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Autore: heliodor    03/01/2018    5 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Una rara abilità

Gli incubi iniziarono a tormentarlo il terzo giorno, quando in preda alla febbre alta entrò in una sorta di dormiveglia delirante.
Iniziavano sempre con i ricordi di quando era a Valonde, prima come giovane rampollo della casata reale, durante gli anni spensierati passati a palazzo giocando con le sorelle e i fratelli, poi come stregone consacrato al tempio del circolo, nei lunghi pomeriggi passati ad allenarsi per cercare di affinare le sue scarse doti magiche.
Per lui era sempre stata una gran fatica stare dietro ai fratelli e soprattutto Bryce. Lei però era superiore a tutti e questo gli pesava di meno.
Non c'era vergogna a essere sconfitto dalla strega suprema.
Erano stati anni spensierati e pieni di scoperte. Il primo bacio dato dietro a un aiuola a una giovane servetta, la prima volta che lui e Melya, la bella strega di due anni più grande, avevano usato una delle camere "private" del circolo, più per curiosità che per reale desiderio e la sgridata che aveva avuto da suo padre, quella volta che lui e Karv si erano messi in testa di esplorare una vecchia miniera dove si diceva si nascondesse una banda di ricercati ed erano finiti per sbaglio in un pozzo, venendo liberati solo due giorni dopo...
Anni splendidi che non sarebbero mai più tornati. La guerra li aveva spazzati via per sempre. E tutto per colpa di Malag.
L'arcistregone era la presenza oscura dei suoi incubi. Se ne stava acquattato in un angolo come un'ombra minacciosa pronto a balzargli addosso non appena abbassava le difese.
Nel delirio succedeva spesso e lui era costretto a rivivere il giorno in cui lo aveva incontrato per la prima volta.
Era stato sei giorni dopo essere tornati da Vanaria. Il viaggio di ritorno era stato un incubo per i diciotto prigionieri che erano sopravvissuti allo scontro.
Stipati nella stiva senza acqua né cibo, quasi tutti feriti o in fin di vita, avevano compiuto tutta la traversata senza vedere la luce del sole nemmeno per una volta.
Cinque erano morti nella traversata. Un sesto, Harlick, appena sbarcato dalla nave, aveva cercato di fuggire. La strega bianca lo aveva immobilizzato con la sua corda magica e poi lo aveva spinto in acqua.
Indebolito dal viaggio e dagli stenti, Harlick aveva annaspato per alcuni secondi e poi era andato a fondo.
Uno degli stregoni presenti aveva fatto per gettarsi in acqua, ma Nimlothien aveva scosso la testa.
Harlick non era riemerso.
Roge aveva fatto appena in tempo a guardarsi attorno mentre veniva trascinato senza tanti complimenti sul molo.
Erano sbarcati in un piccolo fiordo circondato dalle montagne. A picco sul mare sorgeva un castello che sembrava emergere dalle rocce sottostanti. Una scalinata scavata nella roccia si inerpicava lungo la parete della montagna per terminare in una minuscola entrata.
Fu da quell'apertura che entrarono nel castello. Attraversarono un corridoio scavato nella roccia che terminava in un'ampia sala esagonale. Da lì partivano altrettanti corridoi.
Roge e gli altri prigionieri vennero sospinti in uno di essi e poi nelle celle chiuse da pesanti porte d'acciaio.
"Solida roccia spessa due metri" spiegò una delle streghe che faceva da carceriere. "E la porta è di acciaio rinforzato."
La cella era larga appena per ospitare un giaciglio ed era senza finestre. Appena chiusa la porta Roge si ritrovò immerso nel buio, fatta eccezione per la debole luce delle torce che filtrava da sotto la porta.
La esaminò con cura, compresa la serratura. Anche usando i dardi magici non sarebbe riuscito a scalfirla. E il rumore avrebbe subito fatto accorrere le guardie, con chissà quali conseguenze.
Se avesse avuto la capacità di lanciare una palla di fuoco avrebbe potuto provare ad abbatterla, ma non aveva quel potere.
Mirianye invece l'aveva. Era una strega dal corpo minuto ma dal carattere determinato. Era sopravvissuta alla battaglia e al viaggio ed era nella cella accanto alla sua.
"Mirianye" urlò dopo aver battuto sulla porta. "Mirianye."
"Roge" rispose la ragazza. "Che vuoi?"
"Puoi usare una palla di fuoco per abbattere la porta?"
"Potrei ma..."
"Ma cosa?"
"La cella è troppo stretta. Il contraccolpo mi ucciderebbe."
"Usa lo scudo magico, no?"
"Hai idea di cosa significhi? Non voglio morire carbonizzata."
