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Autore: ONLYKORINE    02/08/2018    2 recensioni
È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano fatti per stare insieme. E Harry e Ginny? Ce la faranno a iniziare (e mantenere) la loro storia?
Hinny e un po' di Dramione...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ritorno a Hogwarts e one shot'
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44. Hermione ha un'altra crisi

Hermione ha un’altra crisi

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Le ragazze stavano aspettando Daphne e Pansy da più di mezz’ora.
Camille si avvicinò a Ginny che chiacchierava con Millicent vicino al tavolo adibito ai beveraggi.
“Ginny, secondo te c’è da preoccuparsi?” Ginny, che aveva appena assaggiato un liquore babbano, si girò verso di lei.
“Io non mi preoccuperei, Camille, quando si fanno le feste a sorpresa, può succedere qualche imprevisto. Non preoccuparti”. Poi si girò verso la Serpeverde castana e le allungò il bicchiere. “Bulstrode, fammi sentire anche quello lì, quello celeste. Come hai detto che si chiama?” Millicent sorrise e versò.
Camille non l’aveva mai vista sorridere. E non l’aveva mai vista essere gentile con qualcuno. Qualcuno di loro.
Guardò verso la porta, ma ancora niente. Da quando Pansy era rimasta al Ministero, Camille si preoccupava spesso. Per la prima volta, sentiva quanto fosse importante avere vicino sua sorella per non sentirsi sola.
“Però mangiaci dietro qualcosa, Weasley, l’ultima cosa che vogliamo è tuo fratello in preda al panico nei sotterranei.”
Camille si girò alla voce di Millicent e sorrise. Oh, Weasley. Forse Pansy era con lui. Forse…
Un piccolo gufo di pergamena arrivò e svolazzò davanti a Camille. Lo prese e si distese. Forse Daphne aveva bisogno d’aiuto. Lesse velocemente il biglietto.
“Arrivano!” Alzò un po’ la voce. Tutte le ragazze si alzarono da dov’erano e aspettarono di vedere la porta aprirsi.

 

Pansy seguiva Daphne che stava andando da Millicent. Quando era tornata in camera, le aveva chiesto aiuto e lei aveva accettato di seguirla. Cosa poteva essere successo? Quando girarono in uno dei corridoi dei sotterranei, trovandosi davanti a una porta strana, non fece domande. Quando aprì la porta, dentro era tutto buio, ma non chiese niente. Quando entrò, seguendo l’amica, venne investita da un: ‘Sorpresa’ gridato da una manciata di ragazze e la stanza venne illuminata da centinaia di fuochi d’artificio in miniatura.
Una festa a sorpresa? C’era cascata. Sorrise, guardando le ragazze, tutte le ragazze. Oh, c’era anche Millicent. E anche la Granger. E tutte e due avevano ancora i capelli in testa. Santo Salazar.

 

Hermione si stava divertendo. Non lo avrebbe mai detto. Era una bella festa. Le ragazze erano rilassate e la musica si godeva. Ginny chiacchierava con Astoria, la Bulstrode e Daphne e tutte e quattro ridevano. Si guardò intorno e individuò Pansy seduta su una poltrona che fumava.
Si avvicinò e le disse: “Allora buon compleanno”. Lei alzò lo sguardo sulla riccia e sorrise.
“Grazie, Hermione. Merlino, faccio fatica a chiamarti per nome.”
Hermione si sedette su una delle poltrone vicine a lei e sorrise.
“Grazie per la lozione”. Lei annuì e le guardò i capelli.
“Sono molto meglio, adesso”. Aspirò dalla sigaretta. “Immagino di doverti ringraziare per le viole del pensiero”.
Lei arrossì. “Io non…”

 

Pansy rise. Non voleva prendersi il merito? Molto Grifondoro.
“Me l’ha scritto lui di non aver fatto tutto da solo.”
La riccia spalancò gli occhi. “Oh, ma perché l’ha fatto?”
“Perché siete dei Grifondoro tremendamente orgogliosi della verità.”
“Quindi… hai mangiato la cioccorana, stasera?”
Lei tirò una boccata e quando buttò fuori il fumo, sorrise.
“Ne ho mangiata metà.”

 

Perché metà? Mentre pensava a cosa volesse dire, lei parlò ancora.
“Così, glielo hai detto tu, cosa dirmi ieri?” Hermione corrugò la fronte. Cosa le aveva detto Ron?
“In che senso?”
“Oh, tutte quelle cose… sul fatto del nome o sul… dessert…” La riccia non capiva di cosa stesse parlando.
“Ron ci ha detto di esserci rimasto male quando tu hai riniziato a chiamarlo per cognome e gli ho detto di dirti che gli fa piacere quando lo chiami per nome. Perché? Che ti ha detto?”
Pansy sgranò gli occhi e poi liquidò la sua domanda dondolando la mano con cui reggeva la sigaretta. Cocco. Il fumo arrivò fino alle sue narici. “E invece cosa intendi con ‘dessert’?” Pansy scrollò ancora le spalle per liquidare la questione
“Perché diciannove dolci?” Hermione sorrise.
“Lui diceva che se tu avessi mangiato un dolcetto al giorno, forse ti sarebbe passata la tua fobia per i dolci e avresti iniziato a pensare a lui invece che a tua madre quando li mangiavi.”
Pansy sgranò gli occhi. “Oh… È un pensiero molto…”
“…dolce” finì per lei la Grifondoro, ridacchiando.
“A proposito di mia madre: la Adams mi ha scritto.”
Spense la sigaretta.

 

“Lo so. Ha scritto anche a me.”
Oh. Quella megera. “E cosa ti ha scritto?” chiese Pansy.
“Voleva dirmi che tu non le rispondevi”
“E tu le hai risposto?” La Grifondoro annuì.
“Le ho scritto che avrai avuto sicuramente degli ottimi motivi.”
La mora si trovò a sorridere senza volere. “Le ho risposto oggi. Ci ho pensato. Se invece di venire via subito, avessi lasciato che mia madre finisse il suo discorso, ora saprei da chi mi devo guardare. È così snervante, oggi mi sono guardata intorno dubitando di tutti”.
“Nessun sospetto?” Pansy scosse la testa.
“Non saprei veramente di chi sospettare. Non siete tanti a sapere di… Weasley” Hermione si fece più vicina e sussurrò: “Hai pensato che potrebbe essere stata… Camille? Magari le ha scritto di nascosto perché le mancava… e magari si è lasciata sfuggire un po’ di cose… Magari non c’entra con chi la vuole aiutare”. La mora scosse ancora la testa.
“Ci ho pensato anch’io. Vuoi che alla Adams fosse sfuggita non una, ma due corrispondenze? Sarebbe strano. E poi, a parte il fatto che Camille dice di non averlo fatto e io le credo, mia madre pensava che Camille fosse in Francia, a Beauxbatons. Le ho detto io che era a Hogwarts.”

