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Autore: Mombuchika    13/03/2018    0 recensioni
"Love, oh love, oh careless love
Look what careless love has done…"
Alcuni dicono che la leggenda sia nata con un tentato assassinio trasformatosi poi in una storia d'amore degna di una fiaba (malata).
Altri sostengono che l'infatuazione di Victor Nikiforov per Yuuri Katsuki non c'entra nulla, e che quel soprannome era nato quando Victor, appena venticinquenne, aveva coronato la sua ascesa nel mondo della malavita portando i sobborghi di San Pietroburgo sotto il completo controllo della bratva, ancor prima di ereditare il titolo di pakhan in seguito all'imprigionamento del padre in Siberia.
Comunque la si voglia guardare, è difficile negare che Victor Sergejevich Nikiforov sia unico nel suo genere.
-Serie di drabble scritte originariamente per la Vityaweek2017 su Tumblr. Ambientate in una Mafia!AU in cui Victor è boss della mafia russa, e Yuuri un membro della Yakuza a cui è stato dato il compito di ucciderlo-
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Christophe Giacometti, Victor Nikiforov, Yakov Feltsman, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: AU, Cross-over, Traduzione | Avvertimenti: Violenza
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Life
-La Leggenda Vivente risorge dalle ceneri per riconquistare il suo trono, con un Principe molto speciale al suo fianco.-
 
Fai l’amore con me, Yuuri, lo aveva pregato Viktor la notte prima, lasciandosi esposto e vulnerabile come mai prima di allora, abbandonandosi completamente a Yuuri, affidando corpo e anima alle sue cure. Non era un pakhan quando si era addormentato tra le braccia di Yuuri, soltanto un ragazzo di 29 anni, logorato, esausto.

Yuuri non poteva vederlo in viso, non mentre Viktor stava fermo in piedi di fronte alla finestra aperta da cui filtrava la luce del mattino, ma sapeva che Viktor aveva la stessa espressione della sera prima, anche dopo la notte di riposo. Poteva leggerlo nel modo in cui le spalle di Viktor cascavano, nel tremito leggero della mano che Viktor stava sollevando per sfiorare il vetro di fronte a lui, come se stesse cercando di aprirlo, di liberarsi da una prigione che non aveva barriere fisiche.

“Viktor.”
Yuuri si avvicinò, cingendogli i fianchi da dietro, e davanti a lui, oltre la spalla di Victor, si aprì il grandioso spettacolo della Neva che attraversava maestosa San Pietroburgo, andandosi a gettare nel mare.
“Siamo ancora in tempo, sai.” disse Viktor, coprendo la mano di Yuuri con la propria, e Yuuri sentì i brividi corrergli lungo la schiena, perché già sapeva dove sarebbero andati a parare, e avrebbe fatto male. “Mi sono limitato a togliere Yakov dalla poltrona del pakhan, senza sedermici io stesso. Non ancora. Mio padre è libero. Siamo ancora in tempo. Potremmo andarcene. Solo io, te e Makkachin, sulla Cadillac. Come la nostra luna di miele, ma questa volta non torniamo più indietro. Ti piacerebbe, Yuuri?”
, avrebbe voluto gridare Yuuri, sì, ti prego, andiamocene, andiamo in un posto dove possiamo essere semplicemente Yuuri e Viktor, persone senza importanza in un mondo dove a nessuno frega un cazzo di quel che facciamo, di chi siamo.

“No, Vitya.” rispose.
Viktor si voltò di scatto, trasalendo nel fare sforzo sulla gamba ferita.
“Perché?”
Quella era la parte più difficile, e nel contempo la più facile. Era facile, perché la risposta era sotto i suoi occhi, Yuuri l’aveva sempre saputo, lo leggeva nell’inchiostro sulla pelle di Viktor, nella luce che gli brillava negli occhi, nel modo in cui muoveva il capo. Ed era difficile, perché ammettere quella verità significava scegliere una vita di battaglie e di morte rinunciando al sogno che Viktor gli aveva appena offerto su un piatto d’argento.

“Perché a te non piacerebbe. Certo, potremmo andarcene, solo io, te e Makkachin, potremmo sparire senza lasciare tracce. Potremmo farci una vita insieme. Ma sarebbe abbastanza, Viktor? Guarda.” Yuuri prese la mano destra di Viktor nella sua, sollevandola, mostrando a Viktor l’anello del pakhan che campeggiava all’indice. “Persino adesso, mentre mi chiedi di fuggire, comunque lo porti.”

