Regali
Hermione dopo
cena era salita in camera e aveva
trovato un gufo bianco sulla spalliera del letto. Quando la vide
tornare, il
gufo volò verso la finestra e aspettò paziente
che lei l’aprisse prima di
volare via. Chissà chi l’aveva fatto entrare.
La riccia guardò il letto e vide un piccolo
pacchetto sul cuscino. Si avvicinò cauta. Non conosceva il
gufo. Prese il
pacchetto e scartò la pergamena che lo ricopriva. Un vasetto
a collo largo con
un tappo di vetro colorato era dentro una scatolina. Vicino, una
piccola
pergamena.
Lozione ravviva
ricci.
Usane poca alla
volta se non vuoi sembrare un enorme cavatappi!
P.P.
Ps: Ti avevo
detto che mi sarei sdebitata.
Pansy le aveva
mandato una lozione di bellezza? Non
l’aveva mai vista. L’annusò. Era
profumata. Poteva fidarsi? E se le avesse
fatto uno scherzo? Un brutto scherzo? E si fosse trovata con i capelli
verdi o
peggio, se le fossero caduti? Sperò di non pentirsene. Si
sedette alla toilette,
aprì il vasetto e ne prese un po’ con le dita.
Poco. Perché aveva scritto poco.
Si passò la mano su tutta la testa e sentì una
sensazione di calore
attraversarle il cervello. Per Godric, sarebbe andata a fuoco? Ma
passò subito.
Sentì i capelli alleggerirsi e li vide più gonfi.
Merlino, merlino. Poi ritornarono
normali. Oh. Bo.
Lavanda mise la testa dentro la stanza. “Hermione,
Ron dice che ti aspetta giù in sala comune per andare a fare
la ronda”.
“Ok, grazie Lavanda.”
Lei era già uscita, ma poi rimise la testa dentro.
“Oh, hai visto il gufo? Quello bianco grosso?”
“Sì sì. Grazie ancora.”
Hermione si era nascosta dietro la toilette per non
farsi vedere. Si lanciò uno sguardo attraverso lo specchio
mentre usciva dalla
stanza. Sembrava tutto a posto. Nessun cambiamento. I suoi capelli
sembravano
solo un po’ più lucidi. Scosse le spalle e si
avviò verso la sala comune.
Incrociò in corridoio Ginny che andava verso la sua stanza e
la guardò
stranita.
“Hermione, che hai fatto ai capelli?” Ecco, lo
sapeva. Non avrebbe dovuto. Merlino. Cosa era successo ai suoi capelli?
“Niente, perché?” Cercò di
essere disinvolta. Ginny
sorrise.
“Sembrano diversi. Sono così…
belli” disse, senza
fermarsi.
Oh. Sembravano belli? Sorrise. Quando scese la scala
a chiocciola, vide Ron chiacchierare con Harry a uno dei tavoli. Ron le
dava le
spalle e Harry era seduto.
Harry alzò lo sguardo verso di lei e la guardò
corrugando la fronte.
Hermione era
diversa.
Harry non sapeva cosa avesse di diverso, ma lo era.
O lo sembrava. La guardò ancora prima di capire cosa gli
desse quell’idea: i
capelli! Aveva fatto qualcosa ai capelli.
“Hermione… i tuoi capelli…”
Lei sorrise e si toccò
la testa.
“Sì, hai visto? Così non dirai
più che non mi
pettino!” Harry sentì le guance colorarsi.
“Io non…” Ma lei ridacchiò,
come a
cena.
“Di cosa parlate?” chiese Ron.
Hermione era
diversa. Lo aveva notato anche Ron.
Cosa aveva detto Harry sui suoi capelli?
“Ma niente. Prendevo in giro Harry.”
Chi? Hermione? “Tu? Tu che prendi in giro
qualcuno?”
Lei si fece seria. No. Merlino. Aveva detto la cosa sbagliata. Non
sapeva come
cavarsela e propose: “Andiamo alla ronda?” La
ragazza annuì senza dire niente.
“Ti sei offesa?”
Hermione lo guardò e disse, passandosi una mano fra
i capelli (non l’aveva mai vista farlo): “Come ti
sembrano i miei capelli?”
Eh? Ma che domanda era? Se rispondeva nella maniera
giusta non si sarebbe offesa? Per Godric, doveva stare attento a quello
che
avrebbe detto. Più facile a dirsi che a farsi.
Guardò i suoi capelli. Sembravano
così… in ordine. Erano lucidi (beh,
sbrilluccicavano come il manico della scopa
quando lui ci passava la pozione), ma erano… belli. Non
sembravano più la barba
di Charlie quella volta che per scommessa con Fred e George non se la
rasò per cinque
mesi.
“Sono diversi… li hai lavati?” Non
sapeva cosa dire.
“Perché, ti sembra che di solito non lo
faccia?” La
strega strabuzzò gli occhi e Ron si rese conto di aver detto
la cosa sbagliata.
Di nuovo. Merlino che serata lunga.