 

Hermione si mise più dritta e si fece attenta. “Quindi chi comunica con lei non sa che Camille è sua figlia?” Pansy si bloccò e la guardò con la bocca aperta.

 

Merlino. Non ci aveva pensato. Chi era che sapeva di lei ma non di Camille? Quasi tutta la scuola. E chi era che non sapeva di Camille ma sapeva di Ron? Pansy si girò quando vide Camille avanzare verso di loro e decise di non dire niente. Non doveva farla preoccupare.
Sua sorella sorrideva in maniera ebete e le porgeva un pacchetto. “Spero di farti piangere, adesso!”
La mora più grande alzò un sopracciglio. “Se è un sogno brevettato a occhi aperti…”
Camille scoppiò in una risata, mentre lei prendeva il pacchetto. “Noooo! È meglio. Molto meglio. Però ti ho preso un regalo anche al Tiri Vispi!” E strizzò un occhio. Pansy guardò il pacchetto incuriosita e si fece altre mille domande sulla sorella. Camille si avvicinò a Ginny e si sedette vicino a lei. La rossa si voltò verso la piccola Serpeverde e le sorrise.
“Dai, aprilo. Non sei curiosa?” Hermione si sedette sul bracciolo della sua poltrona. “Oh. Beh, un po’ sì.”
Lanciò uno sguardo alla sorella che la guardava con un sorriso affettuoso. Guardò il pacchetto. Era stoffa. Seta. Seta lilla. E il fiocco invece di un bel prugna. Erano belli insieme. Lo aveva fatto lei. Sciolse il fiocco e aprì i lembi della stoffa: l’anello di nonna Parkinson le cadde sul grembo. L’unico gioiello della famiglia di suo padre che aveva. L’unico che sua madre le avesse dato. Pansy spalancò la bocca.
“Ma come…” Alzò lo sguardo sulla sorella, che le sorrideva ancora.

 

Camille era contenta. Pansy era rimasta di stucco. Si era voltata verso di lei, con la bocca aperta e i suoi occhi avevano brillato.
Quando aveva riportato lo sguardo sull’anello, gli occhi le si erano riempiti di lacrime davvero. L’aveva preso, l’aveva guardato da tutte le parti, rigirandolo e alla fine aveva sospirato.
Si alzò per andarle vicino.

 

Hermione non capiva molto. Sua sorella le aveva regalato un anello? Era un anello favoloso, a dir la verità, ma non riusciva a vederci il nesso. La pietra centrale era viola, come era viola anche il pacchetto in cui era avvolto (come erano viola i fiori che le aveva fatto trasfiguarare Ron). Lei arrivava fino a lì.
Poi Camille si alzò e si sedette sull’altro bracciolo. Si rivolse alla sorella e disse: “Sei sorpresa, vero?”
“Pensavo di non rivederlo più.”
Guardandola bene, la Serpeverde aveva le lacrime agli occhi. “Perché?” le chiese.
La Serpeverde sospirò, rigirando l’anello davanti agli occhi. “Ho impegnato l’anello dopo il processo. Ma quando sono andata a riprendermelo il mago dietro al bancone non ha rispettato il patto. L’ho pagato quanto voleva e ti assicuro di averlo pagato molto di più di quanto mi aveva dato lui. Ma non me l’ha restituito. Le ultime volte che ci sono andata mi sono rifiutata di dargli altri soldi e lui non mi ha ridato l’anello”.
Il suo tono si era affievolito. Era inaudito! “Ma non si può fare!” esclamò infatti. Le altre ragazze si girarono verso di loro, ascoltando la conversazione. Pansy alzò le spalle.
“L’ultima volta che ci sono andata, quando siamo andate al San Mungo, ricordi?” disse, rivolta verso la sorella, che annuì tristemente e si rivoltò verso la Grifondoro. “Ho minacciato di denunciarlo e lui disse che faceva parte di una cosa chiamata ‘Ordine della Fenice’, che era un’intoccabile al ministero e che non avrei ottenuto niente”. Alzò le spalle.
“Quel figlio di buona strega di Mundungus!” Ginny si era alzata in piedi. “È l’unico che
sbandiererebbe in quella maniera l’Ordine della Fenice!” Anche Hermione annuì.
La Greengrass disse: “L’anello di tua nonna, Pansy? Strano che tu non abbia fatto saltare il banco dei pegni!”
“Ci ho pensato. Ma non potevo farlo, stavolta.”
Camille chiese: “Perché?”
La serpeverede alzò lo sguardo su di lei. “Avevo la tua tutela sulla parola. Siamo figlie di Mangiamorte. Avevo paura che facendo una cazzata ti avrebbero rispedito in Francia”.

 

A sposare Dumont. Quello non lo disse, ma Camille lo capì bene. Le strinse la mano e vennero anche a lei le lacrime agli occhi. Annuì senza dire niente.

 

Ginny si avvicinò e chiese di vedere l’anello. Pansy glielo allungò. Lei lo guardò: era bello. Era sbrilluccicoso. Non ne capiva molto di più. C’era una pietra viola in mezzo a dei petali di metallo con brillantini. La Greengrass si avvicinò e le spiegò: “È un’ametista dell’Uruguay. Il suo colore viola scuro le è stato donato da Bacco che si era innamorato di una ninfa che non lo contraccambiava e lei si fece trasformare in cristallo per non giacere con lui. Così lui, arrabbiato, le versò addosso il vino rosso. E ora la pietra è di questo colore qui”.
Ginny la guardò incuriosita e sorpresa. “Il vino?”
“Sì, Bacco il dio del vino, le ha dato il colore e il potere di non far ubriacare chi portasse questa pietra.”
“Oh!” Che leggenda intrigante.
“Beh, quella parte non funziona, comunque”. Pansy sorrise. Anche la bionda.
“Giusto. Ho visto Pansy ubriaca anche con quell’anello al dito”. Tutte e due ridacchiarono.
“Camille, come hai fatto a fartelo ridare?” La rossa la guardò, mentre glielo chiedeva, continuando ad accarezzare l’anello.
Lei scrollò le spalle. “Non l’ho fatto io. C’è andato tuo fratello”.
Ginny si voltò verso Hermione, che alzò le spalle scuotendo la testa.

