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Autore: Damnatio_memoriae    29/03/2018    1 recensioni
La marca Occidentale e la marca Orientale sono affette, ormai da cinquant’anni, da un male incurabile che le sta conducendo verso una fine troppo amara. Creature misteriose, prive d’identità, uscite secondo le storie dai più reconditi meandri del sottosuolo, distruggono e incendiano tutti i villaggi che incontrano lungo il loro cammino. Ad Ovest gli Spettri – così vengono chiamati dai bambini i mostri che disturbano i loro sogni – hanno iniziato a rapire uomini e donne con un ritmo sempre più regolare, celati dall’oscurità della notte. Così la popolazione ha cominciato a temere il novilunio, che porta puntualmente con sé nuove incursioni, nuove perdite e nuovo dolore.
Nel tentativo di contrastare questa inesorabile piaga sono state erette le Torri, i cui comandanti però si sono rivelati essere spietati ed ingiusti, al punto da meritarsi la nomea di tiranni. La marca è sfinita, divorata da guerre intestine, epidemie, carestie e fame. In un clima di paura e oppressione ha inizio questa storia.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Allo scoperto
 

 
All’alba i contadini e gli allevatori del paese e delle campagne circostanti si riunirono davanti alle porte della Torre per consegnare alle Guardie Ausiliarie un terzo del loro raccolto, così come stabilito dallo statuto.
La piazza centrale del villaggio e le stradicciole che la costeggiavano iniziarono a riempirsi di persone ben prima che i raggi del sole potessero riscaldare le loro teste, ma nello sguardo di quei convenuti Roselyn non riuscì a scorgere altro che spossatezza e rassegnazione. I cesti di vimini che tenevano sotto braccio erano quasi vuoti e anche i carretti, trainati da somari troppo vecchi e affaticati, trasportavano provviste che sarebbero durate per un mese appena.
In quella moltitudine, Rose riuscì a scorgere anche il piccolo Jeremiah. La mano stretta in quella del padre e lo sguardo basso, sembrava essere solo il riflesso opaco del bambino allegro e vivace che era sempre stato. Ora gli occhi erano gonfi e arrossati, si mordeva la bocca per non piangere, ma quando una lacrima sfuggiva alle sue intenzioni da bambino grande, lui subito la faceva scomparire strofinandosi la faccia con la manica. A passi lenti procedeva accanto al padre, anche lui mogio e taciturno, le spalle ingobbite, non osando allontanarsi.
Intorno ai due si era creato il vuoto e tutti quelli che prima erano stati amici, vicini o conoscenti ora si tenevano a debita distanza, perché dopo la notizia della morte della moglie di Sebastian, nessuno sembrava più intenzionato a rivolgere a lui o ai membri della sua famiglia la parola.
«Mi si spezza il cuore vederli ridotti in queste condizioni» bisbigliò Rose.
Bessie, in piedi di fianco a lei, annuì mestamente. Le circondò le spalle con le braccia massicce nel tentativo di consolarla. «Lo so, cara, lo so. Non ti angustiare. Tutto andrà per il meglio».
«Li evitano come se fossero degli animali».
«Non è cattiveria, Rose» la riprese blandamente «La natura umana è debole e teme la morte, la malattia e la fame. Nessuno vorrebbe allontanarsi dalle persone che ama prima del tempo».
«Però…».
«E Simeon ha destinato all’esilio chiunque mostri i sintomi del contagio e ha incarcerato chi non ha prestato ascolto al suo ordine. Non essere così severa» si rigirò tra le dita paffute una mela fin troppo matura «Non è sempre saggio aiutare gli altri. Anzi, il più delle volte essere altruisti è una condanna a morte molto ben mascherata».
«Ma loro non hanno colpe» ribattè sconsolata e, posando il suo cestino ai piedi della donna, raggiunse Jeremiah e Sebastian sotto lo sguardo contrariato di tutti i presenti.
Salutò educatamente l’uomo, posandogli fraternamente la mano sul braccio e lui rispose con un cenno del capo e un sorriso tirato.
«Ciao, Jeremy» si inginocchiò poi davanti al bambino in modo da essere alla sua altezza.
«Ciao» ricambiò, stropicciandosi gli occhi con le mani sporche di terra.
«Che cosa fai sveglio così presto?».
Intorno a lei alcuni bisbigliavano e la indicavano. I più non vi prestavano granchè attenzione.
«Aiuto papà a portare il grano dentro la Torre» spiegò semplicemente, dondolandosi sui piedi «Thomas è andato a raccogliere la legna. Tu…tu lo sapevi che la mamma non c’è più?».
Annuì. «Sì piccolo, me l’hanno detto».
