19
Fare sul serio
Prima che la frustrazione
prendesse il sopravvento, Nemeria marciò fino al campo del
fuoco. Durga era già lì che l'aspettava. Non
appena la vide, le corse incontro, ma si fermò poco prima di
investirla.
- Stai bene? Ti hanno fatto del male? -
- No, sto bene. - rispose, allungò le braccia in avanti e le
girò per confermare la sua affermazione, - Roshanai
dov'è? -
- Non lo so, non è ancora arrivata. -
- Non è puntuale come Sayuri. -
Durga scosse la testa. Si era legata i capelli in una coda laterale,
che però non riusciva a contenere tutta quella matassa
selvaggia, simile a una criniera.
- Non mi piacciono quei due, soprattutto Zahra. Ha una faccia cattiva. -
"Se potessi, gliel'avrei già bruciata."
Nemeria incrociò le braccia sul petto e conficcò
le unghie nella pelle. Si sentiva tremare per la rabbia e la pietra di
luna, così come le placche del collare, era un cuore di lava
che pulsava al ritmo del suo cuore di carne. Tutto l'oricalco
dell'Impero non sarebbe bastato ad arginare quella brama di distruzione
che raschiava le ossa della cassa toracica. Era meglio quello dell'ago
di ghiaccio che le premeva dalla nuca, doloroso come le conseguenze che
avrebbe dovuto fronteggiare, qualsiasi decisione avesse preso.
Si girò verso Durga. La sua vita valeva meno di un granello
di sabbia e le sue fiamme non potevano ferirla. L'avrebbe ridotta a un
niente ancor prima che se ne rendesse conto: niente lacrime, niente
urla, niente sofferenza, non sarebbe rimasto altro che un labile
ricordo che il tempo avrebbe smorzato e corroso.
Lasciò andare le braccia lungo i fianchi, si
fissò le mani e chiuse appena le dita della destra. La
cicatrice che le solcava il palmo era un imperfetto e frastagliato
solco bianco. Era solo il segno più visibile che
quell'esistenza al di fuori della tribù le aveva marchiato
addosso.
- Nemeria? Nemeria, devi stare calma. - Durga deglutì e
compì un passo indietro.
- Lo sono. -
Le fiamme asciugarono la paura e si espansero, avviluppando lo stomaco
e i polmoni. Tutti dovevano pagare, dal primo all'ultimo,
perché nessun mortale era innocente.
Artigliò la spalla dell'amica prima che potesse allontanarsi
e la trasse a sé. Durga cacciò un urlo e le
graffiò la mano in preda al panico, gli occhi spalancati
colmi di terrore.
- Nemeria, lasciami! Mi fai male! -
Le sue parole agonizzarono in muro di fuoco. Nemeria
l'afferrò anche per l'altra spalla. Le pelle sotto i suoi
palmi si era arrossata e si stava sollevando in bolle contro le dita.
Il sangue, caldo come olio di cottura, sgocciolava dai tagli sulle mani
e, all'impatto col suolo o della carne viva, sfrigolava disperdendosi
in una sottile lingua di fumo. Durga si morse le labbra e
l'agguantò a sua volta. I suoi occhi giallo citrino
brillarono e divennero due monete d'oro liquido.
- Lasciami. Te lo dico per l'ultima volta. - l'ammonì Durga.
Nemeria non la sentiva, non davvero. Il bruciore all'altezza del petto
e del collo era reale, e l'odore della propria carne bruciata era
disgustoso, ma non era abbastanza per fermarla.
- Un fiammifero non può bruciare più d'un
incendio. - proferì in tono neutro.
Era la sua voce e allo stesso tempo era estranea. Troppo calma, troppo
ferma perché potesse appartenere davvero a lei. Tuttavia,
quella verità era assoluta e incontrovertibile: nessun
elementale era più potente di Agni.
Durga le artigliò le braccia e fece forza per levarsele di
dosso, ma Nemeria resistette e mantenne la presa. I suoi gemiti
doloranti le si infilavano nelle orecchie, senza però
scalfire le sue intenzioni. Lo doveva a se stessa, alla sofferenza che
i mortali le avevano inflitto: avrebbe distrutto quell'esistenza di
dolore prima che le facesse altro male.
"È davvero questo ciò che voglio?"
Quel pensiero arse in fretta, ma una parte di lei riuscì ad
afferrarne i petali di cenere. Tolse la mano dalla spalla di Durga, in
uno spasmo strinse la pietra di luna e tirò, non sapeva
nemmeno lei se per calmarsi o per toglierselo.
Il dolore l'accecò. Nemeria perse la presa e
indietreggiò tenendosi la mano libera sul naso, mentre il
sangue che le colava tra le dita. Il suo ansimare si sovrapponeva a
quello di Durga, che la osservava impaurita con gli occhi gialli velati
di lacrime.
"Cos'ho fatto?"
La realtà la colpì come uno schiaffo. Le spalle
di Durga erano piene di bolle, alcune così piene da dar
l'impressione di essere lì lì per scoppiare.
Altre si erano lacerate e un rigolo di liquido trasparente scorreva
lungo le braccia.
- Sei... sei di nuovo tu? - domandò cautamente la bambina.
Nemeria annuì. Sputò a terra e si
passò il dorso della mano sotto il naso per pulirsi dal
sangue che le aveva sporcato il mento e la bocca.
- Mi dispiace, io... io non so cosa mi sia preso. -
Si accucciò e appoggiò la testa sulle ginocchia.
Era troppo: troppa rabbia, troppa delusione, troppa amarezza, troppo
dolore. Le emozioni di cui straripava la sua anima le causavano una
vertigine così forte da farle mancare la terra sotto i piedi.
