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Autore: steffirah    19/06/2018    3 recensioni
Sakura va avanti con la sua quotidianità, convinta di avere già tutto ciò di cui ha bisogno, nonostante sembri esserci un piccolo vuoto da riempire nella sua vita. Prova a farlo acquistando un libro per bambini, cercandovi una risposta, ed effettivamente sarà proprio esso a dargliela, facendole conoscere l’amore. Così nel corso di un anno, a partire da un incontro avvenuto casualmente in un treno, capirà di aver finalmente trovato quel pezzo che le mancava.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Un po' tutti | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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What my heart craves

 
 
Apro gli occhi, stiracchiandomi, ascoltando il primo canto degli uccellini. O forse mi sbaglio. Sono cicale? Ma no, non può essere il frinire delle cicale. È troppo dolce e sottile, troppo melodioso.
Il sole del mattino si posa sulla mia pelle, carezzandola, scivolando su di essa come dita gentili. Richiudo gli occhi e sospiro, regolando il respiro, rilassandomi. Quando ritengo sia trascorso il tempo sufficiente per ricaricarmi mi metto seduta, guardando il cielo sconfinato al di sopra di me. È completamente turchese, senza una traccia di una nuvola a sporcarlo. Faccio cadere lo sguardo sugli alberi circostanti, sulle felci e gli oleandri, i katsura e i frassini, fino a scendere tra l’erba, che va schiarendosi, notando che tra i sottili fili di essa sono impigliate gocce di rugiada mattutina. In effetti, tastandomi, mi rendo conto che persino la mia pelle sembra umidiccia. Ed è piuttosto appiccicosa.
Storco le labbra contrariata, voltandomi alla mia sinistra per alzarmi. Ed è allora che resto folgorata.
Dinanzi ai miei occhi ancora un po’ assonnati, Syaoran-kun dorme come un angioletto. Il suo sguardo beato e rilassato lascia intendere che non si sente affatto a disagio in questa situazione, tutt’altro. Sembra trovarsi nel suo elemento, al centro di tutto questo verde.
Il mio cuore perde un battito mentre oso sfiorargli il dorso della mano, fino a stringere con delicatezza le sue dita nelle mie. Mi porto la mano libera accanto a una guancia, sperando di raffreddarla. Arriverà il giorno in cui finalmente cesserò di agitarmi in questo modo? Da un lato, preferisco che sia così. Purché questa forte emozione non mi travolga al punto tale da impedirmi anche solo di avvicinarmi a lui. Devo riuscire a conviverci, e crescere poco alla volta. Anche se adesso mi sembra un traguardo irraggiungibile. L’idea che il nostro rapporto potrebbe approfondirsi se soltanto fossi più audace appare come un lontano miraggio…. Eppure non dovrebbe essere così difficile.
Tolgo la mano, congiungendola momentaneamente con l’altra, sopra le ginocchia. Osservo tacita il suo viso dormiente, col cuore in gola. Trattengo il fiato, notando tanti piccoli particolari: l’erba si fa largo tra alcune ciocche dei suoi capelli, incorniciandogli il volto, come se fosse il soggetto di un quadro; essendo steso su un lato, essi sono tutti rivolti verso il terreno, scoprendogli parzialmente la fronte. Istintivamente allungo un dito, poggiandovi il polpastrello. Traccio una linea invisibile dalla sua tempia, scivolando sulla sua guancia, arrestandomi all’altezza del suo mento. Deglutisco a fatica, il cuore ricomincia a battere fortissimo. Esso sa bene cosa desidero. Lo sa meglio di me. L’unica cosa che capisco è che questa visione di Syaoran-kun non fa che accelerare il flusso del mio sangue, soprattutto nel momento in cui si gira a pancia in su, con un’espressione serena, quasi avesse percepito il mio tocco. Capisco soltanto che vorrei essergli vicina, tanto vicina. Così vicina, come nessun altro potrebbe esserlo.
