Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    12/07/2018    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
In mezzo alla tempesta
 
Alla fine erano partiti. Erano stati necessari altri tre giorni per completare il carico e sistemare le scorte nella stiva. Giorni di duro e intenso lavoro che lo avevano lasciato senza forze, ma alla fine erano salpati da Valonde.
Aveva guardato allontanarsi la città con un misto di nostalgia e timore. Ormai la considerava la sua seconda casa e trovava difficile staccarsene.
Eppure aveva passato intere settimane lontano da lì. Prima a Vanoria e poi a Taloras, per poi fare ritorno.
La Principessa Eril era una nave piccola e scomoda. Il capitano e gli ufficiali, quasi tutti nobili, dormivano nelle poche cabine, mentre il resto dell'equipaggio aveva delle cuccette a disposizione. Oren si era sistemato in una di esse.
La nave era salpata insieme alle altre, in uno dei primi scaglioni. La flotta era così grande che era impossibile salpassero tutte contemporaneamente. C'era voluto un giorno intero, dopodiché la flotta si era riunita fuori dal porto prima di prendere il largo in direzione del continente vecchio.
Il viaggio era durato sei giorni e cinque notti. Al tramonto del sesto avevano avvistato la terra.
"La Costa di Fuoco" aveva detto Barrum parlando ai suoi ufficiali in coperta.
Senza volerlo Oren aveva ascoltato quel discorso.
Barrum aveva guardato il cielo senza nascondere la sua preoccupazione. "Sta volgendo al brutto. Questa è la stagione delle piogge in questa parte del continente."
Poche ore dopo, mentre erano ancora al largo, si era scatenata la tempesta.
Nei suoi precedenti viaggi per mare Oren non aveva mai sperimentato la forza degli elementi. Aggrappato alla sua cuccetta, sbalzato da un alto all'altro della cabina, aveva faticato a restare in piedi. Alla fine, un'onda più alta delle altre aveva fatto quasi rovesciare la nave e lui era andato a sbattere con la spalla contro lo stipite della porta.
Il dolore intenso si era propagato come un fuoco, lasciandolo tramortito a terra fino alla fine della tempesta.
Solo il giorno dopo, con il mare più calmo, era risalito in coperta per sincerarsi dei danni e dare una mano.
C'era poco da fare.
L'albero maestro era stato spezzato dalle onde e la nave era danneggiata. Barrum era morto dopo essere stato travolto dalle onde e con lui erano scomparsi tra i flutti altri dodici membri della ciurma.
Quel che era peggio, la nave era finita fuori rotta e aveva perso il contatto con il resto della flotta.
Calias, il nuovo comandante, era un giovane stregone dalla pelle butterata e i capelli tagliati corti. E sembrava inesperto.
Oren valutò che dovesse avere solo cinque o sei anni più di lui, il che non voleva dire niente.
Calias ordinò di dirigere la nave verso il porto più vicino.
L'ufficiale di rotta, un vecchio dall'aria malmessa, esaminando le mappe e studiando la costa, stabilì che erano a trenta miglia da Mar Shedda
"Andiamo lì" ordinò Calias.
Mar Shedda, si disse Oren. Nemmeno sapeva dov'era, ma era comunque sul continente vecchio e questo era ciò che contava.
Stava andando a prendere le sue cose, quando incrociò uno dei marinai.
"Hai un'aria tremenda, ragazzo" disse il marinaio. "Non è che hai bevuto dell'acqua salmastra?"
Oren era certo di non averlo fatto, ma si sentiva stanco e spossato, anche se in quei due giorni non aveva lavorato tanto.
"Vai da Sulfi, il guaritore" gli suggerì il marinaio. "È un segaossa ma potrebbe fare qualcosa per te."
Oren valutò la cosa e decise che perdere qualche minuto non avrebbe fatto molta differenza.
Trovò Sulfi nella sua cabina. Essendo l'unico guaritore a bordo aveva dei privilegi che agli altri erano negati.
"Tu sei lo straniero, eh?" fece l'uomo lasciandolo entrare.
"Tu sei il guaritore?" chiese Oren in maniera educata.
"Per servirti" disse Sulfi. "Che problema hai? Incubi? Diarrea? Fai la pipì a letto?"
"No" disse subito Oren. "Mi sento spossato e anche quando dormo mi sveglio più stanco di prima."
"Forse non mangi o non bevi abbastanza, ma non siamo a corto di scorte quindi non può essere questa la causa. Levati la camicia."
Oren ubbidì.
Sulfi impallidì. "Per gli inferi, ragazzo, che cos'è questa?"
Gli poggiò una mano sull'addome.
