Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: ONLYKORINE    04/08/2018    3 recensioni
È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano fatti per stare insieme. E Harry e Ginny? Ce la faranno a iniziare (e mantenere) la loro storia?
Hinny e un po' di Dramione...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ritorno a Hogwarts e one shot'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Appuntamenti, anelli e dichiarazioni

-

-

 

“Sabato andiamo a Hogsmeade.”
Nott si era seduto vicino alla Parkinson in biblioteca. Lei alzò la testa dalla pergamena e lo guardò. “Spero non per un appuntamento romantico!”
Dopo lunedì, quando lui si era svegliato nell’aula di pozioni in piena notte, l’aveva avvicinata più volte, ma lei non era molto propensa a farsi vedere con lui.
Il giorno dopo era stata ricoverata in infermeria (gli aveva detto di essersi sentita male dopo il liquore bevuto con lui lunedì sera) e poi aveva avuto le sue cose. Ma quanto durava alle ragazze? Sbuffò. Non aveva il coraggio di dirle che non si ricordava niente di quella sera (che quel famoso liquore avesse fatto danni anche a lui?), nonostante lei gli avesse lasciato un biglietto smielenso ma in cui diceva anche che preferiva che non si facessero vedere troppo in giro per non creare sospetti sui loro genitori. Lui non ci aveva neanche pensato.
Così si era avvicinato e quella proposta assurda gli era uscita da sola. Lei stava succhiando un bastoncino di liquirizia. Non aveva capito più niente. Perché non riusciva a togliersela dalla testa? Merlino.
“No, non per un appuntamento romantico. Vieni a parlare con mio padre.”
Lo decise sul momento. Forse poteva essergli utile.
“Cosa?”

 

Quando Nott aveva nominato suo padre, aveva dovuto fare uno sforzo per non esultare. Aveva continuato a succhiare quello stupido bastoncino e gli aveva chiesto che intenzioni avesse. Lui aveva alzato le spalle e si era guardato intorno.
“Vieni, andiamo via”. L’aveva presa per mano e trascinata a forza fuori dalla biblioteca. Non sapeva dove stessero andando. E non aveva idea di cosa fare.
Nel corridoio incontrarono Ron che parlava con una ragazzina di Corvonero. Ma lui era girato e non li avrebbe visti passare. Non sapeva chi fosse la ragazzina, ma ringraziò che fossero proprio lì, in quel corridoio.
“Aspetta, Nott.”
Rallentarono quando passarono dietro il rosso e la ragazzina e lei alzò la voce: “Ehi, Weasley, le rimorchi sempre più piccole? Cos’è la prossima volta passi direttamente dall’asilo?”
Lui si voltò sgranando gli occhi. Lei sperò che capisse.

 

Quando quella ragazzina si era avvicinata mentre passava dal corridoio, Ron non aveva capito che lei lo stesse aspettando, ma poi lo confessò.
“Mio fratello… mi ha chiesto di darti questo”, gli allungò una pergamena arrotolata e mentre l’apriva vide un disegno fatto con i pastelli.
C’era lui disegnato con un ciospo di capelli arancioni e il nome sulla maglietta che volava con la bacchetta spianata, lanciando maledizioni su una folla di omini dai tratti indicibili, tutti neri (immaginò che fossero i mangiamorte).
La ragazzina era molto imbarazzata, così lui cercò di metterla a suo agio sorridendo. “Grazie mille, sei la sorella di Jake?” Lei annuì.
Com’è che si chiamava? Cercò di ricordarsi quello che la signora mora aveva raccontato al tiri vispi durante le vacanze natalizie. Ma proprio non si ricordava… All’improvviso sentì una voce alle sue spalle che lo denigrava.
“Ehi, Weasley, le rimorchi sempre più piccole? Cos’è la prossima volta passi direttamente dall’asilo?”
Ron riconobbe la voce di Pansy e si voltò. Lei e Nott stavano andando da qualche parte. Notò che lui la stava trascinando per un polso. Oh. Aveva voluto attirare la sua attenzione.
“Sì, Parkinson, preferisco le cose usate poco.”
Merlino. Cosa aveva detto. Però doveva essere stata la cosa giusta da dire, perché Nott si mise a ridere e la guardò ghignando. Lei aveva abbassato lo sguardo, ma quando il Serpeverde aveva ripreso a guardare avanti a sé, gli aveva lanciato un sorriso. “Scusami, devo andare via. Ringrazia tuo fratello da parte mia, ok?” La ragazzina lo aveva guardato con uno sguardo strano e lui era corso dietro ai due Serpeverde.

