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Autore: ONLYKORINE    30/07/2018    1 recensioni
È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano fatti per stare insieme. E Harry e Ginny? Ce la faranno a iniziare (e mantenere) la loro storia?
Hinny e un po' di Dramione...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ritorno a Hogwarts e one shot'
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In pizzeria

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Ginny camminava velocemente per il corridoio dei sotterranei fuori da una noiosissima lezione di pozioni. Passò davanti a due ragazzi in un angolo buio del corridoio e, notando una testa bionda, si girò a guardarli. Le loro teste erano molto vicine mentre chiacchieravano e Ginny pensò che presto si sarebbero baciati.
Vedeva solo la nuca del ragazzo, e non la ragazza, ma immaginò che fosse Derrick e fece un passo nella loro direzione per controllare chi fosse lei. Ghignò pensando di trovare Astoria a fare qualcosa di sconveniente. Più tardi lei e Camille l’avrebbero presa in giro (e parecchio!) ma una voce la gelò sul posto: “Weasley fatti un giro”. Ginny spalancò la bocca: la Bulstrode?
Spostò lo sguardo sul ragazzo e vide Ernie MacMillan di Tassorosso. Merlino! La Bulstrode e MacMillan? Non seppe cosa rispondere e rimase imbambolata a guardarli. Poi si riprese e salutò Ernie con un cenno del capo mentre la Bulstrode guardava da un’altra parte e ritornò sui suoi passi. Incrociò i ragazzi che uscivano dalle lezioni di erbologia insieme ai Serpeverde e si avvicinò a Harry per dargli un bacio.
“Tutto bene, Ginny?” Hermione la guardò stranita mentre camminava a fianco di Malfoy. Ginny annuì senza pensarci troppo.
“Dov’è Pansy?” chiese alla Greengrass.
“Oggi le consegnavano la casa” disse la bionda. Oh, Giusto. Sì sì. Si era scordata. Annuì ancora distrattamente.

 

“Sicura di sentirti bene?” Harry osservava la ragazza un po’ preoccupato.
“Sì, si, non preoccuparti. Ho solo fame. E tu?” disse prendendo a braccetto il moro.
Hermione salutò Draco che andò a sedersi al tavolo dei Serpeverde e loro tre si incamminarono verso il tavolo rosso e oro.
“Cosa pensiamo? È strano o no che anche Ron non ci sia?” chiese sorridendo Harry mentre si sedeva sulla panca.
“Io non penso che sia strano…” iniziò Hermione ma venne interrotta da Ginny che sorrise sorniona.
“Io invece penso che la mamma glielo abbia detto e ci sia andato anche lui.”
“E che scusa avrebbe usato con la McGranitt? Non è che si può uscire così…” continuò la riccia schioccando le dita.
Ginny rise. “Certo, come se voi non andaste avanti e indietro a vostro piacimento ogni volta che volete…”
“Non è vero!” Ma Hermione divenne rossa sulle guance. La rossa le rise in faccia.
“So che Ron doveva andare alla Gringott” disse Harry, mentre iniziava a mangiare “Alla Gringott? A fare che? Un giro sui carrelli?” chiese ironica Ginny.
“Ron ha ricevuto la sua parte di provvigione per la vendita delle orecchie oblunghe al ministero. Non te l’ha detto?” la inform Harry fra un boccone e l’altro.
Hermione la guardava curiosa. Ginny scosse la testa. Oh. Aveva sentito dire qualcosa a riguardo. Continuò a mangiare in silenzio.

 

Ginny stava ancora pensando al fatto se Ron le avesse detto o meno di aver preso dei soldi dal Ministero, quando Astoria si avvicinò al tavolo dei Grifondoro, cercando di attirare la sua attenzione.

 

“Ginny!” La rossa alzò lo sguardo e vide la piccola Greengrass che gesticolava davanti a lei. “Astoria! Ciao”.
La Serpeverde sorrise. “Ciao, cosa fai domani sera?” Ginny spalancò gli occhi.
“Oh, non so, perché?” Lanciò un’occhiata a Harry che alzò le spalle.
“Domani è il compleanno di Pansy e volevamo fare una sorpresa e preparare una serata fra ragazze… Sei dei nostri? E tu, Granger?” Si girò verso Hermione e lei sbatté gli occhi.
“Io?” Astoria alzò le spalle e disse: “Sei una ragazza, no? Ma se non ti va, non fa niente”. Il suo sguardo vagò verso Harry. “Mi spiace, Potter, solo ragazze”. Lui sorrise.
Harry aveva il sorriso più bello di tutti, ma avrebbe dovuto farlo solo a lei, pensò la rossa un po’ infastidita.

 

Hermione si riscosse un attimo. Ma… Avevano invitato anche lei? Davvero? Sorrise senza rendersene conto. “Oh, sì mi piacerebbe venire. Devo portare qualcosa?”