Roge batté il pugno contro la porta. "Preferisci morire sotto tortura?"
Mirianye non rispose.
"È quello che ci faranno" disse Roge. "Uno alla volta verremo interrogati e poi uccisi quando avranno ottenuto tutte le informazioni possibili."
"Taci, Roge" disse una voce da una cella distante. "È colpa tua se siamo qui."
Era Cune, l'illusionista.
"Colpa mia?"
"Il piano è fallito per colpa tua" disse Cune.
"Stai zitto, Cune" disse un'altra voce. "Roge non ha colpa. Wena ci ha traditi."
"No, sta zitto tu Armaghor" disse Cune con tono piagnucolante.
"Basta" fece Karv. Anche lui ce l'aveva fatta, ma era debole e stanco. Sulla nave non avevano parlato molto e sembrava aver perso tutta la sua determinazione.
Roge pensò a tutti quelli che non ce l'avevano fatta. Beriv, Marleen, i fratelli Josen e Lyane e tanti altri.
Erano stati dei folli a pensare di poter vincere la guerra in quel modo. Aveva perso tutto. Gli amici, il rispetto di quelli che erano sopravvissuti, ma soprattutto quello di suo padre. Non riusciva a immaginare come avrebbe reagito alla notizia del suo tradimento.
Durante i giorni che avevano preceduto la battaglia aveva immaginato il suo ritorno trionfante a Valonde, accolto come un eroe di guerra da quelli che lo avevano giudicato con scetticismo.
Avevano ragione loro e lui torto.
Roge non era fatto per la guerra e adesso se ne rendeva conto. Era solo uno stupido ragazzino senza alcuna vera esperienza, a parte gli anni passati al circolo ad allenarsi.
E poi c'era Joyce.
Lei era la vera vittima di tutto quello. Non l'aveva più vista e con lei Wena. La strega traditrice era stata mandata a prenderla da Nimlothien, ma non era mai tornata.
Tutti loro erano stati portati via poco prima che i sigilli venissero attivati. Roge non aveva potuto far altro che guardare implodere la montagna senza poter fare niente.
Non c'era stato tempo per cercare tra le macerie ed erano stati imbarcati su una delle due navi rimaste sul molo.
Joyce.
Il pensiero che fosse morta per colpa sua lo atterriva.
La piccola Joyce che si fidava di lui e che era stata tradita e usata come esca.
Come aveva fatto a farsi convincere a fare una cosa così scellerata? Che razza di persona era? Non riusciva nemmeno a definirsi fratello.
Avrebbe dovuto proteggerla invece di esporla a un rischio così grande e inutile. Avrebbe dovuto opporsi a Wena quando li aveva riuniti e illustrato il suo piano. Avrebbe dovuto dirle che lui, Roge di Valonde, si sarebbe fatto uccidere piuttosto che far correre alla sua sorellina quel rischio.
Invece aveva accettato ed era caduto nella trappola tesagli da Wena.
Solo adesso si rendeva conto di quanto era stato ingenuo, illuso e stupido.
Soprattutto stupido.
La porta si aprì, lasciando filtrare la luce esterna. Sulla soglia c'erano due stregoni che non aveva mai visto prima di allora. Indossavano mantelli color crema senza alcun simbolo ricamato. Erano dei rinnegati?
Uomini di Malag, pensò Roge. Una volta passati dalla sua parte non c'erano più simboli da esporre.
"È lui?" chiese uno dei due.
Alle sue spalle, Nimlothien, la strega bianca, gli gettò un'occhiata annoiata. "Sì."
"Mi chiedo cosa ci trovi di così interessante in questo tizio" disse l'altro stregone. "A me sembra così insignificante."
Roge rimase in silenzio, dominando il desiderio di gettarsi verso di loro lanciando i suoi dardi. Ma era sicuro che se lo avesse fatto Nimlothien lo avrebbe ucciso senza tanti rimpianti.
"Alzati" disse la strega bianca con tono che non ammetteva repliche.
"Perché?"
"Fallo e basta. In piedi."
Roge obbedì. Si sentiva debole e aveva sete a fame, ma cercò di non darlo a vedere. Gli abiti sbrindellati gli stavano larghi, ma quando li aveva indossati gli andavano a pennello.
Uno dei due stregoni lo afferrò per la spalla e lo spinse fuori dalla cella.
Nimlothien marciò in testa al gruppo, seguita da Roge e i due stregoni ai suoi fianchi. Camminarono a lungo, salendo scale e percorrendo corridoi immersi nella semi oscurità nonostante le torce accese.
Quando affrontarono una scala a chiocciola Roge capì che stavano scalando una torre. Al termine della scalinata di era una sala circolare al centro della quale ardeva un braciere.