Oren sentì avvampare la parte toccata e si ritrasse.
"Ti ho fatto male?" chiese Sulfi osservandolo con curiosità.
"Come se mi avessi tirato un pugno" disse Oren.
"Non mi stupisce. Ho visto raramente queste cose, ma ne ho sentito parlare spesso. Purtroppo."
"Come sarebbe a dire purtroppo?"
"Non voglio fartela lunga, ragazzo, ma sembra che tu sia stato maledetto."
Oren sentì un tuffo al cuore. "Maledetto?"
Sulfi annuì grave. "Non c'è alcun dubbio, hai tutti i sintomi. E peggioreranno col tempo se non farai qualcosa."
"Ma come è possibile?"
"Questa è opera di una stregoneria" disse Sulfi. "Non ricordi chi o come te l'ha fatta?"
Oren si frozò di ricordare. Prima dell'attacco a Valonde stava benissimo, quindi doveva essere accaduto durante la battaglia. Nessuno dei nemici con i quali aveva combattuto lo avevano toccato, a parte...
Rancey, esclamò dentro di sé. Rancey mi ha scaraventato via quando cercavo di raggiungere la principessa Joyce. Deve essere stato lui.
"Non puoi guarirmi o annullare la maledizione?"
Sulfi scosse la testa. "Pochi guaritori sanno come fare e molto dipende dall'abilità e dalla volontà della persona maledetta."
"Che vuoi dire?"
"Se tu fossi uno stregone, e credo che tu non lo sia, sapresti che le maledizioni sfruttano la forza vitale dello stregone per propagarsi nel corpo della vittima. Questa può opporsi con la sua stessa energia vitale, ma solo fino a un certo punto. A poco a poco la maledizione consumerà le tue forze e infine prevarrà, uccidendoti."
"Vuoi dire che è in qualche modo collegata con l'energia vitale dello stregone che mi ha maledetto? È lui che alimenta la maledizione?"
Sulfi annuì. "Il tuo corpo sta combattendo e se non sei morto è solo perché lo stregone che ti ha maledetto è molto lontano o è impegnato in altre cose e non può usare tutta la sua energia per consumare la tua, ma prima o poi soccomberai. Ci sono solo due modi per rimuovere una maledizione."
"Quali?"
"Trovare un bravo guaritore o uccidere la persona che ti ha maledetto."
"Tu sei un guaritore" disse Oren.
"Io non sono abbastanza bravo."
"Prova."
"Potrei ucciderti nel tentativo o farti soffrire molto di più."
"Che ho da perdere?" chiese Oren disperato.
"C'è modo e modo di morire, credimi, ragazzo. Goditi le ultime settimane di vita che ti restano."
"Non puoi fare proprio niente per me?" Oren voleva una speranza a cui aggrapparsi, una qualsiasi.
Non può finire così, pensò. Non può.
"Posso solo darti qualcosa per il dolore, quando si farà molto intenso nei prossimi giorni" disse Sulfi.
Gli diede un vasetto con una pomata puzzolente e lo congedò.
Oren tornò alla sua cuccetta come immerso in un sogno surreale. Prese la sua roba quasi senza pensarci e la mise in una tracolla.
Passò le ore successive sul ponte a fissare il mare. Mano a mano che la costa si avvicinava andò delineandosi il profilo di una piccola città costiera. Vide avvicinarsi gli edifici color ocra e gli stendardi che sventolavano sui tetti a forma di cupola e i colonnati che gettavano ombra nelle strade altrimenti assolate.
La temperatura era salita parecchia e stava iniziando a sudare.
La nave attraccò al molo e i marinai furono liberi di scendere a terra.
Prima di andarsene Oren andò da Calias per congedarsi. Lo stregone sembrò poco interessato a lui mentre era chino su delle mappe. "Sì, Barrum mi aveva detto che avevamo un passeggero." Prese un sacchetto di monete e glielo lanciò. "La tua paga per i servizi resi a bordo."
Oren accettò il denaro. "Grazie."
Cailas lo congedò con un gesto sbrigativo e tornò a consultare le mappe.
Oren tornò sul ponte e si preparò a sbarcare. Non aveva idea di dove andare e cominciava a pentirsi di aver preso quella decisione così avventata.
Se fossi rimasto a Valonde, si disse, forse avrebbero trovato un guaritore in grado di aiutarmi. Invece ora devo vedermela da solo.
Sistemò la tracolla in spalla e fece per avviarsi.
"Ragazzo" disse una voce alle sue spalle. "Tu, con quella borsa. Straniero."
Oren si voltò di scatto.