 

Astoria scosse il capo. “No no, Daphne ha organizzato tutto. Saremo in poche, ci sarà anche Millicent, però… Ha promesso che non creerà casini…”
Ginny alzò un sopracciglio. “La Bulstrode?”
Astoria annuì. “Daphne mi ha detto che ultimamente non sono andate molto d’accordo, ma la Bulstrode dice che Pansy l’ha aiutata in un momento particolare e che adesso sono amiche… Non lo so. La terremo d’occhio. E ha promesso di farci conoscere dei Cocktail babbani con dei nomi assurdi!” La Serpeverde aveva gli occhi spalancati.
“Cocktail babbani? Allora ci sono anch’io. Facci sapere dove e a che ora e veniamo” Astoria annuì sorridendo e se ne andò. “Non ti dispiace, vero Harry?”

 

Harry scosse la testa, un po’ impensierito da cosa fare il venerdì sera senza le ragazze, ma continuò a mangiare.
“Sabato sera stai con me?” le chiese.
“Se ti sarà passata la sbronza che ti prenderai domani senza di me e non ti perderai in giro per Hogwarts, sì”. Ginny ammiccò e gli sorrise. Harry sentì il viso colorarsi. Aveva saputo del sabato in cui si erano tutti ubriacati ed erano andati nei sotterranei a (cercare di) fare casino. Ma lei rideva. Si sporse verso di lui e lo baciò.
“Se la serata non finisce troppo tardi potrei venire da te anche domani sera. Qualcosa mi dice che saremo brilli in due” gli disse all’orecchio.

 

“Tu lo sapevi che era il compleanno della Parkinson?” Hermione sbucciò una mela mentre poneva la domanda a Ginny. Lei scosse la testa.
“No. Non lo sapevo. Chissà se lo sa Ron…” E mangiò una tartina di frutta. Hermione la guardò.
“Potremmo dirglielo.”
Lei annuì, ma non era sicura di volerglielo dire. Lui non le aveva mica detto della provvigione del Ministero. Ci avrebbe pensato su.

 

***

 

Erano entrati in quel locale così carino che Pansy aveva passato almeno un quarto d’ora a guardarsi intorno. E si sentiva la musica. Sembrava che la musica fosse dentro a delle scatole nere bucate e sapeva di non conoscere quelle canzoni, ma era bello lo stesso.
Un cameriere era venuto a prenderli sull’uscio del locale quando erano arrivati. Non c’era nessuno. Forse perché era un po’ tardi, pensò guardando l’orologio. Il cameriere aveva chiamato Weasley per nome e gli chiese di Ginny, Potter e la Granger. Dovevano essere stati lì quella volta che Ginny era scappata via prima di mangiare.
Si sedettero a un tavolo e ordinarono. Non aveva la più pallida idea di cosa fosse una pizza. Camille continuava ad allungare il collo dappertutto. La ragazza che portò le birre e una bibita scura per sua sorella, sorrise a lei e a Camille.
“Siete streghe, vero?” Camille annuì e lei sospirò estasiata.
Pansy si voltò verso il rosso e chiese sottovoce: “Loro lo sanno?” Lui le spiegò che il padrone del locale aveva un cugino che aveva sposato una strega, così conoscevano il loro mondo. Lei annuì senza sapere cosa dire e prese un sorso di birra.

 

Ron vide gli occhi della mora illuminarsi.
“Buona.”
Lui tamburellò con le dita sul sottobicchiere “Sì, ma stai attenta che è più forte della nostra”. Camille non faceva altro che guardarsi intorno. “Perché non vai a vedere come fanno la pizza?”
“Posso?”
“Sì, sì, guarda là”. E le indicò dove andare. Lei si alzò subito e li lasciò soli.
Rimasero in silenzio. Non sapeva come rompere il ghiaccio. Così si allungò a prendere la sua birra.
“Non eri obbligato a portarci qui” disse lei, ma non lo guardò.
Lui riappoggiò il bicchiere. “Qui fanno la pizza”.
“Intendevo…”
“Ho capito cosa intendevi. L’ho fatto volentieri”. Lei non disse niente. “Tu invece non sei obbligata a darmi la scopa”.
La ragazza alzò una spalla. “Potevi prenderla su comunque”.
“Non sarebbe stato giusto”. Lui non si sentiva nel giusto. Mai successo prima.
La Serpeverde ghignò. “Vorrà dire che se la pizza non mi piace non te la darò”.
Lui sorrise.

 

 

Pansy guardò Camille che faceva un sacco di domande al signore che faceva la pizza e sospirò. “Mi toccherà pulire ancora la stanza dei trofei”.
Lui alzò un sopracciglio. “Pulire?”
“Quando siamo andate al San Mungo siamo tornate tardi e la McGranitt mi ha messo in punizione. Ho spolverato, senza magia, tutti i trofei, le foto e quello che c’è in quella stanza. Tu sai quanti ce ne sono?”
Lui scosse la testa, ma ghignò. “Dai, per una volta. Io e Harry abbiamo subito punizioni per sette anni!”