Forse sono ancora in dormiveglia, ma come attratta da una calamita mi accosto sempre più al suo viso. È come la favola del magnete e la montagna, e io sono la sua naufraga. Annegherò in questo sentimento. Forse dovrei imparare a controllarlo, ma come? Come si fa? Chi dovrebbe insegnarmelo? L’esperienza?
Chiudo gli occhi, precipitando nel suo cuore. Ma incontro il morbido. La sofficità più tenue, e calda, e dal sapore così dolce. Resto così per quelli che sembrano tre secondi, prima di ritornare a galla. Riprendo una boccata d’aria, guardando il suo viso. Mi sento così sognante. Così persa in lui. Così agognante. Vorrei tanto, tanto, immergermi nuovamente…
Non formulo alcun pensiero ad oltranza, dato che noto le sue palpebre fremere. Apre gli occhi, regalandomi la vista di quel tesoro che sono le sue iridi. Quelle gemme ambrate che adesso sorridono.
Le sue guance si tingono come un frutto rosso, mentre mi augura il buongiorno, mormorando poi: «Sono stato svegliato dal mio principe?»
A tale questione sbatto gli occhi, tornando per un po’ sul pianeta Terra. Ero sul serio atterrata su Nettuno.
Mi tiro indietro imbarazzatissima, coprendomi il volto tra le mani.
«Te lo ricordi!»
«Certamente. Lo stavo aspettando da cento anni.»
Oso sbirciare attraverso le dita e lo vedo altrettanto imbarazzato, ma sembra anche felice.
«E questi cosa sono?», aggiunge poi, scuotendo la testa. Dai suoi capelli cadono alcuni fiorellini gialli, rossi e arancioni.
«Lantana!», esclamo sorpresa, guardando accanto all’albero cui eravamo appoggiati. Non mi ero affatto resa conto ieri sera che ce ne fossero tante piante ancora in fiore.
Mi metto in piedi, meravigliata, scoprendo al di là di esse un piccolo sentiero di campanule e genziane.
Sorrido entusiasta, inoltrandomi su quella strada, seguendo quel breve percorso bianco e violetto, il quale conduce fino al lago. In questa stagione riluce di turchese, con le sue acque cristalline, dalla superficie brillante di luce celeste. Percepisco Syaoran-kun trattenere il respiro al mio fianco e posso ben comprenderlo. È veramente mozzafiato.
Corro intrepida fino alla vegetazione lussureggiante, volteggiando tra gli anemoni, il lupino e la valeriana, facendo attenzione a non calpestarli. È come una danza e ben presto coinvolgo anche Syaoran-kun, rendendolo partecipe del mio piccolo atto di follia. Lui si lascia condurre in questo walzer fragrante, tra fiori che avevo totalmente rimosso dalla mia memoria, e alla mia ancora più pazza proposta lo spiazzo del tutto. È con tutta la mia genuina innocenza, libera da qualunque malizia, che gli chiedo se vuole farsi il bagno con me. Non comprendo il motivo che lo porta ad esitare tanto, quando abbiamo già avuto modo di vederci mezzi nudi al mare. Che sia in costume o in intimo, cosa cambia?
Comunque non voglio metterlo troppo a disagio, quindi gli concedo di restare vestito. Io intanto mi avvicino alla sponda, cominciando a togliermi la maglia, e lui fa lo stesso borbottando: «Se poi perdo il controllo non ti lamentare.»
Lo fisso confusa, ma anche curiosa. Cosa intende dire? Il controllo di cosa?
«Ma, visto che tu sei tanto ingenua, cercherò di comportarmi bene.»
Aggrotto la fronte, restando soltanto col top e la culotte.
«Non fare nulla che vada contro i tuoi desideri.», lo rimprovero bonaria, prima di precederlo in acqua, arrivando lontano.