- Stavi per perdere il controllo. Ora però devi rialzarti.
Se Roshanai ti vede così, si insospettirà e... -
Durga deglutì e la sua risolutezza vacillò, - Ti
aiuto. -
Nemeria avrebbe voluto fare qualcosa, ma aveva la testa troppo pesante,
oltre a un nodo doloroso alla bocca dello stomaco.
- Dammi la mano. - la esortò l'amica.
Protese la mano alla cieca e la mosse nel buio finché non
trovò quella di Durga. Il tremore che percorreva il suo
braccio disteso era come la corsa di una mandria di cavalli che si
ripercuoteva anche a miglia di distanza nel terreno. Nemeria la strinse
quel che le serviva perché fosse un appiglio sicuro. Anche
così, quando fu in piedi non le parve vero che le sue gambe
intorpidite riuscissero a sorreggere un corpo così pesante.
- È la prima volta che ti accade di arrivare al limite? -
Nemeria annuì. Non sapeva nemmeno di che limite stesse
parlando, ma era evidente che c'era un punto di rottura dentro di
sé che non conosceva.
- Capita a tutti prima o poi, me lo ha detto 'Tep. Prendi un bel
respiro, chiudi gli occhi e pensa ad altro. È come quando
Sayuri ci ha fatte meditare. Ecco, ripeti il mantra con me: "Sat, Chit,
Ananda." -
- Sat, Chit, Ananda. -
- Così, continua. Sat, Chit, Ananda. -
- Sat, Chit, Ananda. Sat, Chit, Ananda. -
Nemeria tenne gli occhi ben chiusi e ripeté il mantra.
Avrebbe voluto che il sole si oscurasse, che facesse meno caldo.
Persino con le palpebre chiuse poteva sentire lo scoppiettare di un
fuoco. Era lontano, incuneato nelle profondità della sua
mente, un suono fievole che rimbalzava su un muro di granito, eppure
era reale come la mano di Durga e il prurito fastidioso dei tagli sulle
mani.
- Non è cosa buona che i cani di diversi padroni
socializzino. -
Quando Nemeria aprì gli occhi, Durga era balzata lontano e
Roshanai aveva già attraversato metà del campo.
Una lunga spada ricurva le pendeva dal fianco fino quasi a toccarle il
polpaccio. La kandys che indossava lasciava scoperte le macchie rosee
che le punteggiavano le gambe e le dita dei piedi. Se non avesse avuto
quel cipiglio aggressivo e quell'andatura da soldato, Nemeria l'avrebbe
definita bella, a suo modo.
- Salterò le presentazioni, sapete già chi sono
io e io so chi siete voi. - enunciò decisa, - Non ci
sarà addestramento spirituale, con me. Alla vostra
età dovreste già aver capito qual è il
vostro limite, anche perché sono certa che lo avete sfiorato
più volte. Mi aspetto che vi sappiate controllare. Se
così non sarà, non mi farò scrupoli a
fare rapporto ad aghà Koosha. Non
pensate di essere speciali o insostituibili: per quanto raro sia il
nostro elemento, per una buona somma un mercante di schiavi potrebbe
trovare un altro Dominatore anche migliore di voi. -
Nemeria annuì, anche se quel discorso le raggelò
il sangue. Sapere di essere arrivata a tanto così dal
perdere il controllo... per la Madre, quanto aveva rischiato.
- Seguitemi. -
Tornarono al campo circondato dal quadriportico. La colonna dove
Nemeria aveva scaraventato Roshanai era stata ridipinta e la scia di
sangue era svanita nel giallo uniforme. Reza li attendeva al centro del
campo. Stavolta, oltre ai calzoni e alle calighe, indossava una tunica
sbracciata, leggermente aperta sul petto. Scoccò un'occhiata
intensa alla Ver'ilef e poi si mise di schiena alla colonna rossa, alle
loro spalle. Sentire il peso del suo sguardo sulla nuca
procurò a Nemeria un disagio tale da farle venire la nausea.
- Reza e io vi insegneremo a combattere con un'arma. Durga, tu sai
già qual è la tua... - disse Roshanai, mentre
squadrava la bambina con una smorfia scontenta, - Hai dieci minuti per
andare in infermeria e tornare qui. Bada di non perdere tempo o ti
verrò a cercare. -
Durga scattò subito. Bruciò la distanza tra il
centro del campo e il colonnato in qualche secondo, prima di imboccare
le scale. Nemeria la seguì con gli occhi finché
non scomparve dietro l'angolo e il senso di colpa le trafisse il petto.
Erano delle bruciature superficiali che non avrebbero lasciato alcun
segno, ma era stata lei a procurargliele.
"Anch'io avrei bisogno di andare in infermeria."
Quel pensiero estemporaneo deviò la sua attenzione sul
sangue che le sporcava la bocca e il mento. Anche il dolore alle
spalle, rimasto in sordina fino a quel momento, divenne pungente. La
constatazione seguente fu ancora più logica: Roshanai non le
avrebbe dato il permesso di andare da Nande. La minaccia della sera
prima e il ghigno crudele erano stati chiari indizi.
- Muoviti, mocciosa, non abbiamo tempo da perdere. -
- Roshanai, dovresti fare rapporto a Tara: è proibito
danneggiare un gladiatore al di fuori dell'arena. -
Reza passò accanto a Nemeria e la studiò
dall'alto dei suoi sei piedi d'altezza. Lei legò le dita
dietro la schiena, raddrizzò quanto poté le
spalle e tirò indietro quel poco di pancia che aveva. Voleva
mostrarsi coraggiosa, ma il solo ricordo della frusta le fece mancare
l'aria.
