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Autore: Francy_Kid    20/03/2018    13 recensioni
Chat Noir, la Belva Nera, un ragazzo che ha il potere di distruggere tutto ciò che tocca: una maledizione che lo vede essere temuto da tutti. Solo una ragazza, Marinette, sarà in grado di conoscerlo meglio e capirlo.
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•MariChat•
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INIZIATA: 9 Marzo 2017
CONPLETATA: 20 Marzo 2018
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Maestro Fu, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Epilogo










 

Adrien aprì pigramente gli occhi, guardandosi attorno: era un una stanza azzurra, con un letto bianco e dalle coperte ben fatte ad un paio di metri di distanza dalla sua sinistra; sulla sua destra un armadio blu, con due chiavi attaccare ad ognuna delle due ante, ma in quel momento non riusciva a leggere bene i numeri scritti su una targhetta usata anche come portachiavi; un tavolo con un paio di sedie era posto contro il muro davanti a sé, mentre una televisione abbastanza vecchia ma –sperava– funzionante era appesa ad un sostegno di metallo sul muro a poco meno di un metro di altezza rispetto alla porta; sulla sua sinistra un comodino sul quel erano riposti un bicchiere di plastica ed una bottiglietta d'acqua.

 

Spostò la testa di lato quando la porta alla sua destra si aprì, rivelando il volto sorridente di Sabine.

 

«Ciao Adrien. Come ti senti?» domandò, fermandosi davanti alla testata del letto.

«Meglio...» sussurrò, per poi tossire.

 

Aveva la gola estremamente secca e gli doleva parecchio.

 

«Non sforzarti troppo a parlare. Hai la gola parecchio irritata e deve guarire per bene.» si raccomandò la donna, facendolo annuire.

«Marinette?» sussurrò, ricordandosi che anche lei era andata in ambulanza con lui.

«Sta bene. Un po' stanca e sotto shock, ed il taglio che aveva non è molto profondo. È andata a casa trascinata da Tom circa mezz'ora fa a calmarsi e farsi una doccia. Presto potrai vederla.» aggiunse, sapendo già che stava per chiederglielo. «L'orario di visita inizia tra un'ora e sono più che sicura che Marinette sarà la prima ad entrare rispetto a tutti i parenti.» ridacchiò, per poi dirigersi verso la porta da cui era entrata. «Se tutto va bene già domani puoi essere dimesso.»

«Grazie, Sabine.» sorrise, vedendosi restituito il gesto.

«È il mio lavoro.»

 

Non mancò molto che si ritrovò nuovamente solo in quella camera d'ospedale.

 

Si guardò nuovamente intorno e poi alzò le mani, fissando le dita affusolate, arrivando quasi a pensare che non fossero le sue, per poi sfiorarsi con la punta di esse le braccia piene di cicatrici di ferite che si era auto inflitto.

 

Si ricordava che di quelle ne aveva parlato con Marinette e che lei lo aveva capito: erano tagli fatti con gli artigli, mentre cercava in tutti i modi di volersi levare la tuta in momenti di poca lucidità, preso dal panico, quando arrivava a pensare che l'unico modo di liberarsi dalla maledizione fu di uccidersi.

 

Scosse violentemente la testa, rabbrividendo a quei pensieri: non poteva credere che era proprio lui a pensare a quelle cose, eppure si ricordava come se fosse solo ieri di quanto soffriva ogni volta che si vedeva allo specchio o vedeva la sua immagine di com'era prima di diventare la Belva Nera.

 

Era un incubo, un incubo dal quale voleva solo svegliarsi, e Marinette fu la sua luce.

 

Fu l'unica a fidarsi di lui ed a aiutarlo, passando del tempo con lei per tenergli compagnia e rendere le sue giornate sempre più luminose e piene di vita.

 

Sorrise, lasciando andare le braccia lungo i fianchi, accorgendosi solo in quel momento di un ago infilato nell'avambraccio, molto probabilmente usato per gli esami del sangue.

 

A parte quello e un po' di stordimento, si sentiva meglio.

 

Non vedeva l'ora di rivedere Marinette, così, accese la televisione e attese con impazienza l'orario delle visite.

 

 

 

 

 

 

—•—•—

 

 

 

 

 

 

Marinette si sistemò davanti alle porte chiuse, attendendo che l'operatore le aprisse.