 

Pansy aveva capito che c’era andato lui. Anche se ancora non aveva capito quando. Il tempo che lei aveva passato davanti alla porta del Tiri Vispi, non era sufficiente, e poi se Camille non c’era andata… Allora quando era successo? Non chiese niente.
“E perché non glielo ha dato lui?” Millicent aveva allungato il collo.
“Non ha voluto”. Camille alzò ancora le spalle. Poi si voltò verso Hermione e chiese: “Granger, che vuol dire quando un ragazzo babbano ti dice ‘mi dai il tuo numero’?”
Ginny si alzò e rispose: “Lo so anch’io! Lo so anch’io! È quando ci prova con te!” E ridacchiò, allungando l’anello a Pansy.
Camille spalancò gli occhi e si voltò verso la sorella. “Ci stava provando con me! Ecco perché mi hai portato via!”
Pansy sorrise, infilando l’anello al dito della mano destra, dove l’aveva sempre portato.

 

Hermione vide la Serpeverde sorridere. “Sì”.
“E perché l’hai fatto?” Pansy scrollò le spalle.
“Era un idiota.”
“Beh, era un idiota molto carino!”
Lei alzò le spalle. “Un idiota resta sempre un idiota. Carino o meno”. La piccola sbuffò rumorosamente. A Hermione ricordava molto Ginny qualche anno prima.
Poi Camille continuò, raccontando ad Astoria: “Aveva i capelli cortissimi e gli occhi blu, dei jeans che sembravano consumati e degli stivali rigidi, una maglietta bianca e una camicia a scacchi legata in vita… oh aveva un gran bel sedere, Astoria! E poi delle braccia…”
Camille mimava tutto quello che raccontava e la giovane Greengrass ridacchiò. “La prossima volta vengo anch’io. Anzi le hai chiesto…” Si avvicinò alla piccola Serpeverde e sussurrò qualcosa, ma le ragazze abbassarono il tono e Hermione non capì più nulla.
“Comunque era molto più carino quello che ci ha provato con Pansy!” Camille alzò la voce e Daphne si voltò verso l’amica. “Non me lo hai detto!”
“Era un altro idiota”. La mora alzò le spalle.
“Oh, Pansy è molto riservata. Qui bisogna farsi raccontare tutto da Camille, giusto?” Ginny si era avvicinata alla moretta e aveva ghignato verso Pansy.

 

Camille annuì e continuò: “Beh, a dir la verità non c’è altro. Pansy mi ha trascinato via. Ha detto loro che eravamo impegnate”. Guardò la sorella sorridendo mentre lei sbuffava.
“Pansy! Una volta dicevi impegnative!” Daphne ridacchiò. Lei scosse le spalle.
“Ti assicuro che non avrebbero capito e l’avrebbero presa come un invito.”

 

Ginny vide la Bulstrode guardare le altre ragazze con uno sguardo strano. Pansy e la Greengrass erano amiche da tanto, ma probabilmente non avevano condiviso con lei tutte quelle esperienze.
“Bulstrode, mi fai assaggiare ancora qualcosa di babbano?” chiese, alzandosi in piedi. L’altra la guardò sorpresa e annuì, avvicinandosi al tavolo con le bottiglie. La Bulstrode fece comparire del ghiaccio e poi le chiese cosa volesse.
“Quello lì, che cos’è?” chiese, indicando una bottiglia a caso. La Serpeverde fu gentile, mentre spiegava. E la vide lanciare qualche sguardo alla mora ancora seduta in poltrona che rideva di qualcosa che raccontava la bionda.
“Tuo fratello è stato gentile. Pansy ci tiene, a quell’anello”. Ginny la guardò e alzò le spalle.
“Io non sapevo niente.”
La Serpeverde sorrise. “Brutto essere fratelli piccoli, vero?”
La rossa alzò un sopracciglio. “Hai fratelli?”
Lei annuì. “Due: una sorella più grande di me, e purtroppo molto più bella, e un fratello più piccolo”. Alzò le spalle. Non sembrava propriamente felice.
Ginny bevve un sorso dal bicchiere “È buono. Sei brava”. La Serpeverde sorrise sorpresa.
“Oh, grazie.”
Poi si riavvicinarono insieme al gruppetto e la Serpeverde disse: “Pansy qual era il Weasley di cui girava voce in sala comune al quarto anno?” La rossa strabuzzò gli occhi e si girò verso le altre.
“Me lo ricordo! Ridacchiavano tutte quelle dell’ultimo anno! E sono girate un sacco di lozioni e di filtri d’amore, in quel periodo. Chi era?” chiese anche Daphne.
Uno dei suoi fratelli famoso nella casa più libertina? Era curiosissima. Pansy scosse le spalle e, mentre beveva, guardò Ginny.
“Quello dei draghi. È venuto per la coppa Tremaghi. Come si chiama, Ginny? Charlie?” Charlie? Suo fratello Charlie? Il suo fratellone?
“Charlie?” disse un po’ spaesata guardando Hermione che rideva divertita, con una mano davanti alla bocca.
“Charlie! Sì, è lui! Ti ricordi, cosa raccontavano? Oh, Millicent, me l’ero scordato! Ginny, è quello sposato?” Daphne ridacchiava diventando rossa.
O per Godric! Scosse la testa. “No, Charlie è in Romania, non è sposato. Non pensavo neanche che fosse così interessato alle ragazze…”
Pansy sorrise. “Oh, erano le ragazze interessate a lui. Giravano un sacco di voci su quanto fosse bravo”. E ammiccò. Merlino!
Ginny spalancò la bocca. Non doveva sapere queste cose! Non voleva. Non sarebbe più riuscita a guardare suo fratello. Nascose la faccia fra le mani e disse: “Ho bisogno di bere ancora”. Tutte le ragazze risero. Oh, che cattive.

