In pizzeria
-
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Ginny camminava
velocemente per il corridoio dei
sotterranei fuori da una noiosissima lezione di pozioni.
Passò davanti a due
ragazzi in un angolo buio del corridoio e, notando una testa bionda, si
girò a
guardarli. Le loro teste erano molto vicine mentre chiacchieravano e
Ginny
pensò che presto si sarebbero baciati.
Vedeva solo la nuca del ragazzo, e non la ragazza,
ma immaginò che fosse Derrick e fece un passo nella loro
direzione per
controllare chi fosse lei. Ghignò pensando di trovare
Astoria a fare qualcosa
di sconveniente. Più tardi lei e Camille
l’avrebbero presa in giro (e
parecchio!) ma una voce la gelò sul posto:
“Weasley fatti un giro”. Ginny
spalancò la bocca: la Bulstrode?
Spostò lo sguardo sul ragazzo e vide Ernie MacMillan
di Tassorosso. Merlino! La Bulstrode e MacMillan? Non seppe cosa
rispondere e
rimase imbambolata a guardarli. Poi si riprese e salutò
Ernie con un cenno del
capo mentre la Bulstrode guardava da un’altra parte e
ritornò sui suoi passi.
Incrociò i ragazzi che uscivano dalle lezioni di erbologia
insieme ai
Serpeverde e si avvicinò a Harry per dargli un bacio.
“Tutto bene, Ginny?” Hermione la guardò
stranita
mentre camminava a fianco di Malfoy. Ginny annuì senza
pensarci troppo.
“Dov’è Pansy?” chiese alla
Greengrass.
“Oggi le consegnavano la casa” disse la bionda. Oh,
Giusto. Sì sì. Si era scordata. Annuì
ancora distrattamente.
“Sicura
di sentirti bene?” Harry osservava la ragazza
un po’ preoccupato.
“Sì, si, non preoccuparti. Ho solo fame. E
tu?”
disse prendendo a braccetto il moro.
Hermione salutò Draco che andò a sedersi al
tavolo
dei Serpeverde e loro tre si incamminarono verso il tavolo rosso e oro.
“Cosa pensiamo? È strano o no che anche Ron non ci
sia?” chiese sorridendo Harry mentre si sedeva sulla panca.
“Io non penso che sia strano…”
iniziò Hermione ma
venne interrotta da Ginny che sorrise sorniona.
“Io invece penso che la mamma glielo abbia detto e
ci sia andato anche lui.”
“E che scusa avrebbe usato con la McGranitt? Non è
che si può uscire così…”
continuò la riccia schioccando le dita.
Ginny rise. “Certo, come se voi non andaste avanti e
indietro a vostro piacimento ogni volta che
volete…”
“Non è vero!” Ma Hermione divenne rossa
sulle
guance. La rossa le rise in faccia.
“So che Ron doveva andare alla Gringott” disse
Harry,
mentre iniziava a mangiare “Alla Gringott? A fare che? Un
giro sui carrelli?”
chiese ironica Ginny.
“Ron ha ricevuto la sua parte di provvigione per la
vendita delle orecchie oblunghe al ministero. Non te l’ha
detto?” la inform
Harry fra un boccone e l’altro.
Hermione la guardava curiosa. Ginny scosse la testa.
Oh. Aveva sentito dire qualcosa a riguardo. Continuò a
mangiare in silenzio.
Ginny stava
ancora pensando al fatto se Ron le
avesse detto o meno di aver preso dei soldi dal Ministero, quando
Astoria si
avvicinò al tavolo dei Grifondoro, cercando di attirare la
sua attenzione.
“Ginny!”
La rossa alzò lo sguardo e vide la piccola Greengrass
che gesticolava davanti a lei. “Astoria! Ciao”.
La Serpeverde sorrise. “Ciao, cosa fai domani
sera?”
Ginny spalancò gli occhi.
“Oh, non so, perché?” Lanciò
un’occhiata a Harry che
alzò le spalle.
“Domani è il compleanno di Pansy e volevamo fare
una
sorpresa e preparare una serata fra ragazze… Sei dei nostri?
E tu, Granger?” Si
girò verso Hermione e lei sbatté gli occhi.
“Io?” Astoria alzò le spalle e disse:
“Sei una
ragazza, no? Ma se non ti va, non fa niente”. Il suo sguardo
vagò verso Harry.
“Mi spiace, Potter, solo ragazze”. Lui sorrise.
Harry aveva il sorriso più bello di tutti, ma
avrebbe dovuto farlo solo a lei, pensò la rossa un
po’ infastidita.
Hermione si
riscosse un attimo. Ma… Avevano invitato
anche lei? Davvero? Sorrise senza rendersene conto. “Oh,
sì mi piacerebbe
venire. Devo portare qualcosa?”
Astoria scosse
il capo. “No no, Daphne ha
organizzato tutto. Saremo in poche, ci sarà anche Millicent,
però… Ha promesso
che non creerà casini…”
Ginny alzò un sopracciglio. “La
Bulstrode?”