Sulfi stava venendo verso di lui. "Aspetta, dannazione. Non sono veloce come un tempo" disse sbuffando. "Stavo parlando con quei marinai laggiù e per caso sono venuto a sapere che in città c'è una gilda di guaritori."
"Dove?" chiese Oren.
"Domanda in giro, te lo sapranno dire sicuramente. Forse non possono fare molto, non voglio darti delle false speranza, ma potrebbero indirizzarti verso una persona più esperta di me."
"Ti ringrazio, Sulfi."
Il guaritore lo salutò con un gesto vago. "Che la tua via sia dritta."
"Anche la tua" rispose Oren.
Non fu difficile trovare la gilda dei guaritori. Il dialetto di Mar Shedda era simile a quello di Valonde, solo una delle tante varianti della lingua comune parlata su entrambi i continenti. Esisteva anche un dialetto locale che con comprendeva, ma non ne ebbe bisogno.
Alla fine giunse davanti a un portone di legno all'ombra di un colonnato. Prima di bussare trasse un profondo respiro.
La porta si aprì cigolando sui cardini e dalla sottile apertura spuntò la testa di una ragazza dai capelli scuri e la pelle olivastra. "E tu chi sei?"
"Mi chiamo Oren."
"Mai sentito prima" disse la ragazza con voce squillante. "Sei un mendicante? Non abbiamo molti soldi."
"Cerco un guaritore."
"Chi per l'esattezza?"
Oren scrollò le spalle. "Uno qualunque." Poi ci pensò meglio. "Uno che sappia guarire le maledizioni di uno stregone."
La ragazza sembrò soppesarlo. "Hai dei soldi con te?"
"Ho quanto basta" disse Oren sulla difensiva. Non gli sembrava saggio dire a una sconosciuta quanti soldi aveva in tasca.
La ragazza sospirò. "Quanto basta potrebbe non bastare. Nella Casa della Luce trattiamo solo i casi più complicati."
"Io sono un caso complicato. Molto complicato."
"È davvero così importante? Il prezzo potrebbe essere alto."
"È una questione di vita o di morte" disse Oren.
La ragazza spalancò il portone. "In questo caso entra pure."
La Casa della Luce era piuttosto buia. Oltre l'ingresso c'era un patio dal quale si accedeva a un cortile interno delimitato da un colonnato su quattro lati. Ogni lato aveva diverse porte di lego ed erano tutte chiuse, tranne una.
"Vieni" disse la ragazza. "Prima devi parlare del tuo caso con il priore."
Oren a seguì fino all'unica porta aperta.
"Aspetta qui" disse la ragazza.
"Come ti chiami?" chiese Oren d'istinto.
La ragazza sembrò esitare. "Annet" rispose lei. "Ora spetta qui e non parlare con nessuno."
Oren attese in piedi e in silenzio. Ogni tanto si voltava verso il cortile, dove il sole illuminava l'acqua che sgorgava da una fontana posta al centro. Il resto dello spazio era occupato da alberi dal fusto alto dal quale pendevano gigantesche foglie verdi. Non aveva mai visto alberi di quel tipo e ne ignorava il nome.
"È lui?" disse una voce femminile alle sue spalle.
Quando si voltò vide che Annet era accompagnata da una donna di mezza età. Un viso dal colorito roseo era incorniciato da una cascata di capelli bianchi e ondulati.
Annet stava annuendo. "Il suo nome è Oren" disse la ragazza.
"Io sono Joane" disse la donna esaminandolo con una breve occhiata. "Perché sei venuto da noi, Oren?"
"Io ti saluto, Joane" rispose Oren con la formula di riverenza che usavano a Valonde. "Ho sentito parlare delle tue abilità da guaritrice e sono venuto da te perché ho un grosso problema."
"Annet parlava di una maledizione."
Oren annuì.
"Se è così sei nel posto sbagliato. Io non posso curare quel tipo di afflizioni."
Oren sentì tutte le sue speranze crollare. "Non vuoi nemmeno vedere che cosa ho?"
"Vieni con me" disse Joane.
Lo guidò in una sala dalle pareti bianche. Un bancone ingombro di boccette, contenitori e pestelli correva lungo la parete. Al centro esatto vi era una poltrona.
"Fammi vedere" disse la donna.
Oren guardò Annet.
"Non badare a lei. È la mia allieva e deve imparare. Ha già visto il corpo di parecchi uomini e molti erano meno vestiti di te."
Oren annuì e cercò di non arrossire quando si alzò la camicia.
Joane si chinò verso il suo addome e lo esaminò con cura. "Sì, è proprio una maledizione. Vedi Annet, questo alone attorno al livido?"
Annet si avvicinò per guardare meglio. "Sembra l'effetto di una infezione."