 

La festa finì relativamente presto, in fin dei conti era un venerdì e il giorno dopo non c’era scuola.
Le Serpeverde si incamminarono verso la loro sala comune e salutarono le Grifondoro che avrebbero dovuto attraversare tutto il castello per raggiungere la torre.
Hermione aveva portato il mantello di Harry. Lei pensava sempre a tutto. “Niente Malfoy, stasera?” le chiese Ginny e la riccia scosse il capo quel tanto che il mantello glielo permetteva.
“C’è la partita di quidditch, domani.”
“E quindi?”
“Prima di una partita importante non è il caso di…” Ginny rise forte.
“Oh, per Godric! Te l’ha detto lui?”

 

Hermione diede uno scrollone a Ginny. Cosa aveva portato il mantello a fare se si faceva beccare comunque? La sua risata risuonò per tutto il corridoio del terzo piano. Ma lei continuò a ridere.
“Ma te l’ha detto lui?”
“Cosa?”
“Di non fare sesso prima di una partita!” Hermione spalancò gli occhi.
“Shh…. Abbassa la voce!”
“Non ci credo. Pensavo fosse un tipo a posto e invece… una mezzacalzetta!” Ginny non smetteva di sghignazzare.
“Smettila!” sussurrò Hermione. Doveva aver bevuto troppo. “Comunque no. Ho insistito io”. E sentì le guance andare a fuoco. Non le piaceva parlare di cose intime. Erano fatti suoi.
E poi lei e Draco non avevano ancora finito la discussione su Nott. Ne avevano parlato ma non avevano concluso. E nel pomeriggio era successa quella cosa… Ginny dovette capire che lei era in imbarazzo perché smise di ridere e le sorrise.
“Scusa, Hermione. Ma avreste potuto. Io e Harry…”
“Non voglio sapere cosa fate tu e Harry!” La rossa rise ancora.
“No? Perché?”
“Perché poi mi chiederesti di raccontarti di me e di Draco!”
Ginny fece una faccia inorridita. “Non lo farei mai. Sarebbe come chiedere a Pansy di lei e Ron”. Scosse le spalle rabbrividendo, pensando a Charlie. Hermione ridacchiò.
“Bene. Allora siamo d’accordo.”

 

Ginny ghignò. “Però forse… Potresti dirmi…”
“Assolutamente no!” Ginny ridacchiò ancora.
Com’era divertente prendere in giro Hermione. Entrarono dal quadro della signora grassa e si tolsero il mantello.

 

Hermione si incamminò verso la scala a chiocciola del dormitorio femminile e si voltò quando vide che Ginny non la seguiva.
“Ginny, andiamo a letto.”
 Ma Ginny non aveva intenzione di seguirla. “No. Io non ho una partita domani”.
E le strizzò un occhio, salendo le scale del dormitorio maschile. Hermione si bloccò. A volte avrebbe voluto avere la sua sfrontatezza.
Si avvicinò alla scala e Ginny le disse: “Non mi farai cambiare idea”.

 

Hermione si era avvicinata alla scala. Ginny lo sapeva che lei pensava fosse sbagliato. Ma insomma! Invece la riccia sorrise e le allungò il mantello
“Almeno non fatevi beccare.”
Oh. Non se lo aspettava. “Grazie…” E la guardò salire la scala. Sentì una voce dal corridoio delle camere maschili e indossò il mantello.
Poco dopo entrava silenziosamente nella camera del settimo anno.

 

***

 

Draco stava da Dio.
Come non lo era mai stato. La partita di Quidditch era durata appena due ore e mezzo, quell’anno i Tassorosso non erano particolarmente forti, rispetto agli altri anni.
Aveva passato il pomeriggio alla festa nei sotterranei con Hermione, non avevano più parlato di Nott dal giorno prima e ora erano nell’aula di divinazione. Quella sera aveva visto la Cooman abbastanza alticcia e quindi sapeva che non sarebbe mai riuscita a tornare nella torre. Potevano rimanere lì fino al mattino.
Era sdraiato sulla pancia, sul morbido tappeto davanti al camino con solo i boxer addosso. Hemione era a cavalcioni su di lui e gli massaggiava la schiena.
“Potrei abituarmi a tutto questo.”

 

La riccia sorrise. Si chinò a baciargli il collo.
“Anch’io”. Le sue mani correvano sulla sua pelle bianca come dotate di volontà propria. Avevano fatto l’amore. Sospirò. Ne aveva bisogno. Il giorno prima si era seduta vicino a Nott in biblioteca e, con la scusa di un altro libro, aveva cercato di chiacchierare con lui. Era stato difficilissimo. Sapeva di essere brava in un sacco di cose, ma sapeva bene di non essere in grado di fingere. Non bene.
Aveva una paura enorme di farsi beccare. Non sapeva bene cosa dire, o come dirlo, o come comportarsi. Forse aveva sbagliato ad accettare l’incarico di Kingsley ma ormai non poteva più tirarsi indietro. Aveva pensato a tutte le strategie che avrebbe potuto usare. Pozioni, incantesimi, ma non era riuscita a intavolare un piano degno di questo nome. E sì che gli anni indietro, c’era sempre riuscita. Aveva perso il suo smalto? Di solito riusciva a fare tutto quello che si prefiggeva. Ma stavolta… Sospirò ancora.
“A cosa pensi?” le chiese Draco.
“Oh, niente di che” rispose.
E invece pensava alla conversazione che aveva avuto con il moro Serpeverde. Non aveva raccontato a Draco di essere andata in biblioteca e di aver passato il pomeriggio con lui. Ed era abbastanza sicura che nessuno li avesse visti, erano a un tavolo riparato dagli alti scaffali, vicino alla finestra che dava sulle serre. Non ci andava mai nessuno. Anche lei era stata sorpresa di aver trovato Nott proprio lì. Lui aveva raccontato un po’ di cose, mentre faceva i compiti. Ok, un sacco di cose. Era stato un po’ spocchioso (un bel po’) nel raccontare di ragazze e aneddoti accaduti in passato e lei, che sapeva come stavano veramente le cose, aveva dovuto fingere interesse e ammirazione. Ed era stato difficile.
Poi lui aveva accennato a Draco. Aveva usato parole tipo famiglia facoltosa, purosangue, nobile casata. Aveva anche detto che lei era molto fortuna a stare con il biondo. Aveva elogiato Draco e la sua famiglia in una maniera stucchevole ed egregiamente fastidiosa. Alla fine, lei si era sentita quasi male. Lui doveva aver pensato che non si sentisse bene per qualcos’altro, perché le aveva appoggiato una mano sul braccio e chiesto se stesse bene con sguardo preoccupato.
Quando era uscita dalla biblioteca (e non aveva neanche fatto i compiti!) aveva la testa indolenzita e il braccio, dove lui aveva appoggiato la mano, le formicolava come non aveva mai fatto. Aveva dovuto combattere contro se stessa e contro la crisi che avrebbe avuto sicuramente se non avesse incontrato Ginny in sala comune. Lei l’aveva aiutata ma era riuscita a farla passare senza che Ginny capisse quanto fosse grave. Non aveva neanche preso la pozione. E la sera aveva partecipato con le Serpeverde al compleanno nei sotterranei. Era tutto passato.
Ma la preoccupava la prossima volta che lo avrebbe visto. Doveva trovare la maniera per condurre lei la conversazione. E magari per farsi dire quello che voleva sapere e non doverlo vedere più. Passò le mani sul collo del ragazzo biondo sotto le sue gambe e sospirò.