Astoria annuì. “Daphne mi ha detto che ultimamente
non sono andate molto d’accordo, ma la Bulstrode dice che
Pansy l’ha aiutata in
un momento particolare e che adesso sono amiche… Non lo so.
La terremo
d’occhio. E ha promesso di farci conoscere dei Cocktail
babbani con dei nomi
assurdi!” La Serpeverde aveva gli occhi spalancati.
“Cocktail babbani? Allora ci sono anch’io. Facci
sapere dove e a che ora e veniamo” Astoria annuì
sorridendo e se ne andò. “Non
ti dispiace, vero Harry?”
Harry scosse la
testa, un po’ impensierito da cosa
fare il venerdì sera senza le ragazze, ma
continuò a mangiare.
“Sabato sera stai con me?” le chiese.
“Se ti sarà passata la sbronza che ti prenderai
domani senza di me e non ti perderai in giro per Hogwarts,
sì”. Ginny ammiccò e
gli sorrise. Harry sentì il viso colorarsi. Aveva saputo del
sabato in cui si
erano tutti ubriacati ed erano andati nei sotterranei a (cercare di)
fare
casino. Ma lei rideva. Si sporse verso di lui e lo baciò.
“Se la serata non finisce troppo tardi potrei venire
da te anche domani sera. Qualcosa mi dice che saremo brilli in
due” gli disse
all’orecchio.
“Tu lo
sapevi che era il compleanno della
Parkinson?” Hermione sbucciò una mela mentre
poneva la domanda a Ginny. Lei
scosse la testa.
“No. Non lo sapevo. Chissà se lo sa
Ron…” E mangiò
una tartina di frutta. Hermione la guardò.
“Potremmo dirglielo.”
Lei annuì, ma non era sicura di volerglielo dire.
Lui non le aveva mica detto della provvigione del Ministero. Ci avrebbe
pensato
su.
Erano entrati in
quel locale così carino che Pansy
aveva passato almeno un quarto d’ora a guardarsi intorno. E
si sentiva la
musica. Sembrava che la musica fosse dentro a delle scatole nere bucate
e
sapeva di non conoscere quelle canzoni, ma era bello lo stesso.
Un cameriere era venuto a prenderli sull’uscio del
locale quando erano arrivati. Non c’era nessuno. Forse
perché era un po’ tardi,
pensò guardando l’orologio. Il cameriere aveva
chiamato Weasley per nome e gli
chiese di Ginny, Potter e la Granger. Dovevano essere stati
lì quella volta che
Ginny era scappata via prima di mangiare.
Si sedettero a un tavolo e ordinarono. Non aveva la
più pallida idea di cosa fosse una pizza. Camille continuava
ad allungare il
collo dappertutto. La ragazza che portò le birre e una
bibita scura per sua
sorella, sorrise a lei e a Camille.
“Siete streghe, vero?” Camille annuì e
lei sospirò
estasiata.
Pansy si voltò verso il rosso e chiese sottovoce:
“Loro lo sanno?” Lui le spiegò che il
padrone del locale aveva un cugino che
aveva sposato una strega, così conoscevano il loro mondo.
Lei annuì senza
sapere cosa dire e prese un sorso di birra.
Ron vide gli
occhi della mora illuminarsi.
“Buona.”
Lui
tamburellò con le dita sul sottobicchiere
“Sì, ma stai attenta che è
più forte
della nostra”. Camille non faceva altro che guardarsi
intorno. “Perché non vai
a vedere come fanno la pizza?”
“Posso?”
“Sì, sì, guarda
là”. E le indicò dove andare. Lei si
alzò subito e li lasciò soli.
Rimasero in silenzio. Non sapeva come rompere il
ghiaccio. Così si allungò a prendere la sua
birra.
“Non eri obbligato a portarci qui” disse lei, ma
non
lo guardò.
Lui riappoggiò il bicchiere. “Qui fanno la
pizza”.
“Intendevo…”
“Ho capito cosa intendevi. L’ho fatto
volentieri”.
Lei non disse niente. “Tu invece non sei obbligata a darmi la
scopa”.
La ragazza alzò una spalla. “Potevi prenderla su
comunque”.
“Non sarebbe stato giusto”. Lui non si sentiva nel
giusto. Mai successo prima.
La Serpeverde ghignò. “Vorrà dire che
se la pizza
non mi piace non te la darò”.
Lui sorrise.
Pansy
guardò Camille che faceva un sacco di domande
al signore che faceva la pizza e sospirò. “Mi
toccherà pulire ancora la stanza
dei trofei”.
Lui alzò un sopracciglio. “Pulire?”
“Quando siamo andate al San Mungo siamo tornate
tardi e la McGranitt mi ha messo in punizione. Ho spolverato, senza
magia,
tutti i trofei, le foto e quello che c’è in quella
stanza. Tu sai quanti ce ne
sono?”
Lui scosse la testa, ma ghignò. “Dai, per una
volta.
Io e Harry abbiamo subito punizioni per sette anni!”