- Lascia stare. Anche se sarebbe la cosa giusta da fare. - Roshanai si
gustò la finta espressione granitica di Nemeria, - Che serva
da monito ad entrambe: potete giocare a fare le amiche quanto vi pare,
ma nell'arena sarete avversarie. Un'esitazione può mandarti
al tappeto e, te lo assicuro, la sconfitta è un marchio
difficile da rimuovere. -
Nemeria deglutì e fece segno di aver capito. L'aria le si
riversò nei polmoni quando Roshanai le ordinò di
seguirla con un cenno del capo. Benché le fosse grata per
quella decisione, il sapore amaro della vergogna le aveva rattrappito
la lingua e asciugato la bocca.
L'armeria si trovava tra il campo d'allenamento del fuoco e della
terra. Era una stanza più profonda che larga, con il
soffitto a capriate di legno lucido e nessuna finestra. La luce che
entrava dalla porta non arrivava nemmeno a illuminarne il fondo. Le
rastrelliere erano state disposte lungo le pareti e ospitavano diverse
armi, tutte ordinatamente disposte per tipo e materiale. Nemeria ne
riconobbe alcune, ma si rese ben presto conto che la maggior parte le
risultavano estranee.
Reza marciò fino a una rastrelliera e Roshanai lo raggiunse
a rapidi passi, insieme a Nemeria.
- Questa è una qama. - le
illustrò, indicando una daga dalla lama lunga e dritta, -
Forse la conosci col nome di ghameh.
Può essere lunga come questa o corta, simile a un pugnale.
Per i combattimenti in arena si usa questa. Dubito però tu
abbia la forza e la coordinazione per usare anche uno scudo. -
- Guardala, Reza: si allena tutti i giorni ed è ancora un
insetto stecco. - rispose Roshanai al suo posto, - Trovale qualcosa di
meno impegnativo. -
L'uomo annuì e tornò a studiare le diverse armi.
Erano tutte di metallo, almeno da quello che Nemeria poteva vedere, ma
non le parve che nessuna fosse affilata. Probabilmente,
rifletté, era una misura precauzionale perché
nessuno morisse durante gli allenamenti. Dal canto suo, aveva troppi
pensieri per la testa per curarsi davvero di quale sarebbe stata la
scelta di Reza.
"In qualsiasi caso, si andrà a sommare alle cose che
dovrò imparare a fare, volente o nolente."
- Questa potrebbe andare bene. - Reza sfilò una shamshir
senza decorazione e la mise sotto gli occhi di Roshanai, - Niente
controtaglio, molto ricurva, guardia a crociera scudata, né
troppo pesante, né troppo leggera. Rispetto a una spada
normale è meno versatile, ma è ottima per colpire
rapidamente senza rischiare di impigliare la lama. -
Roshanai la prese in mano e la soppesò, prima di porgerla a
Nemeria. Lei la impugnò e rimase sbalordita nel constatare
che riusciva a tenerla senza doversi sforzare troppo.
- Trenta pollici non sono nemmeno tanti. Dovrebbe riuscire a
maneggiarla in breve. -
Un ansimare alle loro spalle li avvertì che Durga era
tornata. Aveva le spalle e la parte alta delle braccia fasciate
già lucide di sudore.
- Quasi puntuale, complimenti. - sogghignò la Syad.
Durga rimase piegata sulle ginocchia giusto il tempo di riprendere
fiato. Poi, con quanta più dignità
poté, si trascinò fino a pochi passi dalla
rastrelliera.
A vederla sorridere come se nulla fosse successo Nemeria
provò un misto tra sollievo e rabbia.
- Dalle il kilij. - ordinò Roshanai.
L'arma di Durga somigliava alla sua shamshir, ma era meno curva, priva
di pomolo e, cosa che sorprese molto Nemeria, più lunga,
nonostante lei e la sua compagna fossero alte uguali.
- Andiamo, abbiamo già perso abbastanza tempo. -
Tornarono al campo al centro, circondato dal quadriportico.
- Durga, tu ti allenerai con Reza. - comandò, poi si rivolse
a Nemeria, - Tu, invece, sei mia. -
Roshanai le intimò con un ampio gesto del braccio di
mettersi di fronte a lei e Nemeria obbedì. Fece appena in
tempo ad agganciare gli anelli del fodero alla cintura che la Syad era
già in posizione. Non era molto più alta di
Sayuri, forse qualche spanna di più, ma metteva meno
soggezione. La Ver'ilef era la personificazione del fuoco: aggressiva,
istintiva e i suoi occhi la mangiavano allo stesso modo con cui
l'avrebbero bruciata le sue fiamme. Era proprio perché era
palesemente pericolosa che, agli occhi di Nemeria, incuteva meno paura
di Sayuri.
- Evita la presa a due mani con la shamshir. Non stai impugnando una
spada con la lama dritta. -
Compì un paio di mezzi giri attorno a lei, prima di
sguainare la spada. La lama era massiccia e incurvata in modo uniforme.
L'impugnatura sembrava troppo piccola rispetto alla mano della sua
proprietaria, eppure Roshanai non sembrava avere alcun problema a
impugnarla.
- Talwar. Somiglia molto alla tua shamshir, come puoi notare. Alcuni
pensano che siamo stati proprio noi a introdurla nell'impero
Skandaaleshan quando li abbiamo invasi. -
Un raggio di luce rimbalzò sul lato convesso della lama e si
assottigliò in una linea brillante sul filo tagliente.
Nemeria guardò la punta smussata della propria arma con ben
più di un briciolo di apprensione. Lasciò la
presa con la mano sinistra e la abbandonò lungo il fianco,
prima che Roshanai riprendesse a parlare.
