 
 
Se c’era una cosa che potevano notare tutti, in quegli ultimi giorni della settimana, fu che Lily Evans e James Potter bisticciavano più del solito. Non passava pomeriggio in cui non si sentissero gli strilli della Prefetto e le sghignazzate del Malandrino, ma, nonostante questo, chiunque fosse più vicino ad entrambi poteva notare come un qualcosa, una sorta di distensione. Si percepiva nell’aria, nella famigliarità di quelle discussioni, nel sorriso a trentadue denti del capitano di Quidditch e nella morbidezza con cui la Evans toglieva punti a chi faceva qualche sgarro.
Come se tutto fosse tornato normale.
Alla domenica, fu proprio in questo clima che i Malandrini si piazzarono sul prato a godersi gli ultimi raggi di sole dell’estate, mettendo a tacere, come un silenzioso accordo, gli oscuri avvenimenti degli ultimi tempi.
Era una giornata soleggiata e si stava troppo bene per pensare a quanto
La situazione si stesse facendo strana.
Ciò nonostante, i degni compari di Potter avevano notato un suo strano atteggiamento. A tratti scompariva dalla Sala comune di Grifondoro e nella Mappa del Malandrino lo si trovava sempre nei pressi di qualche gruppetto Serpeverde, che tra l’altro avevano preso particolarmente di mira Lily Evans.
Ma se l’altezzosa Prefetto di Grifondoro, come suo solito, si dimostrava superiore, James Potter sembrava non vedere l’ora di impiastricciarsi con i membri Verde Argento. Più del solito, almeno.
Ci misero davvero poco a capire che stava cercando qualcosa, ma stranamente il loro Ramoso sviava sempre il discorso.
Remus Lupin, dopo l’ennesimo tentativo di scoprire quello che stava tramando, decise che era tempo di pensare a cose importanti e sbatté sulle loro ginocchia alcune pergamene di Storia della Magia.
“Stai scherzando, mi auguro!” saltò su Black, sconvolto. “Abbiamo avuto una valangata di compiti per tutta la settimana, puoi darci tregua almeno oggi?”
“No.” Sorrise tranquillamente quello. “Settimana prossima avremo senza dubbio la relazione sulle proprietà della coclearia e vi assicuro che non basteranno tre giorni. Quindi ci dovremo portare avanti.”
“Remus.” Sospirò Potter, che era particolarmente impegnato a fissare un punto sulle rive del lago dove una certa rossina Grifondoro stava giocando con i piedi nell’acqua assieme ad alcune compagne. “Remus, Remus, Remus. Quando capirai che quella roba è inutile? La legge sui Beni non commerciabili di classe C? Ma andiamo! A cosa serve sapere che i Semi di Tentacula Velenosa sono fuori legge? Ti salverà le palle quando avrai di fronte un vampiro?”
“Guarda che essere maghi non significa solo fare incantesimi…” berciò Lupin, acidamente. “E ti farebbe bene farti entrare nella zucca che ci sono cose che NON puoi fare, per quanto divertenti ti possano sembrare.”
“Non c’è nulla che non si possa fare, basta usare la testa.” E quello gli strizzò l’occhiolino mentre il lupastro sospirava e si tuffava nella lettura di un noiosissimo capitolo della loro storia.
Ma quei quattro non ne avevano abbastanza di rompergli l’anima e sembravano diabolicamente divertiti nel mettergli ogni volta i bastoni tra le ruote ogni qualvolta che si incamminava nella strada per i bravi ragazzi.
“Hey, Rem…” pigolò Peter, tutto uno zucchero. “Non è che mi faresti copiare almeno un capitolo?”
“Scordatelo.”
“Eddai! Sai bene che Ruf è ad un passo così dallo sbattermi fuori!”
“Imparavi a seguire quello zuccone al posto di studiare.”
E quello si mise a fare i suoi soliti occhietti da criceto, qualcosa di così adorabile che nemmeno un demone avrebbe potuto dirgli di no.
Stava cercando di resistergli in tutti i modi, quando qualcuno li interruppe.
Una ragazza si avvicinò a James Potter e scuotendo la chioma morbida come seta gli si appollaiò accanto.