Lei
sospirò, ma Ron sorrise.
“Ho scoperto che mio padre giocava a Quidditch nella
squadra dei Serpeverde. Non lo avrei mai saputo, se non fossi stata in
punizione. Non avevo mai guardato bene quella
stanza…”
“Davvero? Quidditch? In che ruolo giocava?” Lei
afferrò la birra e ne prese un lungo sorso.
Quando la mise giù mormorò: “Faceva il
portiere”.
Portiere? Come lui? Buffo.
“Oh!” Lei sorrise ma non lo guardò.
“Già.”
“Doveva essere molto bello” disse, spavaldo. Ma
riuscì nel suo intento: lei si voltò a guardarlo.
Ron Sorrise.
“Come?” chiese Pansy divertita.
“Noi portieri siamo tutti molto belli.”
“Ah, davvero?” adesso sorrideva sorniona
“E
modesti?”
“Oh, un Serpeverde modesto non si è mai
visto!” Lui sventolò
una mano in aria. Lei continuava a sorridere. Poi però
cambiò espressione.
Velocemente.
“No, non siete tutti belli.”
Oh. Si riferiva a lui? Per quanto sapesse di non
essere un granché, non pensava che lei glielo avrebbe detto
così. Così
seriamente. Ci rimase male.
Pansy
pensò a Bletchley, il portiere della squadra
dei Serpeverde quando frequentava i festini del Quidditch con Nott. Non
era per
niente bello. Né gentile. Né simpatico. Lei gli
aveva lanciato una fattura
quando l’aveva palpeggiata a tradimento. Sospirò.
Non era il caso di rivangare
brutti ricordi. Tornò a guardarlo e lo vide pensieroso. Oh.
Aveva capito male.
“Non intendevo te”. E gli mise la mano sulla sua.
Lui si rasserenò, ma ghignò un pochino.
“Quindi ti piaccio?” Lei sentì le guance
andare a
fuoco e non riuscì a spiaccicare parola. Ron le strinse la
mano, che era ancora
sulla sua.
Camille scelse
quel momento per tornare indietro e
lei ritirò la mano sotto al tavolo. Ron la guardò
un po’ triste e poi guardò
Camille, che si stava sedendo.
La ragazzina pensò che fosse il momento giusto per
chiedere quello che aveva in testa.
L’altra volta aveva funzionato. Se fosse stata da
sola con Pansy, lei avrebbe detto di no, invece, se c’era
qualcun altro….
“Astoria mi ha invitato alla casa al lago con i
suoi, per le vacanze di primavera” disse giocando con la
forchetta. Vide la
sorella allargare lo sguardo e la bocca e guardarla con insistenza.
“No, no e no.”
Camille cercò di non far sparire il suo sorriso.
“Astoria ha detto anche che avresti riposto
così”.
Pansy si sgonfiò per un attimo e ritornò rigida
alla
carica. “Oh, bene. Sapevate già che avrei detto di
no”.
Il sorriso di Camille sparì. “Ma ci saranno anche
i
suoi genitori…”
Ron
seguì il discorso delle sorelle girandosi prima
verso una e poi verso l’altra. Perché non poteva
andare al lago? Lui non andava
mai da nessuna parte, avere un posto dove andare, sarebbe stato
fantastico.
“Perché no?” Camille gli fece un
sorrisone, mentre
Pansy lo fulminò con lo sguardo. Oh Oh. Brutta cosa.
“Già, perché?” chiese la
piccola Serpeverde. Il suo
sguardo era così innocentino… falsamente
innocentino. Pansy aveva un bel
daffare, molto più di lui con sua sorella.
“Perché…” La mora
cercò le parole, ma non le
vennero. Camille si voltò verso di lui ghignando un
po’.
“Io lo so perché. Quando Pansy andava con la
sorella
di Astoria alla casa al lago, tutte le sere uscivano e tornavano
tardissimo e
ubriache.”
“Non è vero!” Ma il rossore di Pansy
tradiva la sua
voce.
“No? Astoria ha parlato di falò sulla spiaggia,
gara
di scope e bagni nel lago a mezzanotte!”
Oh
sì, Pansy si ricordava bene quelle cose. Erano
favolose. Erano le vacanze più belle di tutte. Lontano da
sua madre, lontano da
Draco (senza nulla togliere a Draco). Ripensò a quei
momenti. Anche Daphne
diventava audace in quella vacanza. Anche se lei non aveva mai
esagerato. Ma
Pansy qualche pazzia l’aveva fatta. Si lasciò
trasportare dai ricordi, quando
la voce della sorella la riportò alla realtà.
“Guarda che occhi che ha. Sembra stia vivendo un
sogno a occhi aperti, quelli che vendi tu al negozio!” Ora
Camille stava
parlando con il rosso.
Ron
l’osservava. Era vero: i suoi occhi brillavano e
lei era lontanissima dalla pizzeria con il pensiero.
Ma poi perse quell’espressione. Rimase a fissare la
sorella senza dire niente per un po’.