- Ottimo. Adesso rinfoderala e sfoderala il più in fretta
possibile. -
Nemeria obbedì. Agganciò la lama parallela alla
gamba, così come immaginava avrebbe fatto un soldato, e poi
tentò di sguainarla di nuovo. Tirò una, due, tre
volte prima di riuscire nel tentativo, e quando riportò lo
sguardo su Roshanai il suo naso si trovò a mezzo pollice
dalla talwar.
- Prima regola, bambina: nell'arena, il tempo conta. - la
colpì col piatto della lama sulla bruciatura sulla spalla, -
Mentre tu lottavi contro la tua stessa spada, io ho avuto il tempo di
avvicinarmi e di colpirti senza che tu te ne accorgessi. E questo
perché hai agganciato il fodero alla gamba del lato forte.
Questo significa estrarre l'arma con la mano debole. -
La talwar si abbatté con forza sulla spalla sinistra e
Nemeria a malapena riuscì a trattenere un urlo.
-Per trovare presa e angolo sei stata costretta a piegarti in avanti
come una pescatrice e questo ti ha lasciato scoperto. Almeno le reti le
hai riportate piene? No. - si umettò le labbra screpolate e
smorzò una risata in un sibilo, - Anche un idiota alle prime
armi sarebbe stato in grado di colpirti. Tieni a mente che i
combattimenti all'ultimo sangue sono rari, ma ci sarà sempre
un committente abbastanza facoltoso da organizzarli. -
Poggiò la lama contro la sua guancia e spinse
finché Nemeria non percepì il dolore dell'acciaio
che le bucava la pelle. Non si mosse, mantenne lo sguardo fisso in
quello di Roshanai, mentre il sangue scorreva in una lacrima rossa
lungo il collo.
- Ma facciamo finta che tu sia sempre molto fortunata e che non ti
ritroverai mai a dover lottare per la tua vita. In quei pochi secondi,
il pubblico ti ha già marchiato come un'inetta e cominciato
a tifare per il tuo avversario. E questo è anche peggio
della morte. -
Schioccò la lingua e ripristinò la distanza.
Reza e Durga duellavano vicino a loro, le spade che baluginavano
intercettando la luce del sole e diffrangendola in abbaglianti lame
sottili. I movimenti lenti e macchinosi della bambina si interrompevano
contro quelli fluidi e naturali del suo maestro. Si scambiarono qualche
parola senza fermarsi, in quella che sembrava una danza di
accoppiamento tra uno scorpione e un serpente.
Una palla di fuoco della grandezza di un pugno le passò
accanto al viso ed esplose in un getto di sabbia al limitare del campo
d'allenamento. Nemeria tornò a fronteggiare la Syad.
- Regola numero due: non ti distrarre mai. O la prossima volta
vedrò di mirare un po' meglio. - ringhiò Roshanai
e caricò di nuovo.
Nemeria alzò la shamshir subito, in un riflesso
incondizionato che la spinse anche a indietreggiare.
- Ricordati la prima regola. -
La Syad fermò il movimento a metà, con un gioco
di polso ruotò la talwar e il colpo calò dal
lato, veloce, troppo perché Nemeria potesse fare qualcosa.
La punta le morse il collo e le aprì un taglio vicino alla
giugulare.
- Togli quella mano dall'impugnatura. -
Non se n'era nemmeno resa conto, così come non si era
accorta del cambio di traiettoria, e ancor prima della sua vicinanza.
Si asciugò il sangue che colava lungo la guancia. Il suo
sguardo si spostò sulla lingua di fumo che serpeggiava dal
punto d'impatto della palla di fuoco.
- Come hai fatto? -
- Ah, allora sai parlare. - la sbeffeggiò Roshanai e riprese
a girarle attorno, avanti e indietro, avanti e indietro, - Il collare
limita il tuo potere, non lo blocca del tutto. Il nostro elemento
è il più spettacolare: tutti lo temono e ne sono
affascinati. Persino quando ne conosciamo la pericolosità,
è difficile resistere alla tentazione. -
Un suo dito scorse sulla lama e si lasciò dietro una scia di
fiamme che la avvilupparono. L'acciaio divenne di un rosso
incandescente, come se il calore ne avesse risvegliato il cuore e
ridato forza all'anima. Nemeria ammirò l'altalenante
sfrigolare delle scintille, incantata dal loro avvolgersi sinuoso,
così perfetto da far sbiadire tutto il resto.
- Tu... tu non hai alcun collare. - farfugliò.
Il sorriso sul volto di Roshanai divenne una linea infossata nel volto,
una falce di luna appena scoperta sui denti ingialliti.
- Solo perché tu non riesci a vederlo. -
Spostò la talwar nell'altra mano e tornò
all'attacco. Nemeria lo parò come poté, si
spostò di lato e tentò un tondo. La lama
tagliò il vuoto. A Roshanai bastarono tre passi per
togliersi dalla sua portata e attaccare il fianco scoperto. La punta
squarciò la stoffa, abbatté la resistenza della
pelle e penetrò nella carne. Nemeria si morse le labbra,
incespicò e quasi perse l'equilibrio quando si
pestò un piede. Il sangue scorreva attraverso la tunica
lacerata in un rigolo vischioso che si infiltrava nella stoffa e
l'appesantiva.
