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Autore: ONLYKORINE    01/08/2018    2 recensioni
È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano fatti per stare insieme. E Harry e Ginny? Ce la faranno a iniziare (e mantenere) la loro storia?
Hinny e un po' di Dramione...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ritorno a Hogwarts e one shot'
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43. Regali

 Regali

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Hermione dopo cena era salita in camera e aveva trovato un gufo bianco sulla spalliera del letto. Quando la vide tornare, il gufo volò verso la finestra e aspettò paziente che lei l’aprisse prima di volare via. Chissà chi l’aveva fatto entrare.
La riccia guardò il letto e vide un piccolo pacchetto sul cuscino. Si avvicinò cauta. Non conosceva il gufo. Prese il pacchetto e scartò la pergamena che lo ricopriva. Un vasetto a collo largo con un tappo di vetro colorato era dentro una scatolina. Vicino, una piccola pergamena.

 

Lozione ravviva ricci.

Usane poca alla volta se non vuoi sembrare un enorme cavatappi!

P.P.

Ps: Ti avevo detto che mi sarei sdebitata.

 

Pansy le aveva mandato una lozione di bellezza? Non l’aveva mai vista. L’annusò. Era profumata. Poteva fidarsi? E se le avesse fatto uno scherzo? Un brutto scherzo? E si fosse trovata con i capelli verdi o peggio, se le fossero caduti? Sperò di non pentirsene. Si sedette alla toilette, aprì il vasetto e ne prese un po’ con le dita. Poco. Perché aveva scritto poco. Si passò la mano su tutta la testa e sentì una sensazione di calore attraversarle il cervello. Per Godric, sarebbe andata a fuoco? Ma passò subito. Sentì i capelli alleggerirsi e li vide più gonfi. Merlino, merlino. Poi ritornarono normali. Oh. Bo.
Lavanda mise la testa dentro la stanza. “Hermione, Ron dice che ti aspetta giù in sala comune per andare a fare la ronda”.
“Ok, grazie Lavanda.”
Lei era già uscita, ma poi rimise la testa dentro. “Oh, hai visto il gufo? Quello bianco grosso?”
“Sì sì. Grazie ancora.”
Hermione si era nascosta dietro la toilette per non farsi vedere. Si lanciò uno sguardo attraverso lo specchio mentre usciva dalla stanza. Sembrava tutto a posto. Nessun cambiamento. I suoi capelli sembravano solo un po’ più lucidi. Scosse le spalle e si avviò verso la sala comune. Incrociò in corridoio Ginny che andava verso la sua stanza e la guardò stranita.
“Hermione, che hai fatto ai capelli?” Ecco, lo sapeva. Non avrebbe dovuto. Merlino. Cosa era successo ai suoi capelli?
“Niente, perché?” Cercò di essere disinvolta. Ginny sorrise.
“Sembrano diversi. Sono così… belli” disse, senza fermarsi.
Oh. Sembravano belli? Sorrise. Quando scese la scala a chiocciola, vide Ron chiacchierare con Harry a uno dei tavoli. Ron le dava le spalle e Harry era seduto.
Harry alzò lo sguardo verso di lei e la guardò corrugando la fronte.

 

Hermione era diversa.
Harry non sapeva cosa avesse di diverso, ma lo era. O lo sembrava. La guardò ancora prima di capire cosa gli desse quell’idea: i capelli! Aveva fatto qualcosa ai capelli.
“Hermione… i tuoi capelli…” Lei sorrise e si toccò la testa.
“Sì, hai visto? Così non dirai più che non mi pettino!” Harry sentì le guance colorarsi. “Io non…” Ma lei ridacchiò, come a cena.
“Di cosa parlate?” chiese Ron.

 

Hermione era diversa. Lo aveva notato anche Ron. Cosa aveva detto Harry sui suoi capelli?
“Ma niente. Prendevo in giro Harry.”
Chi? Hermione? “Tu? Tu che prendi in giro qualcuno?” Lei si fece seria. No. Merlino. Aveva detto la cosa sbagliata. Non sapeva come cavarsela e propose: “Andiamo alla ronda?” La ragazza annuì senza dire niente. “Ti sei offesa?”
Hermione lo guardò e disse, passandosi una mano fra i capelli (non l’aveva mai vista farlo): “Come ti sembrano i miei capelli?”
Eh? Ma che domanda era? Se rispondeva nella maniera giusta non si sarebbe offesa? Per Godric, doveva stare attento a quello che avrebbe detto. Più facile a dirsi che a farsi. Guardò i suoi capelli. Sembravano così… in ordine. Erano lucidi (beh, sbrilluccicavano come il manico della scopa quando lui ci passava la pozione), ma erano… belli. Non sembravano più la barba di Charlie quella volta che per scommessa con Fred e George non se la rasò per cinque mesi.
“Sono diversi… li hai lavati?” Non sapeva cosa dire.
“Perché, ti sembra che di solito non lo faccia?” La strega strabuzzò gli occhi e Ron si rese conto di aver detto la cosa sbagliata. Di nuovo. Merlino che serata lunga.
“Scusa, io non intendevo… mi rendo conto che ci hai fatto qualcosa, ma…”