 

Il ragazzo la portò al sesto piano, nel bagno in disuso. “Cosa facciamo qui?”
Pansy, un po’, era spaventata. Che intenzioni aveva Nott? E quanto poteva reggere la scusa del ciclo per non farsi toccare?
“Qui non c’è nessuno” disse lui. E già. Lo aveva notato.
“Giusto. Andiamo a Hogsmeade, allora?” Lui annuì e si portò la mano fra i capelli. Doveva essere un po’ agitato. Di’ qualcosa di stupido si ordinò. “Ma non voglio andare alla sala da te. Sembreremmo una coppietta e non mi piace. Andiamo da Mielandia?”
Di sicuro lui non sapeva che lei non entrava da Mielandia da anni.

 

Lui la guardò stranito. Ma quale Mielandia! Dovevano andare da suo padre!
“No. Andiamo da mio padre.”
“Oh. E perché? Finché mia madre…”
Lui sbuffò. “Io riesco a parlare con mio padre solo una volta al mese, quando si va a Hogsmeade. Qui i gufi sono controllati”. Certo che era veramente stupida a volte. Aveva delle idee geniali e poi si perdeva in cose così… semplici.

 

Santo Salazar! E ora avrebbe fatto a fargli dire tutto? Pansy pensò a qualcosa di stupido da dire, ancora. Continuava a essere difficile.
“Oh, quindi vai da lui quando possiamo uscire da scuola? E da dove ci si smaterializza? Non ci ho mai provato. Basta essere fuori da scuola? Tipo al cartello di Hogwarts o più in là?” Nott sbuffò. Doveva trovarla noiosa o stupida. Sperò tutte e due le cose.
Pansy succhiò ancora il bastoncino, tirandolo fuori dalla bocca. Lo sguardo di lui era incatenato alle sue labbra. Doveva stare attenta. Non doveva osare troppo o se lo sarebbe trovato addosso.
“Non c’è bisogno di smaterializzarsi. Mio padre, Prichard e Vaisey sono alla stamberga strillante. Io una volta al mese porto loro soldi e altre cose. Questa volta verrai con me, così vedremo cosa vuole fare con te.”
Oh. Ok. Era giovedì. Avevano due giorni per organizzare la cosa. Lei alzò le spalle e disse: “Va bene. Facciamo come vuoi tu”.

 

Certo che avrebbero fatto come voleva lui!
Nott si avvicinò a lei che succhiava ancora quel bastoncino. Oh, Merlino. Avanzò di un passo e lei ne fece uno indietro. Bene: gli piaceva così. A volte lei aveva quell’atteggiamento strafottente ma a lui piaceva rimetterla in riga. Doveva portarla da suo padre. Era lui che decideva le cose. Aveva deciso tutto lui, per la fuga da Azkaban e per il trasferimento sull’isola. Non sapeva bene cosa doveva fare con la ragazza. Avrebbe lasciato scegliere al padre e agli altri.
Fece un altro passo e lei si ritrovò con le spalle al muro. Ghignò. Adesso basta: l’avrebbe presa.
Un forte frastuono arrivò dall’alto: il fantasma di Nick-quasi-senza-testa irruppe nel bagno urlando e tirandosi dietro una Mirtilla Malcontenta molto agitata. Fecero un gran fracasso e la Parkinson urlò quando il fantasma le passò attraverso. Mirtilla ridacchiò e volò fra i due.