 

Draco velocemente si girò, tenendola ferma perché non cadesse, per poterla guardare. Lei era stupenda. Indossava la sua camicia. Le stava larga sulle spalle e lunga sulle gambe. Le accarezzò una coscia. Aveva voglia di fare ancora l’amore. Sorrise. La sua Hermione. Si tirò su per sedersi e lei ridacchiò mentre cadeva indietro stretta nel suo braccio. La baciò. Ma lei aveva la testa altrove.
“Tutto ok?” le chiese.
“Certo. Perché?” Lei aveva alzato un sopracciglio.
“Bo… mi sembrava… niente”. La ribaciò. Ma lei era ancora via con i pensieri. Poi la riccia sorrise e lui si tranquillizzò: era tornata.
“Cosa facciamo per le vacanze di primavera?”
Lei si immobilizzò. “Come?”
“Le vacanze di primavera… verrai da me?”

 

Hermione sgranò gli occhi. Andare da lui? Da Narcissa? Ebbe un brivido. Pensò al Manor, ma poi si ricordò che lui aveva detto che sua madre abitava da un’altra parte e probabilmente anche lui. Ma continuò a pensare al Manor. A Lucius. A Narcissa. A Bellatrix. La sua mente iniziò a vagare da sola.
Le tornò in mente quello che aveva detto Nott sulla famiglia di Draco. I pensieri si mischiarono ai ricordi del Manor ed Hermione iniziò a sentire le fitte alla testa che preannunciavano le crisi. Cercò di sorridere e di rispondere qualcosa a Draco per allontanare le brutte cose ma le parole di Nott le tornarono in mente.
Draco dovette capire che qualcosa non andava, perché le chiese per altre due volte se andasse tutto bene. E dovette essere sincera quando capì di non riuscire a dominare la crisi da sola.
Quando iniziò a farle male anche il petto, non riuscì a impedire che le lacrime iniziassero a scorrerle sulle guance.

 

Draco aveva intuito della crisi. Quello che non aveva capito era perché fosse successo. Lui le aveva chiesto di passare le vacanze insieme e lei era crollata. Come mai? Lui le portava brutti pensieri?
“Hermione… ma cosa… perché?” Lei aveva gli occhi vacui e disse qualcosa ma talmente sottovoce che lui non capì. “Come?” Non sapeva cosa fare. Non era più successo.
L’abbracciò stretta. Avrebbe dovuto aiutarla. Le accarezzò la testa e si inginocchiò accanto a lei per abbracciarla meglio. Lei mormorò alcune parole ma lui non le capì tutte. “Narcissa… Manor…” Draco non capiva ancora perché avesse avuto una crisi così forte.
“Hai la pozione?” Lei scosse la testa.
“Non l’ho più fatta. Io… non ne avevo bisogno.”
“Perché hai la crisi? Lo sai?” Se lei fosse riuscita a rendersi conto di cosa l’avesse fatta star male sarebbe stato più facile. Perché neanche lui aveva la pozione. L’aveva data a Pansy per andare ad Azkaban e poi si era scordato di farsela ridare.
Hermione scosse la testa. Ma disse ancora qualche parola. L’unica che lui capì, questa volta fu: “Nott”. Si irrigidì. Aveva visto Nott? Gli aveva parlato? Cosa era successo? Non aveva preso qualcosa che le aveva dato lui, giusto? Lei sapeva, giusto? Ci stava attenta? Ci era riuscita? Si sentì spaesato, ma cercò di mantenere la calma.
“Nott?”
“L’ho visto in biblioteca, ieri. Mi ha raccontato di te… della tua famiglia…”
Pianse ancora. Le accarezzò i capelli.
“Non preoccuparti di Nott, ok? Non ce n’è più bisogno.”

 

Hermione faceva fatica a seguirlo. Le fitte alla testa erano potentissime, il braccio le faceva un male infernale e quando lo spasmo al petto la pietrificava non riusciva a non piangere.
Perché non doveva preoccuparsi di Nott? Draco continuò ad accarezzarle i capelli e a tenerla stretta.
“Ho chiesto a Pansy di occuparsi lei di Nott. Scoprirà lei quello che devi sapere, non preoccuparti.”
CHE COSA? Hermione si staccò velocemente da lui, cercando di guardarlo in faccia. “Cosa hai fatto? Perché?”
Draco sorrise. “Perché per lei non è un problema. Conosce Nott da tanto e sa come prenderlo. Farà prima. Così tu non devi stare con lui”.
Hermione spalancò gli occhi: Draco pensava che lei non ci sarebbe riuscita! Che avrebbe avuto bisogno di Pansy. Forse era vero. Lei non ci sarebbe mai riuscita.
Una fitta fortissima al petto e non riuscì più a respirare. Dovette gridare perché vide lo sguardo del ragazzo farsi preoccupato. Poi non si ricordò più niente.

 

Draco non voleva lasciarla da sola e quando perse conoscenza e poi si risvegliò per svenire ancora, si preoccupò. Aveva paura di fare una cazzata, ma scrisse all’unica persona che poteva aiutarlo.