 

Controllò freneticamente l'orario –era già la settima volta in due minuti– e mancavano sempre quei maledetti centottanta secondi.

 

Batté freneticamente la punta del piede a terra, controllando di nuovo l'orario e non notando nessun cambiamento.

 

Sospirò esasperata.

 

Erano venti minuti che era lì in piedi ad aspettare che l'orario delle visite iniziasse, fregandosene delle altre persone che la guardavano a sottecchi.

 

Voleva rivedere Adrien, vedere come stava, vedere di nuovo i suoi meravigliosi occhi verdi...

 

«Sei qui da parecchio, dico bene?»

«Lloyd!» esclamò la ragazza, portandosi una mano al petto a seguito dello spavento. «Scusami, non ti ho sentito arrivare.»

«Non ti preoccupare. Piuttosto, come stai?» domandò, indicandole il bendaggio che aveva attorno al collo.

«Io? Benissimo. Stupendamente. Non mi fa per niente male.» sorrise, girando lo sguardo verso le porte, come a controllare se si fossero aperte.

 

Lloyd ridacchiò.

 

A seguito dell'accaduto a Villa Agreste, lo scienziato diede le dimissioni, motivando il fatto dicendo che voleva fare qualcosa di più soddisfacente sul piano personale e stare meno a contatto con pazzi megalomani.

 

Era una persona parecchio strana, ma fantastica e gentile in egual misura.

 

Si voltò verso la corvina, abbassando lo sguardo data la sua statura e con il suo solito sorriso divertito sul volto. «Allora, hai intenzione di sbaciucchiartelo non appena arrivi in stanza o gli lasci il tempo di dire come sta?» domanda.

Marinette si voltò verso di lui con gli occhi spalancati ed il viso completamente rosso. «L-Lloyd! Ma cosa stai dicendo?!» squittì, portandosi le mani alle guance, tastandosele leggermente.

L'uomo rise. «Scherzo, scherzo. Però lasciamelo prima salutare.»

 

La ragazza iniziò pronunciare frasi sconnesse per via dell'imbarazzo che provava, scuotendo la testa.

 

«Marinette, lascia che ti dica che sei stata parecchio coraggiosa.» esclamò Lloyd, attirando l'attenzione della corvina su di sé. «Sono poche le persone che farebbero ciò che hai fatto tu per Adrien. E lasciami dire che voglio sapere ogni minimo dettaglio di ciò che è successo a Villa Agreste prima del mio arrivo.»

«F-Forse non ogni minimo, ma grazie...» rispose ancora leggermente rossa.

 

Lloyd non ebbe il tempo di dirle altro, perché quando le porte si aprirono, Marinette si fiondò verso i corridoi che portavano agli ascensori, lasciando l'uomo sorpreso dietro di sé.

 

«Wow. Che scheggia.» ridacchiò, seguendola prima che la perdesse tra le altre persone.

 

Dopotutto, anche lui era lì per incontrare Adrien.

 

 

 

 

 

 

—•—•—

 

 

 

 

 

 

Molte persone erano riunite all'ingresso dell'ospedale e Nadja Chamack che trasmetteva il servizio.

 

Parlava del fatto che l'unico sopravvissuto alla Belva Nera, tenuto imprigionato dal nostro per mesi per non si sa quale motivo, e unico membro della famiglia Agreste di cui si sapevano notizie era all'Hôpital Saint-Louis per le cure; di lui si sapeva soltanto che stava bene e che non era in pericolo di vita.

 

Spense la TV, stufo di sentire parlare di quelle cose.

 

Sapeva che per un po' di tempo non avrebbe sentito altro, ma in quel momento voleva soltanto avere un momento di calma, rilassarsi e iniziare a godersi il fatto di essere tornato alla normalità.

 

Come se qualcuno sapesse ciò che pensava, dal corridoio, si udì un frastuono: a quanto pare un vassoio con sopra il resto del cibo di un paziente a poche camere di distanza era stato fatto cadere a seguito di due persone che si erano urtate.

 

Una di esse chiedeva scusa in continuazione, dicendo che aveva la testa altrove, mentre l'altra –molto probabilmente chi si occupava del cibo– diceva che non era successo nulla e che non doveva preoccuparsi.

 

Mugugnò poggiando la testa sul cuscino e chiudendo gli occhi, tentando nuovamente di rilassarsi, ma la persona che aveva appena messo piede in stanza non glielo permise.