 

Lei sospirò, ma Ron sorrise.
“Ho scoperto che mio padre giocava a Quidditch nella squadra dei Serpeverde. Non lo avrei mai saputo, se non fossi stata in punizione. Non avevo mai guardato bene quella stanza…”
“Davvero? Quidditch? In che ruolo giocava?” Lei afferrò la birra e ne prese un lungo sorso.
Quando la mise giù mormorò: “Faceva il portiere”. Portiere? Come lui? Buffo.
“Oh!” Lei sorrise ma non lo guardò.
“Già.”
“Doveva essere molto bello” disse, spavaldo. Ma riuscì nel suo intento: lei si voltò a guardarlo. Ron Sorrise.
“Come?” chiese Pansy divertita.
“Noi portieri siamo tutti molto belli.”
“Ah, davvero?” adesso sorrideva sorniona “E modesti?”
“Oh, un Serpeverde modesto non si è mai visto!” Lui sventolò una mano in aria. Lei continuava a sorridere. Poi però cambiò espressione. Velocemente.
“No, non siete tutti belli.”
Oh. Si riferiva a lui? Per quanto sapesse di non essere un granché, non pensava che lei glielo avrebbe detto così. Così seriamente. Ci rimase male.

 

Pansy pensò a Bletchley, il portiere della squadra dei Serpeverde quando frequentava i festini del Quidditch con Nott. Non era per niente bello. Né gentile. Né simpatico. Lei gli aveva lanciato una fattura quando l’aveva palpeggiata a tradimento. Sospirò. Non era il caso di rivangare brutti ricordi. Tornò a guardarlo e lo vide pensieroso. Oh. Aveva capito male.
“Non intendevo te”. E gli mise la mano sulla sua. Lui si rasserenò, ma ghignò un pochino.
“Quindi ti piaccio?” Lei sentì le guance andare a fuoco e non riuscì a spiaccicare parola. Ron le strinse la mano, che era ancora sulla sua.

 

Camille scelse quel momento per tornare indietro e lei ritirò la mano sotto al tavolo. Ron la guardò un po’ triste e poi guardò Camille, che si stava sedendo.
La ragazzina pensò che fosse il momento giusto per chiedere quello che aveva in testa.
L’altra volta aveva funzionato. Se fosse stata da sola con Pansy, lei avrebbe detto di no, invece, se c’era qualcun altro….
“Astoria mi ha invitato alla casa al lago con i suoi, per le vacanze di primavera” disse giocando con la forchetta. Vide la sorella allargare lo sguardo e la bocca e guardarla con insistenza.
“No, no e no.”
Camille cercò di non far sparire il suo sorriso. “Astoria ha detto anche che avresti riposto così”.
Pansy si sgonfiò per un attimo e ritornò rigida alla carica. “Oh, bene. Sapevate già che avrei detto di no”.
Il sorriso di Camille sparì. “Ma ci saranno anche i suoi genitori…”

 

Ron seguì il discorso delle sorelle girandosi prima verso una e poi verso l’altra. Perché non poteva andare al lago? Lui non andava mai da nessuna parte, avere un posto dove andare, sarebbe stato fantastico.
“Perché no?” Camille gli fece un sorrisone, mentre Pansy lo fulminò con lo sguardo. Oh Oh. Brutta cosa.
“Già, perché?” chiese la piccola Serpeverde. Il suo sguardo era così innocentino… falsamente innocentino. Pansy aveva un bel daffare, molto più di lui con sua sorella.
“Perché…” La mora cercò le parole, ma non le vennero. Camille si voltò verso di lui ghignando un po’.
“Io lo so perché. Quando Pansy andava con la sorella di Astoria alla casa al lago, tutte le sere uscivano e tornavano tardissimo e ubriache.”
“Non è vero!” Ma il rossore di Pansy tradiva la sua voce.
“No? Astoria ha parlato di falò sulla spiaggia, gara di scope e bagni nel lago a mezzanotte!”

 

Oh sì, Pansy si ricordava bene quelle cose. Erano favolose. Erano le vacanze più belle di tutte. Lontano da sua madre, lontano da Draco (senza nulla togliere a Draco). Ripensò a quei momenti. Anche Daphne diventava audace in quella vacanza. Anche se lei non aveva mai esagerato. Ma Pansy qualche pazzia l’aveva fatta. Si lasciò trasportare dai ricordi, quando la voce della sorella la riportò alla realtà.
“Guarda che occhi che ha. Sembra stia vivendo un sogno a occhi aperti, quelli che vendi tu al negozio!” Ora Camille stava parlando con il rosso.

 

Ron l’osservava. Era vero: i suoi occhi brillavano e lei era lontanissima dalla pizzeria con il pensiero.
Ma poi perse quell’espressione. Rimase a fissare la sorella senza dire niente per un po’.
“Non è il caso che tu ci vada.”