“James?” sorrise Liu Chang, in una nuvola di profumo. “Ciao. Posso sedermi qui?”
Lui la squadrò in un modo strano e per un folle istante l’attenzione dei Malandrini fu catturata dai sentimenti assurdi che gli uscirono dal petto ed entrarono nella testa del gruppo come dei fulmini.
Imbarazzo? Agitazione? E qualcosa come…paura…
“Liu Chang! Da quanto tempo.” Le sorrise, nella voce la gentilezza ma nel cuore qualcosa di misterioso. “Hai bisogno di qualcosa in particolare?”
“Solo salutarti! Non ci vediamo da un sacco!” Lei ricambiò il sorriso e ci si mise davvero poco a capire che se lo mangiava con gli occhi e che lo avrebbe piazzato su un piedistallo senza tante cerimonie. O dentro ad un letto. “E, anzi, in realtà c’è qualcosa che vorrei da te.”
Sirius stava già ghignando. Remus si rituffò nel libro arrossendo e Peter allungò in modo molto discreto il collo.
Lily Evans aveva smesso di giocare nell’acqua.
Liu Chang ridacchiò e gli passò una mano sul braccio. Gli occhi di Potter scintillarono.
“Ripetizioni.” Miagolò quella, e questa sì che era davvero la scusa più cretina del mondo per abbordare Ramoso. A Remus venne quasi una sincope per evitare di tossire in modo isterico.
“Ri-Ripetizioni?” balbettò James, preso in contropiede.
“Sei un asso in Difesa contro le arti oscure.” Liu gli si fece più vicina. “Io invece rischio l’insufficienza. Non sono proprio capace negli incantesimi di combattimento!”
“Io…beh…”
“Certo che ti farà ripetizioni!” saltò su Black, passandogli un braccio attorno al collo. “Sentito, Potter? Ripetizioni. Ripeeeetizioni…” e lo guardò in modo abbastanza eloquente.
“Sì.” Rispose James. “Cercherò di fare del mio meglio, Liu, anche se devo ammettere che il mio è un talento naturale.”
“Meno modesto la prossima volta…” sibilò da qualche parte dietro ad un libro Remus. “Rischi di passare per uno che si sottovaluta, poi.”
“So che sei bravo.” Ribatté quella, con una strana luce negli occhi. “Lo sai cosa ne penso delle tue capacità, te lo dissi qualche tempo fa, ricordi?”
“Ricordo.” Sussurrò James ed il gruppo sobbalzò perché da quel ragazzo era appena partita una scarica di adrenalina.
Liu non sembrò preoccuparsene ed anzi, era davvero al settimo cielo e non ci mise tanto a nasconderlo.
“Oh, sono sicura che sarai un maestro formidabile!” cinguettò e, senza tanti pudori, gli schioccò un leggero bacio sulla guancia. “Ti ringrazio infinitamente, mi salvi la vita e saprò come ripagarti!”
Si alzò e si unì ad un gruppetto di graziose Corvonero che l’accolse con gridolini eccitati e risatine.
“Quella vuole chiuderti in una stanza e non farti uscire fino al giorno dopo.” Se ne uscì Sirius, soddisfatto. “Altro che ripetizioni. Che tipetto pepato!”
“Ma era la tua ragazza?” saltò su Minus. “Sembra conoscerti bene.”
“No, mi faceva il filo qualche tempo fa. Ma non c’è mai stato nulla. Onestamente la ricordavo molto diversa da com’è adesso.” Borbottò Potter ed esasperato Black notò che sembrava tutto meno che contento di quella nuova situazione.
James si era fatto pensieroso.
Un tempo questo lo avrebbe piacevolmente divertito.
Invece ora…
Guardò di nuovo in direzione di Lily Evans.
Stava camminando stizzosamente verso il castello, nella direzione opposta.
Remus e Peter erano sorpresi: di solito il rampollo iniziava a sogghignare quando una bella ragazza gli faceva capire in modo cosi esplicito le sue intenzioni.
"Il nostro James preferirebbe che un'altra ragazza gli chiedesse ripetizioni." se ne uscì Lupin, in modo dolce.