Lungo le pareti erano allineati diversi scaffali pieni di libri. Vicino al fuoco vi era una comoda sedia imbottita e, dalla parte opposta, una scrivania ingombra di libri e pergamene tenute aperte con piccole pietre levigate.
Sulla sedia era seduto un uomo.
Roge faticò a metterne a fuoco la figura a causa della penombra in cui era immerso. Aveva un aspetto fragile, scheletrico. I capelli erano sottili fili d'argento che scendevano disordinati su spalle ossute coperte da un semplice mantello bianco immacolato.
I suoi occhi erano grigi e senza luce, fissi sul fuoco che ardeva nel braciere. Teneva le mani intrecciate sul ventre. Le dita ossute sembravano quelle di uno scheletro.
Non indossava monili a parte un anello con una pietra rossa che brillava sotto la luce del fuoco come una goccia di sangue.
Nimlothien fece un cenno ai due stregoni e avanzò verso il centro della sala. Si avvicinò alla sedia e si chinò in avanti sussurrando qualche parola all'orecchio dell'uomo.
Questi volse la testa verso Roge. Nel suo sguardo sembrò accendersi una scintilla d'interesse. Sussurrò qualcosa in risposta alle parole della strega bianca e questa si allontanò di qualche passo tornando verso di loro.
Fece un cenno ai due stregoni. Questi si fecero indietro e lasciarono la sala, seguiti da Nimlothien.
Roge si voltò vedendoli sparire mentre scendevano la scala a chiocciola. Quando si voltò ebbe un sussulto.
La sedia era vuota.
L'uomo si era alzato e aveva camminato fino alla scrivania. In piedi sembrava un fantasma dall'aria fragile e indifesa. Gli sarebbe bastato evocare un dardo magico per colpirlo.
Sarebbe stato così facile.
"Non aver paura, Roge di Valonde. Vieni avanti."
L'uomo parlò con voce sottile e incerta, come se ogni parola gli costasse una fatica enorme.
Roge si fece coraggio e mosse un paio di passi verso la scrivania. Solo allora notò il vaso di terracotta poggiato sopra di essa e i fiori di colore viola che spuntavano. Emanavano un odore di lavanda fresca che gli fece arricciare il naso.
Per un attimo rimase sconcertato, incapace di pensare ad altro. Tutto si era aspettato che trovare dei fiori in quel posto.
Si fermò e rimase in silenzio e immobile.
"Ti starai chiedendo se sono davvero io" disse l'uomo.
Roge sentì la gola seccarsi. "Tu sei lui?"
L'uomo sollevò la testa esibendo un sorriso grottesco. La pelle del viso era così sottile e tirata da sembrare appiccicata sulle ossa. "Sono Malag" disse senza alcuna inflessione.
"Ti facevo più... imponente" disse Roge rendendosi conto solo dopo averlo detto di quanto fosse stupida e inadeguata quella frase.
"Non sono mai stato di corporatura massiccia" disse Malag con voce gracchiante. "Anche da giovane, nel fiore dei miei anni, ero gracile e debole. Niente in confronto ai giovani e aitanti stregoni del circolo di Valonde."
Quel riferimento fece fremere di rabbia Roge. "Che cosa ne sai tu?"
"Più di quanto credi, Roge."
"Vieni dal mio stesso circolo?" Nessuno sapeva da quale circolo provenisse Malag. Dalle poche informazioni raccolte al tempo della prima guerra, molti pensavano che fosse un rinnegato, ma non si era mai riusciti a scoprire da quale circolo fosse stato espulso. Nei registri non vi era traccia di Malag o di un suo omologo.
Altri supponevano che il suo circolo lo avesse cancellato dai registri per la vergogna e la paura di ritorsioni da parte degli altri, ma erano solo teorie.
Malag sorrise. "No, ma ho conosciuto molti dei tuoi confratelli. Alcuni di loro prima che tu nascessi. Pochi, ancor prima che la casa reale di Valonde diventasse così famosa e potente."
"Non capisco."
"Non è necessario. Credimi quando ti dico che molte delle cose che mi sono accadute sfuggono persino alla mia comprensione. Ma non voglio tediarti con i miei racconti da vecchio. Ho altri argomenti da affrontare e il tempo stringe."
"Mia sorella."
Malag gli scoccò un'occhiata dubbiosa. "A quale delle due ti riferisci?"
"Lo sai di chi parlo. Joyce."
Malag annuì.
"Che cosa vuoi da lei? Perché hai mandato Nimlothien a prenderla?"