“Non è il caso che tu ci vada.”
Camille sapeva
cosa intendesse Pansy. Aveva fatto un
errore. Ok, un errore grave. Ma aveva imparato. Non era una sciocca. La
guardò
male. Lanciò un’occhiata di sottecchi al rosso.
Voleva sgridarla davanti a lui?
“Perché? Perché pensi che possa
rimanere ancora
incinta?” chiese con cattiveria.
Non si fidava di lei? Sentì il rosso dire che
sarebbe andato in bagno e lo vide alzarsi. Anche lo sguardo di Pansy
era
rigido, adesso.
Pansy non sapeva
cosa dire. Doveva dirle che era
proprio per quello? O doveva dirle una bugia? Sospirò.
“Ho detto di no e basta”. Camille la
guardò
malissimo. Si sentiva male. Ma cosa poteva fare?
“Sembri maman”. Sentì una fitta al
petto. Quella
piccola vipera sapeva dove colpire. A tradimento. Adesso sapeva
perché fosse
finita nella sua stessa casa. Involontariamente sorrise. Era orgogliosa
della
streghetta. Se solo non lo avesse usato contro di lei. Stette zitta e
guardò
Camille che la osservava con un ghigno. Vide Ron tornare. Camminava
lento per
permettere a loro di finire la conversazione.
“È così e basta.”
“Dovrei scappare di casa e tornare con una
Firebolt”
la prese in giro.
“Sì, potresti provarci. E io potrei anche
lasciarti a
Hogwarts per le vacanze” Merlino, era una Serpeverde anche
lei!
Camille spalancò gli occhi. “Non saresti
così…
così…” Sua sorella balbettava.
“Così stronza?” finì per lei
la frase ghignando.
Ron non era
stato via abbastanza. Poteva tornare in
bagno? Oh, Merlino. Scappava sempre. Doveva smettere di scappare nelle
situazioni difficili.
Si sedette mentre la cameriera di prima portava le
pizze. Le ragazze rimasero in silenzio mentre lei sistemava i piatti.
Pansy la
ringraziò con un sorriso triste.
“Ma dai! Avresti casa tutta per te!”
Tornò alla
carica Camille.
“Per far che?”
Camille si girò verso di lui e gli sorrise. “Tu
che
fai per le vacanze?”.
Pansy spalancò la bocca per poi richiuderla e guardare
la pizza.
Ron iniziò a tagliare le fette quando capì che
loro
non sapevano come mangiarla.
Pansy
guardò il rosso che tagliava la pizza. Che
cosa strana. Ma seguì il suo esempio. E la prese anche con
le mani per
portarsela alla bocca. Era deliziosa. Davvero. Calda, profumata,
croccante e
morbida allo stesso tempo. Ecco perché Ginny la decantava
così tanto. Oh, al
diavolo Camille e la casa al lago. Vide Camille mangiare anche lei la
sua
pizza. Aveva ripreso il buon umore. Che bello avere quindici anni.
Magari avrebbe potuto parlare con i genitori di
Daphne. Magari non sarebbe successo niente. Magari poteva lasciarla
andare a
divertirsi.
Sospirò quando appoggiò la birra sul
sottobicchiere.
“Fammici pensare, ok?”
Camille sorrise
vittoriosa. Anche l’altra volta
aveva detto così e poi aveva ceduto. Addentò la
pizza. Avevano ragione tutti: era
buonissima.
Quando Camille
finì la pizza si alzò e andò a
curiosare in tutto il locale.
“Ti sei guadagnato la scopa, Wealsey. Era
squisita.”
Pansy si pulì la bocca con il tovagliolo di stoffa e
sorrise, ma lui la guardò serio.
“Mi piace molto di più quando mi chiami
Ron”, si
avvicinò a lei e posò le labbra vicino al suo
orecchio. “Soprattutto se quando
lo fai sei nuda, abbracciata a me e lo sussurri con voce roca fra un
gemito e
l’altro”.
La ragazza sentì il suo corpo andare a fuoco, non
solo le guance, non solo il viso. Rimase a bocca aperta. Poi
riuscì a
controllarsi e sorrise sorniona.
“Sei audace. E volevi farmi credere di essere un
imbranato.”
Lui sorrise. “Sai com’è, a forza di
frequentare i
Serpeverde...”
Lei
spalancò gli occhi divertita. Merlino com’era
bella. Prese il bicchiere per darsi un po’ di contegno.
Sarebbe caduto ai suoi
piedi, altrimenti. E quello non era il momento. La guardò di
sottecchi mentre
sorrideva cercando Camille con lo sguardo. Quando la vide
tornò a voltarsi
verso di lui.
“Però, ora dobbiamo proprio
andare…”
“Oh, niente dessert?” le disse posando una mano sul
suo ginocchio e facendo scorrere le nocche lungo la sua coscia, su e
giù,
avanti e indietro. Quando la sentì tremare tolse la mano. A
fatica, ma lo fece.