 

Pansy capì che non doveva lasciarsi sfuggire l’occasione. Quando sentì il gelo mentre il fantasma le passava il petto, urlò (ma non dovette sforzarsi tanto) e quando arrivò anche il fantasma di Mirtilla riuscì a scappare dal bagno.
Corse a perdifiato per le scale e si intrufolò nella stanza dei trofei. Raggiunse la colonna con la coppa Tremaghi, ci girò intorno e si sedette per terra per riprendere fiato.
Quando dopo mezz’ora entrò il Grifondoro, non si era ancora alzata.

 

***

 

Ginny stava andando verso la sala comune nella torre prima di cena, quando venne trascinata a forza dentro una stanza. Si guardò intorno prima di urlare. Ma riconobbe la stanza delle necessità di quando la frequentava con Hermione e Malfoy. Infatti fu Malfoy a parlarle.
“Piccola Weasley”. Lui l’aveva trascinata dentro di corsa e lei aveva faticato a capire cosa stesse succedendo.
“Malfoy” disse incuriosita, ma senza dargli soddisfazione.
Lui si portò una mano fra i capelli. “Non posso chiedere a Pansy, in questa situazione, così…” Si avvicinò al tavolo rotondo e prese una scatolina, poi si rigirò verso di lei e si avvicinò. Quando capì cosa contenesse la scatola, Ginny sorrise. Poi ghignò.
“Oh, Malfoy, non penso che tu sia il mio tipo…” Lui le gettò un’occhiataccia mentre lei ridacchiava. Ma poi la sua risata si fermò, quando lui aprì la scatola. “Per la barba di Merlino!” E si portò una mano alla bocca.

 

Draco sorrise: la reazione della teppistella gli fece capire di averci beccato. A casa avevano tantissimi gioielli appartenuti alla nonna della nonna della nonna (e così via), ma niente gli sembrava adatto a Hermione. Gli anelli erano tutti vistosi, con diamanti e pietre preziose troppo grosse, gli erano sembrati quasi pacchiani, in confronto a lei.
Così aveva cercato e sguinzagliato gli elfi, che gli avevano portato cataloghi e fotografie, aveva scritto a orafi e gioiellerie, finché non aveva trovato quell’anello.

 

Ginny guardò Malfoy e disse, prima di toccare la scatola: “Quindi hai intenzioni serie?”
Annuì. “Non ho intenzione di perderla, non adesso che so cosa vuol dire stare con lei. Lei è la mia scelta giusta”. Oh, che carino.
Annuì. “Posso?”
“Sì. Ma non infilartelo: costa troppo per il tuo dito.”
Lei gli fece una boccaccia. Lo tirò fuori e lo guardò alla luce della lanterna. Brillava ancora di più. Era un cerchietto d’oro bianco, immaginò, perché non era giallo e Malfoy non era certo un tipo da argento. Era sottile, con dieci piccoli brillantini (diamanti? Non osò chiedere, ma immaginò che lo fossero) in fila, lungo la circonferenza. Solo uno smeraldo, leggermente più grande dei diamanti, dal taglio originale, troneggiava in mezzo, sporgeva e faceva capire di essere il protagonista dell’anello. Era bellissimo. Dannazione, Malfoy aveva buon gusto! E l’anello era come Hermione: semplice, prezioso e brillante.
Lo infilò per fargli un dispetto e quando cercò di sfilarlo fece una brutta smorfia. “Per Godric, Malfoy si è incastrato. È troppo stretto!”
Il ragazzo spalancò gli occhi spaventato. “Cosa?” Ma Ginny non riuscì ad andare avanti e si mise a ridere.
“Dai, stavo scherzando. Ma la tua faccia è spassosissima, a volte.”
Gli porse l’anello e lui sorrise. “Complimenti, è perfetto per Hermione. Quando glielo darai?”
Lui perse il sorriso e strabuzzò gli occhi.