“Scusa, io non intendevo… mi rendo conto che ci
hai
fatto qualcosa, ma…”
Hermione sorrise
del suo sguardo triste. “Hai
ragione, ho esagerato. È che ho provato questa nuova lozione
e non so se ho
fatto bene o male…” Si avvicinò a lui.
“Ah. Secondo me hai fatto bene. Sembrano più
capelli
ricci e meno la coda di una scopa!” Come? I suoi capelli
prima sembravano la
coda di una scopa? Oh, Merlino… Arrivarono al quinto piano e
dentro la stanza
dei prefetti c’era già qualcuno. Hannah si
voltò verso di lei e le andò vicino.
“Hermione, che bei capelli. Che hai fatto?”
Hermione
sorrise. Se qualcun altro le avesse detto qualcosa di positivo sui suoi
capelli
avrebbe messo la lozione anche il giorno dopo. E quello dopo ancora.
Chiacchierò
un po’ con Hannah, mentre aspettavano tutti i prefetti. Anche
la ragazza riccia
di Serpeverde la guardò.
“Lozione ravviva ricci, vero?” Hermione
annuì
sorridendo e la ragazza si toccò i capelli. “La
uso anch’io” ammise sottovoce.
E i suoi ricci sembravano stupendi. Doveva guardarsi meglio allo
specchio prima
di uscire, adesso era curiosissima.
Si sentirono dei rumori fuori dalla stanza e dei
passi pesanti che si avvicinavano. Lei e la ragazza si affacciarono
oltre la
porta e videro arrivare una ragazzina bionda. Subito Hermione non
capì chi
fosse, ma poi lei si avvicinò ancora: la Simmons. Aveva dei
tacchi vertiginosi,
ma faceva fatica a camminarci, ed era truccata pesantemente. A Hermione
venne
in mente una cantate babbana degli anni ottanta. Quando si
avvicinò di più vide
che la gonna della divisa era arrotolata in vita per mostrare le gambe
(le
divise non potevano essere modificate con la magia, quindi le ragazze
dovevano
inventarsi dei trucchetti senza bacchetta, lo aveva spiegato Lavanda a
Hermione
già al secondo anno) e la camicetta (niente maglione) era un
po’ troppo
sbottonata.
Sua nonna l’avrebbe definita un
fenomeno da baraccone. Perché era proprio quello
che sembrava.
Ron sapeva che
quella sera non ci sarebbe stata
Pansy. Non aveva letto il suo nome sulla pergamena di prenotazione, ma
ci sperò
lo stesso. Magari qualcuno era stato male, oppure lei aveva cambiato
idea dopo
quella giornata. Sapeva di aver fatto tutto giusto, ma si
pentì di non averla
baciata. Cosa sarebbe cambiato se le avesse dato solo un bacio? Un
piccolissimo
bacio?
Hermione e Harry dicevano, beh più Hermione Harry
annuiva e basta, che doveva smetterla di cercarla con insistenza.
Perché lei
non avrebbe mai sentito la sua mancanza, se lui avesse continuato. E
lei doveva
accorgersi che lui le mancava. Aveva detto così, la riccia.
Sbuffò mentre
guardava la porta, dove Hermione e una ragazza amica della giovane
Greengrass
guardavano verso il corridoio. Forse… Forse…
Le sue preghiere erano state esaudite? Pensò mentre
sentiva dei rumori di tacchi venire dal corridoio. Erano poche le
ragazze che
mettevano i tacchi per far la ronda. E una di queste era Pansy.
Continuò a
guardare verso la porta, nonostante il rumore fosse un po’
diverso dal solito.
Si avvicinò alla porta, ma quando la ragazza con i
tacchi entrò salutando a gran voce gli altri, ci rimase
malissimo.
Hermione vide la
faccia di Ron dipingersi di
delusione quando la Simmons entrò nella stanza. Aveva
pensato che fosse qualcun
altro? Probabile. La Simmons era l’ultimo prefetto che
aspettavano. Lei salutò
Ron con molto calore, ma lui le fece un cenno del capo senza degnarla
di molta
attenzione.
Anthony iniziò a scrivere la pergamena, chiese ad
alta voce chi volesse andare al settimo piano e scrisse i nomi dei due
prefetti. Poi chiese ancora per altri corridoi. Quando Anthony
nominò il quinto
piano, la Tassorosso si avvicinò a Ron, prendendolo
sottobraccio, appoggiandogli
il seno sul braccio e chiedendogli se volesse fare la ronda con lei.
Lui annuì
distrattamente e fece un passo avanti, staccandosi da lei, che
ricoprì subito
la distanza con un saltello e si riagganciò al ragazzo.
Hermione si sentì arrabbiata con Ron. Perché
aveva
annuito? Non capiva che quella ragazzina voleva provarci con lui? La
stessa che
voleva farlo schiantare dal suo ragazzo? Sbuffò e disse alla
ragazzina: “Vengo
io con te”. Lei sorrise melliflua.
“No, l’ho già chiesto a lui”.
Hermione guardò Ron
con quello che sperò sembrasse uno sguardo omicida e lui
scosse il capo.
Ron non
capì bene l’occhiata di Hermione, ma decise
di stare dalla sua parte.