Pansy fu scossa
da un brivido quando lui l’accarezzò
e aveva sentito freddo quando aveva tolto la mano. Cosa stava facendo?
Voleva
farla morire in una pizzeria babbana?
“No, niente dessert. Non mangio dolci”.
Sperò che la
sua voce non tremasse come la sentiva tremare lei. Era lei la
Serpeverde,
Merlino! Lui doveva comportarsi bene!
Ron si avvicinò a lei, tanto che pensò che
volesse
baciarla e pregustava già il suo sapore, ma lui si
spostò sorridendo e le
mormorò all’orecchio: “Facciamo
così: la prossima volta che vorrai il dessert,
dovrai chiedermelo tu”.
Lei rimase sbalordita. Oh. Ma dove aveva imparato a
comportarsi così? Lo guardò alzarsi e andare in
fondo al locale. Lo vide
chiacchierare con Camille e il signore dietro al bancone. Ne
approfittò per
andare in bagno. Aveva bisogno di sciacquarsi il viso. Subito. Con
l’acqua
fredda. Lo fece tre o quattro volte e si sistemò il trucco.
Le sembrava ancora
di andare a fuoco. Per Salazar! Quando uscì dal bagno loro
la stavano
aspettando per uscire dal locale.
“Come torniamo a scuola?” chiese Pansy al rosso, ma
non lo guardò.
“Ci smaterializziamo in Diagon Alley e prendiamo il
camino del Tiri Vispi, che dici?” Lei annuì.
Andava bene tutto.
“Oggi non andiamo dal mago odioso a chiedergli se ci
ridà l’anello di tua nonna?”
***
Hermione e Draco
erano in biblioteca e discutevano
sottovoce. Avevano davanti il libro di aritmanzia ma non avevano ancora
iniziato i compiti.
“Dimmi cosa devi fare che ti aiuto.”
“No. Riesco a farlo da sola.”
Lui sbuffò. “Tu non hai capito con chi hai a che
fare. Tu non conosci Nott come lo conosco io”.
Hermione non lo sopportava più. “Adesso facciamo i
compiti”.
Ma Draco era scontroso e serissimo. “No, devi
ascoltarmi”.
“Guarda che ti ho ascoltato.”
“Non hai ascoltato bene. Ho detto che non mi piace
quello che stai facendo!”
“Ho capito benissimo. Il fatto che non ti piaccia
non vuol dire che non lo farò lo stesso”.
Lui si innervosì e la sua piuma si ruppe. “Ok. Non
voglio che tu lo faccia. È pericoloso”.
“Ho già fatto cose pericolose.”
Lui sbuffò ancora.
Lei non capiva.
Doveva stare lontano da Nott. Lui
era imprevedibile. Non si sapeva quello che pensava e cosa avrebbe
fatto. Draco
faceva fatica anche con la legilimanzia. Lei non sarebbe mai riuscita a
fare,
solo Salazar sapeva cosa, con lui.
Draco era preoccupato, perché teneva a lei. Non
voleva che le succedesse qualcosa di brutto e con Nott non si poteva
sapere
cosa sarebbe successo. Aveva capito che il Ministero gli aveva chiesto
di
indagare su di lui, ma Merlino! Come c’era arrivato lui ci
sarebbe potuto
arrivare anche Nott e a quel punto cosa sarebbe successo?
Si sentiva esattamente come si era sentito quando
Greyback aveva detto che avrebbe voluto Hermione dopo
l’interrogatorio con
Bellatrix.
Un brivido gli percorse ancora la schiena. E se lui,
anche questa volta, non fosse riuscito a fare niente? Se Hermione fosse
sopravvissuta
alla sua famiglia solo per cadere nella brace di Nott?
“Promettimi almeno che mi dirai tutto quello che
farai, ogni volta che lo incontrerai o che gli parlerai.”
Sperò che il suo tono non fosse troppo accomodante,
non come le sue parole, perlomeno.
Hermione lo
guardò. Capiva che era preoccupato. Ma
lei era in grado di farlo. Ne era sicura.
Beh, sicura mica tanto. Diciamo che le sarebbe
piaciuto essere in grado di gestire uno come Nott. D’altronde
se non ci avesse
mai provato, non lo avrebbe mai saputo, no? Non sapeva bene come
riuscire a
sapere da Nott se avesse contatti con il padre. Ma Kingsley le aveva
promesso
un posto all’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature
Magiche e lei
sapeva di dover partire da lì, per il C.R.E.P.A., se fosse
riuscita a creare il
gruppo formalmente, avrebbe avuto qualche possibilità.
Beh, doveva provarci anche se alla fine non ci
sarebbero state possibilità. Lo doveva agli elfi. E a se
stessa. Sospirò.
“Non ho intenzione di dirti niente! Non dovresti
neanche saperlo!” E iniziò a fare i compiti. Ma
non riusciva a concentrarsi e
non riuscì a fare nessuna delle espressioni che
c’erano sulla pergamena.
Guardò Draco: lui non aveva neanche provato a iniziare.