 

Darglielo? Oh. Giusto doveva darglielo. Aveva passato così tanto tempo a cercare l’anello che gli era sfuggito quel piccolo particolare. Però prima le volle chiedere la cosa più importante.
“Dici... che va bene? Il fatto che la pietra sia verde e non… rossa? Ho visto i rubini, ma non mi ha colpito niente…”
“Andrà benissimo, non preoccuparti. A lei piacerà perché l’hai scelto tu.”
“Quindi non è troppo… piccolo?” La piccola Weasley scosse il capo.
“Mi sembra adatto. Hai pensato a lei mentre lo sceglievi. Si vede.”
Lui annuì. Era quello che voleva. “Allora devo solo trovare la maniera giusta per darglielo. Secondo te, va bene se aspetto che la storia di Nott sia finita?” Lei annuì.
“Immagino che sia meglio, sì.”
“Mi aiuterai?” Aveva dovuto prendere tutto il coraggio che aveva in corpo per fare quella domanda, ma per fortuna lei non fece battutine.
“Certo”, andò verso la porta ma prima di uscire, si voltò. “Logicamente, sappi che se la farai soffrire, io farò soffrire te, ok?”
Lui annuì: si aspettava una cosa del genere. Era stupito che lei non glielo avesse detto prima. “Non ho intenzione di farla soffrire”.
Annuì anche lei e uscì. Bene. La prima parte era riuscito a svolgerla: trovare l’anello giusto. Ora doveva solo pensare a come darglielo. Sospirò. Lo preoccupavano meno i M.A.G.O.

 

***

 

Hermione e Harry erano al Ministero quel sabato. Erano ancora su di giri: era la prima volta che partecipavano a un’operazione degli Auror. Ed era andata magnificamente. Avevano catturato tre mangiamorte ricercati, arrestato Nott e sventato un tentativo di fuga da Azkaban, anche se ufficialmente non era venuta fuori, la storia dell’evasione.
Hermione aveva portato Draco dalla Adams il giorno dopo aver visto i pensieri di Nott ed erano rimasti tutto il pomeriggio a guardare le foto segnaletiche. Draco aveva trovato il terzo mangiamorte che non conosceva e la Adams era riuscita a fare un controllo incrociato su tutti e quattro i detenuti. Era venuto fuori che una delle guardie era sotto un Imperius di magia avanzata e faceva entrare le pergamene ad Azkaban senza controllo.
Dopo aver scoperto che il padre di Nott fosse a Hogsmeade, alla Stamberga Strillante, lei e Harry avevano suggerito a Kingsley di sistemare il passaggio segreto sotto al platano picchiatore ed erano riusciti, il sabato dell’uscita, a stanarli passando da lì.
Pansy aveva insistito per accompagnare Nott, voleva a tutti i costi che facessero irruzione quel sabato, perché fosse arrestato anche lui. Hermione aveva elaborato un piano veramente geniale (aveva detto Harry) e insieme lo avevano spiegato agli Auror che li avrebbero seguiti nell’operazione.
Harry aveva guidato gli Auror per il passaggio segreto, mentre Hermione si era unita al gruppo che era entrato dal villaggio. Era stato un successo.

 

Hermione sorrise quando ripensò a Pansy che gridava isterica, quando si erano trovate faccia a faccia: “Nott, per Salazar, l’hai detto alla puttana di Malfoy? Ma ti sei rincretinito? Volevi portartela a letto?”
Nott aveva fatto una faccia sorpresa e stranita e aveva scosso la testa. Ma la Serpeverde era stata brava: gli altri avevano creduto a lei. Uno aveva anche tentato di colpire Nott, ma un Auror glielo aveva impedito. Avevano portato via senza bacchetta anche lei, per non destare sospetti.
Hermione aveva osservato la mora per tutto il tempo, dal suo nascondiglio. Era stata brava, aveva portato del cibo per i rifugiati e loro avevano apprezzato tantissimo e così se li era comprati. Più tardi Pansy le avrebbe detto che Ron una volta aveva nominato le leggi di Gamp sulla trasfigurazione e sul fatto di non poter far apparire dal nulla il cibo. Una cosa che Ron aveva imparato da Hermione.
Così la Serpeverde aveva pensato che delle persone che si nascondono avrebbero fatto fatica a cibarsi e che sarebbero stati affamati e il cibo sarebbe stato più apprezzato dei soldi, nell’immediato (cosa a cui non aveva pensato Nott). E aveva voluto gettare la colpa su di lui, così che non ci fossero problemi in futuro. Ora erano in attesa che si finissero di scrivere le pergamene e che Pansy uscisse dall’ufficio di Kingsley.