 

Hermione sorrise del suo sguardo triste. “Hai ragione, ho esagerato. È che ho provato questa nuova lozione e non so se ho fatto bene o male…” Si avvicinò a lui.
“Ah. Secondo me hai fatto bene. Sembrano più capelli ricci e meno la coda di una scopa!” Come? I suoi capelli prima sembravano la coda di una scopa? Oh, Merlino… Arrivarono al quinto piano e dentro la stanza dei prefetti c’era già qualcuno. Hannah si voltò verso di lei e le andò vicino.
“Hermione, che bei capelli. Che hai fatto?” Hermione sorrise. Se qualcun altro le avesse detto qualcosa di positivo sui suoi capelli avrebbe messo la lozione anche il giorno dopo. E quello dopo ancora. Chiacchierò un po’ con Hannah, mentre aspettavano tutti i prefetti. Anche la ragazza riccia di Serpeverde la guardò.
“Lozione ravviva ricci, vero?” Hermione annuì sorridendo e la ragazza si toccò i capelli. “La uso anch’io” ammise sottovoce. E i suoi ricci sembravano stupendi. Doveva guardarsi meglio allo specchio prima di uscire, adesso era curiosissima.
Si sentirono dei rumori fuori dalla stanza e dei passi pesanti che si avvicinavano. Lei e la ragazza si affacciarono oltre la porta e videro arrivare una ragazzina bionda. Subito Hermione non capì chi fosse, ma poi lei si avvicinò ancora: la Simmons. Aveva dei tacchi vertiginosi, ma faceva fatica a camminarci, ed era truccata pesantemente. A Hermione venne in mente una cantate babbana degli anni ottanta. Quando si avvicinò di più vide che la gonna della divisa era arrotolata in vita per mostrare le gambe (le divise non potevano essere modificate con la magia, quindi le ragazze dovevano inventarsi dei trucchetti senza bacchetta, lo aveva spiegato Lavanda a Hermione già al secondo anno) e la camicetta (niente maglione) era un po’ troppo sbottonata.
Sua nonna l’avrebbe definita un fenomeno da baraccone. Perché era proprio quello che sembrava.

 

Ron sapeva che quella sera non ci sarebbe stata Pansy. Non aveva letto il suo nome sulla pergamena di prenotazione, ma ci sperò lo stesso. Magari qualcuno era stato male, oppure lei aveva cambiato idea dopo quella giornata. Sapeva di aver fatto tutto giusto, ma si pentì di non averla baciata. Cosa sarebbe cambiato se le avesse dato solo un bacio? Un piccolissimo bacio?
Hermione e Harry dicevano, beh più Hermione Harry annuiva e basta, che doveva smetterla di cercarla con insistenza. Perché lei non avrebbe mai sentito la sua mancanza, se lui avesse continuato. E lei doveva accorgersi che lui le mancava. Aveva detto così, la riccia. Sbuffò mentre guardava la porta, dove Hermione e una ragazza amica della giovane Greengrass guardavano verso il corridoio. Forse… Forse…
Le sue preghiere erano state esaudite? Pensò mentre sentiva dei rumori di tacchi venire dal corridoio. Erano poche le ragazze che mettevano i tacchi per far la ronda. E una di queste era Pansy. Continuò a guardare verso la porta, nonostante il rumore fosse un po’ diverso dal solito.
Si avvicinò alla porta, ma quando la ragazza con i tacchi entrò salutando a gran voce gli altri, ci rimase malissimo.

 

Hermione vide la faccia di Ron dipingersi di delusione quando la Simmons entrò nella stanza. Aveva pensato che fosse qualcun altro? Probabile. La Simmons era l’ultimo prefetto che aspettavano. Lei salutò Ron con molto calore, ma lui le fece un cenno del capo senza degnarla di molta attenzione.
Anthony iniziò a scrivere la pergamena, chiese ad alta voce chi volesse andare al settimo piano e scrisse i nomi dei due prefetti. Poi chiese ancora per altri corridoi. Quando Anthony nominò il quinto piano, la Tassorosso si avvicinò a Ron, prendendolo sottobraccio, appoggiandogli il seno sul braccio e chiedendogli se volesse fare la ronda con lei. Lui annuì distrattamente e fece un passo avanti, staccandosi da lei, che ricoprì subito la distanza con un saltello e si riagganciò al ragazzo.
Hermione si sentì arrabbiata con Ron. Perché aveva annuito? Non capiva che quella ragazzina voleva provarci con lui? La stessa che voleva farlo schiantare dal suo ragazzo? Sbuffò e disse alla ragazzina: “Vengo io con te”. Lei sorrise melliflua.
“No, l’ho già chiesto a lui”. Hermione guardò Ron con quello che sperò sembrasse uno sguardo omicida e lui scosse il capo.