«Thomas dice che potrei rivederla, un giorno. Però ha detto anche che dovrò aspettare molto tempo» alzò gli occhi al cielo con fare pensieroso «Non lo so…tu pensi che il prossimo inverno potrebbe già accadere?» domandò ingenuamente.
Suo padre si schiarì la voce. «Tuo fratello intendeva dire più tempo».
«Ah…» sussurrò mortificato, guardando Sebastian «Fra due inverni, allora?».
I portoni del torrione si aprirono sulla piazza e due Ausiliari, sicuri nella loro livrea azzurra, fecero segno alla folla di procedere in ordine per la consegna delle loro gabelle. Una famiglia, poi un’altra e un’altra ancora si susseguirono all’entrata della Torre di pietra e tutti sapevano che quel raccolto, che il Capitano Romata aveva un tempo disposto fosse diviso equamente tra villici e Ausiliari, avrebbe sfamato appena una parte della popolazione e, di certo, non quella più affamata.
Dalla strada che conduceva alla porta meridionale del paese, sotto il cui arco i mercanti sostavano il tempo sufficiente per farsi comprare dalla Guardie o per corromperle a loro volta, giunsero Simeon e la sua scorta.
«Fatemi passare!» strepitò come d’uso il capitano, ormai abituato a recitare la parte del duro ed intransigente condottiero «Fatemi passare ho detto!». Simeon stringeva in una mano le chiavi dei sotterranei che, sbattendo l’una con l’altra, sembravano provocargli un gran piacere con il loro rumore sinistro; con la mano destra, invece, strattonava di tanto in tanto una corda di canapa ruvida e spessa, trascinandosi dietro i prigionieri della giornata, rei di chissà quali colpe. I suoi scagnozzi gli aprivano la strada, spintonando e punzecchiando con le lance la schiena dei malcapitati e di quanti non avessero fatto in tempo a scansarsi.
«Devo condurre questa feccia nelle prigioni, state alla larga se non volete far loro compagnia» continuò a sgomitare e indicando due sentinelle disse: «Voi restate qui. Non voglio resse, baruffe o disordini. Sforzatevi, almeno una volta, di farmi credere di vivere in una società civile». Varcò l’entrata della Torre e, non appena la sagoma della sua schiena fu scomparsa dalla vista dei convenuti, gli Ausiliari si disposero con rigoroso ordine lungo il perimetro dello spiazzo, gli sguardi attenti e la postura retta.
«Non si diverte se non gioca a fare il carnefice» brontolò Bessie con il suo vocione, avvicinandosi a Rose e riportandole il suo cesto di vimini.
Quando la tensione per la venuta del capitano scemò, i paesani tornarono al loro ingrato compito, bisbigliando di tanto in tanto sull’accaduto ed informandosi concitati su chi conoscesse o meno qualcuno dei prigionieri.
«Forse erano ammorbati» ipotizzava qualcuno.
«Forse hanno alzato la voce al momento sbagliato, con la persona sbagliata» suggeriva qualcun altro.
«Perché? Con gli Ausiliari esiste forse un momento buono per alzare la voce?».
Rose fece un’ultima carezza a Jeremiah e tornò a rivolgersi a Sebastian. «Come state?».
L’uomo sospirò, affranto. «Sono stati momenti duri…molto duri. Domani seppelliremo mia moglie. A dire la verità non credo verranno in molti a darle l’ultimo saluto, ma saremmo felici se voleste venire. Thomas ne sarebbe felice…». La voce gli si incrinò, rotta da un sordo rantolo, e subito un attacco di tosse iniziò a scuotergli le membra già fortemente debilitate.
«Papà?» domandò Jeremy, la mano stretta ancora in quella grande e callosa del padre.
«Tutto bene» provò invano a rassicurarlo Sebastian, senza però riuscire a controllare gli attacchi di tosse e il forte dolore che sembrava gli stesse lacerando il petto. Le gambe gli tremarono, cedettero, e in un attimo si ritrovò inginocchiato a terra, incapace di rialzarsi, il palmo premuto forte sulla bocca come a voler in qualche modo contenere gli attacchi.
Nulla poteva bastare per passare inosservati. Volti cinerei e spaventati si fissarono su di loro, i sussurri si trasformarono in chiasso, il chiasso in paura e un gruppo di Guardie si fece strada per raggiungerli.
«Papà! Papà!» chiamò Jeremiah, scuotendo le spalle dell’uomo, ma Rose lo strattonò e lo allontanò da lui.
«Aspetta» lo strinse forte «Non stargli vicino».
«Lasciami andare!».
«Rose, tieni lontano il bambino» le ordinò Bessie, chinandosi sul malato e sorreggendolo per aiutarlo a respirare meglio, ma Sebastian continuava a boccheggiare. Quando, ormai prostrato sul terreno impolverato, iniziò a sputare sangue, anche la donna dovette rassegnarsi all’evidenza.
