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Autore: Rory Moore    20/06/2018    0 recensioni
Quando si era trasferita a Milano, in cerca della propria indipendenza e di una tranquilla vita da neo-esorcista, Rebecca non immaginava di ritrovarsi ad aver a che fare con una città indomabile: demoni, maledizioni, portali, guerre tra clan fatati.
In una Milano esoterica, crocevia tra i vari mondi, Rebecca dovrà destreggiarsi tra i vari pericoli e scoprire, alla fine, i segreti che si celano nelle fondamenta.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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.Capitolo quattro.






Quando succedono cose straordinarie, fuori dalla routine quotidiana, c'è lo shock; e allo shock, segue la dissociazione. Sei il protagonista di una barzelletta, e una di quelle neanche tanto divertenti. La mia mano si posò sulla spalla di Tetigistus e l'azione mi sembrò lontana, come riprodotta sullo schermo di un televisore.

Tetigistus sussultò e, girandosi di scatto, mi bruciò le dita con la sigaretta accesa. Non sentii dolore.

"Mi hai fatto venire un colpo!" Il viso preso dall'agitazione era molto umano. L'illusione si infranse quando dilatò le narici e cominciò ad annusarmi. "Puzzi di sangue" disse. Mi guardò gli anfibi.

Avevo lasciato sul mio cammino, dal portone fino alla colonna, una fila di impronte rosse.

"Vieni con me" dissi, prendendo la custodia del fucile. La mia voce era davvero così gracchiante e sgraziata?

Trascinai Tetigistus per la manica senza aspettare risposta, sentendolo incespicare e imprecare dietro di me. Entrammo in chiesa e appena varcata la soglia, la stoffa svanì sotto alle mie dita. Tetigistus era tornato al suo aspetto demoniaco.

Passammo accanto all'acquasantiera Tetigistus se ne tenne a debita distanza oltre il tavolino delle candele e delle offerte. Dopo la prima colonna, il confessionale era davanti a noi.

"Lì." indicai.

L'abitacolo interno era piccolo, dello stesso ebano scuro della parte esterna. Difficile che ci potesse entrare più di una persona; il parrocco, che da vivo doveva aver amato la buona cucina, aveva i fianchi schiacciati contro le pareti.
L'avevano appeso a testa in giù, per i piedi, con una corda. La stazza gli impediva di ciondolare, ma le braccia lasciate libere ondeggiavano ai lati della testa. La gola era tagliata: il flusso arterioso aveva ridipinto di rosso l'intero abitacolo.

E gli occhi...gli occhi non c'erano più. Concentrai il mio sguardo sul suo mento e la bocca semiaperta. Non volevo più vedere quelle due orbite vuote e cave, di un rosso scintillante. Erano un pensiero infetto, uno di quelli che vuoi fuori dalla tua testa il prima possibile, prima che germogli incubi.

Tetigistus abbassò la camicia insanguinata, sfilandola dai pantaloni.

"'Chi l'ha fatto ha stile." disse, sinceramente impressionato.

La pelle molle della pancia era stata incisa con tagli netti, da coltello. Riconobbi subito il pentacolo, perché era lo stesso che c'era sulla porta.

"E' un sacrificio." disse Tetigistus. "E questo" picchiettò con la mano sul legno del confessionale "è il pacco regalo."

Volevo vomitargli sui piedi, ma non sarebbe stato professionale.

"Un regalo per chi?"

"Lucifero" indicò il centro del pentacolo. "E i dodici demoni maggiori" seguì con il dito la circonferenza del cerchio. "Che, in sé, non significa un cazzo. Anche io quando uccido, corrompo o fotto onoro l'atto a Lucifero, è roba che porta buona fortuna. La cosa strana è che si sia disturbato a prendersi gli occhi."

"Perché è strano?"

"E' una cosa che io non farei. Non ha alcuna utilità."

Feci delle foto con il mio smartphone: al corpo, ai pentacoli, al confessionale. Quanto arrivò il momento di farla alla faccia, guardai altrove, sperando che non venisse sfocata. Lo shock stava svanendo e avevo caldo. Tremavo per l'adrenalina, e mille pensieri di cui era difficile tenerne lista sfrecciavano per la mia testa.

"La cosa importante è andarsene da qui il prima possibile." Non stavo stavo parlando a Tetigistus, ma a me. Lo facevo sempre quando dovevo costringermi a essere razionale. "Ci sono le mie impronte dappertutto. Non devo essere trovata qui, sono già ricercata." 