***
“Oggi
non andiamo dal mago odioso a chiedergli se ci
ridà l’anello di tua nonna?”
Ron guardò Camille mentre faceva quella strana
domanda e vide Pansy irrigidirsi prima di dire: “No, oggi
no”.
Chi era il mago odioso? “Chi?” chiese a Camille.
“Il tizio a cui Pansy ha dato i gioielli in cambio
dei soldi. Non vuole ridarci l’anello.”
Ron non capiva. Si girò verso Pansy che scosse la
mano in aria. “Niente di importante…”
“Beh, mi sembrava che ci tenessi all’anello con
l’ametista!” Camille guardò la sorella
con uno sguardo di sufficienza. La mora
guardò la strada e le auto babbane. Era a disagio.
“Un banco dei pegni?” chiese. Lei annuì.
Oh, per Salazar,
perché riusciva sempre a finire
così? Perché Camille non stava mai zitta? La
guardò e la piccola ricambiò il
suo stesso sguardo.
“Se ci tieni a quella vacanza, vedi di stare un po’
zitta, Camille.”
Un banco dei
pegni. Non dovevano essercene tanti.
“Quello a Notturn Alley?” Ma la mora non lo
guardò.
Si girò verso Camille che annuì con il capo,
senza dire niente. “Siete andate a
Notturn Alley da sole?” Si scoprì a chiedere.
Pansy lo gelò con un’occhiata.
Certo che era
andata a Notturn Alley da sola. Con
chi pensava che fosse quando sua madre e il suo patrigno erano stati
arrestati
e lei aveva bisogno di soldi? Sbuffò.
“Andiamo?” Prese la sorella per un braccio ma lei
lo
scrollò.
“Preferisco andare con lui” disse, indicando il
rosso. Lui corrugò la fronte. Ma annuì alzando le
spalle. Camille lo prese
sottobraccio e si smaterializzarono.
Pansy sbuffò ancora. Forte. Si smaterializzò
anche
lei.
Però, davanti al tiri vispi si materializzò solo
Pansy.
Se erano andati a Notturn Alley avrebbe cruciato tutti e due. Doveva
andare a
cercarli? Si girò verso la porta del negozio e fece per
aprirla quando vide,
attraverso il vetro, due persone all’interno che si
baciavano: il fratello di
Ron, George, e la Johnson. Non ebbe il coraggio di aprire la porta e
rivelare
la sua presenza. La ragazza fece una carezza dolcissima sul viso del
ragazzo.
Pansy pensò di riuscire a sentire la tenerezza di quel
gesto.
Si girò verso la strada. Cosa doveva fare? Dov’era
il Grifondoro con sua sorella? Chiuse gli occhi e contò fino
a dieci.
“Eccoci!” Non era arrivata neanche a otto e
aprì gli
occhi. Camille e Ron erano davanti a lei. E lui aveva la Firebolt in
mano. La
scopa! Si era scordata della scopa. L’avevano lasciata a casa
dicendo che
sarebbero passati a prenderla prima di tornare a Hogwarts. Si
sentì stupida per
aver pensato che lui fosse andato a Notturn Alley.
“Mi ero scordata della scopa…”
Camille sorrise. “Lui no”. E no, lui era felice
come
un bambino.
Sorrise anche lei.
Ron
entrò nel negozio salutando George e Angelina ad
alta voce, che si staccarono colti sul fatto di essere stati interrotti
mentre
pomiciavano. Ron ridacchiò.
“Ma sei ancora qui?” chiese George un po’
arrabbiato.
“Sì, caro fratello, ho portato due fanciulle a
pranzo e ora ci tocca tornare a scuola. Pensavamo di usare il tuo
camino” rispose
indicando le due ragazze dietro di lui con il pollice e un gran
sorriso.
George guardò dietro il fratello e allargò gli
occhi
con fare allusorio. Lui corrugò la fronte. Non aveva
raccontato a George di
Pansy. Chissà cosa stava pensando. Poi George
notò la Firebolt. La portò dietro
al bancone per fargliela vedere, intanto che Camille portava in giro
Pansy per
il negozio. Mentre George e Angelina studiavano la scopa, lui studiava
la Serpeverde.
Prima era stato difficilissimo. Avvicinarsi a lei senza baciarla e
spostarsi
tutte le volte, sussurrarle all’orecchio quelle
cose… Aveva seguito il
consiglio di Harry e Hermione e l’aveva fatta un
po’ penare, ed era convinto di
esserci riuscito bene, ma chi lo sa, magari si stava sbagliando. Lui
non era
bravo in quelle cose. Merlino, non era bravo in niente.
Quando la mora si chinò ad accarezzare una puffola,
sospirò. I pantaloni che indossava erano attillati in
maniera esagerata.
Merlino, aveva un gran bel…
“Smetti di sbavare, fratellino”. George era apparso
accanto a lui. Si riscosse dai suoi pensieri e si girò verso
di lui.
“Dov’è la borsa che ho lasciato qui
stamattina?”