“Oh, andate pure”. Si scrollò di dosso
la Simmons e
la spinse verso la riccia. Si girò verso gli altri. Con chi
avrebbe fatto la
ronda?
Hermione sorrise
freddamente alla ragazzina che la
guardò un po’ arrabbiata. Oh, piccola guastafeste,
se ci fosse stata Pansy non
la guarderesti così. Tremeresti di paura. Sorrise
malignamente all’idea.
Disse ad Anthony che avrebbero fatto il terzo e il
quarto piano.
“Come? Aveva detto il quinto piano” disse la
Simmons.
“Oh, sei sicura? Anthony possiamo fare il terzo e il
quarto?” Lui annuì alzando una spalla e scrisse
sulla pergamena.
Hermione si diresse fuori dalla porta un po’
infastidita. Stupida ragazzina, con chi pensava di avere a che fare?
Con quelle
ridicole scarpe che aveva, e con cui faceva fatica a camminare, avrebbe
avuto
un mal di piedi allucinante, quella sera. Così avrebbe
imparato a mettersi
delle scarpe di quel genere. Che poi, non stanno bene a tutte. Devi
avere delle
gambe adatte per poterle sfoggiare e la Tassorosso sembrava
più una bambina con
le scarpe della madre piuttosto che una ragazza elegante. Tesoro,
l’eleganza se
non ce l’hai mica puoi fingere di averla.
Allungò un po’ il passo verso le scale. La
biondina
dovette rendersi conto di non riuscire a starle dietro e
incominciò a camminare
in maniera veramente spaventosa. Hermione ebbe pietà.
Rallentò un pochino e le consigliò:
“Non piegare così
le ginocchia quando cammini”.
La Simmons sbuffò. “Ma che ne sai te? Non ti ho
mai
visto vestita bene!”
Come? Si girò a guardarla ma la Tassorosso
continuava a guardare fisso avanti a sé. “Cosa hai
detto?”
“Sì, non ti ho mai visto vestita decentemente. Hai
mai messo un paio di scarpe con il tacco?” Certo che aveva
messo delle scarpe
con il tacco! Non proprio spesso, ma era successo.
“Probabilmente l’ultima
volta che hai indossato un bel vestito è stato al ballo del
Ceppo, quattro anni
fa” continuò lei. Che piccola carogna!
“Dici il ballo dove ho aperto le danze con il
campione di Durmstrang? Non mi ricordo di averti vista a quel ballo.
Eri troppo
piccola per farne parte, forse? Ho indossato altri vestiti, comunque.
Bisogna
farsi ricordare, non farsi notare”. E riprese un passo
normale. Ok, non proprio
normale. Sentì la ragazza dietro di lei gemere di dolore.
Sorrise.
Ron fece la
ronda insieme ad Anthony Goldstein. Ma
anche lui notò che non era in forma. Aspettò il
ritorno di Hermione nella sala
dei prefetti. Piano piano erano tornati tutti e tutti se
n’erano andati. Hermione
e la Simmons erano le uniche che mancavano. Anthony stava aspettando il
loro
ritorno per finire la pergamena e lui per tornare con Hermione in sala
comune.
“Penso si sia vestita così per te”. Ron
si accorse
che il Corvonero lo fissava intensamente.
“Scusa, non ti ascoltavo.”
Lui rise. “Dicevo che la Simmons si è vestita
così
per te”.
Per lui? “Così come?”
Anthony lo sguardò divertito. “Non l’hai
vista?”
Oh. Non ci aveva fatto caso. Lui scosse le spalle
“Non ho fatto caso a niente, io... pensavo
ad altro”.
Il Corvonero inarcò un sopracciglio. “Del
tipo?”
“Regali di compleanno.”
Anthony sorrise “Un’altra ragazza, allora. Spero
più
carina della Simmons. E meno stupida, magari”. Ron non disse
niente, ma sentì
colorarsi le orecchie. Pansy era bellissima. E non c’era
paragone, per lui. Con
nessuna.
Si sentì un tonfo nel corridoio e loro uscirono a
vedere. Hermione stava aiutando la Simmons a rialzarsi. Era caduta per
terra.
Anthony fece qualche passo avanti e chiese se avessero bisogno, ma
Hermione
scosse la testa.
Quando la ragazzina si tirò in piedi Ron guardò
com’era vestita. Si era vestita per lui, aveva detto
Goldstein. Ma la caduta
doveva averla stropicciata un po’. Aveva la gonna arricciata
in vita e la
camicia della divisa le usciva dalla gonna, i bottoni della camicetta
dovevano
essere saltati via perché era quasi tutta aperta. Doveva
essersi fatta male,
perché camminava in maniera strana.
“Ti sei fatta male?” le chiese infatti.
Ma Hermione rispose per lei: “Camminava così anche
prima”. Oh. Cosa voleva dire?
Vide le ragazze scambiarsi uno sguardo cattivo, più cattivo
di come fanno i ragazzi. Tossicchiò, imbarazzato.
“Hermione torniamo alla
torre?”