 

***

 

“Non vorrei lamentarmi…” iniziò Ron mettendo in bocca la sua metà del rospo alla menta. Pansy si avvicinò di più a lui.
“Allora non farlo.”
Lei gli baciò il petto. Ok. Non avrebbe detto niente. Erano in una stanza rotonda piena di roba di scuola. Lei era riuscita a spostare tutto per far comparire il materasso e Ron era sdraiato sulla schiena, tenendosi stretto la Serpeverde.
Pansy era andata da lui il giorno prima, con la cioccorana in mano e uno strano sorriso in faccia. Aveva parlato di dessert, esattamente come ne aveva parlato lui il giorno prima. Gli aveva detto che avrebbero dovuto dividere tutti i dolci che avrebbe trovato nel carillon. Merlino, se lo avesse saputo, avrebbe chiesto a Hermione di incantarne molti di più. E quella sera, lei si era presentata con il rospo alla menta e l’aveva chiamato per nome. Più volte.
Un piccolo gufo di pergamena si infilò sotto la porta e volò verso di loro. Pansy lo guardò arrivare.
“Merlino!”

 

“Cosa c’è?” Pansy aveva riconosciuto il gufo: era Draco.
Si allungò ad afferrarlo tenendosi il lenzuolo al petto. Non si era ancora rivestita. Avrebbe dovuto andarsene subito dopo, ma non c’era riuscita. Era rimasta vicino a lui. Quando il gufo si distese lo lesse e si alzò in piedi, portando via il lenzuolo anche al rosso.
“Ehi. Tutto a posto?”
“È Draco” disse e iniziò a rivestirsi.

 

Come, come, come? Malfoy scriveva un biglietto e lei correva da lui? Che stava succedendo? Ron si girò in cerca dei boxer e si rivestì anche lui.
“Quindi? Devi correre da lui?” Lei gli lanciò una brutta occhiata mentre si infilava il maglioncino. Gli allungò il biglietto.

 

Siamo nell’aula di divinazione.

Lei sta male. Riesci a portami la pozione?

 

Non era firmato.
“Come fai a sapere che è Malfoy?”
Lei scosse le spalle. “Da come era piegata la pergamena. E comunque quella è la sua scrittura. Penso che Hermione abbia una crisi”.
Si voltò alla ricerca della gonna e se la infilò quando riuscì a trovarla. Lo stesso fece con le calze. Lui capì che doveva fare presto se…
“Vengo anch’io.” Lei annuì distrattamente. “Non metterti le scarpe”.
Pansy si voltò verso di lui e, finalmente, gli prestò la giusta attenzione. “Perché?”
“Fanno troppo rumore. Usiamo il mantello” disse indicandolo.

 

“Beh, nei sotterranei le scarpe non fanno rumore” disse Pansy, stizzita.
“Quando facciamo la ronda, soprattutto ai piani alti, si sente eccome. E poi non riusciresti a fare presto.”
Ehi, ma con chi pensava di avere a che fare? Aveva sempre corso, con qualsiasi tipo di scarpe. Era anche saltata sui tavoli, la settimana prima! Lo ignorò e se le infilò lo stesso. Quando uscirono dalla stanza stavano ancora bisticciando.
Erano sotto il mantello. Lei aveva la borsa dei libri perché aveva raccontato che sarebbe andata in biblioteca dopo la festa e per fortuna che l’aveva, visto che dentro aveva la pozione che serviva a Draco. Ma la borsa continuava a sbattere contro le gambe del Grifondoro che brontolava ogni volta.
“Puoi spostarla dall’altra parte?”
“Puoi spostarti tu dall’altra parte.”
Era ancora nervosa per quello che lui le aveva detto prima. E un po’ era preoccupata per Draco e Hermione.

 

Ron la guardò stranito. Quand’è che lei aveva iniziato a essere così scorbutica e aveva smesso di essere carina? Sbuffò. Non sarebbe riuscito a spostarsi senza alzare il mantello.
Le prese la borsa, se la infilò a tracolla e le appoggiò una mano sul fianco.
“Così va meglio.”
Lei sorrise vittoriosa. Lui lo notò. Sospirò. Ma la strinse verso di sé.
Arrivarono alla torre nord e lui tolse il mantello mentre lei apriva la botola.

 

“Draco? Sono io.”
Appena oltrepassò la botola, Pansy si guardò intorno. Si ricordava a malapena di quel posto. Aveva fatto divinazione al terzo e al quarto anno, ma poi l’aveva abbandonata al quinto. “Sembra un vecchio bordello, qui dentro”.
“Già. Potevamo venire qui. Non ci ho mai pensato. Non ci vengo da più di tre anni”. Il Grifondoro dietro di lei chiuse la botola.
Si girò e gli chiese: “Non fai divinazione?”
Lui spalancò gli occhi inorridito mentre scuoteva la testa. “Non ho passato i G.U.F.O., ma non mi è dispiaciuto, la Cooman predisse un milione di morti diverse per Harry. Era inquietante”.
Pansy annuì. A lei aveva detto per due anni che vedeva nella sua vita un matrimonio d’amore lungo e felice. Avrebbe dovuto piantarla subito. E invece si era illusa, per due anni. Sospirò. Vide Draco vicino a una poltrona. Era stata spostata vicino al camino. Hermione era raggomitolata sulla poltrona, dannatamente pallida e con gli occhi chiusi.
Si avvicinò. Lei indossava solo la camicia di Draco. Sapeva che era la sua perché le iniziali DLM erano ricamate sul taschino.
E anche perché Draco non aveva la camicia. Lo notava in quel momento.

 

Ron vide Malfoy a petto nudo ed Hermione sulla poltrona. Almeno lui aveva i pantaloni. Pansy si avvicinò alla poltrona e chiese alla riccia se stesse bene.
Le ragazze si scambiarono qualche frase sottovoce poi Pansy gli chiese la pozione che era nella borsa. Lui l’appoggiò a uno dei tavoli e frugò dentro. Aveva notato quanto fosse pesante. Dovette tirare fuori tutto per trovare il boccetto.
Quando glielo allungò rimise via quello che aveva tirato fuori: tre boccetti d’inchiostro, due piume, quattro pergamene, tre libri. Uno non era un libro di scuola. E uno dei boccetti di inchiostro era di quelli che vendevano al Tiri Vispi: era viola.

 

Pansy prese il boccetto di pozione e lo allungò alla Grifondoro.
“Prima mi aiuti a vestirmi?” le chiese Hermione, spostò la coperta e le mostrò le gambe nude.
“Spero che tu abbia la biancheria addosso, però”. Hermione sorrise e annuì, ma strizzò gli occhi.
“Ok, facciamo presto.”
Girò la poltrona in maniera che i ragazzi non la vedessero. Draco brontolò. Lei lo guardò malissimo e lui stette zitto.