 

Camille sapeva cosa intendesse Pansy. Aveva fatto un errore. Ok, un errore grave. Ma aveva imparato. Non era una sciocca. La guardò male. Lanciò un’occhiata di sottecchi al rosso. Voleva sgridarla davanti a lui?
“Perché? Perché pensi che possa rimanere ancora incinta?” chiese con cattiveria.
Non si fidava di lei? Sentì il rosso dire che sarebbe andato in bagno e lo vide alzarsi. Anche lo sguardo di Pansy era rigido, adesso.

 

Pansy non sapeva cosa dire. Doveva dirle che era proprio per quello? O doveva dirle una bugia? Sospirò.
“Ho detto di no e basta”. Camille la guardò malissimo. Si sentiva male. Ma cosa poteva fare?
“Sembri maman”. Sentì una fitta al petto. Quella piccola vipera sapeva dove colpire. A tradimento. Adesso sapeva perché fosse finita nella sua stessa casa. Involontariamente sorrise. Era orgogliosa della streghetta. Se solo non lo avesse usato contro di lei. Stette zitta e guardò Camille che la osservava con un ghigno. Vide Ron tornare. Camminava lento per permettere a loro di finire la conversazione.
“È così e basta.”
“Dovrei scappare di casa e tornare con una Firebolt” la prese in giro.
“Sì, potresti provarci. E io potrei anche lasciarti a Hogwarts per le vacanze” Merlino, era una Serpeverde anche lei!
Camille spalancò gli occhi. “Non saresti così… così…” Sua sorella balbettava.
“Così stronza?” finì per lei la frase ghignando.

 

Ron non era stato via abbastanza. Poteva tornare in bagno? Oh, Merlino. Scappava sempre. Doveva smettere di scappare nelle situazioni difficili.
Si sedette mentre la cameriera di prima portava le pizze. Le ragazze rimasero in silenzio mentre lei sistemava i piatti. Pansy la ringraziò con un sorriso triste.
“Ma dai! Avresti casa tutta per te!” Tornò alla carica Camille.
“Per far che?”
Camille si girò verso di lui e gli sorrise. “Tu che fai per le vacanze?”.
Pansy spalancò la bocca per poi richiuderla e guardare la pizza.
Ron iniziò a tagliare le fette quando capì che loro non sapevano come mangiarla.

 

Pansy guardò il rosso che tagliava la pizza. Che cosa strana. Ma seguì il suo esempio. E la prese anche con le mani per portarsela alla bocca. Era deliziosa. Davvero. Calda, profumata, croccante e morbida allo stesso tempo. Ecco perché Ginny la decantava così tanto. Oh, al diavolo Camille e la casa al lago. Vide Camille mangiare anche lei la sua pizza. Aveva ripreso il buon umore. Che bello avere quindici anni.
Magari avrebbe potuto parlare con i genitori di Daphne. Magari non sarebbe successo niente. Magari poteva lasciarla andare a divertirsi.
Sospirò quando appoggiò la birra sul sottobicchiere. “Fammici pensare, ok?”

 

Camille sorrise vittoriosa. Anche l’altra volta aveva detto così e poi aveva ceduto. Addentò la pizza. Avevano ragione tutti: era buonissima.

 

Quando Camille finì la pizza si alzò e andò a curiosare in tutto il locale.
“Ti sei guadagnato la scopa, Wealsey. Era squisita.”
Pansy si pulì la bocca con il tovagliolo di stoffa e sorrise, ma lui la guardò serio.
“Mi piace molto di più quando mi chiami Ron”, si avvicinò a lei e posò le labbra vicino al suo orecchio. “Soprattutto se quando lo fai sei nuda, abbracciata a me e lo sussurri con voce roca fra un gemito e l’altro”.
La ragazza sentì il suo corpo andare a fuoco, non solo le guance, non solo il viso. Rimase a bocca aperta. Poi riuscì a controllarsi e sorrise sorniona.
“Sei audace. E volevi farmi credere di essere un imbranato.”
Lui sorrise. “Sai com’è, a forza di frequentare i Serpeverde...”

 

Lei spalancò gli occhi divertita. Merlino com’era bella. Prese il bicchiere per darsi un po’ di contegno. Sarebbe caduto ai suoi piedi, altrimenti. E quello non era il momento. La guardò di sottecchi mentre sorrideva cercando Camille con lo sguardo. Quando la vide tornò a voltarsi verso di lui.
“Però, ora dobbiamo proprio andare…”
“Oh, niente dessert?” le disse posando una mano sul suo ginocchio e facendo scorrere le nocche lungo la sua coscia, su e giù, avanti e indietro. Quando la sentì tremare tolse la mano. A fatica, ma lo fece.