Ma la biondina gli si avvicinò e gli sorrise
“Potresti accompagnarmi fino alla mia sala
comune…”
Hermione
sospirò. Fino a che punto si sarebbe spinta
quella stupida ragazzina?
“Non possiamo accompagnarti fino alle cucine.
Abbiamo delle cose da fare, io e Ron.”
Il volto della biondina si rabbuiò. “Ti andrebbe
di
venire con me?” chiese, direttamente al ragazzo.
Merlino! Quella piccola…. La stava ignorando? “Oh,
non penso che alla sua ragazza farebbe piacere”.
Finalmente il viso di quella ragazzina si fece terreo.
Bene. Avrebbe preferito non dover nominare la Serpeverde, ma se doveva
darle
una lezione… In quel momento Anthony disse di aver finito e
si incamminarono
insieme verso le scale. Quando si resero conto di doversi dividere si
accorsero
che la Tassorosso era l’unica che sarebbe scesa, mentre loro
avrebbero dovuto
salire. Tirò Ron verso la scala.
“Andiamo!”
“Ma non possiamo lasciarla andare da sola” disse
sottovoce lui. Certo che potevano! Era un prefetto! Sarebbe stata in
grado di
arrivare al corridoio delle cucine da sola. Hannah ci andava sempre da
sola.
“L’accompagno io”. Anthony si mise in
mezzo fra i
due. Ron annuì e lo ringraziò. Hermione
sbuffò e gli fece una smorfia.
“Avrei
accompagnato anche te” le disse Ron quando
furono soli.
“Io non ho mai avuto bisogno di essere accompagnata.
Non l’avrei mai chiesto, neanche se ne avessi avuto bisogno.
E poi… da quand’è
che sei diventato così cavaliere?” Ron
sentì le orecchie arrossarsi. Lei lo
guardò sorridendo sorniona.
“Mi sembrava una cosa giusta. Mi sono sempre
comportato come uno stupido, pensavo di iniziare…”
Lei si avvicinò e lo prese
sottobraccio.
“Ti prendevo in giro. Lo so che sei un bravo
ragazzo.”
E ridacchiò divertita mentre si allungava per dargli
un bacio sulla guancia. Oh, sì. Proprio un bravo ragazzo.
“Vai a prendere in
giro Malfoy, va” disse scherzando anche lui.
Un’altra rampa e sarebbero arrivati al piano della
torre.
Hermione si
rattristò. Quel pomeriggio aveva
discusso con Draco, poi non l’aveva più visto. A
cena lui l’aveva guardata con
insistenza, ma lei non si era mai voltata nella sua direzione. Doveva
parlargli, lo sapeva. Sospirò.
“Tutto bene? Hai litigato con Malfoy? Di nuovo?”
Lei sospirò ancora “A dir la verità non
ho litigato
con lui. Non ancora. Per ora abbiamo avuto un leggero scambio di
opinioni. Ma
la prossima volta non so cosa succederà”. Lui
corrugò la fronte. Effettivamente
era una cosa difficile. Alzò le spalle. Era meglio parlare
di cose più
semplici. “Ma tu lo sai che Pansy compie gli anni
domani?” Ron annuì. Ah. Lo
sapeva?
“L’ho saputo oggi.”
Oh. Quindi non aveva avuto tempo per prenderle un
regalo?
“Dovrai
scriverle un biglietto” gli disse.
Ma non diceva che doveva ignorarla? “Io ho un regalo
per lei, se mi dai una mano” Lei sorrise annuendo.
“Certo. Ma come fai ad avere un regalo, se lo hai
saputo oggi?”
“Sei d’accordo? Mi avete fatto una testa
così sul
fatto che non devo cercarla, non devo toccarla, non devo
baciarla…”
Lei fece un sorriso strano. “Non ti ho detto che non
puoi toccarla”.
“Meno male. Perché oggi l’ho
fatto.”
“Oggi pomeriggio lei era molto stressata. È stato
pesante l’incontro per la consegna della casa?”
Beh, quello e anche tutto il
resto.
“Un po’. Beh, forse un bel po’,
soprattutto quando
Camille ha detto quella cosa sul fatto che suo padre è morto
cadendo dalla
scopa. Pansy non lo sapeva e sembrava sconvolta”. Ron si
ricordava la sua
faccia, l’aveva osservata bene. Per non parlare del fatto che
volesse regalare
una Firebolt!
“Questo non me l’ha detto, quando l’ho
vista” disse
la riccia. Aveva una faccia stranita anche lei.
“L’hai vista? Ti ha parlato?”
Oh. Hermione
aveva parlato senza riflettere.
“Sì, ci siamo viste. Ho cercato di farmi dire
com’era andata la giornata, ma lei era un po’
restia. Adesso capisco. Se lei
non sapeva di suo padre…” Doveva essere stato
brutto. Tutto in una volta. Poi
cercò di portare l’argomento su altre cose.
“Anche su di te non ha parlato molto. Hai fatto
quello che ti avevamo detto?” Ron annuì.
“Sì…” Ma non sembrava
convinto.
“Non l’hai baciata, vero?” Hermione quasi
gridò.