Ahh, che sensazione divina. Mi stendo sulla sua superficie frastagliata, guardando quella tavola celeste così lontana, nella quale ora si introducono uccelli migratori. Sorrido lieta, pensando che così è molto diverso da quando venimmo a febbraio. Spero così tanto che lui riesca a rimuovere quel brutto ricordo, sostituendolo con ciò che ci aspetta d’ora innanzi. Dal canto mio, quella fu un’esperienza da un lato traumatica, dall’altro molto importante e costruttiva. Allora appresi appieno quanto lui ci tenesse a me.
Il volto di Syaoran-kun appare al centro del cielo, fino a sostituirlo, con un piccolo sorriso divertito a disegnargli le labbra. Sobbalzo, perdendo l’equilibrio che avevo creato, finendo sott’acqua. Quando ritorno in superficie lo trovo a ridere divertito e per dispetto gli lancio vigorosi schizzi. Mentre lui tenta di difendersi prendo nota del fatto che, nonostante la sua reticenza, alla fine si è tolto anche il pantalone. Era tanto difficile?
Ridacchio tra me, scuotendo la testa, e lui approfitta di questa mia distrazione per acciuffarmi, facendomi il solletico. Mentre mi dibatto per sfuggire dalle sue grinfie – morendo quasi di risate – mi chiedo quando ha scoperto questo mio punto debole. Ne approfitterà ogni volta che vorrà?
Dopo diversi tentativi riesco finalmente a bloccargli le mani dietro la schiena. Lui sorride da un lato all’altro del viso, dichiarando: «Lo ammetto, mi hai sconfitto.»
Scommetto che un ghigno vittorioso mi sta attraversando il volto in questo preciso istante, mentre lui non perde il sorriso divertito. Intanto però, non so come, una sua mano scivola via dalla mia presa, mentre l’altra mi stringe entrambe le mani dietro la sua schiena. Con la sinistra mi scompiglia i capelli e, come di riflesso, chiudo occhi e labbra, nel timore che per il troppo dondolare possa entrarvi dell’acqua.
Solo allora realizzo che, finalmente, il piccolo desiderio che ho tacitamente espresso in precedenza si sta avverando. I nostri corpi sono così vicini, così uniti, come fossimo legati, ma senza corde che ci impediscono i movimenti. Le sue gambe sfiorano le mie nell’atto del galleggiare, il suo torace preme contro il mio petto, le mie braccia circondano il suo busto, la sua mano destra non blocca più le mie perché è salita sulla mia guancia. Ora anche l’altra mano si è aperta il largo sull’altra guancia e, prendendomi il viso a coppa, posa le sue labbra sulle mie. Sgrano gli occhi, incredula. Trattengo il fiato da quel secondo, sospendendolo anche dopo che si è ritratto. Ci mette un po’ a riaprire le palpebre, e allora mi guarda con una delle espressioni più dolci e innamorate che riesce ad assumere.
Mi faccio paonazza, col batticuore. Lo sento ridacchiare, ma immediatamente smette, stringendomi tra le sue braccia.
«Syaoran-kun?», lo chiamo, impensierita.
«Scusami, è che… Mi è tornato in mente ciò che accadde a febbraio.», sussurra, mogio.
Mi mordo le labbra, tirandogli dei colpetti su una spalla per attirare la sua attenzione. Lui mi si distanzia di poco e io gli sorrido allegra, sperando possa metterlo da parte.
«Ma non è accaduto nulla.»
«No, però… Allora temetti così tanto di perderti…»
Mi sorride tristemente e io sospiro, chiedendomi come posso far sparire quell’espressione dolorosa dal suo volto.
«Non mi hai persa.», gli faccio presente, indicandomi.
«Grazie al cielo, no.»
«Grazie a te.», lo correggo, allontanandomi un altro po’, tirandogli le guance per farlo sorridere. Ignoro i suoi lamenti, ma quanto meno sembro essere riuscita a distrarlo da quel pensiero.
Lui ricambia con la stessa moneta e continuiamo a pizzicarci per un bel po’, finché non mi mostra finalmente un sorriso aperto. Mi aggiusta i capelli, chiedendomi: «Come fai ad essere così coraggiosa?»