 

Alzò lo sguardo, sbarrando gli occhi quando vide Marinette, leggermente ansante, che lo guardava con un sorriso sul volto.

 

«Ehi.» disse lui con un sussurro.

«Ehi.» rispose lei, avvicinandosi subito dopo.

 

Adrien si sistemò meglio sul letto, mettendosi seduto, non staccando gli occhi da quelli di Marinette, che si fermò a pochi centimetri dal materasso.

 

«Stai bene?» gli domandò, un po' preoccupata cercando di non darlo a vedere.

«Starò meglio.» ripose, sbuffando al fastidio che gli procurava l'ago nel braccio.

 

Marinette sorrise, arrossendo leggermente, vedendosi restituito il risolino da Adrien, che le prese la mano e gliela strinse leggermente.

 

«Caspita! Certo che corri!» esclamò Lloyd, entrando nella stanza con un po' di fiatone. «E pensare che contavo su di te per trovare la camera di Adrien, ma sei sparita!»

Adrien ridacchiò. «È bello rivederti Lloyd.» tossì poco dopo, sentendo la gola secca.

«Vuoi un po' d'acqua?» domandò la corvina, recuperando la bottiglietta sul comodino dopo che ebbe annuito.

«Finalmente non indossi più quella tutina nera. Anche se per le donne di Parigi può essere una vera tragedia. Soprattutto per una certa ragazza qui presente.» ammiccò.

 

Marinette squittì, arrossendo di colpo e rischiando di far rovesciare l'acqua addosso ad Adrien, anche lui rosso come un peperone.

 

«Scherzo, scherzo.» rise di nuovo, per poi sorridere gentilmente verso il ragazzo. «Ora bisogna solo trovare tuo padre, no?»

Il biondo bevve qualche sorso d'acqua, tifando poi la bottiglietta a Marinette. «Non so dove sia... È sparito da un giorno all'altro. Ma forse è meglio così, almeno non l'ho ucciso, per quanto ne so...» rispose amareggiato, chinando lo sguardo.

La giovane gli prese nuovamente la mano tra le sue. «Vedrai che tornerà. Non appena saprà che tu sei ancora vivo tornerà da te. Intanto puoi rimanere a casa mia. C'è una stanza, che prima di appropriarmi della mansarda era mia, che usiamo per gli ospiti. Puoi usare quella.»

«Grazie, ma non vorrei disturbare...»

«Adrien, casa tua è praticamente distrutta. Come farai a sopravvivere lì dentro? E non dire che hai vissuto là dentro fino ad ora perché hai tirato avanti solo grazie al fatto che eri Chat Noir.» disse Lloyd, abbassando la voce all'ultimo pezzo di frase.

 

Infondo aveva ragione: era sopravvissuto solo grazie ai suoi poteri.

 

Ma ora era pronto ad iniziare una nuova vita e Marinette ne avrebbe fatto parte.

 

 

 

 

 

 

—•—•—

 

 

 

 

 

 

 

Erano passati tre giorni da quando era fuori dall'ospedale.

 

Tom e Sabine avevano preparato la stanza per Adrien, ma il padre della ragazza aveva avvisato entrambi sul fatto che non voleva trovare nessuno dei due nella stessa stanza, oppure ci sarebbero state ripercussioni.

 

Inutile dire che Adrien lo ascoltò senza battere ciglio, ma non mancavano le serate passate insieme, l'una abbracciata all'altro a parlare o anche solo a farsi compagnia per qualche minuto prima che l'altro tornasse nella sua stanza.

 

La notte era sempre stata il loro momento della giornata preferito: il momento in cui potevano vedersi e permettere alle stelle di essere le uniche complici dei loro incontri segreti.

 

La notte, quando l'oscurità avvolgeva ogni cosa ed il cavaliere dalla nera armatura andava a trovare la sua principessa.

 

Marinette gli aveva sempre detto che non si considerava una principessa, che non era aggraziata, che non aveva nobili origini e che non era ricca, ma ad Adrien non importava.

 

Avrebbe potuto essere la principessa dei nerd, ridacchiò lui prima di ricevere uno scherzoso pugno sul braccio.

 

Si completavano a vicenda è quello era l'importante.