 

Pansy fu scossa da un brivido quando lui l’accarezzò e aveva sentito freddo quando aveva tolto la mano. Cosa stava facendo? Voleva farla morire in una pizzeria babbana?
“No, niente dessert. Non mangio dolci”. Sperò che la sua voce non tremasse come la sentiva tremare lei. Era lei la Serpeverde, Merlino! Lui doveva comportarsi bene!
Ron si avvicinò a lei, tanto che pensò che volesse baciarla e pregustava già il suo sapore, ma lui si spostò sorridendo e le mormorò all’orecchio: “Facciamo così: la prossima volta che vorrai il dessert, dovrai chiedermelo tu”.
Lei rimase sbalordita. Oh. Ma dove aveva imparato a comportarsi così? Lo guardò alzarsi e andare in fondo al locale. Lo vide chiacchierare con Camille e il signore dietro al bancone. Ne approfittò per andare in bagno. Aveva bisogno di sciacquarsi il viso. Subito. Con l’acqua fredda. Lo fece tre o quattro volte e si sistemò il trucco. Le sembrava ancora di andare a fuoco. Per Salazar! Quando uscì dal bagno loro la stavano aspettando per uscire dal locale.
“Come torniamo a scuola?” chiese Pansy al rosso, ma non lo guardò.
“Ci smaterializziamo in Diagon Alley e prendiamo il camino del Tiri Vispi, che dici?” Lei annuì. Andava bene tutto.
“Oggi non andiamo dal mago odioso a chiedergli se ci ridà l’anello di tua nonna?”

 

***

 

Hermione e Draco erano in biblioteca e discutevano sottovoce. Avevano davanti il libro di aritmanzia ma non avevano ancora iniziato i compiti.
“Dimmi cosa devi fare che ti aiuto.”
“No. Riesco a farlo da sola.”
Lui sbuffò. “Tu non hai capito con chi hai a che fare. Tu non conosci Nott come lo conosco io”.
Hermione non lo sopportava più. “Adesso facciamo i compiti”.
Ma Draco era scontroso e serissimo. “No, devi ascoltarmi”.
“Guarda che ti ho ascoltato.”
“Non hai ascoltato bene. Ho detto che non mi piace quello che stai facendo!”
“Ho capito benissimo. Il fatto che non ti piaccia non vuol dire che non lo farò lo stesso”.
Lui si innervosì e la sua piuma si ruppe. “Ok. Non voglio che tu lo faccia. È pericoloso”.
“Ho già fatto cose pericolose.”
Lui sbuffò ancora.

 

Lei non capiva. Doveva stare lontano da Nott. Lui era imprevedibile. Non si sapeva quello che pensava e cosa avrebbe fatto. Draco faceva fatica anche con la legilimanzia. Lei non sarebbe mai riuscita a fare, solo Salazar sapeva cosa, con lui.
Draco era preoccupato, perché teneva a lei. Non voleva che le succedesse qualcosa di brutto e con Nott non si poteva sapere cosa sarebbe successo. Aveva capito che il Ministero gli aveva chiesto di indagare su di lui, ma Merlino! Come c’era arrivato lui ci sarebbe potuto arrivare anche Nott e a quel punto cosa sarebbe successo?
Si sentiva esattamente come si era sentito quando Greyback aveva detto che avrebbe voluto Hermione dopo l’interrogatorio con Bellatrix.
Un brivido gli percorse ancora la schiena. E se lui, anche questa volta, non fosse riuscito a fare niente? Se Hermione fosse sopravvissuta alla sua famiglia solo per cadere nella brace di Nott?
“Promettimi almeno che mi dirai tutto quello che farai, ogni volta che lo incontrerai o che gli parlerai.”
Sperò che il suo tono non fosse troppo accomodante, non come le sue parole, perlomeno.

 

Hermione lo guardò. Capiva che era preoccupato. Ma lei era in grado di farlo. Ne era sicura.
Beh, sicura mica tanto. Diciamo che le sarebbe piaciuto essere in grado di gestire uno come Nott. D’altronde se non ci avesse mai provato, non lo avrebbe mai saputo, no? Non sapeva bene come riuscire a sapere da Nott se avesse contatti con il padre. Ma Kingsley le aveva promesso un posto all’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche e lei sapeva di dover partire da lì, per il C.R.E.P.A., se fosse riuscita a creare il gruppo formalmente, avrebbe avuto qualche possibilità.
Beh, doveva provarci anche se alla fine non ci sarebbero state possibilità. Lo doveva agli elfi. E a se stessa. Sospirò.
“Non ho intenzione di dirti niente! Non dovresti neanche saperlo!” E iniziò a fare i compiti. Ma non riusciva a concentrarsi e non riuscì a fare nessuna delle espressioni che c’erano sulla pergamena.
Guardò Draco: lui non aveva neanche provato a iniziare.