- Terza e ultima regola: il tuo avversario non può
ucciderti, ma non esiterà a umiliarti davanti al pubblico
per farlo divertire. -
La donna macinò la distanza con uno scatto, le
afferrò il polso, la costrinse ad abbassare la shamshir e le
diede una testata sul naso. Un velo rosso le coprì la vista
e Nemeria crollò a terra, lottando per respirare, mentre il
sapore del sangue, del suo sangue, le appestava la bocca. Le lacrime,
rimaste cristallizzate dietro le ciglia, le bagnarono la ferita sulla
guancia e scorsero lungo il collo, mescolandosi alla saliva, alla
polvere e alla sabbia che, come sale, bruciava sulle bruciature aperte.
Roshanai la sovrastava ghignando, pareva godere nel vederla a terra,
sconfitta, umiliata: era quello il suo modo di vendicarsi.
"Stronza."
Nemeria strinse la shamshir e colpì alla cieca, con tutta la
forza e la rabbia che aveva in corpo. Rotolò di lato e fece
perno sull'arma per rimettersi in piedi. Il dolore la intrappolava in
una rete di fil di ferro, così stretta da far tremolare i
contorni all'angolo della sua visuale. Sputò un grumo di
sangue e saliva e inspirò dalla bocca per snebbiare la
mente. Si rese conto di star digrignando i denti solo quando
iniziò a dolerle la mandibola.
- Se la rabbia è l'unica cosa che ti rende combattiva,
usala. Attaccami come se dovessi uccidermi e continua finché
non mi manderai al tappeto. -
Appoggiò la lama di piatto sul braccio sinistro e
l'attaccò di nuovo. Le fiamme seguirono il fendente e si
piegarono come steli d'erba sotto un forte vento. Nemeria
parò e menò un colpo diagonale, dal viso al
fianco. L'acciaio della sua shamshir si scontrò con quello
della talwar, scivolò su di esso sulla linea di fuoco in una
fontana di scintille.
- Mantieni il controllo. -
Roshanai si disingaggiò, le passò di lato e le
sferrò un calcio dietro il ginocchio. La gamba cedette e
Nemeria si ritrovò a terra, con le mani aperte sulla sabbia
e la testa bassa, il sangue che sgocciolava tra le braccia. Si rese
conto di essere distesa solo quando si ritrovò con la faccia
schiacciata e la mano di Roshanai che le premeva sul collo. La Syad non
aveva nemmeno il fiato corto.
- Queste sono le semplici regole che devi rispettare per vincere uno
scontro. Tienile sempre a mente, perché saranno le uniche
che conosceranno anche i tuoi avversari. - strinse la presa e
sibilò, - Mi hai capita, mocciosa? -
Nemeria sentiva le mani bruciare. Il fuoco di Agni era lì e
premeva attraverso i palmi in cerca di una via d'uscita. Solo la pietra
di luna sembrava più calda dell'eruzione di potenza che
aveva trasformato il suo sangue in magma.
"No..."
Chiuse gli occhi e strinse i pugni in un rantolo gracchiante.
- Rispondi! -
Il peso sul collo aumentò fino a mozzarle il respiro.
Nemeria scalciò in agonia, stringendo l'impugnatura della
shamshir come se fosse il suo unico appiglio alla realtà.
- Sì! -
- Bene. - la Syad si alzò in piedi e si allontanò
di una decina di passi, - Ora alzati. Abbiamo appena cominciato. -
Nemeria si mise a carponi e soltanto dopo che il respiro si fu
regolarizzato riuscì a raddrizzarsi. Intorno a loro la vita
della scuola continuava come se nulla fosse. Alcuni ragazzi entravano e
uscivano correndo dai campi. Nessuno era interessato a quello che stava
accadendo. Passavano oltre, come se né lei né
Durga esistessero. Nell'indifferenza più totale, Nemeria
appuntò lo sguardo su Roshanai e sputò un altro
grumo di sangue. Il naso pulsava e la sabbia sulle ferite bruciava
più del sale.
- Hai intenzione di fare sul serio oppure hai bisogno di una
spintarella? - la provocò la Syad.
La tentazione di colpirla con una fiammata era così suadente
da contrastare il calore della pietra di luna e delle placche di
oricalco. Nemeria strinse forte il ciondolo, se ne impresse la forma
nel palmo finché non le sembrò di non star
più andando a fuoco.
"Trattieniti, trattieniti, trattieniti."
Divenne il suo mantra. Se lo ripeté per tutta la mattina e
per tutto il pomeriggio, fino a sera. Piuttosto incassava un colpo in
più, ma si obbligò a mantenere il controllo. Per
ogni volta che finiva a terra, per ogni ferita, riprendeva tra le mani
la pietra di luna e pronunciava nella mente quella parola. Avrebbe
desiderato scagliarsi su Roshanai e scatenarle addosso tutta la sua
rabbia, ma quel gesto l'avrebbe lasciata in balia della fame
distruttiva di Agni.
"Devo sopportare. Devo mantenere il controllo."
Roshanai se la prese comoda. Le impedì di mangiare e le
concesse solo qualche pausa per andare al refettorio a prendere una
brocca di quell'acqua sporca che Nemeria tanto odiava. Ben presto
divenne calda e imbevibile. Sia lei che Durga avevano solo quella e se
la dovevano far bastare.
Reza provò a buttar lì la proposta di una pausa
più lunga, ma la Syad la declinò sempre. La terza
volta, l'uomo smise di chiedere.
Ben presto anche la rabbia divenne pasto della fatica. Nemeria
ascoltava i consigli di Roshanai, ma non aveva il tempo di elaborarli
che la sua attenzione deviava sul corpo e sull'urgenza di parare quei
colpi troppo veloci perché potesse davvero sperare di
farcela. Le poche volte che riuscì a respingere i suoi
assalti non ebbe nemmeno la soddisfazione di vedere il sudore o una
smorfia di stanchezza sul suo viso.