«Non sono poi così coraggiosa. È solo che quando tu mi sei accanto non ho paura di nulla.»
Avvampo a quella confessione, abbassando la testa. Così è come se però mi fossi dichiarata debole. Ed effettivamente, devo riconoscere che senza di lui lo sono.
Ritenendo che ormai sia meglio uscire dal lago ritorno per prima sul prato. Syaoran-kun mi raggiunge dopo non molto, affiancandomi per posarmi un lieve bacio su una tempia. Mi prende una mano e con aria allegra mi mostra i miei polpastrelli. Essendo stati a mollo a lungo la pelle è diventata tutta raggrinzita e spugnosa, quasi come se spremendola potesse uscirne dell’acqua, ma lo stesso vale per lui; per cui ci dilettiamo a tirarci le piccole increspature l’uno sulle dita dell’altro, in attesa che il caldo sole del primo meriggio ci asciughi.
Dopo che sono sparite le tracce del bagno ci rivestiamo parzialmente – lui indossa soltanto il pantalone, io solo la maglietta, dato che è abbastanza lunga da coprirmi fino alle cosce – e lo trascino con me a rotolare tra i fiori, ridendo spensierati e giocando. Poi lui si ferma, raccogliendone alcuni, dilettandosi a intrecciarmeli tra le ciocche ancora umide.
Come risultato finale l’erba e il terriccio ci si sono ulteriormente appiccicati addosso, quindi necessitiamo di un rinnovato bagno. Uno vero, in una vasca, con tanto, tantissimo bagnoschiuma. Per questo raccogliamo le nostre cose e durante il breve tragitto nel bosco decidiamo che una volta pronti faremo un’abbondante e dolce colazione, piuttosto che pranzare.
Giunti a casa del nonno rovistiamo tra gli antichi armadi e cassetti alla ricerca di qualche indumento che possa sostituire il nostro non-abbigliamento. Riesco a scovare un bellissimo abito classico, che donerebbe magnificamente a Tomoyo-chan e, sebbene non sia esattamente il mio stile, decido di indossarlo.
Una volta linda e pulita mi metto ai fornelli in cucina, in attesa che anche Syaoran-kun finisca. Indecisa sul cosa cucinare, preparo sia dei toast con la crema di nocciole che delle crêpes, decorandole con panna e fragole, more e ribes, prima di servirle in tavola – che ho appena finito di apparecchiare. È stata una fortuna trovare tutti gli ingredienti, ma comunque essendo pochi ho dovuto adeguarmi con ciò che avevo a disposizione. La frutta, poi, è quella che raccogliamo nel bosco qui attorno. Speriamo che gli piaccia.
Mi chiedo cosa vorrebbe bere Syaoran-kun, per cui mi avvicino al frigo, prendendo poi una bottiglia di latte. Controllo la scadenza e vedo con sollievo che manca ancora un mese; pertanto la adagio sulla tavola, accanto a due bicchieri di vetro.
Mi volto per uscire dalla cucina, in modo tale da andare a chiedergli cosa gradirebbe, quando lui mi anticipa mettendovi piede. Sorrido adocchiando la maglia larga che indossa, a grosse righe orizzontali bianche e azzurre. Lo scollo è talmente ampio che quasi gli cade da una spalla, mostrando parte delle clavicole. Inconsciamente penso che sia una visione piuttosto attraente. Il pantalone è di un grigio caldo, altrettanto largo.
«Difficile trovare abiti della tua taglia, eh?», osservo, spezzando il silenzio.
Lui mi scruta dalla testa ai piedi, valutando: «Non per te.»
Arrossisco, abbassando lo sguardo. Mi stiro la gonna di velluto rosso, tenendomi impegnata, e cambio immediatamente argomento porgendogli la domanda che volevo. Mi risponde che si prepara da solo un caffè e mentre mette la cialda adocchia quel che ho preparato. Si complimenta e in attesa che sia pronto, assaggia una crêpe. Faccio lo stesso, sedendomi, e dato che lui finisce in pochi morsi si allunga sul tavolo, prendendo un toast, guardandolo come se fosse la prima volta che lo vede in vita sua.