 

***

 

“Oggi non andiamo dal mago odioso a chiedergli se ci ridà l’anello di tua nonna?”
Ron guardò Camille mentre faceva quella strana domanda e vide Pansy irrigidirsi prima di dire: “No, oggi no”.
Chi era il mago odioso? “Chi?” chiese a Camille.
“Il tizio a cui Pansy ha dato i gioielli in cambio dei soldi. Non vuole ridarci l’anello.”
Ron non capiva. Si girò verso Pansy che scosse la mano in aria. “Niente di importante…”
“Beh, mi sembrava che ci tenessi all’anello con l’ametista!” Camille guardò la sorella con uno sguardo di sufficienza. La mora guardò la strada e le auto babbane. Era a disagio.
“Un banco dei pegni?” chiese. Lei annuì.

 

Oh, per Salazar, perché riusciva sempre a finire così? Perché Camille non stava mai zitta? La guardò e la piccola ricambiò il suo stesso sguardo.
“Se ci tieni a quella vacanza, vedi di stare un po’ zitta, Camille.”

 

Un banco dei pegni. Non dovevano essercene tanti.
“Quello a Notturn Alley?” Ma la mora non lo guardò. Si girò verso Camille che annuì con il capo, senza dire niente. “Siete andate a Notturn Alley da sole?” Si scoprì a chiedere.
Pansy lo gelò con un’occhiata.

 

Certo che era andata a Notturn Alley da sola. Con chi pensava che fosse quando sua madre e il suo patrigno erano stati arrestati e lei aveva bisogno di soldi? Sbuffò.
“Andiamo?” Prese la sorella per un braccio ma lei lo scrollò.
“Preferisco andare con lui” disse, indicando il rosso. Lui corrugò la fronte. Ma annuì alzando le spalle. Camille lo prese sottobraccio e si smaterializzarono.
Pansy sbuffò ancora. Forte. Si smaterializzò anche lei.
Però, davanti al tiri vispi si materializzò solo Pansy. Se erano andati a Notturn Alley avrebbe cruciato tutti e due. Doveva andare a cercarli? Si girò verso la porta del negozio e fece per aprirla quando vide, attraverso il vetro, due persone all’interno che si baciavano: il fratello di Ron, George, e la Johnson. Non ebbe il coraggio di aprire la porta e rivelare la sua presenza. La ragazza fece una carezza dolcissima sul viso del ragazzo. Pansy pensò di riuscire a sentire la tenerezza di quel gesto.
Si girò verso la strada. Cosa doveva fare? Dov’era il Grifondoro con sua sorella? Chiuse gli occhi e contò fino a dieci.
“Eccoci!” Non era arrivata neanche a otto e aprì gli occhi. Camille e Ron erano davanti a lei. E lui aveva la Firebolt in mano. La scopa! Si era scordata della scopa. L’avevano lasciata a casa dicendo che sarebbero passati a prenderla prima di tornare a Hogwarts. Si sentì stupida per aver pensato che lui fosse andato a Notturn Alley.
“Mi ero scordata della scopa…”
Camille sorrise. “Lui no”. E no, lui era felice come un bambino.
Sorrise anche lei.

 

Ron entrò nel negozio salutando George e Angelina ad alta voce, che si staccarono colti sul fatto di essere stati interrotti mentre pomiciavano. Ron ridacchiò.
“Ma sei ancora qui?” chiese George un po’ arrabbiato.
“Sì, caro fratello, ho portato due fanciulle a pranzo e ora ci tocca tornare a scuola. Pensavamo di usare il tuo camino” rispose indicando le due ragazze dietro di lui con il pollice e un gran sorriso.
George guardò dietro il fratello e allargò gli occhi con fare allusorio. Lui corrugò la fronte. Non aveva raccontato a George di Pansy. Chissà cosa stava pensando. Poi George notò la Firebolt. La portò dietro al bancone per fargliela vedere, intanto che Camille portava in giro Pansy per il negozio. Mentre George e Angelina studiavano la scopa, lui studiava la Serpeverde. Prima era stato difficilissimo. Avvicinarsi a lei senza baciarla e spostarsi tutte le volte, sussurrarle all’orecchio quelle cose… Aveva seguito il consiglio di Harry e Hermione e l’aveva fatta un po’ penare, ed era convinto di esserci riuscito bene, ma chi lo sa, magari si stava sbagliando. Lui non era bravo in quelle cose. Merlino, non era bravo in niente.
Quando la mora si chinò ad accarezzare una puffola, sospirò. I pantaloni che indossava erano attillati in maniera esagerata. Merlino, aveva un gran bel…
“Smetti di sbavare, fratellino”. George era apparso accanto a lui. Si riscosse dai suoi pensieri e si girò verso di lui.
“Dov’è la borsa che ho lasciato qui stamattina?”
“Il regalo di Ginny? Lì!” E indicò uno scaffale sotto il bancone. Ron prese la borsa, già piccola di suo, disse: “Reducio”, sottovoce e questa si rimpicciolì e lui la mise nella tasca dei jeans.
“Torno subito”. Il fratello lo aveva osservato senza dire niente e annuì.
“Vado un attimo al negozio di Quidditch. Prendo una cosa per mia sorella” disse alle Serpeverde.
Pansy annuì e Camille gli chiese di accompagnarlo. Lui sbarrò gli occhi. Aveva intenzione di fare un giro a Notturn Alley, non voleva portaci Camille, anche se sarebbe stata utile per riconoscere l’anello, ma doveva farsi bastare il disegno. Scosse la testa.