Joane annuì. "Proprio così, è tessuto morto."
"Non puoi fare niente?" chiese Oren.
"Se fosse una normale infezione, potrei rimuovere la carne morta e sperare di non ucciderti. Sarebbe molto doloroso ma avresti una speranza."
Una speranza è tutto ciò di cui ho bisogno, pensò Oren.
"Ma" proseguì Joane. "La tua non è una normale infezione. È una maledizione. Anche rimuovendo il tessuto morto, questo continuerebbe a morire da qualche altra parte, magari in zone che nemmeno immagini."
Oren sospirò affranto. "Quanto tempo mi resta?"
"Difficile dirlo. Molto dipende dalla tua forza di volontà e da quella dello stregone che ti ha lanciato la maledizione. Ho visto persone sopravvivere per settimane o mesi prima di esserne consumati del tutto. Non erano uno spettacolo piacevole, devo avvertirti. Verso la fine la sofferenza diventa insopportabile e molti preferiscono porre termine alle loro vite."
"Mai" disse Oren. "Non andrà a finire così."
Joane scrollò le spalle. "Ne riparleremo tra qualche settimana, quando il dolore accecante ti sconvolgerà la mente. Allora implorerai che qualcuno ponga fine alle tue sofferenze."
Oren deglutì a vuoto. Sembrava più di una semplice minaccia. "Che cosa posso fare?"
Joane sospirò. "Non c'è molto da fare in verità. Goditi la vita. Bevi, mangia quello che vuoi, trovati una donna per passare il tempo."
"Io devo vivere" disse Oren. Sentiva che stava per cedere alla disperazione.
"Tu devi?" fece Joane incredula. "Credi che la vita ti sia dovuta? Che abbia un qualche scopo oltre quello di finire?"
"Tu non lo credi?"
Joane sorrise. "Ho visto troppo da vicino la morte per credere che la vita abbia qualche valore. La verità è che dal momento che nasciamo il mondo cerca di eliminarci. Evidentemente siamo di troppo e la natura cerca di riportare la bilancia in equilibrio."
"Ma è terribile" disse Oren.
Joane scrollò le spalle. "Posso offrirti ricovero nella Casa della Luce. Cinque monete d'argento al giorno finché gli inferi non reclameranno la tua anima. Abbiamo parecchi rimedi per ridurre la sofferenza negli istanti finali e se proprio non dovresti farcela, abbiamo anche dei veleni molto efficaci e veloci."
Oren scosse la testa con vigore. "Io non voglio morire."
"Ma tu morirai lo stesso" disse Joane. "Prima te ne fai una ragione meglio sarà per te. Prenditi qualche giorno per rifletterci e poi torna da me. Ti farò un'altra offerta."
Joane fece per andarsene ma Oren le afferrò il braccio.
"Aspetta" disse.
La donna lo guardò con sufficienza. "Ti ho già detto che non posso fare niente per te."
"Allora dimmi chi può darmi una mano" fece Oren.
Joane sospirò. "Anche se te lo dicessi, non farebbe alcuna differenza."
"Dimmelo e basta."
Joane e Annet si scambiarono una rapida occhiata.
"Ci sarebbe Gol Munditor" disse la ragazza.
Joane scosse la testa. "Non dargli false speranze."
"Ma dicono che Gol sia bravo. Ha salvato quella donna, un paio di anni fa..." disse Annet.
"È troppo lontano."
"Chi è questo tizio?" chiese Oren. "Può darmi una mano?"
"Gol Munditor è un guaritore di Mar Sinti" spiegò Annet. "È molto famoso e ricercato. E costoso. Ma potrebbe aiutarti."
"Puoi portarmi da lui? Ti pagherò" disse Oren.
Annet scosse la testa. "È a Mar Sinti, oltre il Mare di Fuoco."
"È lontano da qui?"
"Almeno cinquecento miglia" disse Joane. "Cinquecento miglia di deserto infuocato e condizioni di vita impossibili. Se trovi una carovana. Da solo vai incontro a morte sicura."
"Che cosa ho da perdere?" chiese Oren con tono di sfida.
Joane gli rivolse un'occhiata di sufficienza. "C'è modo e modo di morire e tu stai scegliendo il peggiore. Ma è una tua scelta e io la rispetto, anche se non la capisco."
"Ho una missione da compiere" disse Oren. Sentiva le forze tornargli.
"Missione?" chiese Annet.
Oren annuì deciso. "Devo trovare una principessa rapita."
Annet sorrise. "Come nei romanzi d'avventura."
"Proprio così" disse Oren ricambiando il suo sorriso.

Prossimo Capitolo Domenica 15 Luglio
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor