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Autore: koan_abyss    16/02/2018    4 recensioni
Il percorso di cinque giovani Serpeverde attraverso le influenze e le aspettative delle famiglie, della comunità magica, di alleati e rivali dai primi anni di scuola al culmine della II Guerra Magica.
Gli anni immediatamente precedenti e quelli narrati nei libri della Rowling visti dagli occhi di Severus Piton: le sue esperienze, i suoi legami, la sua promessa.
Mentre i suoi studenti sfogliano le canzoni dell'innocenza, si confrontano con le tradizioni, costruiscono a poco a poco la loro identità, Severus Piton, incastrato nel suo doppio ruolo di Direttore di Serpeverde ed ex-Mangiamorte, diventa suo malgrado una figura importante per loro e le loro scelte future.
La fanfiction non intende discostarsi dal canon, ma anzi seguire fedelemente la storia originale del punto di vista verde-argento.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 3



Le ragazze avevano in programma di andare a far visita a un gruppo di amiche che si erano diplomate l’anno prima e che avevano incrociato per caso il giorno precedente; poi, erano ufficialmente invitate ad unirsi alla visita d’onore organizzata per il Ministro bulgaro e il suo entourage.
Will e Liam le salutarono con un po’ di rammarico subito dopo colazione.
“Dov’è la guardiola?”
“Dubito che siano ancora lì. Proviamo al limitare del boschetto.”
Si incamminarono.
“Quindi…non vuoi discutere i dettagli?” chiese Liam, sornione.
Will rise: “I dettagli sono ancora un po’ sfocati, a dir la verità. Ma è stato…cazzo, è stato fantastico!”
Erano quasi al bosco e parlavano piano quando un ragazzino si avvicinò di corsa agitando un braccio: “Ciao, Will! Warrington…”
“Uh? Oh, Curley,” fece Will.
Eric Curley era un Serpeverde del terzo anno. Euriale lo definiva una delle groupie di Will: il ragazzino aveva iniziato a suonare per imitare il compagno più grande ed era diventato bravino, nell’ultimo anno. Liam e Will gli permettevano a volte di provare con loro.
“Sei con i ragazzi del tuo anno?” gli chiese Will.
Curley sbuffò: “No, purtroppo. Malcom e i suoi non hanno trovato i biglietti, Esther e Sendhil sono con la famiglia e non si possono allontanare.” Diede un’occhiata alle sue spalle: “Io sono con mio padre e i suoi colleghi, e mi sto annoiando a sangue. Voi siete con gli amici?”
“Sì, con il fratello maggiore di Isabel e i suoi compagni…ci sono anche le ragazze,” gli ripose Will.
Liam invece allungò il collo nella direzione indicata da Curley. Vide tre maghi sulla quarantina che li osservavano con aria severa. Si irrigidì e levò le mani dalle tasche prima di rendersene conto.
Will, che stava già parlando di musica, lo guardò un po’ sorpreso: “Che c’è?”
Liam gli mise una mano in mezzo alla schiena e strinse saldamente il tessuto della maglietta.
“Tuo padre è un Auror, Curley?” chiese con tono neutro.
Will guardò a sua volta e rimase muto.
“Uhm, no,” rispose Curley, sconcertato. Si girò a indicare i tre uomini: “Mio padre è l’uomo di colore più basso. Lavora all’Ufficio per la Cancellazione della Magia Accidentale. Gli altri sono suoi amici: loro sono Auror. Quello alto è Kingsley Shakebolt, l’altro si chiama Edward Sanders…”
Will sostenne lo sguardo dell’uomo.
“Sono calmo,” disse a Liam, che lo lasciò andare.
Curley li osservava.
Will gli sorrise un po’ forzatamente: “Ci guardano un po’ strano o è una mia impressione? Hanno paura che ti mettiamo nei guai?” aggiunse, mettendo un braccio attorno alle spalle del ragazzino.
“Può darsi…” rispose quello, arrossendo.
Will sbuffò con aria divertita: “Dovresti venire con noi.”
Liam rimise le mani in tasca e non accennò a riprendere a camminare.
Fece cenno di no con il capo, solennemente: “È troppo giovane. Ho detto di non a Malfoy e a maggior ragione Curley non può venire con noi.”
“Può accompagnarci fino al boschetto,” sancì Will, cominciando a muoversi. “Non sarai neanche fuori dal campo visivo del tuo vecchio,” fece a Curley, voltandosi sopra la propria spalla a osservare il padre del ragazzo e i due Auror.
I tre uomini si scambiarono poche parole secche, poi il signor Curley mosse qualche passo dietro i tre Serpeverde. Sanders lo afferrò per un braccio e Shakebolt scosse la testa. Eric Curley non se ne accorse: aveva ripreso a chiacchierare eccitato, come tutte le volte che si trovava con Will.
Normalmente quei due assieme davano il mal di testa a Liam, ma ora Will si limitava ad annuire con un sorriso poco rassicurante sulla faccia, e l’aria di chi non sta ascoltando una parola.
Liam si fermò di nuovo a una cinquantina di metri dal bosco: “Capolinea per i piccoli.”
Curley lo fissò un po’ risentito.
“Devi venirmi a trovare a Tain, dopo la Coppa del Mondo,” gli disse Will. “Suoniamo tutti assieme alla Rocca, vi va?”
“Sicuro!” rispose pronto Curley.
Liam annuì: “Certo. Divertiti stasera, Curley. Ci vediamo.”
“Sì…anche voi. A presto, Will,” replicò il ragazzino.
Will sorrise e sollevò la mano. Rimase a guardare Curley tornare dai suoi adulti.
“McIver, voglio levare te da sotto il naso di quell’Auror e anche il contrario, se non l’avessi capito,” gli ringhiò quasi Liam.
Will si girò verso di lui: “E perché? Mi sono controllato, no?”
“Oh, certo! E ti sei messo a dare false speranza a Curley davanti a quei tre perché…?” ghignò Liam.
“Non so di cosa parli,” rispose Will con un’ultima occhiata a tre uomini. “E perché ‘false speranze’? A me Curley è simpatico. Sa suonare. È nostro amico.”
“Vabbe’, lasciamo perdere,” ghignò Liam. Fecero qualche passo in silenzio. “Sei sicuro di stare bene? Davvero sei calmo?”
Will inspirò a fondo.
“…Sì,” esalò alla fine. “Massì. È un giorno troppo buono per prendersela per qualunque cosa.”
Trovarono gli altri vicino al bosco, come avevano supposto, riuniti vicini a una tenda maestosa con dei pavoni vivi legati davanti all’ingresso. I due nuovi arrivati vennero accolti da strilla stonate e ruote.
Oltre ai loro amici c’erano diveris adulti: Morgan Throckmorton e Chudderley parlavano con un mago e una strega che Liam e Will avevano incontrato altre volte dai Gascoyne-De Atienza. Tyrell era con suo cugino, che rideva a crepapelle con un uomo di nome Nott.
“Diavolo, ma tutti i Plimmswood sono così grossi?” fece Will.
“Be’, anche Maddie non è piccola…” gli rispose Liam.
“Ma lei è longilinea!”
“Probabilmente perché è una ragazza e perché non si allena da battitore.”
Olivier conversava nientemeno che con Lucius Malfoy, il padrone della tenda: quel giorno evidentemente toccava a lui ospitare amici, compagni e parenti.
“Alla buon’ora,” li salutò Olivier.
Lucius Malfoy invece li accolse da perfetto padrone di casa, mentre sua moglie, una bella donna altrettanto bionda e pallida, faceva lo stesso con altri ospiti.
“Draco ha qualche ora di libertà?” chiese Liam. “Ho visto il signor Nott, dev’esserci anche Theodore…”
Lucius Malfoy annuì: “È riuscito a sfuggire alla guardia di sua madre. È giusto che si goda gli amici, stasera sarà con noi in Tribuna d’Onore…” aggiunse rivolto a Olivier.
Il ragazzo rispose al suo sorriso affettato: “Ho sentito della generosa offerta al San Mungo. Un grande gesto, in cambio di un favore così piccolo come i biglietti per una finale…”
Lucius Malfoy si strinse nelle spalle compiaciuto.
“Noi saremo a bordo campo, vicino alla panchina dell’Irlanda,” continuò Olivier. “Un favore di Plimmswood, e del capitano Lynch: ha festeggiato con noi la selezione in Nazionale, lo scorso dicembre.”
“Davvero?” chiese Lucius Malfoy.
“Già…ci ha regalato una decina di biglietti, e abbiamo invitato anche Warrington e McIver, qui…”
Un altro uomo li interruppe: “Mi venisse un colpo! McIver? Hai detto McIver?” Si fece avanti un mago dell’età di Malfoy.
“Richard…” lo salutò Malfoy.
Olivier spostò lo sguardo dal nuovo venuto a Will, e poi di nuovo sul mago. Liam ricordava di averlo visto il giorno prima guardare Tyrell esibire le sue doti di battitore.
“Lucius!” tuonò quello, dando una pacca sulla schiena a Malfoy. “È il figlio di Thomas! Dovevi dirmelo!”
“Sì…chissà perché mi è passato di mente,” rispose il biondo, infastidito.
“Conosceva mio padre, signore?” chiese Will, facendosi attento.
“Certo! William, vero? Non ti avrei riconosciuto, se non avessi sentito il tuo nome: l’ultima volta che ti ho visto eri un bambino…e ovviamente non hai lasciato il fianco di tua madre neanche per un istante.”
Will realizzò che l’uomo parlava del giorno del funerale di suo padre. Lo osservò attentamente, cercando di ricordarlo: capelli scuri, abbronzato, occhi penetranti.
“Non puoi ricordarti di me,” sorrise l’uomo. “Quanti anni sono? Cinque?”
“Sei.”
“Di già! Be’, io sono Richard Cartright. Somigli al tuo vecchio, ragazzo?”
“Io…spero di sì,” replicò Will, interdetto.
Cartright rise: “Sono sicuro di sì! Io lo conoscevo bene, Thomas…”
“Davvero?” domandò Will, sentendo nascere un timido entusiasmo.
“Potrei raccontarti delle cose…Ti racconterò delle cose, anzi!”
Lucius Malfoy alzò entrambe le sopracciglia: “Mi auguro nei limiti di…”
Cartright lo interruppe con un gesto della mano: “Il ragazzo sa già le cose belle: tua madre ti avrà ripetuto mille volte che marito e che padre fantastico era Thomas, ma tu meriti di sapere tutto! Che idiota fosse ai tempi della scuola, quante volte è rientrato nudo al dormitorio…”
Will rise: “Perché?!”
“Le ragazze di Serpeverde non andavano tanto per il sottile, ai nostri tempi…”
“Neanche ora,” precisò Liam.
“Mi piacerebbe sentir parlare di mio padre, signore,” disse Will con un sorriso.
Era la prima volta che incontrava un amico intimo di suo padre. Il professor Piton lo aveva conosciuto, certo, ma non bene, e di sicuro non si era mai offerto di parlargli di lui.
Richard Cartright gli diede una pacca sulla spalla: “Ottimo. Vieni, William, figliolo. Prendiamoci da bere e parliamo. Non ti dispiace, Lucius, vero?”
“Fate come se foste a casa vostra,” rispose Malfoy, il sarcasmo appena percettibile.
“Il figlio di Thomas…” ripeté Cartright, con tono nostalgico. “E non è un bambino, è un uomo! Sono uomini, ormai…” aggiunse, indicando anche Olivier e Liam.
Olivier gli rivolse un cenno ironico.
“Il tempo è passato, Richard,” disse Malfoy, scuotendo piano la testa.
“Ah! Ma certe cose non si dimenticano, giusto? E si tramandano alle persone giuste…” rispose Cartright, scrollando la spalla di Will e rivolgendo un ghigno a Olivier.
“Certo,” convenne Malfoy. “Ma non c’è fretta,” aggiunse poi.
Cartright trascinò via un Will allegro e in qualche modo timido, secondo Liam.
Olivier ridacchiò, quando Malfoy sbuffò: “Speriamo che Cartright si mantenga nei limiti della decenza.”
Liam sorrise: “Ci sono molte storie indecenti, sul padre di Will?”
Lucius Malfoy si strinse nelle spalle: “Come su molti altri. Ma Cartright non ha figli e non credo che sappia distinguere tra aneddoti sul proprio padre che un ragazzo vorrebbe sentire e aneddoti da tacere.”
“McIver sarà pure un’anima candida, ma fino a un certo punto: è studente di Piton, in fine dei conti,” intervenne Olivier. Guardò Liam: “Dovresti raccontare al signor Malfoy di quel torneo di duello…”
Liam rivolse un ghigno all’espressione interessata di Lucius Malfoy.

L’esaltazione della folla gonfiò poco a poco. La si sentiva nelle voci più alte e acute, nel passo affrettato dei genitori e nelle corse dei bambini, nei sorrisi più frequenti e nelle mani che non riuscivano a stare ferme.
Olivier sedeva perfettamente immobile al centro di tutto senza lasciarsi sfuggire nessun dettaglio, sentendo su di sé sempre più frequenti le occhiate di Tyrell e gli altri ragazzi, come quelle di McIver e Warrington, il primo sfuggito a Cartright quando le ragazze erano tronate dal loro tour col Ministro.
Senza preavviso, ma chissà come tutti sembravano sapere cosa avrebbe fatto, Olivier posò il bicchiere e si alzò.
“È ora,” disse, mentre Lucius Malfoy diceva la stessa cosa al figlio a pochi metri di distanza, mentre centinaia di altre persone ripetevano le stesse parole ai loro cari, a se stesse.
La folla si scosse come uno sciame ordinato, diretto allo Stadio. Entravano nel loro alveare dorato, occupando i posti assegnati. Non erano api, erano formiche, pensò Olivier sprezzante, con le loro file ordinate e precise, con le loro regole, i biglietti, lo svago socialmente accettabile del quidditch.
Notò Heartilly prendere un’ampolla. Fece lo stesso e scontrò le due boccette in un brindisi dedicato all’ottenebramento dei sensi, letteralmente. Meglio così: lui non era una formichina, non voleva provare quello che provavano loro.
Scesero fino a bordo campo, Higgs che quasi iperventilava all’idea di essere tanto vicino all’ingresso degli atleti. Olivier si accomodò tra Plimmswood e Chudderley, prontò a osservare la partita attraverso di loro.
Will si sedette tra Euriale e Madeline, dietro a Liam, da dove poteva facilmente chinarsi a parlargli all’orecchio. Così in basso il frastuono di tutto la Stadio sembrava schiacciarli. Will si limitò a sorridere a Euriale, che cominciava a sentire gli effetti della Pozione Inibente e gli si aggrappava, come sempre sconcertata quando il suo potere veniva messo a tacere. Il ragazzo la strinse più forte e si unì alle ovazioni della folla, quando la voce di Ludo Bagman, amplificata per magia, riecheggiò per l’intero Stadio.
All’una di quella notte, tornando alla tenda insieme agli altri quattro amici, con Euriale che gli appoggiava la testa sulle spalle e le braccia attorno al collo, Will si disse che il risultato della partita non contava nulla. Si sentiva come se la Coppa del Mondo l’avesse vinta lui.

Ignorare le urla e i festeggiamenti stava diventando sempre più difficile, per Euriale. Un rumore di passi e un’esplosione di voci vicinissime alla loro tenda la fecero irrigidire.
“Non ci pensare, no farci caso,” mormorò Will, continuando a baciarle il collo.
“Non ci riesco,” sibilò irritata, muovendosi sotto di lui.
Poteva essere la Pozione Inibente che la rendeva così paranoica? Gli effetti cominciavano a svanire, forse si trattava di un effetto collaterale…
“Ascolta!” sussurrò all’improvviso, conficcando le unghie nelle spalle di Will.  
Lui si sollevò un poco. Nel chiarore prodotto da uno scoppio di luce all’esterno che attraversò il tessuto della tenda Euriale poté vedere l’istante in cui il fastidio sul suo voltò si tramutò in apprensione.
“Ma che sta succedendo?” Will si alzò e afferrò la bacchetta mentre urla e scoppi di incantesimi si intensificavano oltre il sottile riparo della tenda verde e blu.
I due uscirono dalla stanza, trovando Madeline sulla soglia della sua: “Stavo per chiamarvi…”
“No, prendi la bacchetta,” sentirono, prima che Liam si affacciasse nell’ingresso circolare.
Il ragazzo cercò Will con lo sguardo: “McIver, andiamo a vedere!”
“Credi che ci sia una rissa?” chiese il biondo, avvicinandosi all’entrata.
“Qualunque cosa sia, è a venti metri da noi e sarebbe prudente indagare…” rispose Liam.
Isabel fece capolino dalla stanza a sua volta, la bacchetta in pugno. Anche Madeline stringeva la sua. Le tre ragazze seguirono gli altri sulla veranda, dove rimasero tutti e cinque bloccati.
Il campeggio era illuminato solo da luci di incantesimi: le lanterne magiche che avevano illuminato il sentiero e il padiglione bianco erano in terra, frantumate e calpestate dalla moltitudine di maghi che avanzava dall’ingresso del campeggio verso il bosco. Sentirono voci familiari risuonare nella semi-oscurità.
“Eccoli!”
“Non ci credo, l’hanno fatto davvero!”
La piccola folla che si avvicinava venne accolta da risate e ovazioni, mentre si sgombrava il cammino con la magia, facendo saltare via tende e tavoli. Neanche il padiglione bianco venne risparmiato: prese fuoco all’istante, quando uno dei maghi che avanzava gli puntò contro la bacchetta. Come molti altri, la figura era incappucciata.
Seguendo gli strilli eccitati e le dita puntate di quanti avevano attorno, i cinque ragazzi alzarono gli occhi al cielo.
“Ma che cosa cazzo…” cominciò a chiedere Will, poi si zittì.
“Sono persone, quelle?” strillò Madeline.
Euriale si coprì la bocca con una mano, non appena si rese conto che Madeline aveva ragione: la folla di incappucciati teneva le bacchette puntate in alto, facendo galleggiare e sballottando in aria quattro persone, due adulti e due bambini. Uno dei maghi rivoltò a testa in giù l’unica donna e la folla fischiò oscenamente.
Euriale si sentì all’improvviso molto vulnerabile, semisvestita come le amiche. Afferrò il braccio di Will per attirare la sua attenzione.
“Forse dovremmo allontanarci,” disse agli amici.
Il pubblico degli incappucciati si faceva più numeroso, e premeva ai fianchi della loro formazione, che si stava avvicinando alla loro tenda.
Will strinse a sé la ragazza: “Va tutto bene…”
“Cosa?!”
“Ce l’hanno con loro perché sono babbani,” rispose Isabel scrollando i capelli.
Euriale la fissò: Isabel sembrava incapace di distogliere lo sguardo dalle quattro figure sospese in aria, eppure era convinta di non correre alcun pericolo. Bastava questo? Bastava il loro sangue a metterli al sicuro da quell’orda di ubriachi violenti? Perché no, si rispose la ragazza, sentendo la testa girare a quella constatazione: metà di quelle persone erano loro amici, vicini di casa che li avevano ospitati per colazione, negli ultimi due giorni. Euriale non aveva mai concepito l’idea che i privilegi dei purosangue, di cui loro tutti beneficiavano, consapevoli che ne fossero o meno, arrivassero a tanto: proteggerli dalle aggressioni, fare loro da scudo dalla violenza che si sfogava a pochi passi da loro. Assaporò la consapevolezza del potere che emanava da Isabel e Liam soprattutto. Sapevano, avevano sempre saputo, loro, che i loro nomi e le loro origini erano forza e protezione. Consci dei loro privilegi, gli esercitavano quando più erano utili: in caso di pericolo.
Altre persone cominciarono ad accorrere. Dipendenti del Ministero, probabilmente. Ma tutti si arrestarono prima di raggiungere gli incappucciati, raggruppandosi a loro volta prima di poter pensare di attaccare e disperdere la folla.
Nel breve momento di stallo che si creò, un giovane uomo si avvicinò di corsa, chiamando ad alta voce, e si immobilizzò tra la folla vociante e gli Auror, in mezzo al caos di tende in fiamme e che saltavano per aria. Era Tyrell Plimmswood.  Restò imbambolato a fissare i quattro babbani per aria, poi abbassò di scatto lo sguardo sugli incappucciati.