“Il regalo di Ginny? Lì!” E
indicò uno scaffale
sotto il bancone. Ron prese la borsa, già piccola di suo,
disse: “Reducio”,
sottovoce e questa si rimpicciolì e lui la mise nella tasca
dei jeans.
“Torno subito”. Il fratello lo aveva osservato
senza
dire niente e annuì.
“Vado un attimo al negozio di Quidditch. Prendo una
cosa per mia sorella” disse alle Serpeverde.
Pansy annuì e Camille gli chiese di accompagnarlo.
Lui sbarrò gli occhi. Aveva intenzione di fare un giro a
Notturn Alley, non
voleva portaci Camille, anche se sarebbe stata utile per riconoscere
l’anello,
ma doveva farsi bastare il disegno. Scosse la testa.
“No,
tu resti qui.”
Pansy non aveva nessunissima intenzione di lasciare
andare Camille la chiacchierona al
negozio di Quidditch con lui. Gli avrebbe di sicuro raccontato dei
guanti che lei
aveva comprato e il rosso avrebbe capito subito chi glieli avesse
regalati.
Quel giorno aveva fatto già abbastanza danni, la cara
sorellina. Camille mise il
broncio e il rosso uscì dal negozio.
Pansy si guardò intorno. Aveva ragione Ginny, il
posto era bello, pieno di scherzi e oggetti vari. E un sacco di dolci.
Riconobbe il torrone sanguinolento. Tantissimi ragazzini lo usavano per
saltare
le lezioni. Sorrise.
“Qualcosa di tuo gradimento?” Il Weasley
più grande
si era avvicinato dopo aver aiutato una strega a scegliere qualcosa dal
reparto
denominato ‘Trucchi magici babbani’. Lei si
voltò verso di lui.
“È un gran bel negozio. I ragazzini che punisco si
riforniscono qui.”
Lui sorrise. Somigliava un po’ a Ron, ma non tanto.
“Immagino di sì”.
“Io ne sono certa. Ho sequestrato tantissime di
queste cose.”
George la
guardò: se la ricordava cattiva. Ma in
quel momento non lo avrebbe mai detto. Non sembrava cattiva. Non lo
sembrava
neanche quando aveva le mani nella pasta dei biscotti, però.
“E cosa ci fai, dopo averle sequestrate?”
Lei ghignò. “Le vendo ai Tassorosso?”
Lui rise. Si
voltò verso Camille, che accarezzava le puffole nella
gabbia.
“È lei tua sorella?” La Parkinson
annuì.
“Era per lei la puffola.”
Lui si voltò di scatto. “Sei tu quella della
puffola
rosa?” E com’era andata? Ron le aveva poi chiesto
più soldi o si era divertito
con lei? (come gli aveva suggerito).
Lui non lo
sapeva!
Pansy si diede della stupida da sola. Era convinta
che il rosso avesse raccontato a tutti di come l’avesse
scoperta. Si morse un
labbro mentre si sentiva arrossire. Quella giornata era particolarmente
stancante per le emozioni. Guardò la porta, sperando che lui
tornasse presto.
“So che avete le piume autoinchiostranti… Ma
inchiostro ne avete?” Lui alzò un sopracciglio.
“L’inchiostro-inchiostro o i filtri
d’amore che
mandiamo a Hogwarts spacciandoli per inchiostro?” Anche lei
alzò un
sopracciglio. Merlino, sembrava una che avesse bisogno di un filtro
d’amore?
“Secondo te?”
Lui sorrise ed elencò: “Inchiostro sempiterno,
cambiacolore, trasparente, diluente, coprente, bucante,
movente…” Lei sgranò
gli occhi. Quanti inchiostri!
“E dove sono?” chiese, guardandosi intorno. Weasley
l’accompagnò allo scaffale
dell’inchiostro. Pansy questa volta strabuzzò gli
occhi: decine e decine di boccette di inchiostro. Il rosso le
spiegò quelli che
vendevano come scherzi. Se si usava un tipo di inchiostro (quello
coprente), la
pergamena si spalmava di inchiostro e copriva tutte le scritte
così che la
persona che aveva scritto la pergamena si sarebbe ritrovata con un
foglio
colorato (e una pergamena da riscrivere). “Molto Serpeverde,
devo dire” commentò
lei.
“Già. Molto venduto anche questo.”
Poi c’era l’inchiostro bucante: quando iniziavi a
scrivere la pergamena si riempiva di buchi e sembrava una fetta di quel
formaggio che piaceva tanto al suo patrigno. Un altro invece faceva
incendiare
la pergamena. Se si usava quello movente invece, una volta scritte, le
parole
si agitavano e iniziavano a correre per la pergamena, scambiandosi di
posto. Doveva
essere divertente.
Prese tre boccetti di inchiostro e andò al bancone
dalla ragazza bionda che stava dietro la cassa. La Johnson non
c’era più. Lui
la seguì.
“E quanto hai pagato la puffola?” le chiese.
George era
curioso. Lo sarebbe stato anche Fred,
pensò sorridendo.