"E il portale?"

"Il portale andiamo a chiuderlo, adesso. E' pericoloso." E devo pagare i debiti della mia MasterCard, aggiunsi mentalmente.

Tetigistus smise di leccarsi il sangue dalla mano che schifo e indicò la statua di Sant'Antonio, piccola piccola dalla parte opposta della chiesa.

"Dopo di te."



***



Peccato che, prima di noi, qualcuno avesse già aperto il varco.

"Pieghi le mani seguendo questa inclinazione, le hanno fatte snodate apposta. E poi sposti la statua..." Tetigistus grugnì dalla fatica, mentre faceva roteare il busto del santo "...per tre volte.

"Fermo."

"Che c'è?" Tetigistus seguì il mio sguardo.

La pala di Sant'Ambrogio che ferma Teodosio, dietro la quale Camlo aveva indicato l'entrata, era stata squarciata. A malapena si distingueva il soggetto originale.


Il diavolo -supponevo che solo un diavolo potesse fare una cosa del genere- non aveva avuto la stessa pazienza di girare statue. O granché rispetto per i beni culturali.
 

La pala era nascosta in una cappella laterale. Era possibile che non avessi notato quella devastazione quando avevo fatto il giro della chiesa? O era stata fatta dopo? Sentivo la paranoia salire al pensiero che l'assassino potesse essere stato lì, con me, nascosto.

Tetigistus era salito sui gradini di marmo che conducevano alla pala. Allungò la testa oltre lo squarcio.
"C'è odore di sangue quaggiù." disse. E sparì oltre.

Lo seguii.

Dietro la tela c'era un piccolo anfratto circolare. L'entrata era un buco nel pavimento, del diametro di mezzo metro. Un lastrone di pietra, che era stato appoggiato a lato, nascondeva l'apertura.

Tetigistus si era già calato lungo una scala a pioli fino alla vita.
Non avevo voglia di imitarlo. A pensarci bene, volevo fare il rewind della giornata e restare a dormire a letto. Il lunedì era una giornata pesante di suo: perché aggravarla mettendosi all'inseguimento di killer sanguinari?
Intravedevo, a malapena, la coda di capelli neri di Tetigistus che ondeggiava sotto di me.

Dei mormorii provenirono dalla porticato della chiesa.

Oh, fanculo!

La scala era lurida di ruggine e sporco, e mi graffiò i palmi delle mani. Cominciai la discesa.

Dopo diversi minuti, il cunicolo non sembrava giungere a una fine. La cosa peggiore era il buio totale. C'era una corrente d'aria che proveniva dal fondo e mi schiaffeggiava i capelli in faccia; e in sottofondo un rumore, un rombo particolare, come se fossimo in prossimità del mare.

Finalmente la discesa finì. "Stammi dietro." La voce di Tetigistus veniva dalla mia destra. Sentii i suoi passi allontanarsi.

Imprecaii e cercai la torcia che mi ero portata dietro, dispersa nel caos della borsa. La trovai, un piccolo cilindro di plastica solida sotto la mano. Il flash illuminò la parete della grotta, che sembrava scavata a mano. Era umida d'acqua, che alla luce artificiale riluceva di bianco.
Sul fondo della stanza c'erano tre aperture ovoidali, strette e lunghe. Come se fossero state create per creature molto alte e magre. Tetigistus scomparì dietro la porta centrale.

Camminammo in silenzio per le catacombe; per i primi cinque minuti ce la feci a tenere a mente le scelte di Tetigistus, poi mi arresi. Era tutto un intrico di cunicoli che portavano a stanze circolari in cui si aprivano altri cunicoli. Non c'erano punti di riferimento. A volte, Tetigistus esitava ai crocevia, ma era solo per pochi secondi. Sentivo alle mie spalle quel labirinto come un mostro, una cosa sconfinata e sconosciuta e paurosa. Se mi fossi persa, avrei vagato per quei tunnel fino alla morte.

Camlo aveva ragione, senza una guida non ne sarei più uscita, come tante persone e creature prima di me. Dipendevo da Tetigistus, ed era un pensiero altamente ansiogeno.

"Eccoci, dobbiamo scegliere." disse Tetigistus, fermandosi al centro di una sala.
"Cosa?"

"A destra c'è la via per il portale. La porta centrale è quella che ha preso l'assassino, sento l'odore delle sue tracce. Porta a quel labirinto del formicaio fatato."