La folla di ubriachi lo chiamò: “Vieni!”
“Da questa parte!”
Tyrell li ignorò, mantenendo lo sguardo sugli incappucciati. Poi, stringendo i denti, riprese a guardarsi attorno e si tolse dalla strada della folla impazzita senza correre, evitando gli Auror e ricominciando a chiamare: “Maddie!”
Individuò la tenda blu e verde e vi si diresse, dando le spalle ai tafferugli, non appena scorse la cugina.
Anche lui sapeva, capì Euriale, di non avere niente da temere.
“Ty!”
“Maddie…” Tyrell le strinse le spalle, sollevato, poi si rivolse a tutti: “A nessuno venga in mente di mettersi a correre. Non provate a muovervi. Aspettiamo qui.”
Diede un’occhiata di sfuggita quando dipendenti del Ministero e Auror, ormai numerosi, cominciarono a scagliare timidamente incantesimi.
Liam e Will si scambiarono un’occhiata.
“Non ci pensiamo proprio a scappare,” rispose Will.
Liam annuì, osservando un paio di incappucciati e Auror incominciare a duellare: “Anzi, forse dovremmo…”
“Scordatelo, Warrington” ringhiò Tyrell. “Siete affidati a me! Olivier può fottersene, delle conseguenze, ma io…” Si interruppe perché la tenda ondeggiò paurosamente, spinta, premuta e calpestata dalla folla che faceva spazio agli scontri.
Gli incappucciati ridevano beffardi, facendo vorticare sempre più i loro ostaggi, che gli Auror temevano di far precipitare.
Will intravide per caso Edward Sanders imprecare frustrato. Doveva aver capito che non appena stanche del gioco, gli incappucciati (‘i Mangiamorte’, corresse una voce nella sua testa) si sarebbero semplicemente smaterializzati, lasciando gli Auror a prendere al volo, o a raccogliere, i quattro babbani.
Che fosse anche quello un caso, o se l’uomo avesse percepito il suo sguardo e i suoi pensieri, Will si ritrovò a fissare Sanders dritto negli occhi.
Gli ultimi effetti della Pozione Inibente svanirono, e Euriale poté assaporare l’improvvisa fitta di furia di Will, l’esaltazione di Liam e sorprendentemente il particolare stato d’animo che l’anticipazione del duello risvegliava in Madeline. Ma su tutto dominava una sorta di ilarità, che faceva da contrappunto e ridicolizzava la paura degli altri avventori del campeggio, in fuga verso il bosco. A Euriale sembrava quasi di poterla localizzare, là, in quella figura incappucciata più avanzata delle altre, fuori formazione, che apostrofava beffardamente un Auror.
“Allontaniamoci dalla tenda, non facciamoci travolgere,” stava gridando Tyrell, quando l’ennesimo lampo di luce verde squarciò il cielo.
Ma questa volta proveniva dal bosco, e non dalla folla di incappucciati o dai loro avversari.
Tutti alzarono gli occhi: un gigantesco teschio stelle verdi con un serpente che scivolava attraverso i denti illuminava il bosco e l’intero campeggio, visibile da chilometri di distanza. Nessuno dei centomila maghi riuniti per la finale quella notte avrebbe potuto mancare di vederlo.
La calca iniziò a strillare in preda al panico, fuggendo nella direzione opposta a quella in cui si era diretta fino a un attimo prima.
L’incappucciato tanto divertito che Euriale stava osservando guardò stupito i suoi compagni disperdersi, poi venne contagiato dalla loro paura. In un attimo, sembrava che nessuno provasse altro desiderio che fuggire dalla luce verdastra che illuminava il cielo.
Con la sensazione di soffocare nella coscienza collettiva della folla, Euriale lottò per chiudere la mente, riuscendo solo quando l’incappucciato svanì.
“Via!” gridò Tyrell.
Madeline scagliò un incantesimo Scudo e gli altri la imitarono, scappando terrorizzati dal Marchio Nero che fluttuava in aria.

“Che facciamo?”
“Dovremmo tornare indietro?” chiese Will, sbirciando in direzione del bosco. “Il Marchio è sparito,” aggiunse, neutro.
Anche Liam sembrava richiamato dal limitare del basco, ma stringeva Isabel che tremava di freddo, a piedi nudi e con indosso solo un pagliaccetto, e scosse la testa.
“Il bosco brulicherà di Auror,” disse Madeline.
Lei indossava un golfino sopra la maglietta e i pantaloncini che usava da pigiama quand’erano usciti, ma lo aveva ceduto a Euriale, imbarazzata dalla sua mise prevista per la serata romantica. Tyrell era l’unico vestito, perché quando erano cominciati i disordini era ancora in compagnia della nazionale irlandese, assieme a Higgs.
“La situazione si è un po’ calmata. Possiamo provare a tornare alla tenda,” disse, alzandosi dal tronco che ospitava anche Euriale e Madeline. “Dovremmo dormire un po’…e domattina radunarci e andarcene.” Diede un’occhiata di sfuggita a Isabel.
Euriale annuì: “Se qualcuno ci sta cercando, proverà per prima cosa alla tenda.”