 

Draco si offese quando lei girò la poltrona. Per Salazar, aveva visto Hermione nuda un sacco di volte! Ma effettivamente c’era anche il Grifondoro vicino a lui, quindi si calmò. Ma quando gli lanciò un’occhiata di nascosto, notò che lui si era girato verso la parete.
Nobili Grifondoro, pensò sprezzante.

 

Ron si sentiva in imbarazzo: loro erano svestiti. Poteva immaginare quello che avevano fatto, l’aveva appena fatto anche lui, ma non sapeva come comportarsi. Quando Hermione aveva spostato la coperta, si era girato senza rendersene conto. Come se fosse stata sua sorella.

 

Pansy aveva aiutato la ragazza a vestirsi e le aveva fatto bere la pozione.
“Cos’è successo?”
“Troppe cose. Ho parlato con Nott ieri…” La Serpeverde si ritrovò ad annuire.
“Ti ha detto qualcosa che ti ha fatto dubitare di te?”

 

Hermione spalancò gli occhi. “Io… sì. Ma non è stata sua intenzione. Lui ha parlato tanto di Draco. Ha parlato di quanto la sua famiglia sia nobile, del fatto che lui sia l’unione di due famiglie di purosangue… Io ho pensato…”
Ma Pansy la fermò. “Ogni cosa che ti dice, è sua intenzione. L’ha fatto apposta. Ti inganna, ti fa credere di non avere altro, ti circuisce. Ha capito qual è il tuo punto debole”. Pansy sospirò lanciando un’occhiata a Draco. “Merlino, ti avevo detto di stare attenta. Sa della cicatrice? Delle crisi?”
Hermione spalancò gli occhi. “Spero di no!”
Pansy annuì. “Vedi di non dirglielo. E non fargli vedere il braccio. Ok?”

 

Pansy aveva visto la cicatrice quando l’aveva aiutata a togliersi la camicia di Draco e a indossare i suoi vestiti. Non ci sarebbe riuscita, qualunque cosa dovesse fare con Nott, quella ragazza aveva troppa fiducia nel genere umano.
“Cosa devi scoprire su Nott? Qualcosa su suo padre?”
Lei si irrigidì. “So che Draco ti ha chiesto di farlo al posto mio, ma non voglio”.
Pansy si innervosì come quando parlava con la sorella. “Non puoi farlo. Nott ti fa dubitare di te anche senza cicatrici. Non puoi reggere questo. Ti distrugge. Io… lo so bene“ si lasciò sfuggire, così, per evitare spiegazioni, disse ancora: “Tu sei fatta per altre cose”.
“Io?”
“Certo. Ti ho visto con i ragazzini. Potresti essere facilmente un’insegnante. Sai spiegare bene le cose e sai organizzare tutto. Hai una memoria eccezionale (e molto fastidiosa) e sai fare incantesimi che qui ci sogniamo e basta. E in più sei troppo buona” le spiegò. Si scoprì a pensare veramente quello che disse. Lei era veramente brava.
“Ho affrontato anche maghi malvagi. Non è la prima volta che faccio…” Pansy sbuffò non riusciva a capire perché Shacklebolt le avesse dato un compito simile. Sarebbe stata più utile in altre cose.
“Non sto dicendo che non sei capace. Ma Nott è subdolo. Ti gira intorno finché non cadi.”
“E tu lo sai, perché…”
“Io lo conosco. E molto bene”. Fin troppo bene. Così tanto bene da stargli alla larga.
“E dici che tu lo puoi fare meglio…”
“Dico che io non avrei nessuna difficoltà a spingermi oltre per ottenere quello che serve. Se serve a fare presto” mentì. Il suo sguardo spaziò in giro perché non riusciva più a guardarla. Ma aveva promesso a Draco che ci avrebbe almeno provato.

 

Hermione spalancò la bocca. Oh. A questo non aveva pensato.
Lei non voleva fare niente con Nott. Non voleva neanche che la toccasse. Ma sicuramente Kingsley non voleva che lei si spingesse fino a quel punto. O sì?
Le fitte alla testa ripresero. Però non voleva che lo facesse neanche Pansy. Davvero non aveva problemi a fare quello che aveva detto? Ma non aveva paura di Nott? E poi, Ron? Erano entrati insieme dalla botola. Stavano insieme?
Pansy si alzò velocemente e sparì alla sua vista.

 

Ron vide Pansy parlare con Hermione ma loro parlavano troppo piano per capire quello che si dicevano. Dalla sua faccia, capì che neanche il biondo sentiva.
Poi Pansy fece quell’espressione. Lui la conosceva bene. Troppo bene. E si spaventò.

No. Non farlo. Non con Hermione. No.
Si avvicinò mentre lei si alzava in piedi e li raggiungeva. Lo oltrepassò e Ron si girò a vedere dove andasse: Pansy allungò la camicia a Malfoy e gli disse qualcosa a bassa voce.
Lui non riusciva a vederla bene. Si avvicinò a Hermione e le chiese: “Cosa vi siete dette?” Lei scosse le spalle. “Ti ha mentito”.

 

Hermione strizzò gli occhi. La Serpeverde le aveva mentito? Quando? Su che cosa? Sulle belle cose che aveva detto di lei? E come faceva a saperlo Ron? Maledizione, non era lucida. Hermione cercò di concentrarsi.
“Se non sai cosa ci siamo dette, perché dici che ha mentito?”
“Ho visto la sua faccia. La conosco. L’ultima cosa che ti ha detto, era una bugia.”
Oh. “E le altre?” Lui alzò le spalle.
“Sono sicuro solo dell’ultima. Non vi osservavo da tanto”. Involontariamente, Hermione, sorrise. L’ultima cosa che Pansy le aveva detto era una bugia: quella su Nott. Iniziava anche a capire perché lo avesse detto.
“Non pensavo che potesse mentirti… mi spiace…” Ron abbassò lo sguardo. Hermione si alzò e si girò verso i Serpeverde. Forse…
“Ok. Hai ragione” disse, ad alta voce.
Draco si stava allacciando i bottoni della camicia. Alzò lo sguardo su di lei quando parlò. Anche Pansy si girò.
Certo che potevano stare un po’ più lontani…

 

Ron guardò Hermione stranito. Si era ammattita? Cosa diceva?
“Ho ragione?” vide Pansy guardare Hermione con il suo stesso sguardo.
“Sì, hai ragione.”
Ma… Forse non aveva capito. “Ma ti ho appena detto che ti ha mentito!”
“Mentito?” Malfoy si girò verso la compagna di casa e ora era il suo turno di essere sorpreso.
“Sì. Perché hai mentito a Hermione?” Ron guardava la Serpeverde. Si sentiva tradito. Aveva mentito alla sua migliore amica! Perché? Voleva ingannarla?