Viktor deglutì, si tolse l’anello, tenendolo sul palmo della mano e studiandolo. Poi si lasciò andare in un ringhio di frustrazione e gettò l’anello sul pavimento per poi lasciarsi cadere seduto sul letto e nascondere il viso tra le mani. Yuuri aspettò che fosse Viktor a parlare, osservandolo, dandogli il tempo che gli serviva.
“Non posso farcela, Yuuri. Non voglio andare là fuori ed essere di nuovo il pakhan.”

Yuuri si lasciò sfuggire una risatina, ed era il riso più triste che avesse mai sfiorato le sue labbra, perché di tutte le bugie che Viktor aveva detto (non a lui, mai a lui, Viktor non avrebbe mai mentito a Yuuri, ma aveva mentito così tante volte, mentire faceva parte del loro mestiere dopotutto), di tutte le bugie questa era la più grande e la più dolorosa; perché, per la prima volta, Viktor stava mentendo a se stesso.

Yuuri fece un passo avanti, prese l’anello che Viktor aveva gettato a terra con così tanta rabbia e lo posò sul letto vicino a Viktor, per poi inginocchiarsi di fronte a lui, prendendogli le mani tra le proprie.
“Viktor, guardami. Vitya, Viten’ka, amore mio. Ascoltami. Tu puoi farcela, e lo farai.”
Yuuri lo fece alzare e lo condusse di fronte al grande specchio a muro.
“E’ nel tuo sangue, scorre nelle tue vene dal giorno stesso in cui sei nato. E non perché sei il figlio di Sergeij Nikiforov.”
Yuuri lo lasciò solo per poco, il tempo necessario a trovare nel guardaroba di Viktor un cambio di vestiti. Vestiti eleganti, adatti ad un pakhan. Porse a Viktor l’intimo, e lo aiutò a indossarlo.
“E’ qualcosa nel tuo sguardo, nel modo in cui ti muovi. Lo vedo nei tuoi occhi, nelle tue mani, nel modo in cui sollevi il mento.”
Mentre parlava, Yuuri sollevò leggermente il mento di Viktor, e già potè sentire quella leggera tensione riprendere possesso dei muscoli di Viktor, trasformare il suo corpo in quello di un predatore. Poi si dedicò a far indossare a Viktor la camicia, dandogli la possibilità di rimirarsi allo specchio mentre l’immagine del pakhan prendeva lentamente il posto di quella del ragazzo spossato con ogni nuovo strato di vestiti che Yuuri gli faceva indossare.
“Tu sei nato per essere pakhan. Questa è la vita per cui sei fatto.” mormorò Yuuri mentre lisciava le pieghe sulla camicia di Viktor.

Poi fece un passo indietro, osservando il risultato, un Viktor Nikiforov completamente vestito, la Leggenda Vivente rinata di fronte ai suoi occhi come una fenice dalle sue stesse ceneri. Mancava solo un dettaglio.
Yuuri guardò negli occhi Viktor, sollevando l’anello del pakhan e offrendoglielo.
“Non puoi mentirmi, Viktor, anche sei puoi tentare di mentire a te stesso. Tu prenderai quest’anello, e andrai là fuori, e sarai il re che sei nato per essere.”

Ci fu solo un breve momento di silenzio, poi Viktor prese l’anello, lo rimise al dito, ed eccolo che riaffiorava, il sorriso di Viktor, il sorriso del pakhan, quello che prometteva fuoco e fiamme e le mille sfumature di piacere in mezzo. Ma non c’era solo quello, c’era qualcosa di più nascosto in quel sorriso, una tenerezza che sarebbe sparita una volta usciti da quella stanza, una vena di dolcezza che era riservata a Yuuri Katsuki soltanto, mentre Viktor sollevava la mano destra del marito e baciava la fede dorata, gemella di quella che non aveva mai lasciato l’anulare di Viktor stesso da quel giorno a Barcellona.

“Se così dev’essere, moja ljubov'1, voglio che tu sia al mio fianco.”
Yuuri sorrise.
“Sempre.”

1Amore mio
   
 
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