“Io aspetterei ancora. Tutti si staranno radunando al bosco per capire cos’è successo. Chi ha evocato il Marchio, e il resto,” disse invece Liam, sebbene con riluttanza.
“Vorrei proprio sapere chi è il pazzo…” borbottò Tyler, dando un calcio a un sasso.
“Dev’essere per forza stato un Mangiamorte, no?” rispose Isabel.
“Sì, ma perché? Sarebbe come evocare lo spettro di Salazar Serpeverde al party di Halloween della Casa!” ribatté Tyler. “Anzi, peggio…”
“Quindi attaccare i babbani sotto il naso degli Auror va bene, ma evocare il Marchio Nero no?” fece Madeline.
“Pensaci, Maddie…una cosa è ubriacarsi e attaccare briga, un’altra evocare il simbolo dell’omicidio ai tempi di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato!” esclamò Tyrell.
“Vuoi dire che qualcuno è stato assassinato, nel bosco?” gli chiese Euriale.
Tyrell si accigliò: “Non lo so. Non credo. Immagino che ci sarebbe molto più fermento, se avessero trovato dei corpi…”
“Uhm,” fece Euriale. “Così, quelli erano Mangiamorte. I Mangiamorte sfuggiti ad Azkaban, perlomeno.”
Rifletté che avrebbe probabilmente potuto fare alcuni dei loro nomi: aveva letto tutte le cronache dei processi che non erano secretate, anni prima. Provò a immaginare Piton in mezzo alle altre sagome incappucciate. Se sapeva qualcosa del professore di Pozioni, era che difficilmente si sarebbe prestato a quello sciocco e infantile sfoggio di intoccabilità. La stupidità ha delle conseguenze, era uno dei suoi mantra.
Decisero di aspettare ancora una mezz’ora, e poi tornare alla tenda blu e verde. Will si sedette accanto a Euriale sul tronco e le appoggiò le labbra tra i capelli, taciturno.
La tenda era in parte collassata su se stessa, ma tre stanze erano ancora in piedi.
“Ci stringeremo,” sancì Tyrell, dopo essere entrato e uscito da tutte e tre le camere da letto. “Appellate le vostre cose e preparate i bagagli. Voglio essere pronto ad andare via appena possibile,” disse affacciandosi di nuovo all’esterno: scrutò a destra e a sinistra, poi si stropicciò la faccia: “Merlino, ho bisogno di dormire…”
Isabel rabbrividì e sbadigliò allo stesso tempo: “A chi lo dici. Speriamo che quell’imbecille di mio fratello si faccia vivo presto.”
Tyrell sospirò e li salutò.
I cinque ragazzi si radunarono nella stessa stanza. Le ragazze sedettero in cerchio sul letto, come a scuola.
“Che razza di casino…e avete sentito quella giornalista?” disse Isabel. “Tuo zio non sarà affatto contento, doamttina!”
“Cazzo,” rispose Euriale, coprendosi la bocca con una mano. “Se dovesse uscire un articolo già sul Profeta di domattina, i miei impazziranno!”
“Nessuno poteva prevedere una cosa del genere,” fece Madeline.
Euriale osservò Liam e poi Will, alle loro spalle. I due la notarono e Liam assunse un’aria vagamente colpevole: “Be’, qualcosa era nell’aria da un po’…insomma, con tutti i purosangue riuniti i sentimenti anti-babbani sono all’ordine del giorno, no?”
“Ma il Marchio Nero cosa significa?” chiese Will. “Ok, c’erano molti ex-Mangiamorte, e tutti parecchio nostalgici, ma nessuno degli uomini con cui abbiamo parlato mi è sembrato così fanatico da fare una cosa del genere. Nessuno mi è sembrato troppo serio, ecco.”
“Forse qualcuno di loro ha ancora meno buon senso degli altri,” suggerì Madeline.
“Probabile,” borbottò Isabel; si abbandonò sulla schiena, sospirando.
“Mh, c’è posto anche per noi?” chiese Liam. Will sorrise.

Si erano addormentati quasi subito, ma Euriale fu svegliata da emozioni familiari dopo appena un paio d’ore. Si alzò con cautela e si affacciò nell’ingresso circolare in tempo per vedere Olivier che salutava qualcuno che rideva fuori dalla tenda e barcollava sfinito fino al divano del piccolo soggiorno.
“Benarrivato,” lo salutò.
Olivier sollevò la testa di scatto, poi si riaccomodò mollemente sui cuscini: “Sorellina. Ho preso troppa di quella stupida pozione. Passo dall’essere un fascio di nervi ad imbambolarmi ascoltando il mio respiro.”  
Euriale inarcò un sopracciglio: “Mi sembri un po’ pesto. Nottata dura?”
Olivier valutò distrattamente la ferita che sembrava un’ustione sul suo avambraccio attraverso i lembi della camicia strappata.
Si strinse nelle spalle: “Esilarante, semmai, almeno per me.”
“L’ho sentito.”
“E dopo leggermente spaventosa.”
“Lo so, ho sentito anche quello. Devono averlo sentito tutti: hai perso il controllo e la tua empatia ha investito la folla.”
Olivier sbuffò: “Avevano già perso la testa. Sono stati loro a mettere in crisi me. Non il contrario.”