 

“No, tu resti qui.”
Pansy non aveva nessunissima intenzione di lasciare andare Camille la chiacchierona al negozio di Quidditch con lui. Gli avrebbe di sicuro raccontato dei guanti che lei aveva comprato e il rosso avrebbe capito subito chi glieli avesse regalati. Quel giorno aveva fatto già abbastanza danni, la cara sorellina. Camille mise il broncio e il rosso uscì dal negozio.
Pansy si guardò intorno. Aveva ragione Ginny, il posto era bello, pieno di scherzi e oggetti vari. E un sacco di dolci. Riconobbe il torrone sanguinolento. Tantissimi ragazzini lo usavano per saltare le lezioni. Sorrise.
“Qualcosa di tuo gradimento?” Il Weasley più grande si era avvicinato dopo aver aiutato una strega a scegliere qualcosa dal reparto denominato ‘Trucchi magici babbani’. Lei si voltò verso di lui.
“È un gran bel negozio. I ragazzini che punisco si riforniscono qui.”
Lui sorrise. Somigliava un po’ a Ron, ma non tanto. “Immagino di sì”.
“Io ne sono certa. Ho sequestrato tantissime di queste cose.”

 

George la guardò: se la ricordava cattiva. Ma in quel momento non lo avrebbe mai detto. Non sembrava cattiva. Non lo sembrava neanche quando aveva le mani nella pasta dei biscotti, però.
“E cosa ci fai, dopo averle sequestrate?”
Lei ghignò. “Le vendo ai Tassorosso?” Lui rise. Si voltò verso Camille, che accarezzava le puffole nella gabbia.
“È lei tua sorella?” La Parkinson annuì.
“Era per lei la puffola.”
Lui si voltò di scatto. “Sei tu quella della puffola rosa?” E com’era andata? Ron le aveva poi chiesto più soldi o si era divertito con lei? (come gli aveva suggerito).

 

Lui non lo sapeva!
Pansy si diede della stupida da sola. Era convinta che il rosso avesse raccontato a tutti di come l’avesse scoperta. Si morse un labbro mentre si sentiva arrossire. Quella giornata era particolarmente stancante per le emozioni. Guardò la porta, sperando che lui tornasse presto.
“So che avete le piume autoinchiostranti… Ma inchiostro ne avete?” Lui alzò un sopracciglio.
“L’inchiostro-inchiostro o i filtri d’amore che mandiamo a Hogwarts spacciandoli per inchiostro?” Anche lei alzò un sopracciglio. Merlino, sembrava una che avesse bisogno di un filtro d’amore?
“Secondo te?”
Lui sorrise ed elencò: “Inchiostro sempiterno, cambiacolore, trasparente, diluente, coprente, bucante, movente…” Lei sgranò gli occhi. Quanti inchiostri!
“E dove sono?” chiese, guardandosi intorno. Weasley l’accompagnò allo scaffale dell’inchiostro. Pansy questa volta strabuzzò gli occhi: decine e decine di boccette di inchiostro. Il rosso le spiegò quelli che vendevano come scherzi. Se si usava un tipo di inchiostro (quello coprente), la pergamena si spalmava di inchiostro e copriva tutte le scritte così che la persona che aveva scritto la pergamena si sarebbe ritrovata con un foglio colorato (e una pergamena da riscrivere). “Molto Serpeverde, devo dire” commentò lei.
“Già. Molto venduto anche questo.”
Poi c’era l’inchiostro bucante: quando iniziavi a scrivere la pergamena si riempiva di buchi e sembrava una fetta di quel formaggio che piaceva tanto al suo patrigno. Un altro invece faceva incendiare la pergamena. Se si usava quello movente invece, una volta scritte, le parole si agitavano e iniziavano a correre per la pergamena, scambiandosi di posto. Doveva essere divertente.
Prese tre boccetti di inchiostro e andò al bancone dalla ragazza bionda che stava dietro la cassa. La Johnson non c’era più. Lui la seguì.
“E quanto hai pagato la puffola?” le chiese.

 

George era curioso. Lo sarebbe stato anche Fred, pensò sorridendo.
Fred, scommetti dieci galeoni che c’è andato a letto? La mora si voltò verso di lui.
“Ho pagato cinque galeoni in più, se è quello che vuoi sapere.”
No! Aveva appena perso dieci galeoni.