"Eh?!” Potter saltò su come punto da un porcospino. “Ma figurati! Ti ho già detto che Lily Evans non mi interessa!"
"Ma io non ho fatto il suo nome."
Ecco, si era fregato da solo. Stava per ribattere quando a toglierlo dall’impiccio fu un Serpeverde che, sogghignando, sventolò in modo malizioso quello che Potter stava cercando disperatamente da due giorni a quella parte.
Nott si indirizzò con Lucas Gibbon e Thorfinn Rowle dietro il colonnato, con in mano la lettera di Lily Evans e senza dubbio intenzioni sgradevoli. Quello schifo era arrivata fino alla feccia ma Potter ne aveva abbastanza.
Si alzò con un sospiro e stirò un sorriso ai compari.
“Scusatemi un attimo.” E li mollò su due piedi, seguendo i tre bastardi fino all’altra parte del giardino.
Li trovò a sogghignare e non ci vide più.
“Hey, schifezze.” Esclamò a voce alta. “Ce ne avete messo davvero poco di tempo per farmi girare le palle una seconda volta. Quella roba mi appartiene, quindi tornate a cuccia nelle vostre tane e mollatela.”
“Questa roba appartiene alla vostra Prefetto.” Ribatté Nott, altissimo e già con un principio di scogliosi, lisci capelli neri a coprire la fronte. “E devo dire che non sono forse l’unico Serpeverde a cui non è ancora passata in mano, la cosa mi incuriosisce parecchio. Faresti meglio a girare al largo, Potter.”
“Anzi no, rimani.” Ringhiò Gibbon, sfregandosi le nocche. “Quei ragni mi hanno morso le chiappe e non mi sono potuto sedere per ventiquattrore. Ti renderò il favore, schifoso Babbanofilo.”
“Vaffanculo Gibbon, ti ho fatto solo un favore, grasso come sei.”
“Ma tu guarda come corre dietro alla gonnellina della rossa.” Nott gli si parò davanti, ghignando. “Ti ha mandato lei a recuperare la roba? Ma quanto sei sotto, Potter?”
“Devo ricordarti di come strillavi quando i ragni hanno invaso la tua stanza, Nott? Neanche una ragazzina farebbe di quegli acuti. Levati dalle palle, non fai paura a nessuno.”
“Oh, di paura ne avrai eccome.” Il sorriso di quello divenne largo. “Ti ricordo che qui siamo in tre.”
E James Potter sorrise, sorrise dal cuore. Lo squadrò eccitato come un bambino e quel sorriso parve mettere del disagio ma non fecero in tempo a concepire che probabilmente Potter non vedeva l’ora che il primo pugno volò nell’aria.
Quando tornò due ore dopo a lezione, Potter aveva un occhio nero che fece sbarrare gli occhi praticamente a metà classe ma a quanto pare il professore di Storia, oltre ad essere rincoglionito, era diventato post morte pure cecato perché Ruf non si accorse nemmeno della sua entrata in classe e tirò dritto con la lezioncina.
Quello sorrise tranquillo fino al suono della campanella, ignorando i bisbigli di Black e le palline di carta di Peter.
Nella tasca stringeva la lettera di Lily Evans e a parte un leggero giramento di testa, tutto sembrava procedere per il migliore dei modi.
Alla fine della lezione si alzò come un fulmine, fece  per raggiungerla, sfiorarle una spalla e sbatterle tra le mani quello che le spettava di diritto quando la testa iniziò a girare veramente, stavolta.
Se Potter pregustava già un abbraccio da parte della bella Grifoncina, dovette accontentarsi di quello di Peter perché, mentre il corridoio aveva iniziato a fare la hola davanti ai suoi occhi, i piedi persero l’equilibrio e tutto si fece buio.
Gli svenne praticamente addosso e non aprì gli occhi se non quando si trovò, un’ora dopo, in infermeria, con Madama Chips che sclerava.
Tutto quello che riuscì a sognare furono labbra morbide, pelle di burro e una liscia chioma rosso sangue.
L’aveva fregato, rifletté sdraiato a letto, ancora mezzo intontito. Quel sorriso l’aveva proprio fregato.
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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