“Ma tu hai peggiorato la situazione. È un miracolo se non ci hanno travolti a calpestati!”
“Mia sorella sta bene?” chiese Olivier con appena un attimo di ritardo.
“Non grazie a te.”
“Ho visto che Plimmswood era vicino. E comunque, Heartilly, io non sono responsabile della sicurezza di tutti. Nessuno si preoccupa ci danneggiare noi empati, e io ricambio fregandomene di loro. Dovresti provare, è incredibilmente liberatorio. Ma forse tu hai ascoltato per troppi anni Piton ripetere che il controllo è tutto, e hai finito per crederci,” sorrise.
Euriale diede un’occhiata alle sue spalle agli amici addormentati, poi si avvicinò un po’ a Olivier: “Che c’entri, tu, con degli ex-Mangiamorte?”
“Te l’ho già spiegato,” rispose l’altro con aria condiscendente. “Gli uomini di Serpeverde si riuniscono. Le famiglie Serpeverde, i purosangue di stirpe più antica, l’élite del nostro mondo, i difensori delle nostre tradizioni. Io ne faccio parte, e ho il diritto e il dovere di forgiare nuove relazioni e rinsaldare antichi legami.”
“E perché non hanno coinvolto Tyrell, Liam o Will? Will soprattutto …”
“Be’, McIver non ha proprio fatto mistero di avere un appuntamento importante per la nottata,” ghignò Olivier. “Lo stesso per Liam. Non nego che a qualcuno avrebbe fatto piacere averli con noi, ma non c’è fretta. È il loro retaggio.”
Euriale lo scrutò concentrata, intenta a valutare le implicazioni di quella rivelazione. Sobbalzò quando Tyrell aprì la porta della sua stanza e si affacciò sull’ingresso, le mani sugli stipiti.
Olivier ricambiò il suo sguardo: “Non hai idea del casino che c’è là fuori.”
Tyrell alzò gli occhi al cielo e se ne tornò a letto.
Alle prime luci dell’alba tutti si erano riuniti in soggiorno.
Isabel aveva rivolto un’occhiataccia al fratello maggiore: “Si può sapere perché ci hai messo tanto, imbecille?”
“Anch’io sono sollevato di trovarti in salute, sorella cara,” le ripose Olivier, stiracchiandosi e mettendo in bella mostra la sua ferita.
“Quella sarà meglio coprirla,” suggerì Tyrell, affaccendato a radunare i loro averi.
“Perché? Non potrei essermi ustionato per via di tutte quelle tende in fiamme?” ribatté Olivier.
“Non è così che è andata?” gli chiese Will.
“Naturalmente sì,” rispose Olivier.
“Ci penso io,” si offrì Liam. “Giusto perché nessuno possa pensare che te la sei fatta duellando. Scommetto che gli Auror saranno isterici.”
Olivier lo osservò curare la sua ferita con la formula ‘Statim Sanus’.
“Interessante talento, Warrington,” concesse, riparando il tessuto della camicia e riassettandosi. “Solo io muoio di fame?”
Tutti si guardarono.
“No,” rispose Madeline per tutti.
Olivier batté le mani: “Melion!” L’elfo dei Gascoyne-De Atienza apparve. “Prendi nostri bagagli e torna con la colazione,” ordinò.
“Aspetta!” lo fermò Isabel, scrollando i capelli. “Se i nostri genitori sono svegli, avvertili che stiamo bene e che torneremo il prima possibile.”
“Giusto!” fece Olivier, schioccando le dita e indicando sua sorella.
Isabel guardò il fratello con sufficienza, poi si rivolse a Euriale: “Perché non chiami Azazelo e fai la stessa cosa?”
“Non posso,” fu costretta ad ammettere Euriale. “Azazelo non è mio, né dei miei genitori. Appartiene a mia nonna.”
La vecchia strega gli aveva ordinato di assistere la figlia quando Amélie era rimasta incinta di Euriale e da allora l’elfo era rimasto con loro, ma c’erano dei limiti alla facoltà degli Heartilly di disporre di lui. Ed era particolarmente fastidioso ammetterlo davanti ai suoi amici quella mattina, dopo aver passato la notte a rimuginare sul potere delle famiglie antiche.
“Be’, possiamo mandare Melion dai tuoi appena torna. E dai tuoi, Maddie.”
“Meglio di no. Azazelo non permetterebbe l’accesso a un altro elfo. Non voglio rischiare che i miei si sveglino con due elfi che si accapigliano,” la bloccò Euriale.
“In effetti, possono essere parecchio feroci,” confermò Will. La prospettiva della colazione lo aveva strappato ai suoi pensieri.
Mangiarono di gusto e in fretta.
“Possiamo andare, o dobbiamo cercare ancora qualcuno?” fece Olivier, dopo aver smontato la tenda malconcia con un colpo di bacchetta.
Tyrell scosse la testa: “No, andiamo.”
“Non sei preoccupato per l’altro Plimmswood?”
“È diplomato e ha passato l’esame di smaterializzazione. Se la caverà.”
Si avviarono al boschetto, in cerca di una passaporta per tornare a casa.