Fred,
scommetti dieci galeoni che c’è andato a letto? La mora si
voltò
verso di lui.
“Ho pagato cinque galeoni in più, se è
quello che
vuoi sapere.”
No! Aveva appena perso dieci galeoni.
Pansy vide la
delusione sul viso di Weasley. Non
voleva che pensasse male del fratello.
“Però me li ha ridati”. Sperò
di risolvere la cosa
così. Non voleva spiegargli tutta la storia delle sigarette.
George sorrise
ancora. Glieli aveva ridati prima o
dopo esserci andato a letto? Era così sicuro che avessero
fatto sesso…
Fred tu cosa
dici? Con una
scusa mandò via Verity e la servì lui alla cassa.
“Così te li ha ridati…” Lei
lo guardò stranita. La
studiò un po’ anche lui. Poteva essere lei la
ragazza delle fragole? Non
credeva a quello che diceva Ginny sul fatto che il fratello avesse una
schiera
di ragazzine. Non era da lui.
“E dimmi, ti piacciono le fragole?”
Che razza di
domanda era? Le fragole? L’ultima volta
che aveva mangiato le fragole era stata una vita prima. Ah, no. Si
ricordò
dello sciroppo di fragole. Quircky lo metteva sul gelato. E lei aveva
mangiato
il gelato insieme al rosso durante le vacanze di Natale.
Sentì le guance
scaldarsi quando si ricordò di come avevano usato lo
sciroppo invece di
metterlo sul gelato.
Guardò verso la sorella, non riusciva a guardare il
gemello.
“Camille vuoi comprare qualcosa?”
Per Godric! La
Serpeverde aveva spalancato gli occhi
per un attimo. Ed era arrossita. Tantissimo. E quando aveva parlato con
la
sorella la sua voce aveva tremato. George ghignò. La porta
si aprì e Ron tornò
con la busta del negozio di Quidditch in bella vista. Chissà
dov’era andato.
Sabato si sarebbe divertito. Vero, Fred? Lo
facciamo impazzire. E gli avrebbe strappato ogni
segreto. Sorrise alla piccola Serpeverde quando litigò con
la sorella per un sogno brevettato a occhi
aperti che la
Parkinson non voleva comprarle. “Allora me lo pago da sola.
Anzi, ne prendo due!”
Pansy
sbuffò e fece finta di non vedere quando
Weasley allungò a Camille delle caramelle per far venire la
faccia verde.
Guardò il gemello di nascosto. Le aveva fatto quella domanda
perché sapeva o
per cosa? Oh, Merlino non le importava.
Anche se pensava che la cosa non sarebbe uscita da
Hogwarts. Neanche a Hogwarts lo sapevano in tanti. Hogwarts! Fino a
quel
momento solo a scuola sapevano di loro! Spalancò gli occhi.
Un pensiero le
trafisse il cervello. Merlino, merlino, merlino! Allora come faceva a
saperlo
lei… Perché non ci aveva pensato prima?
Andò velocemente verso Ron e lo tirò
per il mantello.
“Qualcuno fuori da Hogwarts, sa di noi?”
“Sapere cosa?”
Pansy si innervosì e sbuffò ancora. “Lo
hai detto a
qualcuno, sì o no?”
Ron scosse la
testa e guardò verso George che
serviva Camille. Quell’idiota di suo fratello aveva detto
qualcosa a Pansy?
“Qualcuno ti ha detto qualcosa?” Ma lei non lo
ascoltò.
“Dobbiamo tornare subito a Hogwarts. Camille! Datti
una mossa. Torniamo a scuola” Lei si stava agitando. La prese
per un braccio.
“Tutto ok?” Lei annuì distrattamente.
Andò dalla
sorella e l’aiutò a mettere via le cose che aveva
preso. Non pensò neanche a
sgridarla per le stupidate che aveva comprato.
Sbucarono tutti
e tre nel camino della McGranitt, ma
per fortuna lei non c’era. “Camille, vieni con
me.”
“Aspetta, voglio vedere cosa ha preso per Ginny!”
La
piccola mora cercò di deviare la stretta della sorella, ma
non ci riuscì.
“Te lo farai dire dopo. Adesso devo parlarti.”
Ma cosa stava
succedendo? Ron cercò di stare dietro
alle ragazze ma non ci riuscì.
“Ehi, ma che succede?” Le due Serpeverde si
girarono
verso di lui.
“Scusa, ho una cosa urgente da fare. Grazie mille,
per tutto.”
Pansy si avvicinò a lui e gli diede un bacio sulla
guancia. Merlino, non se lo aspettava. Aveva ancora la scopa in mano e
non era
riuscito a stringerla per impedirle di andare via. E mentre realizzava
la cosa,
vide Camille salutarlo e farsi trascinare via dalla sorella.
Va beh. Avrebbe cercato Harry, pensò, guardando la
scopa. La sua bellissima scopa.
Doveva
trovare Ginny
e doveva sistemare anche la cosa per il giorno dopo.