 

Ron arrivò insieme ad Arthur. Harry gli fece un cenno con il capo, ma lui non lo notò. Quella mattina il rosso gli aveva confessato che sarebbe stato difficile per lui starsene lì ad aspettare, mentre loro facevano il resto. Ma a lui non interessava essere un Auror. Forse ora stava cambiando idea? Guardò Arthur due o tre volte, prima che lui si girasse verso Harry.
Gli sorrise nervosamente. Doveva farlo. Poteva farlo. L’avrebbe fatto. Si alzò. Lo stava facendo.
“Arthur, posso parlarle?” Tutti si voltarono verso di lui.
“Certo, ragazzo”, si guardò a destra e a sinistra e si alzò. “Andiamo nel mio ufficio?”
Harry annuì e lo seguì quando fece strada.

 

Ron guardò Hermione incuriosito e lei ricambiò lo stesso sguardo. Alzò le spalle e scosse la testa. Tutti e due seguirono con lo sguardo Harry e suo padre che si allontanavo per il corridoio.
Quando la porta dell’ufficio di Kingsley si aprì uscirono due Auror, la fidanzata di Percy, Pansy e Kingsley. Ron si alzò e abbracciò Pansy prima di rendersene conto. Lei ricambiò il suo abbraccio e si rilassò.
Kinsley fu il primo a parlare: “È andato tutto bene, ragazzi. Siete stati magnifici. Tutti”. E si voltò verso Pansy. Lei annuì.

 

Pansy era imbarazzata. Era andato tutto bene, no? Non c’era bisogno di fare tante smancerie. Era il caso di tornare a scuola, da Camille.
Quella mattina l’aveva trattata malissimo per non andare a Hogsmeade insieme e ora doveva scusarsi. Ma prima… “Posso parlarti?” Si era rivolta alla riccia. Lei aveva sollevato un sopracciglio, ma aveva annuito.

Quando si erano infilate in uno degli uffici, Hermione l’aveva guardata stranita e aveva aspettato che parlasse. Sospirò. “Perché glielo hai detto?”
“Cosa? A chi?” Pansy sbuffò. Estrasse la bacchetta e insonorizzò la stanza.
“Alla Adams. Le hai detto… di lui”. Con la testa indicò la porta. Intendeva Ron?
Hermione non capiva. Lei le aveva detto di dirle di Ron .
“Ma… Tu mi hai detto di dirglielo. Di dire che tua madre sapeva…”
La Serpeverde la interruppe: “Sì, ma mica dovevi spifferarle tutto! Era già tanto dover dire che frequentavo qualcuno, perché le hai detto che era lui? Bastava che spiegassi i fatti, non che specificassi chi fosse il ragazzo in questione!”
Hermione ancora non comprendeva. “Ma scusa… perché non avrei dovuto…”
“Perché non volevo che lo sapesse nessuno! Tantomeno lei!”

 

Pansy non si rese conto di aver urlato.
Quella stronza bionda aveva ridacchiato quando le aveva detto che lo sapeva. E sempre ridacchiando le aveva chiesto se sarebbero diventate parenti. Era stato difficile non risponderle. E stare zitta non era proprio da lei. La Adams aveva chiacchierato ancora da sola, ridacchiando mentre sistemava le cose e scriveva la pergamena. Era andata da lei perché il ministro le aveva dato un permesso speciale per portare Camille ad Azkaban e quando erano rimaste sole, la Adams si era divertita. Era il suo turno, effettivamente, ma era stato imbarazzante. E deprimente. Ma lei era stata brava. Non aveva detto niente.
Poi Hermione alzò le spalle. “Allora dovevi essere più precisa. Io non ci ho visto niente di male!”
Niente di male? “Niente di male? Granger! La Adams! Quella stronza ha fatto battutine per venti minuti, mentre prendevo gli accordi per la visita di Camille!” Neanche si accorse di averla chiamata per cognome, nella foga del momento.
Hermione inclinò la testa. “Anche tu non sei stata carinissima con lei”.
“Mi aveva dato il veritaserum!” Pansy sbuffò ancora.
“Sì, ma ancora non ti aveva chiesto niente. L’hai detto tu che potevi stare zitta.”
Sorrise innocentemente falsa. Oh, sempre più Serpeverde. Complimenti, Hermione!. Sbuffò.
“Ok. Mi sono divertita” ammise Pansy.
“Allora si è divertita anche lei, ora siete pari.”
“E se non lo fossimo?”