 

Ron non capì bene l’occhiata di Hermione, ma decise di stare dalla sua parte.
“Oh, andate pure”. Si scrollò di dosso la Simmons e la spinse verso la riccia. Si girò verso gli altri. Con chi avrebbe fatto la ronda?

 

Hermione sorrise freddamente alla ragazzina che la guardò un po’ arrabbiata. Oh, piccola guastafeste, se ci fosse stata Pansy non la guarderesti così. Tremeresti di paura. Sorrise malignamente all’idea.
Disse ad Anthony che avrebbero fatto il terzo e il quarto piano.
“Come? Aveva detto il quinto piano” disse la Simmons.
“Oh, sei sicura? Anthony possiamo fare il terzo e il quarto?” Lui annuì alzando una spalla e scrisse sulla pergamena.
Hermione si diresse fuori dalla porta un po’ infastidita. Stupida ragazzina, con chi pensava di avere a che fare? Con quelle ridicole scarpe che aveva, e con cui faceva fatica a camminare, avrebbe avuto un mal di piedi allucinante, quella sera. Così avrebbe imparato a mettersi delle scarpe di quel genere. Che poi, non stanno bene a tutte. Devi avere delle gambe adatte per poterle sfoggiare e la Tassorosso sembrava più una bambina con le scarpe della madre piuttosto che una ragazza elegante. Tesoro, l’eleganza se non ce l’hai mica puoi fingere di averla.
Allungò un po’ il passo verso le scale. La biondina dovette rendersi conto di non riuscire a starle dietro e incominciò a camminare in maniera veramente spaventosa. Hermione ebbe pietà.
Rallentò un pochino e le consigliò: “Non piegare così le ginocchia quando cammini”.
La Simmons sbuffò. “Ma che ne sai te? Non ti ho mai visto vestita bene!”
Come? Si girò a guardarla ma la Tassorosso continuava a guardare fisso avanti a sé. “Cosa hai detto?”
“Sì, non ti ho mai visto vestita decentemente. Hai mai messo un paio di scarpe con il tacco?” Certo che aveva messo delle scarpe con il tacco! Non proprio spesso, ma era successo. “Probabilmente l’ultima volta che hai indossato un bel vestito è stato al ballo del Ceppo, quattro anni fa” continuò lei. Che piccola carogna!
“Dici il ballo dove ho aperto le danze con il campione di Durmstrang? Non mi ricordo di averti vista a quel ballo. Eri troppo piccola per farne parte, forse? Ho indossato altri vestiti, comunque. Bisogna farsi ricordare, non farsi notare”. E riprese un passo normale. Ok, non proprio normale. Sentì la ragazza dietro di lei gemere di dolore. Sorrise.

 

Ron fece la ronda insieme ad Anthony Goldstein. Ma anche lui notò che non era in forma. Aspettò il ritorno di Hermione nella sala dei prefetti. Piano piano erano tornati tutti e tutti se n’erano andati. Hermione e la Simmons erano le uniche che mancavano. Anthony stava aspettando il loro ritorno per finire la pergamena e lui per tornare con Hermione in sala comune.
“Penso si sia vestita così per te”. Ron si accorse che il Corvonero lo fissava intensamente.
“Scusa, non ti ascoltavo.”
Lui rise. “Dicevo che la Simmons si è vestita così per te”.
Per lui? “Così come?”
Anthony lo sguardò divertito. “Non l’hai vista?”
Oh. Non ci aveva fatto caso. Lui scosse le spalle “Non ho fatto caso a niente, io...  pensavo ad altro”.
Il Corvonero inarcò un sopracciglio. “Del tipo?”
“Regali di compleanno.”
Anthony sorrise “Un’altra ragazza, allora. Spero più carina della Simmons. E meno stupida, magari”. Ron non disse niente, ma sentì colorarsi le orecchie. Pansy era bellissima. E non c’era paragone, per lui. Con nessuna.
Si sentì un tonfo nel corridoio e loro uscirono a vedere. Hermione stava aiutando la Simmons a rialzarsi. Era caduta per terra. Anthony fece qualche passo avanti e chiese se avessero bisogno, ma Hermione scosse la testa.
Quando la ragazzina si tirò in piedi Ron guardò com’era vestita. Si era vestita per lui, aveva detto Goldstein. Ma la caduta doveva averla stropicciata un po’. Aveva la gonna arricciata in vita e la camicia della divisa le usciva dalla gonna, i bottoni della camicetta dovevano essere saltati via perché era quasi tutta aperta. Doveva essersi fatta male, perché camminava in maniera strana.
“Ti sei fatta male?” le chiese infatti.
Ma Hermione rispose per lei: “Camminava così anche prima”. Oh. Cosa voleva dire?
Vide le ragazze scambiarsi uno sguardo cattivo, più cattivo di come fanno i ragazzi. Tossicchiò, imbarazzato. “Hermione torniamo alla torre?”
Ma la biondina gli si avvicinò e gli sorrise “Potresti accompagnarmi fino alla mia sala comune…”