 

Pansy vide la delusione sul viso di Weasley. Non voleva che pensasse male del fratello.
“Però me li ha ridati”. Sperò di risolvere la cosa così. Non voleva spiegargli tutta la storia delle sigarette.

 

George sorrise ancora. Glieli aveva ridati prima o dopo esserci andato a letto? Era così sicuro che avessero fatto sesso…
Fred tu cosa dici? Con una scusa mandò via Verity e la servì lui alla cassa.
“Così te li ha ridati…” Lei lo guardò stranita. La studiò un po’ anche lui. Poteva essere lei la ragazza delle fragole? Non credeva a quello che diceva Ginny sul fatto che il fratello avesse una schiera di ragazzine. Non era da lui.
“E dimmi, ti piacciono le fragole?”

 

Che razza di domanda era? Le fragole? L’ultima volta che aveva mangiato le fragole era stata una vita prima. Ah, no. Si ricordò dello sciroppo di fragole. Quircky lo metteva sul gelato. E lei aveva mangiato il gelato insieme al rosso durante le vacanze di Natale. Sentì le guance scaldarsi quando si ricordò di come avevano usato lo sciroppo invece di metterlo sul gelato.
Guardò verso la sorella, non riusciva a guardare il gemello.
“Camille vuoi comprare qualcosa?”

 

 

Per Godric! La Serpeverde aveva spalancato gli occhi per un attimo. Ed era arrossita. Tantissimo. E quando aveva parlato con la sorella la sua voce aveva tremato. George ghignò. La porta si aprì e Ron tornò con la busta del negozio di Quidditch in bella vista. Chissà dov’era andato.
Sabato si sarebbe divertito. Vero, Fred? Lo facciamo impazzire. E gli avrebbe strappato ogni segreto. Sorrise alla piccola Serpeverde quando litigò con la sorella per un sogno brevettato a occhi aperti che la Parkinson non voleva comprarle. “Allora me lo pago da sola. Anzi, ne prendo due!”

 

Pansy sbuffò e fece finta di non vedere quando Weasley allungò a Camille delle caramelle per far venire la faccia verde. Guardò il gemello di nascosto. Le aveva fatto quella domanda perché sapeva o per cosa? Oh, Merlino non le importava.
Anche se pensava che la cosa non sarebbe uscita da Hogwarts. Neanche a Hogwarts lo sapevano in tanti. Hogwarts! Fino a quel momento solo a scuola sapevano di loro! Spalancò gli occhi. Un pensiero le trafisse il cervello. Merlino, merlino, merlino! Allora come faceva a saperlo lei… Perché non ci aveva pensato prima? Andò velocemente verso Ron e lo tirò per il mantello.
“Qualcuno fuori da Hogwarts, sa di noi?”
“Sapere cosa?”
Pansy si innervosì e sbuffò ancora. “Lo hai detto a qualcuno, sì o no?”

 

Ron scosse la testa e guardò verso George che serviva Camille. Quell’idiota di suo fratello aveva detto qualcosa a Pansy?
“Qualcuno ti ha detto qualcosa?” Ma lei non lo ascoltò.
“Dobbiamo tornare subito a Hogwarts. Camille! Datti una mossa. Torniamo a scuola” Lei si stava agitando. La prese per un braccio.
“Tutto ok?” Lei annuì distrattamente. Andò dalla sorella e l’aiutò a mettere via le cose che aveva preso. Non pensò neanche a sgridarla per le stupidate che aveva comprato. Salutò George e gli disse di salutare Angelina, poi si voltò verso di lui e gli chiese dov’era il camino, pregandolo di fare presto. Lui annuì e la portò nel retro. Fece un cenno a George che li guardava stranito, mentre prendeva la Firebolt. Con lui avrebbe parlato sabato.

 

Sbucarono tutti e tre nel camino della McGranitt, ma per fortuna lei non c’era. “Camille, vieni con me.”
“Aspetta, voglio vedere cosa ha preso per Ginny!” La piccola mora cercò di deviare la stretta della sorella, ma non ci riuscì.
“Te lo farai dire dopo. Adesso devo parlarti.”

 

 

Ma cosa stava succedendo? Ron cercò di stare dietro alle ragazze ma non ci riuscì.
“Ehi, ma che succede?” Le due Serpeverde si girarono verso di lui.
“Scusa, ho una cosa urgente da fare. Grazie mille, per tutto.”
Pansy si avvicinò a lui e gli diede un bacio sulla guancia. Merlino, non se lo aspettava. Aveva ancora la scopa in mano e non era riuscito a stringerla per impedirle di andare via. E mentre realizzava la cosa, vide Camille salutarlo e farsi trascinare via dalla sorella.
Va beh. Avrebbe cercato Harry, pensò, guardando la scopa. La sua bellissima scopa.

Doveva trovare Ginny e doveva sistemare anche la cosa per il giorno dopo.

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