Tu Revoluciòn
Celine era completamente nuda. Supina aveva
il viso appoggiato sul cuscino, mentre i capelli biondi erano sparpagliati
sulla sua schiena che scoperta dal lenzuolo in quel momento era divenuta la
maggior attrazione per Remus che scostandole la chioma iniziò a baciarla
lievemente. I suoi baffi provocavano dei brividi, un lieve solletico che diede
alla giovane una sensazione di maggior piacere per quelle dolci attenzioni.
La sua scia di baci disegnarono
tutta la sua colonna vertebrale per poi una volta giunto al collo
soffermarsi quel tanto per costringerla a voltarsi e nuovamente catturare le
sue labbra carnose e setose.
Ora Celine era con la schiena contro il materasso e osservando Remus al suo
fianco gli accarezzava i capelli scompigliati venati di grigio, mentre lasciava
che i loro sguardi si incrociassero e si parlassero meglio di qualsiasi parola.
“Vorrei che fuori non smettesse mai di nevicare…” mormorò finalmente lei.
Mentre il cielo già scuro dava il benvenuto alla sera. Celine però non pareva
intenzionata ad andarsene, quanto Remus di cacciarla.
“Ed io vorrei sentirmi in colpa…”
Si ritrovò a constatare il professore, mentre con un dito le stava
distrattamente disegnando il profilo del viso. Scivolando sul suo naso e poi
sulle sue labbra che schiudendosi ne baciarono la punta.
“Pensavo fossimo andati oltre…” lo punzecchiò lei con sguardo furbo, prima
di mettersi anche lei su un fianco. Erano speculari, entrambi con un gomito
puntato sul cuscino e la testa appoggiata sulla mano. Occhi negli occhi.
“Oh quello indubbiamente…”
Remus giocò su quel gioco di parole. Ovviamente Celine si riferiva ad aver
superato la retorica, ma lui osservando il letto in cui erano si riferì
piuttosto a ciò che avevano fatto. La serietà dei due durò molto poco prima che
cercando in vanamente di trattenersi scoppiarono tutti e due a ridere.
Era strano per Remus sentirsi così leggero, così libero da ogni
preoccupazione, quasi come se fosse tornato ragazzo… esattamente come accadeva
a Celine che non si sentiva gravata di un destino avverso sulle spalle.
Entrambi potevano affermare che quando stavano insieme trovavano una scioltezza
di pensiero e di atteggiamento che non erano soliti poter avere.
“Posso farti una domanda?”
Chiese poi improvvisamente Celine. Remus fece spallucce.
“Certo”
“Sai chi sono Codaliscia, Ramoso e Lunastorta?”
La domanda non poté essere più fuori luogo. Non solo perché non c’entrava
nulla con quel momento, ma perché fecero quasi prendere un colpo a Remus.
“Buon Dio… posso chiederti da dove tiri fuori questi nomi?”
Rideva, ma la verità è che era sconvolto.
“Li ho trovati scritti in un diario che… che mia zia Andromeda mi ha
regalato… e considerando che era contemporaneo ai tuoi anni ad Hogwarts pensavo
li conoscessi…”
L’innocenza della sua constatazione la fecero apparire probabilmente agli
occhi di Lupin per la prima volta per la ragazzina che era.
Pensò anche però che lei si era così aperta con lui che non farlo sarebbe
stato ingiusto oltre che maleducato.
Tirandosi dunque meglio su, si sedette e poggiando la schiena alla testiera
del letto allargò le braccia per invitare Celine ad accoccolarsi a lui. La
Serpeverde ovviamente accettò immediatamente l’invito, curiosa di sapere la sua
risposta.
“Allora?”
“Ehm ok… è imbarazzante, ma… Lunastorta sono io… e… gli altri erano i miei
amici dell’epoca…”
“CHE?”
Celine che si era appena accostata a lui si tirò indietro solo per
guardarlo negli occhi piena di stupore e portarsi le mani di fronte alla bocca
spalancata.
Era confusa. Emozionata. Felice. Stranita. Troppe cose insieme.
“Ma tu dimmi di più… di chi è questo diario? Non sapevo avessi un rapporto
con Andromeda…”
“Oh sì… lei… lei è una di quelle poche persone con le quali ho potuto
confidarmi… credo che dopo quello che ha passato è l’unica che potesse davvero
capirmi…”
Remus assentì. Conosceva Andromeda e fu felice sapere che aveva potuto
essere d’aiuto a Celine. Probabilmente anche incitandola a resistere sulle sue
scelte.