«E questo?», chiede, rigirandoselo da un lato all’altro.
«Pane tostato con crema di nocciole. Non l’hai mai mangiato?»
Scuote la testa, prima di dare un morso, e mentre lo assapora bevo del latte, sciacquandomi la bocca dalla crêpe per passare anche io al toast. Poso il bicchiere, prendendo il pancarré ancora un po’ caldo tra le mani. Di sottecchi vedo che mi guarda aprendo la bocca, forse per dare un giudizio, ma si blocca scoppiando a ridere, coprendosi il volto con una mano. È sempre così educato, eppure mi dispiace che non mi mostri spesso il suo viso divertito. Anche se… Divertito per cosa?
Lo osservo curiosa e lui si avvicina, abbassandosi alla mia altezza. Mi guarda con una strana luce negli occhi, oserei definirla “maliziosa”. Hoe?
«Mi perdoni se faccio una cosa che forse potrebbe non piacerti?»
Confusa, aggrotto le sopracciglia. Cosa mai potrebbe fare di spiacevole?
Prende il mio silenzio per un sì, quindi posa le mani ai lati del mio viso, alzandomi la faccia, in modo tale che i nostri occhi si trovino a pochissima distanza gli uni dagli altri. Mi sento bruciare il cuore e le membra, ritrovandomi a guardarlo. A guardarlo davvero. A vedere ogni singola sfumatura, cromatura, lucentezza delle sue iridi. Ad andare oltre esse, sorpassandole per approdare nella sua anima, ancorare nei suoi più profondi desideri.
Non chiude gli occhi, come mi aspettavo, ma abbassa soltanto di poco le palpebre, e con esse il suo sguardo scende sulle mie labbra. Trattengo il fiato, mantenendo lo sguardo dritto davanti a me, e con un lieve avvicinamento della sua fronte alla mia, l’impercettibile inclinarsi della sua testa verso destra, ecco che qualcosa di umido si posa al di sopra delle mie labbra. Un odore dolce, di panna, frutta e cioccolato, raggiunge le mie narici, dandomi alla testa. Capisco che si tratta della sua lingua quando mi lascia una scia di caldo bagnato fino all’estremità opposta del mio labbro superiore.
Mi sento svenire e a malapena riesco a metterlo a fuoco. Perché il fuoco lo sento divampare dentro di me, incendiandomi fino alla superficie della pelle.
Da una distanza irreale lo sento pronunciare: «Adesso siamo pari.» e il ricordo della mia baldanza mi stringe ancora di più le budella.
Trovo il coraggio di incontrare finalmente il suo sguardo, con gli occhi lucidi, rilasciando una boccata d’aria.
«Baka!», esclamo in tono stridulo, agitata, nascondendo la faccia in entrambe le mani.
Lo sento fare un risolino e giustificarsi con: «Dovevo pur far sparire quei baffi bianchi, no?»
Colgo la situazione e gonfio le guance, lamentandomi: «Potevi farmelo notare, avrei usato un fazzoletto.»
«Ho esagerato?», domanda in tono dispiaciuto.
Tolgo le mani, guardandomele imbarazzata.
«No…», sussurro con un fil di voce.
«Non ti è piaciuto?»
«Non è così….»
Al contrario, credo mi sia piaciuto fin troppo… Avvampo come un pomodoro a questa constatazione.
Percepisco le sue dita posarsi su una mia guancia, carezzandola.
«Prometto che non lo farò più senza il tuo consenso.»
E ora perché mi sento così triste?
«Ma tu puoi, lo sai che non c’è bisogno che io ti dia il permesso! Qualunque cosa tu faccia non può che piacermi, proprio perché tu mi piaci!», ribatto, prima di rendermene pienamente conto.
Dato che ho alzato la testa me lo ritrovo a fissarmi allibito, non aspettandoselo. Onestamente, neppure io mi aspettavo di dirlo.