 

Hermione sospirò. Fino a che punto si sarebbe spinta quella stupida ragazzina?
“Non possiamo accompagnarti fino alle cucine. Abbiamo delle cose da fare, io e Ron.”
Il volto della biondina si rabbuiò. “Ti andrebbe di venire con me?” chiese, direttamente al ragazzo.
Merlino! Quella piccola…. La stava ignorando? “Oh, non penso che alla sua ragazza farebbe piacere”.
Finalmente il viso di quella ragazzina si fece terreo. Bene. Avrebbe preferito non dover nominare la Serpeverde, ma se doveva darle una lezione… In quel momento Anthony disse di aver finito e si incamminarono insieme verso le scale. Quando si resero conto di doversi dividere si accorsero che la Tassorosso era l’unica che sarebbe scesa, mentre loro avrebbero dovuto salire. Tirò Ron verso la scala. “Andiamo!”
“Ma non possiamo lasciarla andare da sola” disse sottovoce lui. Certo che potevano! Era un prefetto! Sarebbe stata in grado di arrivare al corridoio delle cucine da sola. Hannah ci andava sempre da sola.
“L’accompagno io”. Anthony si mise in mezzo fra i due. Ron annuì e lo ringraziò. Hermione sbuffò e gli fece una smorfia.

 

“Avrei accompagnato anche te” le disse Ron quando furono soli.
“Io non ho mai avuto bisogno di essere accompagnata. Non l’avrei mai chiesto, neanche se ne avessi avuto bisogno. E poi… da quand’è che sei diventato così cavaliere?” Ron sentì le orecchie arrossarsi. Lei lo guardò sorridendo sorniona.
“Mi sembrava una cosa giusta. Mi sono sempre comportato come uno stupido, pensavo di iniziare…” Lei si avvicinò e lo prese sottobraccio.
“Ti prendevo in giro. Lo so che sei un bravo ragazzo.”
E ridacchiò divertita mentre si allungava per dargli un bacio sulla guancia. Oh, sì. Proprio un bravo ragazzo. “Vai a prendere in giro Malfoy, va” disse scherzando anche lui.
Un’altra rampa e sarebbero arrivati al piano della torre.

 

Hermione si rattristò. Quel pomeriggio aveva discusso con Draco, poi non l’aveva più visto. A cena lui l’aveva guardata con insistenza, ma lei non si era mai voltata nella sua direzione. Doveva parlargli, lo sapeva. Sospirò.
“Tutto bene? Hai litigato con Malfoy? Di nuovo?”
Lei sospirò ancora “A dir la verità non ho litigato con lui. Non ancora. Per ora abbiamo avuto un leggero scambio di opinioni. Ma la prossima volta non so cosa succederà”. Lui corrugò la fronte. Effettivamente era una cosa difficile. Alzò le spalle. Era meglio parlare di cose più semplici. “Ma tu lo sai che Pansy compie gli anni domani?” Ron annuì. Ah. Lo sapeva?
“L’ho saputo oggi.”
Oh. Quindi non aveva avuto tempo per prenderle un regalo?

 

“Dovrai scriverle un biglietto” gli disse.
Ma non diceva che doveva ignorarla? “Io ho un regalo per lei, se mi dai una mano” Lei sorrise annuendo.
“Certo. Ma come fai ad avere un regalo, se lo hai saputo oggi?”
“Sei d’accordo? Mi avete fatto una testa così sul fatto che non devo cercarla, non devo toccarla, non devo baciarla…”
Lei fece un sorriso strano. “Non ti ho detto che non puoi toccarla”.
“Meno male. Perché oggi l’ho fatto.”
“Oggi pomeriggio lei era molto stressata. È stato pesante l’incontro per la consegna della casa?” Beh, quello e anche tutto il resto.
“Un po’. Beh, forse un bel po’, soprattutto quando Camille ha detto quella cosa sul fatto che suo padre è morto cadendo dalla scopa. Pansy non lo sapeva e sembrava sconvolta”. Ron si ricordava la sua faccia, l’aveva osservata bene. Per non parlare del fatto che volesse regalare una Firebolt!
“Questo non me l’ha detto, quando l’ho vista” disse la riccia. Aveva una faccia stranita anche lei.
“L’hai vista? Ti ha parlato?”

 

 

Oh. Hermione aveva parlato senza riflettere.
“Sì, ci siamo viste. Ho cercato di farmi dire com’era andata la giornata, ma lei era un po’ restia. Adesso capisco. Se lei non sapeva di suo padre…” Doveva essere stato brutto. Tutto in una volta. Poi cercò di portare l’argomento su altre cose.
“Anche su di te non ha parlato molto. Hai fatto quello che ti avevamo detto?” Ron annuì.
“Sì…” Ma non sembrava convinto.
“Non l’hai baciata, vero?” Hermione quasi gridò.
“Non gridare!” Il ragazzo si guardò intorno. “E no, non l’ho baciata. Ma è che ho fatto una fatica allucinante a non baciarla e non so neanche se ha funzionato!”