 

Come? Hermione non aveva capito la domanda. “In che senso?”
“Se la Adams… dicesse qualcosa a lui?” La riccia alzò le spalle.
A Ron? E cosa poteva dirgli? “Cosa dovrebbe dirgli?”

 

Pansy rise nervosamente. La stava prendendo in giro?
“Guardami. Ti ricordi di me? E adesso, pensa a lui. Che figura ci fa a farsi vedere con me? “ Hermione aveva la fronte corrugata. Non capiva. “Secondo te cosa pensano le persone che ci vedono insieme?” Lei alzò le spalle, ma la sua espressione non cambiò.
“Non lo so.”
Ok. Doveva spiegarlo meglio. “Te lo dico io, cosa pensano. Vedono me, che l’unica cosa che avevo prima della battaglia era il mio nome e una cattiva reputazione, e vedono lui, che ha salvato il mondo magico”.
“Si potrebbe dire la stessa cosa di me e Draco.”
Battè un piede per terra per il nervosismo. “Nessuno pensa che Draco ti stia ingannando. Che si stia approfittando di te. È vero, suo padre è ad Azkaban, ma lui non ha perso tutto quello che aveva, ha ancora un buon nome e una famiglia. Nessuno penserà mai che non ti ami o che si stia attaccando a te per venire fuori dal fango”, fece un lungo sospiro per riprendere fiato ma poi la voce le tremò comunqe quando continuò: “Ma potrebbero pensarlo di noi”.

 

Hermione non riusciva a crederci. Non aveva mai pensato che qualcuno la potesse vedere così, effettivamente. Ma…
“Pensavo che non ti importasse di quello che pensa la gente.”
“Quello che pensano di me, non mi interessa. Ma lui… nessuno deve pensar male di Ron. Specialmente la Adams. O quelli del ministero o Shacklebolt o la sua famiglia. Lui è un bravo ragazzo. Nessuno deve cambiare idea su di lui. Non è… giusto”
“Tante cose non sono giuste. E non puoi controllare quello che pensa la gente”. Pansy alzò le spalle.
“Posso fare in maniera di non essere io la causa, però.”

 

“Quindi mi vuoi lasciare?”
Tutte e due le ragazze si girarono verso Ron, che aveva aperto la porta quando non aveva più sentito rumori al suo interno. Non l’avevano chiusa, così era entrato e si era chiuso la porta alle spalle. Loro erano così impegnate che non si erano accorte di lui. Beh, effettivamente nessuno si accorgeva mai di lui.
Pansy aveva uno sguardo strano. Aveva gli occhi lucidi. Sembrava inconsolabile. “Ron…” Lei si morse il labbro.
“Mi vuoi lasciare per non far parlare la gente? Mi sembra una cosa stupida!”
“Non voglio che…”
“E quello che voglio io?” Lei spalancò gli occhi. Ron vide con la coda dell’occhio Hermione che girava intorno a loro e usciva dalla porta. “Parliamo anche di quello che voglio io?” Non si era mai sentito così. Tutti che gli dicevano cosa fare e tutti che decidevano per lui. E lui che non aveva mai ostacolato la cosa.
Lei si mise dritta. “Ah, sì? Sentiamo, cos’è che vuoi tu?” Lui per un attimo non seppe cosa rispondere, non si era preparato in anticipo. Lui voleva… Oh, Merlino, voleva tutto.
“Voglio… Voglio…” balbettò. Vide un’ombra strana passare nel suo sguardo e lei rise nervosamente.
“Non lo sai neanche te, quello che vuoi…” No, per Godric!
“Io lo so cosa voglio: voglio te. Tutti i giorni, tutti le notti. Del resto non mi importa.”
“Non è così che funziona.”
“No?”
“No. Non basta voler qualcosa perché vada tutto come si vuole.”
“E invece sì.”
“NO!” Lei sbatté il piede per terra, come prima. “Non basta. Pensi che non piacerebbe anche a me? Averti sempre? Sussurrare il tuo nome fra un gemito e l’altro quando ti abbraccio mentre facciamo l’amore?”
Ron sorrise, contento che lei si fosse ricordata le sue parole.
“Oh, ti amo anch’io.”
Lei spalancò gli occhi. “Non ho detto che ti amo!”
“Dovresti. Mi piacerebbe”. Continuò a sorridere.