“Non gridare!” Il ragazzo si guardò
intorno. “E no,
non l’ho baciata. Ma è che ho fatto una fatica
allucinante a non baciarla e non
so neanche se ha funzionato!”
Ron
sospirò. E pensò all’anello, alla
scopa, alla
foto del bacio fra Pansy e il ragazzo. Quante cose erano successe quel
giorno.
Per forza lei era un po’ stressata. Lo era anche lui.
Avrebbero dovuto rilassarsi
insieme, per Godric!
“Allora, spiegami la storia del regalo. Pansy ha
litigato con Draco, oggi, e domani potrebbe aver bisogno di qualcosa
che le
risollevi il morale.”
Pansy aveva litigato con Draco? E perché?
“Perché hanno litigato?”
“Perché quando ci si mette lui è un
troll!” Ron
sorrise. Ma poi il suo sorriso sparì. Non voleva che Pansy
si ritrovasse da sola
il giorno del suo compleanno. “Quindi domani sarà
da sola?”
“Domani hanno organizzato una festa a sorpresa. Ci
andiamo anche io e Ginny.”
Oh. Una festa. Sembrava una cosa carina. “Solo
voi?”
“E le altre ragazze Serpeverde. Serata fra ragazze,
tu non puoi venire” disse ancora lei ammiccando. Ron
annuì. Erano arrivati in
sala comune.
“Mi aspetti che vado a prendere la cosa e ti spiego
quello che voglio fare?” Hermione annuì.
Dopo dieci
minuti stavano già discutendo.
“Guarda che anche queste sono...” disse Hermione.
“Ti ho detto di no. Li voglio tutti come quelli o
quelli lì.”
Hermione sbuffò. Ma che differenza faceva? Alla fine
un fiore era un fiore, no? No, invece no. Ron si era intestardito e
aveva anche
voluto scegliere i colori. Questo sì, questo no. Forse
avrebbe fatto prima ad
accontentarlo. Però era difficile. Anche con il libro che
aveva preso in
biblioteca. Sì, perché Ron aveva preso un libro
in biblioteca. Si era
informato, l’aveva cercato e aveva compilato il modulo per
portarlo fuori dalla
biblioteca.
Hermione non era sicura, forse quello era il primo
libro che Ron prendeva in biblioteca per portarselo in camera. E non
era ‘Il
Quidditch attraverso i secoli’! Aveva preso un libro di
fiori. Un libro pieno
di immagini di fiori. Perché pensava che lei non sapesse
bene come fossero
fatti i fiori. Sorrise. Era comunque una cosa carina. Anche se lui era
così
testardo.
“Va bene. Facciamo come dici tu. Ma poi andiamo a
letto!” Lui annuì e sorrise.
***
Draco si era
reso conto di aver fatto una stupidaggine.
A cena Pansy si era seduta lontano da lui. Hermione
invece non si era mai girata verso il loro tavolo. Iniziava a dargli
fastidio,
la cosa. Ignorato da tutte e due. Aveva pensato di chiedere aiuto alla
mora, ma
non poteva farlo, visto che lei non lo degnava di uno sguardo.
Sbuffò. Blaise,
disteso sul letto a leggere una rivista, l’aveva guardato
ridacchiando.
“Basta che le chiedi scusa. Lo sai.”
“Non sono sicuro che questa volta basti.”
Il moro sollevò un sopracciglio. “Se dovrai fare
qualcosa di umiliante per farti perdonare, voglio essere presente,
ricordatelo”.
Draco annuì distrattamente. Merlino, pensava che non sarebbe
bastato neanche
quello. Cosa gli era saltato in mente in biblioteca? Perché
aveva risposto male
a Pansy? Perché era arrabbiato con Hermione. Lei non voleva
fare come lui le
consigliava e non gli piaceva non avere il controllo della situazione.
Si allungò a prendere la borsa dei libri, tirò
fuori
una piuma e una pergamena e si avvicinò alla scrivania. Le
avrebbe scritto un
biglietto. Si sarebbe scusato. E avrebbero risolto tutto.
Incantò la pergamena e questa si piegò a formare
un
gufo e volò via.
Dopo un quarto d’ora lei non aveva ancora risposto.
Prese un’altra pergamena e scrisse ancora. Dovette scrivere
anche una terza
volta prima che lei rispondesse e una pergamena piegata si presentasse
al suo
cospetto.
“Che dice?” chiese Blaise.
Draco appallottolò la pergamena e la lanciò per
la
stanza prima di prendere la bacchetta.
“Evanesco!” Fece sparire la pergamena e poi si
girò
verso Blaise. “Niente”.
Merlino. Blaise ridacchiò ancora.
Pansy era
sdraiata a letto con Diamond, la gatta di
Millicent, accoccolata accanto a lei. Almeno qualcuno per le coccole ce
l’aveva
ancora. Daphne scriveva qualcosa alla scrivania e Millicent era seduta
in fondo
al letto di Pansy. Aveva raccontato loro della casa, di come avessero
trovato
tutto in disordine e del giardino impraticabile.
“E la piscina?” chiese Daphne. Alzò una
spalla.
“Non sono neanche andata a vederla.”