 

Ron sospirò. E pensò all’anello, alla scopa, alla foto del bacio fra Pansy e il ragazzo. Quante cose erano successe quel giorno. Per forza lei era un po’ stressata. Lo era anche lui. Avrebbero dovuto rilassarsi insieme, per Godric!
“Allora, spiegami la storia del regalo. Pansy ha litigato con Draco, oggi, e domani potrebbe aver bisogno di qualcosa che le risollevi il morale.”
Pansy aveva litigato con Draco? E perché?
“Perché hanno litigato?”
“Perché quando ci si mette lui è un troll!” Ron sorrise. Ma poi il suo sorriso sparì. Non voleva che Pansy si ritrovasse da sola il giorno del suo compleanno. “Quindi domani sarà da sola?”
“Domani hanno organizzato una festa a sorpresa. Ci andiamo anche io e Ginny.”
Oh. Una festa. Sembrava una cosa carina. “Solo voi?”
“E le altre ragazze Serpeverde. Serata fra ragazze, tu non puoi venire” disse ancora lei ammiccando. Ron annuì. Erano arrivati in sala comune.
“Mi aspetti che vado a prendere la cosa e ti spiego quello che voglio fare?” Hermione annuì.

 

Dopo dieci minuti stavano già discutendo.
“Guarda che anche queste sono...” disse Hermione.
“Ti ho detto di no. Li voglio tutti come quelli o quelli lì.”
Hermione sbuffò. Ma che differenza faceva? Alla fine un fiore era un fiore, no? No, invece no. Ron si era intestardito e aveva anche voluto scegliere i colori. Questo sì, questo no. Forse avrebbe fatto prima ad accontentarlo. Però era difficile. Anche con il libro che aveva preso in biblioteca. Sì, perché Ron aveva preso un libro in biblioteca. Si era informato, l’aveva cercato e aveva compilato il modulo per portarlo fuori dalla biblioteca.
Hermione non era sicura, forse quello era il primo libro che Ron prendeva in biblioteca per portarselo in camera. E non era ‘Il Quidditch attraverso i secoli’! Aveva preso un libro di fiori. Un libro pieno di immagini di fiori. Perché pensava che lei non sapesse bene come fossero fatti i fiori. Sorrise. Era comunque una cosa carina. Anche se lui era così testardo.
“Va bene. Facciamo come dici tu. Ma poi andiamo a letto!” Lui annuì e sorrise.

***

 

Draco si era reso conto di aver fatto una stupidaggine.
A cena Pansy si era seduta lontano da lui. Hermione invece non si era mai girata verso il loro tavolo. Iniziava a dargli fastidio, la cosa. Ignorato da tutte e due. Aveva pensato di chiedere aiuto alla mora, ma non poteva farlo, visto che lei non lo degnava di uno sguardo. Sbuffò. Blaise, disteso sul letto a leggere una rivista, l’aveva guardato ridacchiando.
“Basta che le chiedi scusa. Lo sai.”
“Non sono sicuro che questa volta basti.”
Il moro sollevò un sopracciglio. “Se dovrai fare qualcosa di umiliante per farti perdonare, voglio essere presente, ricordatelo”. Draco annuì distrattamente. Merlino, pensava che non sarebbe bastato neanche quello. Cosa gli era saltato in mente in biblioteca? Perché aveva risposto male a Pansy? Perché era arrabbiato con Hermione. Lei non voleva fare come lui le consigliava e non gli piaceva non avere il controllo della situazione.
Si allungò a prendere la borsa dei libri, tirò fuori una piuma e una pergamena e si avvicinò alla scrivania. Le avrebbe scritto un biglietto. Si sarebbe scusato. E avrebbero risolto tutto.
Incantò la pergamena e questa si piegò a formare un gufo e volò via.
Dopo un quarto d’ora lei non aveva ancora risposto. Prese un’altra pergamena e scrisse ancora. Dovette scrivere anche una terza volta prima che lei rispondesse e una pergamena piegata si presentasse al suo cospetto.
“Che dice?” chiese Blaise.
Draco appallottolò la pergamena e la lanciò per la stanza prima di prendere la bacchetta.
“Evanesco!” Fece sparire la pergamena e poi si girò verso Blaise. “Niente”.
Merlino. Blaise ridacchiò ancora.