 

Ma… cosa….
Pansy si appoggiò stancamente alla scrivania e sospirò. Com’era difficile. E lui aveva detto che l’amava. Ma perché glielo aveva detto mentre discutevano? Ron si avvicinò e le appoggiò le mani sui fianchi.
“Non volevo spaventarti” si scusò.
“Non mi hai spaventato” mentì. Lui ridacchiò. Merlino. Diventava Serpeverde più di lei. Ridacchiò anche lei quando lo pensò. Ma poi smise e le lacrime uscirono da sole.
“Dovresti stare con un’altra.”
Lui stette zitto per un po’ e poi le chiese: “E con chi? Con la Simmons?”
“No, la Simmons no. Magari… La Patil? È carina e gentile. Non sarebbe male. Stareste bene.”
“Quale delle due? E poi non saprei distinguerle. Non mi sembra una buona idea. Seamus si è preso una cinquina perché non le ha riconosciute”. Pansy rise e lui si avvicinò un altro po’.
“Oppure?” Come? Voleva altri suggerimenti? Ma lui rideva. La prendeva in giro! Lentamente scivolò per terra e si sedette a gambe incrociate.

 

Ron si sedette davanti a lei e le accarezzò i capelli.
“Voglio stare con te. Non mi interessa nessun’altra.”
“Non mi piace che chi ci guarda pensi che tu stia con me perché ti ho dato di nascosto un filtro d’amore. E che mi stia approfittando di te.”
“Li vendo io, i filtri. Magari pensano che te l’abbia dato io.”
“Non lo faresti mai, sei un Grifondoro”. Lei fece una smorfia.
“Magari l’ho già fatto”. E ammiccò. Lei rise. Anche perché la gente al massimo, avrebbe potuto pensare ‘cosa ci fa una ragazza così bella con quel troll?’
“Hai ragione.”
Per un attimo, Ron, pensò di aver parlato ad alta voce. O che lei fosse riuscita a leggergli i pensieri.
“Ho ragione?” chiese spaesato. Pansy si alzò sulle ginocchia e si avvicinò al suo viso. “Dovrei dirtelo, che ti amo. Perché è vero”. E lo baciò. Esultò e ricambiò il suo bacio.
Quando si staccò, Pansy guardò la porta. “Ma non lo diciamo ancora a nessuno, ok?”

 

Pansy lo vide annuire. “La Adams lo sa” gli disse.
Ron annuì ancora. “A lei penso io”. Lei si sorprese.
“In che senso?” Il ragazzo scosse la testa per liquidare la questione, si alzò e le porse la mano per aiutarla. Quando fu in piedi, le passò le mani dietro la schiena e la tirò verso il suo petto.
“Mi piace, che tu abbia detto che mi ami.”
“Non ci credere, Weasley, devo essere ancora sotto quel filtro d’amore”. Lui sorrise: era veramente bello.
Abbassò gli occhi, come se potesse leggerle dentro. “Ti amo anch’io” disse solamente prima di baciarla.
Poi uscirono dalla stanza.