«Cosa succede qui?» urlò una sentinella «Cos’è tutto questo trambusto?».
«Quest’uomo sta molto male» spiegò Bessie senza degnarlo di uno sguardo.
La sicurezza dell’Ausiliare vacillò soltanto per un attimo e riappropriandosi della sua impassibilità fece segno ad alcuni suoi compagni di procedere. «Adesso ce ne occupiamo noi. Spostatevi» ordinò e Bessie dovette ubbidire, facendosi da parte mentre due uomini sollevavano Sebastian da terra e lo trascinavano via con poca delicatezza.
«Aspettate! Dove volete portarlo?». Domandò Rose, passando gli occhi da una all’altra guardia «Ha bisogno di cure, subito! Andate a chiamare Buster!».
«Non può stare qui» tagliò corto il più massiccio tra di loro e i presenti riconobbero nella sua figura quella di Luxor, l’esattore di Simeon «Avrebbe dovuto allontanarsi quando ne aveva la possibilità. Gli ordini del capitano sono stati chiari: il ghetto è fuori le mura. Ma nei sotterranei non contagerà nessuno, a parte i ratti. Forza, andiamo».
«Rialzati, inetto!» sbottò uno di loro quando Sebastian, incapace di reggersi in piedi a causa degli incontenibili spasmi, cadde rovinosamente a terra.
«Non possiamo portarti in braccio!» accusò il suo compagno e, senza osare toccarlo, lo punzecchiò con la punta della lancia.
«Lasciate stare il mio papà!». Jeremiah urlava e scalpitava tra le braccia di Rose, il viso rigato di lacrime.
Temendo il peggio, la ragazza gli intimò di rimaner fermo.
«Lasciami, lasciami!» continuò a strattonare e scalciare il bambino «Ti odio!».
«Non muoverti!».
Jeremiah digrignò la bocca, la aprì e liberò un lungo urlo.
«Smettila!» lo strattonò Rose «Vuoi forse farti uccidere?».
«Sì!» piagnucolò. La morse, conficcando a fondo i suoi piccoli denti nel braccio della ragazza che allentò immediatamente la presa su di lui, il tempo necessario per vederlo sgusciare via.
«No!» gli gridò, vedendolo correre verso suo padre, schivando la folla e gli Ausiliari, passando agilmente fra le loro gambe, assestando calci e pugni a chi tentava di bloccarlo. Prima di raggiungere Sebastian, però, Luxor lo sollevò da terra, afferrandolo per il colletto della tunica sporca.
«Dove credi di andare tu, piccolo mascalzone?» gli domandò. Le folte sopracciglia scure erano corrugate, ma la bocca era storta in un ghigno ironico che non lasciava presagire nulla di buono.
«Lasciami, mostro!» piagnucolò Jeremy, tentando di scivolargli via dalle mani, ma quando provò a graffiarlo, la Guardia, ridendo di gusto, lo scaraventò a terra facendolo rotolare nella polvere.
Roselyn corse verso di lui, sollevando l’orlo della gonna troppo lunga. «Jeremy!» lo chiamò preoccupata quando lo vide sporco di terra e graffiato in viso. Gli tamponò la fronte, dove un piccolo taglio iniziava a sanguinare, ma a Jeremiah non importava e instancabile continuò ad urlare e a chiamare suo padre.
«Che scena patetica» brontolò Luxor, tirando su col naso e avvicinandosi a loro «Il moccioso viene con noi. Se ci tiene così tanto a stare con suo padre, lo accontenteremo».
«No, no» scosse la testa Rose, proteggendo il bambino quando la Guardia allungò la sua grossa mano per portarlo via. «Non potete, è troppo piccolo!».
«E’ grande abbastanza da imparare la lezione. E adesso spostati. Togliti di mezzo!».
«Non toccarlo!».
L’uomo scoprì i denti e rivolgendosi ai due compagni dietro di lui disse: «Guardate un po’. Abbiamo una contadina disobbediente. È proprio vero che non sapete stare al vostro posto».
«Nemmeno voi al vostro».
«Non osare rispondermi!».
«E tu non ti azzardare a toccarci».
«Tu, sudicia ragazzina…» sibilò, digrignando i denti «Dammi il bambino!». La afferrò saldamente per un braccio e la strattonò, provando a dividerli, ma Rose non lasciò la presa su Jeremiah.
Prima che l’uomo potesse far loro del male, Bessie si frappose e, alzando la mano, la calò decisa sulla guancia dell’Ausiliare, assestandogli un sonoro ceffone.
Fu una frazione di secondo. Lo sguardo di Luxor si fece di fuoco, l’indignazione gli si dipinse sul viso e, umiliato di fronte a una folla di testimoni, si avventò su di lei. «Giuro che questa me la paghi, anche a costo di ucciderti adesso con queste mani!».