 

Pansy era sdraiata a letto con Diamond, la gatta di Millicent, accoccolata accanto a lei. Almeno qualcuno per le coccole ce l’aveva ancora. Daphne scriveva qualcosa alla scrivania e Millicent era seduta in fondo al letto di Pansy. Aveva raccontato loro della casa, di come avessero trovato tutto in disordine e del giardino impraticabile.
“E la piscina?” chiese Daphne. Alzò una spalla.
“Non sono neanche andata a vederla.”
Era tutto così triste. Raccontò anche di aver mangiato la pizza. Non disse che il Grifondoro lo avesse fatto per la scopa. Era così umiliante…
Un ticchettio alla porta le distrasse dal discorso. Pansy alzò la bacchetta per aprire la porta e un piccolo gufo volò verso di lei.
“È Weasley?” chiese Millicent. Pansy scosse il capo. Sapeva chi piegava il gufo di pergamena così.
“Incendio” disse, il gufetto si incendiò e la cenere cadde sul pavimento.
“Pansy!” gridò Millicent, ma poi ridacchiò. “Di chi era?”
“Nessuno.”
Pansy non aveva detto loro quello che era successo con Draco. Anche se Daphne l’avrebbe scoperto presto, se lo sapeva Blaise. Chiese a Millicent di Macmillan. Lei divenne tutta rossa e raccontò che si erano trovati in biblioteca e avevano iniziato a fare i compiti insieme. Poi avevano iniziato a chiacchierare e ora si vedevano anche fuori dalla biblioteca. Ma fra loro non c’era niente. E lo disse con le mani alzate, come se qualcuno le puntasse la bacchetta contro. Lanciò uno sguardo a Daphne e lei ricambiò la sua stessa occhiata.
“Qualcuno qui è innamorata” canticchiò la bionda, piegando la pergamena che aveva di fronte.
“Non è vero!” Millie si agitò un pochino troppo e Pansy rise.
“Dai, non devi mica offenderti. È una bella cosa” continuò Daphne. Ma Millicent arrossì ancora e non disse niente. Dalla porta socchiusa entrò un altro gufo di pergamena.
Pansy alzò ancora la bacchetta ma Daphne fu più veloce. “Protego”. La mora sbuffò quando il raggio scaturito dalla bacchetta si divise in due parti schivando il gufo e si disintegrò. “Dovresti leggerlo, prima di distruggerlo”.
“No.”
“Perché? Di chi è?” Lei scosse le spalle. Daphne si alzò e prese il gufo. La pergamena si distese, ma lei non fece in tempo a leggerlo perché Pansy glielo strappò di mano. L’occhio le cadde sulle parole scritte:

 

Sarei anche disposto a scusarmi.

 

Pansy imprecò e rise nervosamente. E non a bassa voce. Daphne e Millicent ridacchiarono quando si avvicinarono.
“Però, che presuntuoso!” disse la castana, leggendo il biglietto.
Daphne ghignò. “Deve essere Draco”. Pansy annuì e lei continuò: “Che è successo?”
“Niente.”

 

Daphne conosceva Pansy abbastanza da non lasciarsi fregare.
“Lascia che si scusi” suggerì alla mora. Pansy la guardò e il suo sguardo era un po’ triste.
Se aveva capito bene, non si vedeva più con Weasley. Non poteva litigare anche con Draco. Anche se a volte, Draco era veramente fastidioso. Ma loro erano amici, quindi…

 

Pansy continuava a pensare se fosse il caso di rispondere a Draco o meno, quando arrivò un altro gufo. Lo prese direttamente e lo lesse.

 

Ci vediamo fra dieci minuti in sala comune?

 

Sbuffò: Draco pensava che gli fosse tutto dovuto. Ma non questa volta.
La mora si avvicinò alla scrivania di Daphne e le rubò la piuma. Per fortuna non era una di quelle autoinchiostranti. La intinse nell’inchiostro e scrisse velocemente la sua risposta e la spedì con la bacchetta. Che aspettasse domani per scusarsi. Sicuramente voleva qualcosa. E la sua giornata era stata già abbastanza brutta così.
Beh, a parte il Grifondoro. Ripensò alle parole che le aveva detto, a come l’aveva toccata. Sospirò. Chissà se… Ma arrivò un altro gufo.

 

“Mandale un primino” suggerì il moro a Draco.
Lui alzò un sopracciglio. “Dici? O si arrabbia ancora di più?” Blaise alzò le spalle girando una pagina della rivista. Scrisse un’altra pergamena. Minacciò di mandare un primino nel corridoio femminile. La sua risposta arrivò dopo poco.

 

Devi solo provarci.

 

Draco sorrise. Scrisse ancora. E lei rispose.

 

Non ne saresti capace.

 

 

Adesso ghignò. La piuma scorreva veloce. Incantò la pergamena e poi si alzò.
“Dove vai?” gli chiese Blaise con noncuranza.
“In sala comune.”
“Non ti ha ancora detto che verrà”.
 Lui ghignò “Lo farà”.