Alla fine della giornata, quando terminarono l'allenamento, Nemeria non
riusciva a reggersi in piedi. La tunica le si era appiccicata al corpo
e sembrava essersi fusa in prossimità delle ferite,
diventando quasi un'estensione slabbrata della sua pelle.
Roshanai la fissava con un sorriso soddisfatto, da gatta che ha appena
finito divorare la cena. Reza attendeva con le mani intrecciate dietro
la nuca, appoggiato alla colonna bianca sul lato sinistro del
quadriportico.
- Domani, puntuale al campo del fuoco. - ordinò.
- Sì. - sibilò Nemeria.
- Io ora vado a cena. Tu occupati di pulire l'arma e di rimetterla a
posto. - rinfoderò la talwar con un gesto fluido del
braccio, - E prima di andare in camera, passa da Nande a farti
medicare. -
Non appena Roshanai e Reza se ne furono andati, Durga le fu subito
accanto. Profumava di menta, caldo e zuppa d'orzo.
- Ti ha davvero conciata male. -
- Poteva... - Nemeria si interruppe per riprendere fiato, - Poteva
andare peggio. -
- Mh, credo che questo sia il peggio del peggio del peggiorissimo. -
commentò e le tese la mano per aiutarla ad alzarsi, - Ce la
fai ad andare a lavarti? Io vado ad avvisare Noriko di prendere un
vassoio anche per te. -
Nemeria annuì, avvertendo i crampi della fame.
Masticò i granelli di sabbia tra i denti e si
focalizzò sul loro scroccare. Si sentiva in bilico su una
corona di fiamme, sospesa in quella condizione pericolante, tra la
rabbia e la calma.
- Vuoi che ti accompagni? -
- No, ce la faccio. E, se ci tieni a saperlo, ho anche una gran fame. -
- Non vuoi nemmeno che ti accompagni fino alle scale? -
Nemeria scosse la testa e si avviò senza aggiungere altro.
Non aveva la forza né fisica né mentale per
sopportare la genuina preoccupazione di Durga. Sentiva di meritarsela
ancor meno dopo quello che aveva tentato di farle quella mattina.
Per sua fortuna i bagni erano deserti. Non che ne fosse realmente
sorpresa, visto che l'ora di cena era passata da un pezzo. Si
lavò in fretta nella vasca fredda, senza curarsi di coprire
il seno e la sua intimità.
"Non c'è niente da vedere."
Quando fu pulita, si diresse verso l'harara. Dalla prima volta che
gliene aveva parlato, Durga non aveva fatto altro che dirle quanto le
avrebbe fatto bene. Dopo la giornata che aveva avuto, Nemeria avrebbe
fatto di tutto pur di sentirsi un po' meglio.
Non appena aprì la porta, la nube di vapore che la
investì le tolse il fiato per quanto era umida.
Inspirò la poca aria fresca che l'attorniava ed
entrò. Cominciò a sudare subito, ancor prima di
stendersi sulla panca che protrudeva dal muro. Era una strana
sensazione, fastidiosa e piacevole allo stesso tempo: il calore
scioglieva i nervi ed estrapolava dalla pelle il profumo di menta che
pareva innalzarsi assieme assieme al vapore fino al soffitto cesellato
in un mosaico di stelle e costellazioni.
"Devo chiedere a Noriko come fa... o parlarne con Sayuri."
Si portò la mano alla radice del naso, ma una pulsazione
dolorosa le ricordò che non era il caso. Lasciò
ricadere il braccio nella fontanella, immerse le dita nell'acqua fredda
e lo ripiegò sulla fronte. Le sarebbe piaciuto essere
così leggera come la fragranza degli incensi accesi, avere
un'anima volatile che potesse staccarsi dal corpo e fluttuare in alto,
lontano dalla scuola, dalla sete di distruzione, da Abayomi e Zahra, e
poi salire oltre le nuvole, nel cielo, dominio della Madre, tra le
costellazioni e i venti. Allora si sarebbe dispersa in polvere di
stelle e sarebbe ricaduta a terra come pioggia per tornare a far parte
del Tutto, un'anima tra le anime, respiro e linfa del mondo.
"Troppi pensieri profondi... sudare mi fa male."
Uscì dall'harara con un misto di dispiacere e sollievo,
tornò nell'altra piscina a sciacquarsi, asciugò
col pestemal e si avviò in infermeria.
Non appena la vide entrare, Nande la squadrò da capo a piedi
e sospirò.
- Siediti lì e non muoverti. -
Prese garze, stecche e disinfettante e si sistemò sullo
sgabello proprio davanti a lei. Nemeria notò che i letti
sotto la finestra erano vuoti.
"Chissà se alla fine sono guariti."
- Verrà il giorno in cui la smetterai di farti pestare. -
Nande esaminò il naso, tastando con cautela la zona gonfia,
e controllò le narici. Per quanto toccasse con delicatezza,
Nemeria dovette impegnarsi per non schiaffeggiarle via la mano.
- È una frattura lieve, non serve che te lo riallinei
manualmente. - aprì un vasetto e le spalmò una
crema al profumo di malva, - I primi giorni farà male. Cerca
di tenere la testa sollevata la notte quando dormi. Non te lo toccare,
se senti troppo dolore vieni qui. -
Quando le ebbe finito di medicare anche le altre ferite, prese un
sacchetto che Nemeria ricordava molto bene.
- Te ne do cinque. - le mise le bacche tanu in grembo, appuntando lo
sguardo su di lei, - Se fossi una ragazza normale, ti direi di evitare
gli allenamenti per le prossime due settimane. L'unica cosa che posso
fare è darti queste, con la raccomandazione di non abusarne.