Aveva usato il plurale "dobbiamo scegliere" ma era chiaro che la decisione era solamente mia.

"Andiamo a destra. La priorità è il portale. Chi ha ucciso il parroco-" Un volto senza occhi, sangue sul pavimento, carne molle incisa. "C'è il rischio che non possiamo prenderlo o che sia un avversario al di sopra delle mie possibilità. Se fossi meglio attrezzata, direi di sì ma così..."

Con un Remington che va a speranza, pensai senza completare la frase.

"Brava, essere codardi è essere saggi. Si vive a lungo." Tetigistus mi fece l'occhiolino. Sembrava approvare sinceramente la mia scelta.



***



Le catacombe precedevano tutto, Milano e Mediolanum e Medhelan.

Precedevano anche le fate, che le avevano ampliate e rese il loro nido inespugnabile, anche se queste nei loro testi se ne attribuivano addirittura la maternità. Non che ci fossero più fate a Milano, sopra o sotto terra. Lo smog, l'inquinamento e gli scarichi industriali facevano venire loro il cancro, costringendole a una morte lunga e dolorosa. Erano fuggite.

Quell'immensa città sotterranea era quindi, in parte, stata occupata da diavoli, demoni, vampiri e molto altro. Molto altro che amava rifuggere alla luce.

"Che traffici avevi qui?" chiesi.

"Cocaina, eroina, barbiturici, benzodiazepine. Chi voleva fuggire dalla realtà, chiedeva a me.”

Tetigistus non era il primo dei diavoli che incontravo con giri del genere: portare le persone sulla cattiva strada è la loro, di droga.

Fammi indovinare: ti sei allungato nella zona sbagliata, hai scornato con Camlo, e adesso per punizione hai la tua essenza legata a un cesso?”

Sei scema? Io la roba la compravo da Camlo.”

Ero shockata; Camlo non era uno spacciatore. Pensai subito a una bugia: i diavoli amano seminare zizzania. Ma Tetigistus non sembrava essersi accorto della mia reazione.

“Siamo quasi arrivati” disse Tetigistus. Arrancavo dietro di lui nel tunnel, che si stava abbassando sempre di più. Tetigitstus fu costretto a piegare la testa per non strisciarla contro il muro. Il cunicolo finì.

Eravamo in una sala, grande come una piazza. Al centro torreggiava una colonna di pietra, e si perdeva nell’oscurità nel soffitto. Non c’era più bisogno della mia torcia: l’ambiente era illuminato a sufficienza da quelli che sembravano funghi luminescenti, che crescevano dappertutto, specialmente sulla colonna, ed emanavano un alone verde.

Piccole spore fluttuavano nell’aria, simili a lucciole.

“Stai attenta” mi disse Tetigistus. “Non c’è il corrimano.”

Scendemmo gli scalini, io con una mano appiccicata alla parete. Era morbida al tatto, ricoperta per la sua interezza da muschio.

Mi avvicinai alla colonna: dal basso era imponente e viva. Quegli strani funghi bioluminescenti l’avevano avviluppata per tutta la sua interezza, ma si poteva intravedere al di sotto delle rune fatate. Poggiava sul tronco mozzato di un albero, che un tempo doveva essere stato gigante: le radici erano grosse, tanto forti che da viva la pianta  si era fatta strada nel pavimento di pietra.

“Non è qui il portale. Andiamo oltre.” disse Tetigistus.

Mi irritò, ma d’altronde mi irritava tutto ciò che faceva. Avevamo passato quelle che mi parevano ore in cunicoli sporchi e claustrofobici e adesso, che c’era qualcosa di interessante, se ne voleva andare subito.

Tra le radici c’era un altare, e sopra all’altare una sfera nera. Al centro c’era un vortice fatto di venature. Si muoveva così lentamente da sembrare un’illusione ottica.

Mi ricordava una delle pietre tonde, usate nella cristalloterapia, che mia madre amava collezionare. Le teneva nella credenza antica della nonna, e da piccola passavo i pomeriggi ad ammirarle e contarle.

Volevo toccarla.

Allungai la mano. Un dolore mi colpì a un lato della faccia, la vista si annebbiò. 


Tetigistus mi aveva dato un cazzotto.









PS: Ho fatto il respawn come Gesù! Buona lettura e se vi piace la storia (o se la odiate ╥ω╥), lasciate pure un commento o critica che sia      

Rory

   
 
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