Era tutto così triste. Raccontò anche di aver
mangiato la pizza. Non disse che il Grifondoro lo avesse fatto per la
scopa. Era
così umiliante…
Un ticchettio alla porta le distrasse dal discorso.
Pansy alzò la bacchetta per aprire la porta e un piccolo
gufo volò verso di lei.
“È Weasley?” chiese Millicent. Pansy
scosse il capo.
Sapeva chi piegava il gufo di pergamena così.
“Incendio” disse, il gufetto si incendiò
e la cenere
cadde sul pavimento.
“Pansy!” gridò Millicent, ma poi
ridacchiò. “Di chi
era?”
“Nessuno.”
Pansy non aveva detto loro quello che era successo
con Draco. Anche se Daphne l’avrebbe scoperto presto, se lo
sapeva Blaise.
Chiese a Millicent di Macmillan. Lei divenne tutta rossa e
raccontò che si
erano trovati in biblioteca e avevano iniziato a fare i compiti
insieme. Poi
avevano iniziato a chiacchierare e ora si vedevano anche fuori dalla
biblioteca. Ma fra loro non c’era niente. E lo disse con le
mani alzate, come
se qualcuno le puntasse la bacchetta contro. Lanciò uno
sguardo a Daphne e lei
ricambiò la sua stessa occhiata.
“Qualcuno qui è innamorata”
canticchiò la bionda,
piegando la pergamena che aveva di fronte.
“Non è vero!” Millie si agitò
un pochino troppo e
Pansy rise.
“Dai, non devi mica offenderti. È una bella
cosa” continuò
Daphne. Ma Millicent arrossì ancora e non disse niente.
Dalla porta socchiusa
entrò un altro gufo di pergamena.
Pansy alzò ancora la bacchetta ma Daphne fu più
veloce. “Protego”. La mora sbuffò quando
il raggio scaturito dalla bacchetta si
divise in due parti schivando il gufo e si disintegrò.
“Dovresti leggerlo,
prima di distruggerlo”.
“No.”
“Perché? Di chi è?” Lei
scosse le spalle. Daphne si
alzò e prese il gufo. La pergamena si distese, ma lei non
fece in tempo a
leggerlo perché Pansy glielo strappò di mano.
L’occhio le cadde sulle parole
scritte:
Sarei anche
disposto a scusarmi.
Pansy
imprecò e rise nervosamente. E non a bassa
voce. Daphne e Millicent ridacchiarono quando si avvicinarono.
“Però, che presuntuoso!” disse la
castana, leggendo
il biglietto.
Daphne ghignò. “Deve essere Draco”.
Pansy annuì e
lei continuò: “Che è
successo?”
“Niente.”
Daphne conosceva
Pansy abbastanza da non lasciarsi
fregare.
“Lascia che si scusi” suggerì alla mora.
Pansy la
guardò e il suo sguardo era un po’ triste.
Se aveva capito bene, non si vedeva più con Weasley.
Non poteva litigare anche con Draco. Anche se a volte, Draco era
veramente
fastidioso. Ma loro erano amici, quindi…
Pansy continuava
a pensare se fosse il caso di rispondere
a Draco o meno, quando arrivò un altro gufo. Lo prese
direttamente e lo lesse.
Ci vediamo fra
dieci minuti in sala comune?
Sbuffò:
Draco pensava che gli fosse tutto dovuto. Ma
non questa volta.
La mora si avvicinò alla scrivania di Daphne e le
rubò la piuma. Per fortuna non era una di quelle
autoinchiostranti. La intinse
nell’inchiostro e scrisse velocemente la sua risposta e la
spedì con la
bacchetta. Che aspettasse domani per scusarsi. Sicuramente voleva
qualcosa. E
la sua giornata era stata già abbastanza brutta
così.
Beh, a parte il Grifondoro. Ripensò alle parole che le
aveva detto, a come l’aveva toccata. Sospirò.
Chissà se… Ma arrivò un altro
gufo.
“Mandale
un primino” suggerì il moro a Draco.
Lui alzò un sopracciglio. “Dici? O si arrabbia
ancora di più?” Blaise alzò le spalle
girando una pagina della rivista. Scrisse
un’altra pergamena. Minacciò di mandare un primino
nel corridoio femminile. La
sua risposta arrivò dopo poco.
Devi solo
provarci.
Draco sorrise.
Scrisse ancora. E lei rispose.
Non ne saresti
capace.
Adesso
ghignò. La piuma scorreva veloce. Incantò la
pergamena e poi si alzò.
“Dove vai?” gli chiese Blaise con noncuranza.
“In sala comune.”
“Non ti ha ancora detto che verrà”.
Lui
ghignò “Lo
farà”.
Pansy si
diresse, nello stato in cui era, ossia
vestita ma scalza, nella sala comune.
Quel troglodita! Osava minaccciarla! Ma lui non
sapeva con chi avesse a che fare. Sbuffò nervosa per tutto
il corridoio. Quando
arrivò alla sala comune, lui era seduto su una delle
poltrone con lo schienale
alto. Ghignava. Sbruffone.
“Cosa vuoi, Malfoy?”