 

Pansy si diresse, nello stato in cui era, ossia vestita ma scalza, nella sala comune.
Quel troglodita! Osava minaccciarla! Ma lui non sapeva con chi avesse a che fare. Sbuffò nervosa per tutto il corridoio. Quando arrivò alla sala comune, lui era seduto su una delle poltrone con lo schienale alto. Ghignava. Sbruffone.
“Cosa vuoi, Malfoy?”
“Te l’ho scritto: potrei scusarmi per primo.”
“Non stai iniziando bene.”
“Dai, Parkinson…” Calcò sul suo cognome e strizzò un occhio.
“Sai com’è… sono stronza” gli rispose. La sua espressione vacillò per qualche secondo.
“Scusa, allora”. Pansy sbuffò e andò a sedersi sul divano vicino a lui. Il pavimento era freddo così appoggiò la pianta dei piedi sul bordo del tavolino. “Quindi?”
“Quindi cosa?”
“Tu non ti scusi?” Pansy spalancò gli occhi.
“Per cosa?”
“Per avermi fatto discutere con Hermione?” Lei tirò fuori una sigaretta e l’accese. “Oh, mi sembra che ci siate riusciti benissimo anche senza di me”.
Lui sbuffò
“E cosa è successo martedì?”
“Sembra che io non possa dirtelo”. Lei sorrise furba e ammiccò.
“Cosa deve scoprire Hermione su Nott?” Ora Draco aveva abbassato la voce e si era avvicinato con il busto. Lei scosse le spalle.
“Non lo so.”
“Non puoi scoprirlo tu?”
“Chiediglielo, no?” Lei tirò ancora dalla sigaretta e sbuffò il fumo in alto.
“No… intendevo: non puoi farlo tu al posto suo?”
Pansy si bloccò. Lei? Cosa doveva fare lei?

 

Lei si era bloccata. La cenere della sigaretta era caduta sul pavimento.
Draco aspettava con ansia una sua risposta. La porta scorrevole si aprì, due ragazzine del sesto anno si avviarono ridacchiando verso i dormitori. E anche la ragazza prefetto del sesto anno. Scambiò qualche parola con Pansy, ma quando guardò nella sua direzione, lui dovette guardarla veramente male, perché lei scappò via subito.
Pansy lo guardò. “Dovresti smetterla di guardare le persone così. Alla Granger non farebbe piacere”.
“Tu dovresti smetterla di frequentare i Grifondoro, invece: stai diventando noiosa.”
Vide Pansy incassare il colpo. Ghignò.

 

Noiosa. Non era la prima persona che glielo diceva. Noiosa no. Era molto meglio stronza. Sbuffò quando vide il ghigno di Draco.
“Ti odio.”
“Naaaaa… lo dici a tutti”.
Lei rise e spense la sigaretta. “Divento noiosa solo io? E tu?”
Lui ghignò ancora. “Sono troppo bello per essere considerato noioso. Nessuno se ne accorgerà”. Pansy sentì il suo sorriso arrivare spontaneamente alle labbra.
Spaccone. Snob. Sbruffone.

 

Draco ridacchiò quando vide il suo sorriso divertito. E sapeva cosa stava pensando.
“Quanti? Cinque?” le chiese.
Lei scosse, confusa, la testa.
“Quanti cosa?”
“Insulti. Quanti insulti hai pensato?” Il suo viso si distese.
“Ti è andata bene: solo tre” Lui sollevò un sopracciglio.
“Solo tre? Ti stai arrugginendo. Domani vedremo la tua divisa cambiare colore? Chissà come stai con il rosso…” Lei sbuffò bonariamente e scosse la testa.
“La tua Hermione è sempre più Serpeverde, lo sai?” Draco, senza accorgersene sorrise. La sua Hermione. Che frase. Sentì il petto aprirsi e una sensazione di calore invaderlo.

 

Pansy ridacchiò. Ma era felice. Draco stava bene. Aveva la Granger che lo faceva sentire bene, lo vedeva. Stavano bene anche quando discutevano. Loro. Loro stavano veramente bene insieme. E anche lui aveva un certo effetto su di lei, per forza. Non aveva detto a caso la frase.
L’aveva pensata nel pomeriggio, nel bagno di Mirtilla. Ed era vero: ora la Grifondoro era molto più simpatica degli altri anni. Doveva essere merito di Draco. Si alzò.
“Io non so se sono in grado di fare quello che mi chiedi” ammise. Si alzò anche lui. “Sono sicuro di sì.”
“Leccaculo.”
Lui sorrise “Visto? Stanno tornando gli insulti. È un bene”.

 

La strega sorrise ma tornò subito seria.
Draco sapeva che le stava chiedendo un favore enorme. Ma aveva paura per Hermione, perché lei non era capace di fingere, e non voleva che si trovasse ad affrontare Nott. Perché, anche se lei gli aveva spiegato di aver fatto cose molto più pericolose, e aveva anche specificato di aver rischiato molto di più l’ultima volta che si era trovata al Manor, lui aveva paura. Paura che succedesse qualcosa, qualsiasi cosa.
“Possiamo pianificare le cose insieme. Non ti lascerò sola con lui, se è questo il problema. Ti prego.”
Lei alzò uno sguardo perso verso di lui.