 

Il giorno seguente, Marinette ed Adrien incontrarono Fu a casa sua, sorseggiando del tè verde da delle tazze di ceramica.

 

Entrambi ascoltarono l'anziano quando raccontò le storie sui passati Chat Noir; Adrien prestava più attenzione possibile, capendo il loro stato d'animo, mentre Marinette riviveva ogni singolo racconto come se fosse la prima volta che lo ascoltava.

 

Era sempre meraviglioso poter ascoltare storie del genere, per quanto reali e macabre possano essere, ma raccontavano di una verità che solo in pochi conoscevano.

 

«Cos'ha intenzione di fare ora, signor Fu?» domandò la corvina, poggiando la tazza vuota sul tavolino davanti a sé

«Tornerò a casa mia. Nasconderò l'anello dove nessuno potrà trovarlo, o almeno finché resterò in vita nessuno potrà trovare.» rispose, sorridendo malinconico. «Questa volta non lo perderò.» aggiunse, mostrando loro una scatolina nera con delle linee rosse a formare uno strano simbolo, che nessuno dei due riconobbe.

«Spero che posso essere felice e la ringrazio ancora per tutto ciò che ha fatto.» disse Adrien, chinando leggerete il capo come a simboleggiare un inchino.

«L'importante è che ora voi possiate vivere la vostra vita.» sorrise l'anziano, alzandosi con loro.

 

I due adolescenti uscirono, salutando nuovamente l'uomo, che, subito dopo, chiuse la porta dietro di loro.

 

Marinette ed Adrien uscirono dall'edificio in cui vi era l'appartamento di Fu, fermandosi quando la corvina notò il ragazzo assumere un'aria triste.

 

«Cosa c'è? Già ti manca Fu?» ridacchiò, prendendogli la mano, incoraggiandolo a dirle ciò che gli passava per la testa.

«Non solo... Cioè, il signor Fu è vissuto per oltre un secolo dopo che la maledizione si è spezzata e sono più che sicuro che anche a me toccherà la stessa sorte. Io non credo di poter sopravvivere senza di te...» rispose, squittendo di dolore quando la ragazza gli pizzicò la guancia.

«Non fare il sentimentale. C'è tutto il tempo che vogliamo da passare insieme, e se dovesse accadere anche a te allora potresti approfittare e fare come Fu: viaggiare per tutto il mondo.»

«Ma tu non sarai accanto a me.»

 

Marinette gli fece un sorriso triste, accarezzandogli la gota.

 

Infondo sperava che a lui non capitasse una cosa del genere, ma la maledizione poteva durare per molto tempo anche dopo averla spezzata; ma forse a Fu era successo ciò perché lui non l'aveva completamente rotta.

 

La corvina sbuffò, mettendosi sulle punte e dando un leggero bacio sulle labbra di Adrien, sorridendo. «Non pensare a tutto ciò. Viviamo il presente, insieme. Il presente che è fatto solo dei fantastici moneti che viviamo.»

 

Il biondo annuì, restituendole il bacio, per poi camminare mano nella mano verso la boulangerie in cui entrambi vivevano con i genitori di lei.

 

Marinette aveva ragione: bisognava vivere il presente, al futuro avrebbe pensato poi.

 

Fu, sul balcone, sorrise mentre li guardava allontanarsi, spostando lo sguardo sul suo cellulare per cercare un contatto che aveva salvato qualche tempo prima.

 

Portò l'apparecchio all'orecchio e mentre aspettava che qualcuno dall'altra parte rispondesse, un gatto nero dagli occhi verdi si fece strada tra le sue gambe, iniziando a fare le fusa.

 

«E tu da dove sbuchi?» domandò ridacchiando alla creatura, accarezzandogli dietro l'orecchio.

 

Qualche secondo più tardi, una voce seria rispose alla sua telefonata, mentre il sorriso non abbandonò il suo volto. «Tutto è tornato alla normalità. Può riabbracciare di nuovo suo figlio.»

 

 

 

 

 

 

FINE

 

 

 

 

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Mi viene il magone a leggere "fine" dopo più di un anno che ho dedicato a questa storia...

 

Ma, beh, tutto ha una fine, prima o poi.

 

Ah sì, domani la parte dedicata ai ringraziamenti, quindi vi lascio digerire la cosa AHAHAHAHAH

 

A presto :)

Francy_Kid

  
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