“Te l’ho scritto: potrei scusarmi per
primo.”
“Non stai iniziando bene.”
“Dai, Parkinson…”
Calcò sul suo cognome e strizzò un occhio.
“Sai com’è… sono
stronza” gli rispose. La sua
espressione vacillò per qualche secondo.
“Scusa, allora”. Pansy sbuffò e
andò a sedersi sul
divano vicino a lui. Il pavimento era freddo così
appoggiò la pianta dei piedi
sul bordo del tavolino. “Quindi?”
“Quindi cosa?”
“Tu non ti scusi?” Pansy spalancò gli
occhi.
“Per cosa?”
“Per avermi fatto discutere con Hermione?” Lei
tirò
fuori una sigaretta e l’accese. “Oh, mi sembra che
ci siate riusciti benissimo
anche senza di me”.
Lui sbuffò
“E cosa è successo martedì?”
“Sembra che io non possa dirtelo”. Lei sorrise
furba
e ammiccò.
“Cosa deve scoprire Hermione su Nott?” Ora Draco
aveva abbassato la voce e si era avvicinato con il busto. Lei scosse le
spalle.
“Non lo so.”
“Non puoi scoprirlo tu?”
“Chiediglielo, no?” Lei tirò ancora
dalla sigaretta
e sbuffò il fumo in alto.
“No… intendevo: non puoi farlo tu al posto
suo?”
Pansy si bloccò. Lei? Cosa doveva fare lei?
Lei si era
bloccata. La cenere della sigaretta era
caduta sul pavimento.
Draco aspettava con ansia una sua risposta. La porta
scorrevole si aprì, due ragazzine del sesto anno si
avviarono ridacchiando
verso i dormitori. E anche la ragazza prefetto del sesto anno.
Scambiò qualche
parola con Pansy, ma quando guardò nella sua direzione, lui
dovette guardarla
veramente male, perché lei scappò via subito.
Pansy lo guardò. “Dovresti smetterla di guardare
le
persone così. Alla Granger non farebbe piacere”.
“Tu dovresti smetterla di frequentare i Grifondoro,
invece: stai diventando noiosa.”
Vide Pansy incassare il colpo. Ghignò.
Noiosa. Non era
la prima persona che glielo diceva.
Noiosa no. Era molto meglio stronza. Sbuffò quando vide il
ghigno di Draco.
“Ti odio.”
“Naaaaa… lo dici a tutti”.
Lei rise e spense la sigaretta. “Divento noiosa solo
io? E tu?”
Lui ghignò ancora. “Sono troppo bello per essere
considerato noioso. Nessuno se ne accorgerà”.
Pansy sentì il suo sorriso
arrivare spontaneamente alle labbra.
Spaccone. Snob. Sbruffone.
Draco
ridacchiò quando vide il suo sorriso
divertito. E sapeva cosa stava pensando.
“Quanti? Cinque?” le chiese.
Lei scosse, confusa, la testa.
“Quanti cosa?”
“Insulti. Quanti insulti hai pensato?” Il suo viso
si distese.
“Ti è andata bene: solo tre” Lui
sollevò un sopracciglio.
“Solo tre? Ti stai arrugginendo. Domani vedremo la
tua divisa cambiare colore? Chissà come stai con il
rosso…” Lei sbuffò
bonariamente e scosse la testa.
“La tua Hermione è sempre più
Serpeverde, lo sai?”
Draco, senza accorgersene sorrise. La sua
Hermione. Che frase. Sentì il petto aprirsi e una
sensazione di calore
invaderlo.
Pansy
ridacchiò. Ma era felice. Draco stava bene.
Aveva la Granger che lo faceva sentire bene, lo vedeva. Stavano bene
anche
quando discutevano. Loro. Loro stavano veramente bene insieme. E anche
lui
aveva un certo effetto su di lei, per forza. Non aveva detto a caso la
frase.
L’aveva pensata nel pomeriggio, nel bagno di
Mirtilla. Ed era vero: ora la Grifondoro era molto più
simpatica degli altri
anni. Doveva essere merito di Draco. Si alzò.
“Io non so se sono in grado di fare quello che mi
chiedi” ammise. Si alzò anche lui. “Sono
sicuro di sì.”
“Leccaculo.”
Lui sorrise “Visto? Stanno tornando gli insulti. È
un bene”.
La strega
sorrise ma tornò subito seria.
Draco sapeva che le stava chiedendo un favore
enorme. Ma aveva paura per Hermione, perché lei non era
capace di fingere, e
non voleva che si trovasse ad affrontare Nott. Perché, anche
se lei gli aveva
spiegato di aver fatto cose molto più pericolose, e aveva
anche specificato di
aver rischiato molto di più l’ultima volta che si
era trovata al Manor, lui
aveva paura. Paura che succedesse qualcosa, qualsiasi cosa.
“Possiamo pianificare le cose insieme. Non ti
lascerò sola con lui, se è questo il problema. Ti
prego.”
Lei alzò uno sguardo perso verso di lui.
Il biondo doveva
tenere tantissimo alla riccia. Pansy
sospirò. Sapeva che se ne sarebbe pentita. Lo sapeva, lo
sapeva.