«Vo-voglio dire, finché abbiamo rispetto l’uno dell’altro va tutto bene, no?» Ottimo, adesso balbetto persino. «Mi fa piacere che tu ti preoccupi tanto dei miei sentimenti e delle mie preferenze, ma dato che tu sei la persona che più amo -»
Mi interrompo, sentendomi diventare un’aragosta. Kami-sama, il mio cuore non accenna a rallentare. Come posso fare?
«No-non indugiare tanto, okay?» Chiudo gli occhi, giunta alla conclusione.
«Se però mi dici questo…», lo sento bisbigliare accanto al mio orecchio, mentre le dita della sua mano destra scivolano sul mio collo e la sinistra si appoggia sulla mia sulla sedia. Le sue labbra mi si posano sul lobo dell’orecchio, sfiorandolo, il suo respiro risuona nei miei timpani, ossigenando il mio cervello.
Vengo attraversata da sconosciuti brividi, soprattutto quando continua, in tono più basso, intimo, roco e profondo: «Potrei sul serio non rispondere più delle mie azioni.»
Chiudo gli occhi, tremando. Eppure non fa affatto freddo. E questi fremiti sono così… interni.
«Ma fortunatamente il caffè è pronto.», aggiunge tornando ad un tono normale, rialzandosi. Forse sfortunatamente, visto che ciò lo costringe ad allontanarsi.
Deglutisco a fatica, sforzandomi di tornare in me, mordicchiando il toast ormai freddo, senza però sentirne più il sapore.
C’è una sorta di istinto, una pulsione più forte di me, che mi vorrebbe far saltare dalla sedia, lanciarmi tra le sue braccia pure a costo di far cadere entrambi, rubare le sue labbra e non liberarle più dalle mie. Ma non posso. Non ho il coraggio di farlo. Vorrei, ma non ce la faccio. Sento che se lo facessi mi cederebbero le gambe e crollerei prima ancora di concludere davvero qualcosa di concreto. Perderei i sensi in men che non si dica.
Con la coda dell’occhio lo vedo portarsi alla bocca la tazzina di caffè e per la prima volta nella mia vita formulo il cosciente pensiero che prima o dopo coglie tutte le persone perdutamente innamorate. Ossia il desiderio di identificazione in quel medesimo oggetto, in modo tale da creare un contatto diretto con quella che è la porta della sua privatezza. Quello che è l’accesso alla sua personalità, ma anche ad ogni suo tacito segreto. E io sempre più, sempre più, divento avida di possederla.
È un pensiero simile che ho fatto stamattina, mentre ci stavamo facendo il bagno. So che il suo bacio non era molto diverso da quello che io gli ho dato prima che si svegliasse, tuttavia in quel momento c’era una differenza sostanziale. Le emozioni erano altrettanto impetuose, ma sentendomi più sveglia in acqua la mia coscienza era presente. Troppo presente. Talmente presente da rendermi consapevole di ogni cosa. E tra queste cose c’è il fatto che, dopo che ho finalmente avuto modo di saggiare le labbra di Syaoran-kun, non voglio più smettere di provarle. Voglio scoprire ogni singola cosa di lui, e non mi riferisco soltanto alla sua anima, al suo carattere, al suo comportamento, alle sue preferenze, al suo cuore, ai suoi pensieri e ai suoi sentimenti. Ma anche al suo corpo.




 
Angolino autrice:
Capitolo un po' lunghetto, ops.
I "katsura" sono alberi tipici dell'Asia (in particolare Cina e Giappone), se vi può essere di qualche aiuto il nome scientifico è Cercidiphyllum.
La favola di cui parla Sakura tratta di una montagna contenente un magnete, con cui attirava le navi facendone di conseguenza naufragare i marinai.
Traduzioni: Baka = stupido/scemo; Kami-sama = dio.
Bene, se ho tralasciato qualcosa chiedete pure! A domani!
  
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