Hai visto che effetto fanno. Fattele bastare per il tempo che ti
servirà per guarire, perché non ho intenzione di
dartene altre. -
Nemeria annuì. Si allungò e divise le bacche tra
la tasca sinistra e la destra.
- Noto con piacere che anche i segni delle frustate sono quasi
completamente guariti. - osservò Nande, - Le pelle su quelli
più profondi è ancora sottile. Direi che fra
altri cinque giorni dovrebbe andare tutto a posto. Non hai nemmeno
più bisogno delle bende. -
Nemeria scese dallo sgabello e si infilò la tunica, stando
bene attenta a non fare dei movimenti bruschi.
- Domani, se riesci, vieni per l'ora di pranzo. Se la tua Syad ti dice
che non puoi, presentati prima di cena. Devo prenderti le misure. -
- Misure per cosa? -
- Per vedere se hai messo su peso. Non puoi combattere se sei un
fuscellino, anche e sopratutto perché al pubblico non
piaceresti. Come in ogni spettacolo, anche l'aspetto degli attori
conta. -
- E come farai a sapere se sono migliorata? -
- Tyrron si è premurato di farmi avere le misure iniziali di
tutti i suoi gladiatori. È la prassi. -
Si alzò e rimise a posto garze e barattolini nei pensili
dietro il tavolo. Il libro di botanica che stava leggendo una delle
prime volte che l'aveva incontrata era ancora lì, aperto a
poco più della metà.
Mentre si rivestiva, Nemeria si rese conto di non ricordare di essere
mai stata misurata durante il periodo in cui era stata a casa di
Tyrron. Forse mentre curava le sue ferite, Kamyar si era occupato anche
di quello.
"Devo chiedere a Noriko se ne sa qualcosa."
- Ricordati di tenere la testa sollevata e di regolarti con le bacche.
- le rammentò Nande.
- Lo farò. -
Nemeria uscì dall'infermeria e si diresse al piano
inferiore. Forse sarebbe stato più intelligente tornare
prima in camera e cambiarsi la tunica macchiata di sangue e stracciata
in più punti, ma aveva troppa fame e si sentiva troppo
stanca per tornare indietro. Quando si presentò, nel
refettorio solo un altro paio di tavoli erano occupati, tra cui quello
a cui sedevano Durga e Noriko. Il posto di Ahhotep era vuoto.
- Ho fatto quello che potevo per tenere la zuppa calda. - disse Durga.
- Non ti preoccupare. Grazie. - le sorrise mesta Nemeria.
Dedicò tutte le sue attenzioni al pappone –
perché quello era – ormai freddo. Non aveva voglia
di parlare con nessuno o di stare in compagnia, ma non poteva nemmeno
prendere tutto e andarsene in camera. Forse avrebbe potuto evitare
Durga, ma Noriko dormiva nella sua stessa stanza.
Come se avessero intuito il suo stato d'animo, le due ragazze non
tentarono alcun approccio. Nemeria gliene fu grata, perché,
anche volendo, con quel costante dolore al naso non avrebbe messo
insieme più di tre o quattro parole.
Alla fine della cena, Durga mise a posto il vassoio per lei e Noriko
l'affiancò mentre si avviavano fuori. In un certo qual modo,
sembrava quasi la stesse scortando fuori: con le spalle dritte e il
portamento marziale, agli occhi di Nemeria appariva come un soldato
così dedito alla sua missione da ignorare tutto il resto.
Persino i segni della stanchezza erano contenuti sul suo viso, ma
delinearono le pieghe agli angoli della bocca quando Noriko la storse
in una smorfia sofferente.
- Ci vediamo domani, allora. - la salutò Durga.
- Sì, puntuale. -
La bambina scoccò un rapido sorriso anche a Noriko, prima di
precipitarsi su per le scale.
- Hai voglia di fare una passeggiata? -
La proposta colse Nemeria impreparata: - Non c'è un
coprifuoco? -
- La sola raccomandazione è quella di andare a dormire
presto, altrimenti si rischia di perdere gli allenamenti o fare schifo.
-
Nell'aria fresca della sera, gli ansiti degli studenti che ancora si
allenavano parevano più uno scherzo della stanchezza che un
dato reale. Eppure, se Nemeria prestava orecchio, poteva udirli: il
sibilare di una lama, lo spostamento d'aria di un pugno, il battito
ritmico dei piedi intervallato da quello della corda.
Vieni al campo del fuoco.
Sussultò. Quella voce... era Pavona.
- Vorrei continuare ad allenarmi. - sbottò senza pensarci
troppo.
Noriko inarcò un sopracciglio, comunicando tutto il proprio
scetticismo.
- In questo stato può essere solo deleterio per te. -
- Se non faccio qualcosa per migliorare, Roshanai mi farà a
pezzi. -
- Anche se lo volesse, Tyrron glielo impedirebbe. -
Nemeria scosse la testa. Le sembrava di avere una pallina al posto del
cervello, che rotolava nel cranio a ogni minima oscillazione.
- Ci metterò poco, te lo prometto. -
- Te l'ho già detto stamattina, Nemeria. Non devi dimostrare
niente. Nessuno ti ha insegnato a combattere, è
già tanto che tu riesca a reggere questi ritmi. -
- Appunto perché sono più indietro degli altri
devo cominciare a fare sul serio per imparare. - si passò
una mano sulla bocca e sfiorò con l'anulare la punta del
naso, - Sono stufa di essere la più debole, quella che deve
essere sempre protetta. Da quando sono arrivata a Kalaspirit, mi sono
nascosta sempre dietro di te, Altea, Hirad e ora Durga. Io... io non
voglio più essere così. Non voglio più
vivere nascosta nell'ombra di qualcun altro. -
- Nemeria, non puoi pretendere di diventare brava dall'oggi al domani.