Come Liam aveva supposto, gli Auror e i dipendenti del Ministero erano in fermento, così come tutti i campeggiatori, che insistevano per ripartire il prima possibile.
I sette ragazzi riuscirono a evitare le code e i dipendenti dei trasporti più polemici e ligi alle regole. Olivier individuò un mago che aveva conosciuto durante il suo tirocinio al Ministero.
“Lasciate parlare noi,” disse agli amici più giovani.
Fece cenno a Plimmswood e cominciò a discutere il loro passaggio verso Swindon.
“Ehi,” fece Will a Euriale, sfiorandole una mano con un sorriso. “Praticamente non abbiamo avuto occasione di parlare. Stai bene?” chiese a voce bassa.
Euriale abbozzò un sorriso a sua volta e fece vagare lo sguardo attorno a loro.
“Il campeggio si sta svuotando,” disse, senza rispondere.
“Dici?” fece Isabel, indifferente. “A me sembra ancora così affollato…”
“È perché siamo in mezzo a tutte le famiglie con bambini e minorenni,” spiegò Madeline. “Chi poteva si sarà già smaterializzato, ma tutti gli altri che hanno bisogno di una passaporta sono qui.!
“Cole, non mi interessa, francamente,” stava dicendo Olivier. “Abbiamo cinque minorenni affidati a noi. Non potete certo sequestrarli…”
“Capisco, siamo tutti ansiosi di tornare a casa, ma dobbiamo fare le cose con ordine, per evitare incidenti,” rispose il mago del Ministero.
“Ci sono cinque famiglie in ansia, e…” provò Tyrell, ma Olivier lo interruppe: “Evitare incidenti?” Rise sprezzante: “Vorrai dire altri incidenti!”
La loro discussione, e probabilmente il tono di Olivier, attirarono l’attenzione di altri due maghi che si avvicinarono: “Signori, vi preghiamo di collaborare e di attenervi alle direttive del Ministero.”
“Ah, certo, il Ministero pensa solo alla nostra sicurezza,” replicò Olivier con voce dolce. “Ditemi, quanti feriti ci sono stati?”
I due nuovi venuti, due Auror, si scambiarono un’occhiata.
“Per fortuna siamo riusciti a soccorrere i Roberts,” disse uno dei due.
“Chi?” chiese Olivier, sbattendo le palpebre.
“I quattro babbani…”
Olivier li fissò, interdetto: “Cosa vuole che me ne importi di quattro babbani! Stavate tutti appresso a loro, mentre centomila persone perdevano la testa rischiando di fare del male a se stessi e agli altri?”
“Olivier,” lo riprese Tyrell, con l’aria di chi avrebbe preferito scomparire in bocca a un drago.
“Signore…”
“Perché fa così il piantagrane?” chiese Madeline in un sussurro.
“Perché di solito funziona,” le ripose Isabel stancamente, addossandosi a Liam.
“Spiegatemi perché il Ministero della Magia mi ostacola mentre cerco di riportare a casa la mia sorellina e i suoi amici!” sbraitò Olivier indicando con un gesto ampio del braccio i cinque ragazzi alle sue spalle.
Gli Auror e il dipendente del Ministero li guardarono, e Euriale capì che dovevano fare abbastanza pena, stanchi, preoccupati e stretti gli uni agli altri come cuccioli. Per fortuna loro non sentivano quello che provava Will nei loro confronti.
Poi gli occhi di uno degli Auror incrociarono i suoi.: “Ehi, ma quella non è la nipote di Caramell?”
Euriale si strinse nelle spalle: “Sì, sono io.”
“Ti ho vista alla visita con i Bulgari…Non dovremmo accompagnarla da lui?” chiese al collega.
L’altro uomo valutò la situazione: “Merlino…Sì, sì, certo, dovremmo scortarla a Londra.” Olivier aprì la bocca. “E certo, signore, subito dopo troveremo una passaporta anche per voi. Appena sistemata questa faccenda. Vuole seguirci, signorina?”
“D’accordo,” ripose Euriale.
Rivolse uno cenno di saluto agli amici e si incamminò. Will fece un passo avanti e le afferrò il polso, trattenendola. Euriale si girò e lo fissò, gelida. Non le importava che Will non nutrisse alcuna fiducia negli Auror, se fosse arrabbiato o preoccupato all’idea di vederla andar via con loro. Anche lei aveva qualche piccolo privilegio: non avrebbe rinunciato per le inimicizie di qualcun altro.
Vedendo la sua espressione, Will le lasciò il polso: “Uh, scusa. Volevo solo…” Fece un piccolo sorriso: “Scrivimi, ok?”
“Certo,” ripose Euriale, accarezzandogli una guancia.
Passò davanti a Olivier e Tyrell, salutandoli e ringraziandoli.
“Che fortuna essere la nipote del Ministro, eh?” le sussurrò Olivier, nascondendo un ghigno.
Euriale capì che aveva capito perfettamente quello che era accaduto nella sua testa quando Will aveva provato a trattenerla.
“Attento a non esagerare, con la tua commedia,” gli sussurrò di rimando e se en andò con i due Auror.

Note:
E con questo (interminabile) capitolo, la parentesi del campeggio è chiusa! Si torna a scuola, assieme a Piton, dal prossimo!
   
 
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