“Ok vuoi sapere di chi è il diario eh?”
La giovane meditò lungamente se dirglielo, ma poi avvicinandosi nuovamente
decise di svuotare il sacco.
“Sirius Black” esclamò all’unisono con Remus che dopo averne avuto la
conferma scoppiò in una fragorosa risata che lasciò di stucco Celine.
“Si può sapere che ti ridi?”
“No è he… che tutto questo è assurdo…”
Bofonchiò lui con una mano sulla testa e gli occhi al cielo.
“Così assurdo come il fatto che tu non credi quanto me che Sirius Black sia
qui per uccidere Potter?”
La domanda della Serpeverde riportò Remus velocemente serio, ma non severo.
Tanto che accarezzando i capelli della sua giovane amante assentì stanco.
“Non posso crederlo…”
“Nemmeno io. Certo non lo conosco come te, ma… quel diario mi ha reso ciò
che sono… e non posso credere che una persona così forte, leale e coraggiosa
sia l’uomo che raccontano…”
Remus parve per un attimo sollevato. Aveva i suoi dubbi su Sirius, come
tutti in quegli anni, ma sapere di avere qualcuno con cui parlarne. Qualcuno
che non avrebbe giudicato e che in fondo al cuore, come lui, gli credeva… bè
era impagabile. Era come se con Celine ritrovasse lo spirito dei Malandrini,
uno che credeva perso per sempre.
Dedalus sapeva che Celine aveva agito con le migliori intenzioni, ma questo
non gli impedì di arrabbiarsi con lei. Dopotutto non credeva che lei avesse
disdetto il loro Natale insieme solo per fargli dispetto, ma lo aveva fatto e
tanto bastava.
“Hai passato un buon Natale?” fu la prima cosa che lei gli chiese al suo
ritorno quando senza aspettare una risposta si sedette accanto a lui nella Sala
Grande.
“Ho riflettuto un po’ durante le vacanze, Dedalus. E credo di aver trovato
il nome perfetto per la nostra materia: Magia
applicata a strumenti babbani. Che ne dici?” gli chiese entusiasta, mentre
lui senza nemmeno degnarla di uno sguardo esclamò un frettoloso “Ci penserò”.
L’incontro dei due amici non andò esattamente come la Serpeverde sperava,
anche perché per tutto il giorno Dedalus non le rivolse la parola.
Il giorno dopo ricominciarono le lezioni. L’ultima cosa che il Tassorosso
sembrava desiderare era passare due ore all’aperto in una gelida mattina di
gennaio e per di più con Celine che dal canto suo cercava di spezzare quella
cortina di ghiaccio che tra loro si era creata.
La prima lezione di Divinazione del nuovo trimestre fu molto meno
divertente del solito, in quanto lei e Dedalus la passavano a scherzare e
prendere in giro ogni cosa che la Professoressa Cooman diceva, ma quella volta
il ragazzo era attento per la prima volta in vita sua.
Anche Difesa Contro le Arti Oscure parve meno entusiasmante nonostante il
rivedere il professore ogni volta la facesse sentire meglio. Lupin infatti si
accorse dell’atteggiamento distaccato e triste della studentessa a cui a fine
lezione le si avvicinò poggiandole una mano sulla spalla.
“Tutto bene?”
“Mmm” mugugnò Celine che guardandolo notò la stanchezza sul suo volto.
Sapeva che la Luna Piena era vicina e questo spiegava il suo aspetto smunto,
motivo per cui non voleva assediarlo con i suoi stupiti problemi
adolescenziali.
“Ci vediamo a Luna passata…” sussurrò lei che nonostante la voglia pazza
che aveva di baciarlo si trattenne in quanto percepì un paio di occhi fissarla:
era Dedalus.
La partita Corvonero contro Serpeverde arrivò una settimana dopo. Vinse
Serpeverde, anche se di stretta misura. Celine aveva seguito la partita per la
gioia di Draco, ma poi aveva declinato il suo invito ai festeggiamenti nei
sotterranei per dirigersi nel corridoio che portava alle cucine di Hogwarts.
Sapeva che la seconda botte dal basso, nel mezzo della seconda fila, era
l’entrata per la Sala Comune di Tassorosso.
Paziente rimase in attesa fin tanto non avrebbe visto Dedalus uscire e che
lui l’avrebbe voluto o meno l’avrebbe affrontata.