 

Il biondo doveva tenere tantissimo alla riccia. Pansy sospirò. Sapeva che se ne sarebbe pentita. Lo sapeva, lo sapeva.
“Farò tutto quello che vuoi. Ti farò i compiti di Pozioni fino alla fine dell’anno” provò ancora lui.
“Lo fai già. Tu passi Pozioni a me, io passo Aritmanzia a te, ricordi?” Draco la guardò un po’ spaesato. Sospirò ancora. “Facciamo che mi devi un grosso favore, ok?”
Draco sorrise. Era un bel sorriso. Non un ghigno, non un sorriso affettato, non un sorriso di circostanza, un sorriso vero. Come quelli che Narcissa gli lanciava di nascosto. Qualcosa le fece male dentro.
Aveva voglia di Ron. Anche lui le sorrideva così. Lui aveva dei sorrisi sinceri. Merlino. Non doveva pensarci. Draco l’abbracciò senza preavviso.
“Grazie. Grazie, davvero.”
Si sentì un orologio battere la mezzanotte. La porta scorrevole si aprì ed entrarono due ragazzi del quinto anno. Si staccarono subito, sentendosi in imbarazzo.
“Ragazzi è tardi cosa fate in giro? Ci avete fatto perdere dei punti?” Uno dei due, un po’ spaventato scosse la testa. Lei annuì e fece loro cenno di andare. “Buonanotte, Draco”.
Ma lui guardava ancora la porta.

 

Draco aveva visto entrare un gufo appena dietro ai ragazzi. Un piccolo gufo grigio che sembrava aver conosciuto momenti migliori. Portava… una scatola? Cos’era quella cosa?
Indicò a Pansy il gufo e lei si voltò. Dovette riconoscerlo. Il gufo volò fino a lei e si posò sul tavolino. Lei tirò fuori la bacchetta e appellò un sacchetto di biscotti per gufi. Gliene diede due e lo guardò volare via. Quando prese la scatola, Draco capì che era un regalo. Merlino! Era il compleanno di Pansy! Se l’era scordato.
“Ehm… Buon compleanno?” La mora si voltò verso di lui.
“Grazie.”
Poi lei si incamminò verso il corridoio. Ehi, dove andava? E cosa c’era nella scatola? Voleva vedere.
“Aspetta! Cos’è?” Lei ghignò
“Nah. Non voglio fartelo sapere.”
Oh. Doveva tornare Serpeverde tutto di un colpo? Lui fece finta di non essere interessato, ma lei non voleva farglielo sapere davvero, infatti riuscì a salutarlo e fuggire via. Merlino. Va beh. Non gli interessava veramente. Davvero.
Continuò a guardare il corridoio, ma lei non tornò.

 

Pansy arrivò in camera di corsa, tirò le cortine del letto e si nascose dentro. Le tremavano le mani. Con la bacchetta insonorizzò le tende e scartò il pacchetto. Il carillon. Era il carrilon babbano dei Weasley.
Lo aprì e dentro, oltre alla ballerina, nella parte dove si mettevano i gioielli, era pieno di fiori. Di viole del pensiero. Di Pansy. Ed erano solo nelle tinte del viola. Il suo colore preferito. Sorrise.
Aveva raccontato al Grifondoro che da bambina raccoglieva solo quelli viola. Non quelli gialli, bianchi o rossi. Solo quelli viola. Aveva pensato a Ron ed era arrivato il carillon.

No. No non pensare una cosa così. Ti fa male. Non pensare.
Girò lo strano pezzo di metallo, fino alla fine. Lo fece partire come aveva fatto lui nel capanno e guardò il carrilon. La ballerina girava su se stessa in mezzo ai fiori. Era bellissima. E non si inceppò. Non fece quel rumore strano, solamente finì di suonare e si fermò. Sorrise per tutto il tempo.
Un regalo. Le aveva fatto un regalo. Per il suo compleanno? L’idiota del ministero aveva detto quando era nata. Che lui avesse ascoltato? Notò un biglietto fra i fiori. Lo prese mentre faceva ripartire la musica e lo aprì.

 

Sono riuscito ad aggiustare quest’arnese e

vorrei che lo tenessi tu, se vuoi.

Fra i fiori ci sono diciannove viole del pensiero che, nei prossimi diciannove giorni torneranno a essere dolci di mielandia, uno per ogni giorno, uno per ogni anno. E se ti verrà voglia di dessert… sai dove trovarmi.

(vorrei poter scrivere di aver fatto tutto da solo la parte dei fiori, ma non è vero… purtroppo sono ancora un imbranato)

Buon compleanno principessa delle stelle

R.W.

 

La ballerina finì di nuovo il suo giro. Pansy guardò incantata il biglietto. Non avrebbe dovuto essere così. Non così gentile. Non così carino.
Uscì dal letto e prese pergamena, piuma e inchiostro. Scrisse appena una parola, incantò la pergamena che si piegò e volò via. Si mise la camicia da notte, si infilò sotto le coperte sorridendo e fece ripartire il carrilon.

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