Ti posso insegnare io qualcosa, se proprio ci tieni, ma prima devi
riprenderti. -
- Se tu puoi sopportare l'allenamento con Sayuri con un taglio sulla
pancia, io posso fermarmi un'ora a esercitarmi con la shamshir. -
- Sei stupidamente cocciuta. -
- Tu più di me. - la rimbeccò.
Noriko trasse un profondo respiro, si girò e
scrollò le spalle. Quando non si voltò, Nemeria
seppe di aver vinto.
- Non fare tardi. -
- Ricevuto! -
Imboccò le scale e si precipitò al campo del
fuoco. La luce calda dei treppiedi spennellava l'ambiente con un alone
dorato sufficiente a illuminarne il perimetro e a schiarire in un
grigio sfumato il nero del buio.
- Pavona? -
"Sono qui."
Ci fu un frullio d'ali, poi un corvo planò ai suoi piedi.
Inclinò la testa in alto e fissò Nemeria dritta
negli occhi. Aveva uno sguardo intelligente, troppo per un animale.
- Sei tu? -
"Sorpresa?"
Il gracchiare che seguì poteva essere interpretato come una
risata.
"Purtroppo non ho
trovato di meglio per venire qui. Non ci sono molti animali in questa
città."
Nemeria si stropicciò gli occhi e si accucciò.
Sua sorella le aveva accennato qualcosa del genere, ma le sembrava
impossibile che dentro quel corvo ci fosse Pavona.
"Si chiama Proiezione. Gli animali hanno una mente semplice e non hanno
le capacità di opporre una reale resistenza. Con gli umani
è più difficile, molto più difficile.
Anche se avessi potuto, non conosco nessuno che potesse entrare qui
dentro senza farsi notare."
- Quindi tu ora stai parlando con me attraverso il corvo, giusto? -
"Sì. La mia
mente ha occupato il suo corpo e posso muoverlo come se mi appartenesse."
Nemeria si sentiva un po' stupida a parlare con un animale ed era certa
che se qualcuno l'avesse vista l'avrebbe presa per pazza. Per quanto
potesse risultare strano, però, Pavona era lì,
davanti a lei.
"Ho riflettuto a lungo
su quello che ci siamo dette e ho deciso di aiutarti. Io ho ripudiato
la mia eredità, ma amavo ogni singolo membro della nostra
tribù. Non avrei mai augurato a nessuno di loro un fato
tanto terribile."
Gli occhi divennero lucidi, ma Nemeria non avrebbe saputo dire se fosse
una sua impressione, un gioco di luci o un vero velo di lacrime.
"Non posso fare molto.
Il mio addestramento mi ha portata a padroneggiare appieno solo la
terra. Ma qualcosa so e credo che tu debba impararla prima di perdere
il controllo."
Nemeria si sentì punta sul vivo. Che lei sapesse
ciò che aveva fatto a Durga e Roshanai? La vergogna le
imporporò le guance e le arrossò le orecchie.
- Anche noi rischiamo di trasformarci in Jin? - sussurrò e
si strinse le ginocchia con entrambe le braccia.
"È
più complicato di così. Se mi permetterai di
aiutarti, ti dirò tutto ciò che so. Non sentirti
in obbligo di dirmi di sì. Posso capire che tu voglia
lasciarti alle spalle ciò che è accaduto. Se
vuoi, sparirò e non verrò più a
tormentarti."
- No. - proferì in un impeto disperato, - No, io ho bisogno
di sapere. Quello che mi sta accadendo... non riesco a controllarlo e
ho paura di fare del male a qualcuno. Qualsiasi aiuto tu possa darmi,
lo accetterò. -
Il corvo la scrutò con i suoi occhi pieni di consapevolezza
umana. Fino all'ultimo, Nemeria temette che si tirasse indietro, che
sarebbe stata lei ad andarsene e ad abbandonarla in balia di quel
potere che non sapeva come domare. Invece Pavona zampettò in
mezzo al campo e sbatté le ali un paio di volte, come se
dovesse ancora prendere dimestichezza con il nuovo corpo.
"Allora cominciamo."
Il mondo, in quel momento, divenne più luminoso per Nemeria,
e non solo perché le fiamme nei treppiedi cominciarono a
scoppiettare con più ardore.
Angolo Autrice:
Sì,
sono viva, no, non sono scomparsa. Scusate per questi aggiornamenti
lentissimi, ma la sessione (e gli esami) mi stanno letteralmente
fagocitando la vita. Allora, ci tenevo a fare un ringraziamento per
quello che riguarda questo capitolo: se è uscito
così realistico lo devo a Dany
the writer, un amico scrittore che ha avuto la pazienza di
mettersi lì e controllare che quello che avevo scritto
avesse un senso. Se avete tempo/voglia... insomma, se siete in cerca di
una persona che, oltre alla sottoscritta, possa allietare le vostre
giornate con storie piene di angst, dolore e violenza... non dovete
fare altro che andare a visitare il suo profilo. Davvero, merita e non
lo dico perché mi ha aiutata, ma semplicemente
perché è bravo, sa cosa scrive e dove vuole
andare a parare. Dany, se sei in ascolto, batti un colpo u.u
A tutti voi che avete letto fino a qui, un enorme, gigantesco grazie.
Il prossimo capitolo spero arriverà presto. La mia beta ha
una vita che la richiama, quindi... abbiate pazienza <.<
Hime