"È la figlia del mio peggior nemico, l'uomo che guida l'alleanza che ha deciso di combattermi. Averla nelle mie mani mi avrebbe dato un certo potere su di lui, devi ammetterlo."
Era una buona spiegazione, ma Roge ci aveva pensato a lungo sopra ed era giunto alla conclusione che doveva esserci dell'altro. "Ci sono altri sovrani forti e importanti quanto mio padre nell'alleanza. Tu hai cercato di rapire per tre volte Joyce."
Malag sospirò. "Lo ammetto, la ragazzina senza poteri mi interessa."
Quella ammissione così palese sorprese Roge. Possibile che fosse bastato così poco per far crollare Malag, l'arcistregone che stava mettendo in ginocchio un intero continente?
"Perché?" chiese dopo alcuni secondi.
Malag scosse le spalle. "Perché le cose non dovevano andare in questo modo."
"Cosa?"
"Chiedilo a tua madre, quando e se vi rivedrete."
"Dimmelo tu visto che sembri così bene informato."
"Io non so esattamente come siano andate le cose, quel giorno. Non ero presente. Tua madre invece..."
"Ormai non ha più importanza" disse Roge con voce roca. "La tua leccapiedi, Nimlothien, l'ha lasciata morire a Vanaria."
Malag fece scattare un sopracciglio. "Ti consiglio di non parlare con quel tono in sua presenza. Per quanto riguarda tua sorella, le informazioni di cui sono in possesso dicono che è in salvo."
"Dove?"
"In un luogo sicuro, per il momento."
"Come faccio a crederti?"
"Non devi, non sei obbligato, ma perché dovrei mentirti?"
Roge voleva credere alle parole di Malag, con tutte le sue forze. Se Joyce era viva, forse suo padre lo avrebbe perdonato, se mai fosse riuscito a tornare da lui.
"Non ti ho fatto portare qui per parlare di tua sorella" proseguì Malag senza attendere la sua risposta. "Ma di te."
Ecco, pensò Roge. È arrivato il momento. Nimlothien lo aveva tenuto in vita fino ad allora solo per dare a Malag la gioia di ucciderlo con le sue mani? Lo avrebbero fatto a pezzi e poi spedito a suo padre per vendetta?
"So che sei stato consacrato quattro anni fa. È giusto?"
"Sì" rispose Roge. Dove voleva arrivare? Voleva torturarlo prima di eseguire la sua condanna a morte? Forse, se lo avesse attaccato subito costringendolo a reagire, poteva accorciare quel tormento. Almeno sarebbe morto cercando di uccidere l'arcistregone.
"E so anche che non sei uno stregone brillante."
Non lo era mai stato. I suoi poteri erano limitati e nonostante i suoi sforzi non era mai riuscito a migliorarli. Era un mediocre, come ne esistevano tanti.
"È vero" disse con mestizia.
Malag sospirò. "Ma ciò che non ti è stato donato in quantità, ti è stato donato in qualità."
Roge si accigliò.
"So che possiedi un'abilità molto rara."
Roge rifletté sulla risposta da dargli. "Ho molte qualità nascoste."
"Io parlo di un'abilità particolare. Forse non molto utile, ma rara e quindi preziosa. Mi sbaglio?"
Doveva negare? Malag sembrava sapere tutto su di lui e invece Roge sapeva pochissimo del suo interlocutore. "Non ti sbagli, ma non so a cosa possa servirti."
"I dettagli sarebbero inutili."
"E non è un'abilità molto rara."
"Solo uno stregone su diecimila."
"Ma esistono più di diecimila stregoni."
"Ma nessuno di questi ha la tua abilità" disse Malag con tono dispiaciuto. "In verità ne avevo uno al mio servizio, ma ha deciso di abbandonarmi sul più bello e adesso devo rimpiazzarlo."
"Con me?"
Malag sorrise. "Forse possiamo raggiungere un accordo soddisfacente per entrambi."
"Accordo?"
"Uno scambio di favori. Io ti do la possibilità di guadagnarti la libertà nel modo che preferisci e tu in cambio fai un favore a me."
Roge non credeva a una sola parola, ma che alternative aveva? Era suo prigioniero e se avesse risposto di no era probabile che non arrivasse a vedere una nuova alba.
"Ti ascolto" disse.
Malag lo guardò soddisfatto. "Parliamo della tua abilità speciale."
"Che cosa vuoi sapere?"
"Ogni cosa."
Roge cominciò a parlare.

Note: sorpresi, vero? Non vi aspettavate un capitolo su Malag per cominciare l'anno nuovo, ci scommetto. E le sorprese non sono finite, visto che tra breve torneremo a Valonde con il POV di Bryce e scopriremo finalmente che cosa è accaduto il giorno dell'attacco!

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