 

Pansy non riuscì a reggere il suo sguardo. Era deluso. Come nell’aula di pozioni. Dannazione.
“Hai origliato la nostra conversazione?” gli chiese. Lui lo sapeva, quello che pensava di Nott.
“No” rispose il rosso.
Draco si voltò verso di lei. “Da qui non si sentiva”.
Lei sospirò. Non aveva sentito. Però lui sembrava arrabbiatissimo lo stesso. Chissà allora come faceva a saperlo. Perché lei aveva mentito. Mentito spudoratamente. Non sarebbe neanche riuscita a rimanere vicino a Nott a una breve distanza, figurarsi farci qualcosa di più. Ma lui aveva solo parlato con Hermione e lei aveva avuto una crisi. Cosa sarebbe successo se avesse capito le sue intenzioni?
Aveva una voglia matta di farla pagare a Nott. Per Camille e ora anche per Hermione. Forse avrebbe vendicato anche se stessa.
“Non ho mentito”
“Bugiarda! Lo stai facendo anche adesso! Pensi che non sappia leggerti in faccia?” Lui aveva alzato le braccia e aveva imprecato forte. Tanto che la Grifondoro lo aveva ripreso.
“Ronald!”

 

Hermione non voleva che litigassero. Tantomeno per lei.
“Sì, Ron. Lei mi ha mentito. Per fortuna”. I ragazzi si voltarono nella sua direzione. Così la riccia prese la mano alla Serpeverde, che aveva iniziato a tremare.
“Digli cosa mi hai detto, così capirà.”
La mora scosse la testa. Alzò la testa e guardò Ron.
“Mi basta quello che ha detto lui.”

 

Ron sentì lo sguardo della mora trapassargli il cervello, i polmoni e raggiungere il cuore. Gli bloccò il respiro.
“Lui pensa che voglio ingannarti.”
Panzy si era voltata verso Hermione, adesso.
“Lo volevi fare” disse, poi Hermione si voltò verso Ron e prese anche la sua mano. “Voleva farmi credere una cosa brutta. Grazie per avermi detto che era una bugia.”
Come? Ora non capiva più niente.
“Io vado”. La Serpeverde si staccò da Hermione e si diresse verso la botola.
Poi la riccia disse ad alta voce: “Devo scoprire dov’è il padre di Nott e se loro sono in contatto”.
“Avevo immaginato qualcosa di simile”. Si voltò verso Draco, alzò le spalle e disse: “Mi spiace”.
A Ron lanciò uno sguardo carico di tristezza. E si chinò per aprire la botola.

 

Hermione si agitò. Non pensava sarebbe andata così. No, no, no. Perché le cose non seguivano i suoi piani?
“Aspetta!” Pansy si voltò. “Dicevo: hai ragione. Sicuramente sei più brava di me”.
“Io non ho detto…”
“In questo caso. Solo in questo caso” ci tenne a precisare. La Serpeverde sorrise divertita. Ma almeno si fermò.
“Lo possiamo fare insieme” propose allora.
“Possiamo farlo tutti” disse Draco.
Hermione annuì.
Draco si voltò verso l’amica. “Che dici?” Anche Pansy annuì.
“Si può fare. Guarda cosa non ti sei inventato per non essere in debito con me, Draco!” La mora sorrise sorniona.
“Sarò in debito con te lo stesso.”

 

 

Ron guardava i ragazzi senza capire.
“Sarò in debito con te anch’io” disse Hermione. Ma Pansy scosse la testa.
“Oh no. Se riusciamo in questa cosa, saremo pari. Sei venuta a tirarmi fuori dalle grinfie di sua cognata” disse, indicandolo con la testa.
Com’è che tutti pensavano che lui non contasse niente? Era come se non fosse lì davvero. E cos’era successo con… sua cognata? Fleur? Sentì Hermione dire: “Andata”, e avvicinarsi alla Serpeverde mentre si davano la mano.
Ok, che cazzo stava succedendo?
“Mia cognata chi?” Oh per Godric che domanda stupida!

 

Pansy lo guardò alzando un sopracciglio. Hermione si girò verso di lui. “La fidanzata di Percy ha interrogato Pansy quando è andata ad Azkaban. L’ha fatto… non proprio legalmente”.
Ron spalancò gli occhi. “Il veritaserum?” Tutte e due le ragazze annuirono. “E su cosa hai mentito adesso?” Ron la guardò con occhi severi. Oh, Merlino. Alzò le spalle.
“Voleva farmi credere di non aver problemi ad andare a letto con Nott.”
Pansy guardò la riccia con sguardo tradito. “Ehi!”
“Su, dai. Non c’è niente di male. Ci hai provato, grazie mille. Ma lui se n’è accorto. Sei fortunata. Era peggio se lui ci avesse creduto come stavo per fare io.”
La mora voltò lo sguardo verso il rosso, che la guardava preoccupato e le si avvicinò. “Perché hai detto una cosa del genere?” Aveva parlato sottovoce.
“Nott ha parlato con lei e ha avuto una crisi. Volevo convincerla a lasciar perdere”. Il rosso si avvicinò ancora e l’abbracciò.
“Scusa se ho dubitato di te”. Lei si sciolse dall’abbraccio.
“Lo farai ancora.”
“No.”
“Sì. Sono una Serpeverde, ricordi? Tutti dubiteranno di me. Non sono neanche riuscita a venir via dal Ministero perché dubitavano di me…”
“Io non lo farò.”
“Non fare promesse che non puoi mantenere, Weasley.”
“Mettimi alla prova, Parkinson”. Lei sbuffò e si staccò da lui.
“Quindi? Che facciamo?” disse rivolta verso gli altri.
"Potreste iniziare a spiegare da ciò che successo martedì" propose Draco.
Oh, va bene.

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***Ecco il nuovo capitolo! Buona lettura! 😘
   
 
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