Celine rimase lì quasi per due ore, quando finalmente lo vide. Il ragazzone
era ancora sull’uscio e stava facendo per tornare sui suoi passi se non fosse
stato che lei glielo impedì, sgusciando all’interno della Sala Comune.
Dietro la botte vi era un breve cunicolo, terroso ed in salita, che dava
accesso ad un’accogliente sala rotonda, dal soffitto basso e che ricordava
vagamente la tana di un tasso.
Dedalus trascinò Celine fino al suo dormitorio deserto prima che Tosca
Tassorosso, dal quadro sopra la mensola del caminetto, la vedesse e facesse una
scenata come poche.
“Non puoi stare qui!” la riprese lui chiudendo la pesante porta di legno
della sua camera, che condivideva con altri quattro compagni. Tutti assenti per
fortuna.
“Non me ne andrò fin quando non mi rivolgerai la parola!”
Disse lei sedendosi sul letto di Dedalus che come tutti gli altri aveva al
di sopra una vivace trapunta di patchwork.
“Puoi smetterla di tormentarmi così? Mi tieni il broncio da quando sei
tornato… non me lo merito!” sbottò lei infastidita.
Aveva i capelli raccolti con un mollettone ed era infagottata con para
orecchi, sciarpa ed un pesante mantello per combattere il freddo gelido. Tutte
cose che si tolse uno a uno gettandole sul letto accanto.
“Ah! Ora sono io quello che ti tormenta! Divertente!” ironizzò lui che
infastidito se ne stava di fronte a lei, in piedi, con le braccia conserte al
petto.
“Avevamo progettato questo Natale da mesi. Papà ti aspettava per sistemare
gli ultimi documenti ed io speravo avremmo scelto il nome della materia
insieme!”
Dedalus era ferito. Si vedeva e Celine capì che un suo capriccio ed una
decisione che aveva creduto inoffensiva lo aveva invece fatto star male più di
quanto credesse.
Sospirando batté con la mano sul letto per invitarlo a sedersi, lui rifiutò.
Ripeté il gesto con più convinzione ed uno sguardo supplicante che alla fine lo
convinse.
“Hai ragione. Sono stata egoista…”
“Sì lo sei stata e purtroppo so anche perché…”
A quella sua frase la Serpeverde si fece più rigida di un fuso, mentre
deglutendo iniziò a giocare con gli anelli che portava alle dita.
“Accidenti Celine credi che non mi sarei accorto di te ed il professore? Il
problema è che dovreste preoccuparvi che anche altri potrebbero accorgersene!”
Quella suonava proprio come una bella paternale, di quelle severe e pesanti
che gettarono la giovane nel panico. Ma poi pensò che negare voleva dire
offendere l’intelligenza di Dedalus ed era l’ultima cosa che voleva.
“E’ complicato”
“Oh sì lo è”
Le fece eco il Tassorosso che sospirando arrabbiato sbatté i piedi a terra
ed i pugni sul materasso.
“AHHHHH ti odio… ti odio perché non riesco mai a stare arrabbiato con te
per troppo tempo…” sospirò maldestro prima di tornare a guardarla.
“Mi sei mancata da morire in questi giorni…”
Celine si commosse e gettandogli le braccia intorno al collo lo abbracciò.
Lui non condivideva la sua scelta, ma non la stava giudicando e quello la
faceva andare in brodo di giuggiole.
“Non cambierà nulla Dedalus… nulla…”
“E se invece cambierà tutto? Hai già annullato la nostra vacanza di Natale…
se annullerai anche il nostro viaggio di quest’estate?”
La voce di Dedalus tremava e gli occhi erano velati di lacrime, come anche
quelli di Celine che senza pensarci gli prese il viso paffuto tra le mani
costringendolo a guardarla.
“Mai. Hai capito? Mai… anzi ho raccontato al professore tutto, sai? Gli ho
detto quanto non vedo l’ora di iniziare quella nuova vita e quanto sia
orgogliosa di prendere il tuo cognome…”
La giovane odiava essere così sentimentale e nelle utilme settimane lo era
stata anche fin troppo, così prima che il make up le colasse tirò sul con il
naso e colpendo con la bacchetta il suo mantello vi richiamò un libro che posò
tra le mani di Dedalus.
“E’ arrivato mentre non c’eri… è il nostro libro di testo… la prima
stampa…”
Il Tassorosso singhiozzava emozionato, mentre l’amica gli passava un
braccio intorno alle spalle. Rimasero lì in silenzio a crogiolarsi nella
soddisfazione del loro primo successo e rinnovando un’amicizia che non sarebbe
mai finita.