«Tornatene da dove sei venuto, essere schifoso».
«Come osi?».
«Lo sai meglio di me: l’oltretomba vi reclama da un bel pezzo, ormai. Questo non è più il posto per voi e tu non mi fai paura. Io so cosa nascondi».
«Ti farò passare la voglia di intrometterti in cose che non ti riguardano» sputò, stringendole la gola tra le mani «A te e a tutta la tua piccola congrega di impiccioni. Il Capitano sarà davvero felice di scambiare quattro chiacchiere con una spia e io sarò lieto di assistere alla tua…».
«Luxor» lo interruppe con fermezza una voce «Basta così». L’ordine arrivò chiaro e deciso e l’uomo, anche se controvoglia, dovette allentare la presa.
Una Guardia emerse dalla calca, tra lo sbigottimento collettivo dei paesani. L’espressione era severa, i lineamenti rigidi, come tutta la sua figura, e sebbene non fosse alto o corpulento quanto l’Ausiliare al quale si stava avvicinando, qualcosa nel suo sguardo trasmetteva ai presenti lo stesso viscerale timore.
Sorpassò Rose, lanciandole un’occhiata indecifrabile, e la ragazza si sorprese nel riconoscere in lui la stessa sentinella che l’aveva trattenuta alla festa d’Autunno.
«E tu cosa diamine vuoi?» gli domandò burbero Luxor, senza nascondere il fastidio che provava in sua presenza.
«Ho detto...» scandì lui, stringendogli il polso e obbligandolo a lasciare la presa su Bessie che, boccheggiando, indietreggiò di qualche passo «Basta così».
«Io non prendo ordini da te».
«Da adesso sì e te lo farai piacere» gli intimò sottovoce, in maniera tale che altri non lo potessero udire «A meno che tu non voglia scoprire quanto possa costare cara l’insubordinazione».
«Mi stai forse minacciando?».
«Ti sto avvertendo» tagliò corto, in un tono che non ammetteva repliche e Luxor dovette costringersi a mordersi la lingua e ad abbassare lo sguardo, sconfitto.
«E adesso andiamocene. Avete dato abbastanza spettacolo per oggi» rimproverò i suoi sottoposti e, aspettandosi di essere seguito, iniziò ad incamminarsi verso la Torre, ma gli fu presto chiaro che le tre Guardie non si sarebbero schiodate dalle loro posizioni.
«Esattamente in quale momento della vostra inutile vita siete diventati sordi?» li squadrò uno ad uno.
«La donna viene con noi» provò ad obiettare uno di loro, con voce malferma.
«Non è una decisione che spetta a voi».
Luxor rise. «Non ti sarai mica rammollito, vero Derek?».
«Non metterti contro di me, non ti conviene avermi come nemico».
«Allora non cadere nei tuoi soliti sentimentalismi» ringhiò, sganciandosi dalla cintura una corda e mettendogliela tra le mani «O andrò a riferire personalmente al comandante il tuo atteggiamento da vitello indifeso».
«Dopo tutto questo tempo non hai ancora imparato a sceglierti con più cura gli avversari».
«Guardati le spalle. Nemmeno Romata potrà proteggerti in eterno».
«Oh, in eterno no. Solo fino a quando non sarai morto. E te lo posso garantire…» serrò i pugni e gli occhi scuri si fecero se possibile ancora più minacciosi «Non sarai un problema ancora per molto».
I due Ausiliari si guardarono per un lungo istante, poi, messo alle strette, Derek si rassegnò a legare i polsi di Bessie e a scortarla nella Torre. Dietro di lui anche Luxor si caricò sulle spalle il povero Sebastian.
«No!» pianse Roselyn, allungandosi per stringerle un lembo del vestito.
«Non ti preoccupare piccola, starò bene…» la rincuorò la donna, seguendo gli Ausiliari «Non mi succederà nulla».
«Ma Bessie…».
«Cura quel bambino cara, ha una brutta ferita. E non fare niente di stupido».
Derek, visibilmente adirato, sparì all’interno della Torre e quando, oltre le porte, scomparirono anche Sebastian e Bessie, Rose dovette reprimere l’impulso di inseguirli.
I paesani le furono subito addosso, accalcati fino a toglierle il respiro.
«Cosa vi è saltato in testa?».
«Non pagheremo anche noi per le vostre bravate!».
«Volete farci uccidere tutti?!».
«State zitti!» urlò allora lei, allontanandoli «Non siete altro che dei codardi!». Pianse lacrime amare, senza riuscire a contenerle, e con lei singhiozzò spaurito Jeremiah, chiamando inutilmente il padre che non avrebbe più rivisto, né quell’inverno, né i prossimi.
 
   
 
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