“Farò tutto quello che vuoi. Ti farò i
compiti di Pozioni
fino alla fine dell’anno” provò ancora
lui.
“Lo fai già. Tu passi Pozioni a me, io passo
Aritmanzia
a te, ricordi?” Draco la guardò un po’
spaesato. Sospirò ancora. “Facciamo che
mi devi un grosso favore, ok?”
Draco sorrise. Era un bel sorriso. Non un ghigno,
non un sorriso affettato, non un sorriso di circostanza, un sorriso
vero. Come quelli
che Narcissa gli lanciava di nascosto. Qualcosa le fece male dentro.
Aveva voglia di Ron. Anche lui le sorrideva così.
Lui aveva dei sorrisi sinceri. Merlino. Non doveva pensarci. Draco
l’abbracciò
senza preavviso.
“Grazie. Grazie, davvero.”
Si sentì un orologio battere la mezzanotte. La porta
scorrevole si aprì ed entrarono due ragazzi del quinto anno.
Si staccarono
subito, sentendosi in imbarazzo.
“Ragazzi è tardi cosa fate in giro? Ci avete fatto
perdere dei punti?” Uno dei due, un po’ spaventato
scosse la testa. Lei annuì e
fece loro cenno di andare. “Buonanotte, Draco”.
Ma lui guardava ancora la porta.
Draco aveva
visto entrare un gufo appena dietro ai
ragazzi. Un piccolo gufo grigio che sembrava aver conosciuto momenti
migliori.
Portava… una scatola? Cos’era quella cosa?
Indicò a Pansy il gufo e lei si voltò. Dovette
riconoscerlo. Il gufo volò fino a lei e si posò
sul tavolino. Lei tirò fuori la
bacchetta e appellò un sacchetto di biscotti per gufi.
Gliene diede due e lo
guardò volare via. Quando prese la scatola, Draco
capì che era un regalo.
Merlino! Era il compleanno di Pansy! Se l’era scordato.
“Ehm… Buon compleanno?” La mora si
voltò verso di
lui.
“Grazie.”
Poi lei si incamminò verso il corridoio. Ehi, dove
andava? E cosa c’era nella scatola? Voleva vedere.
“Aspetta! Cos’è?” Lei
ghignò
“Nah. Non voglio fartelo sapere.”
Oh. Doveva tornare Serpeverde tutto di un colpo? Lui
fece finta di non essere interessato, ma lei non voleva farglielo
sapere
davvero, infatti riuscì a salutarlo e fuggire via. Merlino.
Va beh. Non gli
interessava veramente. Davvero.
Continuò a guardare il corridoio, ma lei non
tornò.
Pansy
arrivò in camera di corsa, tirò le cortine del
letto e si nascose dentro. Le tremavano le mani. Con la bacchetta
insonorizzò
le tende e scartò il pacchetto. Il carillon. Era il carrilon
babbano dei Weasley.
Lo aprì e dentro, oltre alla ballerina, nella parte
dove si mettevano i gioielli, era pieno di fiori. Di viole del
pensiero. Di Pansy. Ed erano solo
nelle tinte del
viola. Il suo colore preferito. Sorrise.
Aveva raccontato al Grifondoro che da bambina raccoglieva
solo quelli viola. Non quelli gialli, bianchi o rossi. Solo quelli
viola. Aveva
pensato a Ron ed era arrivato il carillon.
No. No non
pensare una cosa così. Ti fa male. Non pensare.
Girò
lo strano pezzo di metallo, fino alla fine. Lo
fece partire come aveva fatto lui nel capanno e guardò il
carrilon. La
ballerina girava su se stessa in mezzo ai fiori. Era bellissima. E non
si
inceppò. Non fece quel rumore strano, solamente
finì di suonare e si fermò.
Sorrise per tutto il tempo.
Un regalo. Le aveva fatto un regalo. Per il suo
compleanno? L’idiota del ministero aveva detto quando era
nata. Che lui avesse
ascoltato? Notò un biglietto fra i fiori. Lo prese mentre
faceva ripartire la
musica e lo aprì.
Sono riuscito ad
aggiustare quest’arnese e
vorrei che lo
tenessi tu, se vuoi.
Fra i fiori ci
sono diciannove viole del pensiero
che, nei prossimi diciannove giorni torneranno a essere dolci di
mielandia, uno
per ogni giorno, uno per ogni anno. E se ti verrà voglia di
dessert… sai dove
trovarmi.
(vorrei poter
scrivere di aver fatto tutto da solo
la parte dei fiori, ma non è vero… purtroppo sono
ancora un imbranato)
Buon compleanno
principessa delle stelle
R.W.
La ballerina
finì di nuovo il suo giro. Pansy guardò incantata
il biglietto. Non avrebbe
dovuto essere così. Non così gentile. Non
così carino.
Uscì dal
letto e prese pergamena, piuma e inchiostro. Scrisse appena una parola,
incantò
la pergamena che si piegò e volò via. Si mise la
camicia da notte, si infilò
sotto le coperte sorridendo e fece ripartire il carrilon.
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