 

***

 

“Certo che fa ancora freddo!” Ginny si era messa a cavalcioni sulla scopa e cercava di sistemarsi una scarpa prima di prendere il volo. Lidya, vicino a lei, disse che amava il freddo. Ma lei veniva dall’Irlanda del nord, quindi non faceva testo.
“Oh, io no. Non vedo l’ora che arrivi la primavera”. Si sistemò i polsini e partì per svolazzare intorno al campo. Quando uscirono anche i ragazzi, si era un po’ scaldata, ma mica tanto.

 

Harry volò vicino a Ginny, prima di iniziare i giri di campo. Lei aveva le guance rosse per il freddo e, come al solito, era bellissima.
“Hai pensato alle vacanze di primavera?” le chiese. Lei si fermò e lo guardò alzando un sopracciglio.
“Pensato?”
Lui si stranì. “Cioè… io… pensavo…”

 

Ehi, cosa stava succedendo? Ginny volò vicino a Harry e gli chiese: “Cosa c’è? A cosa dovevo pensare?”
Lui spalancò gli occhi. Ma… “No, lascia stare”.
E si fiondò a gran voce verso gli altri. Ginny continuò a girare in tondo, guardando i ragazzi.

 

Ron vide Harry venire verso di lui, vicino ai pali.
“Oh, Harry… Tutto ok?” Il suo tonò cambiò mentre lui si avvicinava. Harry annuì. Ron meccanicamente guardò Ginny. Svolazzava con gli altri cacciatori ma lanciava delle strane occhiate verso di loro.
“Glielo hai chiesto?” Harry scosse il capo. O santo Godric! Il salvatore del mondo magico non riusciva a parlare con la sua ragazza!
“E perché?” Harry girò intorno a lui e formò più volte la traiettoria dell’otto.
“E se mi dice di no? E se non fosse una buona idea?”
Ron sbuffò. “Dai, Harry!” “Davvero. E se a lei non piacesse?” Sbuffò ancora più forte.
“Fai quello che vuoi.”
Alzò le spalle e girò intorno ai pali, gridando a Dean di darsi una mossa.

 

Harry guardò Ron. Sapeva che aveva ragione. Era una buona idea ed era abbastanza convinto che sarebbe piaciuta anche a Ginny, ma… Bo. Si armò di tutto il coraggio che gli era rimasto e volò verso Ginny.
“Ehi, Ginny, fai un giro di campo con me?”
Lei annuì, sempre più incuriosita. Volarono in alto, in maniera di essere lontani dal campo, e da soli.

 

Cosa doveva dirle, Harry? Iniziava ad agitarsi. Aveva capito solo che c’entravano le vacanze di primavera… Un po’ misero come indizio.
Lo guardò mentre lui prestava attenzione davanti a sé. Oh Merlino. Volò dritta verso di lui e si fermò sulla sua traiettoria.
Harry si spaventò: doveva essere sovrappensiero.
“Ginny!” urlò come una tredicenne isterica. La rossa sbuffò.
“Ok, Harry. Dimmi quello che mi devi dire.”
Il ragazzo spalancò gli occhi. “Come fai a sapere…”
“Se mi devi lasciare…”
“NO!” urlò ancora lui. Urlò forte, perché dal campo Lidya e uno dei battitori si girarono verso di loro. Si avvicinò a lei e le prese un braccio.
“Scusa, non volevo essere così… È che devo chiederti una cosa e ho paura che tu pensi sia una brutta idea”. Oh. Quanto brutta?
“Che tipo di cosa?”
“Ti… piacerebbe passare le vacanze con me? Io e te, da soli?” Ginny sentì un sorriso salirle alle labbra. Una vacanza insieme? Lei e Harry? E perché doveva sembrare una brutta idea?
“Sì, sì, mi piacerebbe!” esclamò, invece. Lui sorrise.
“Sicura? Perché sarebbero dieci giorni e noi saremmo… “ Dieci giorni?
“Perché dieci giorni? Le vacanze durano due settimane.”
“Oh, tua madre ha detto che ti vuole a casa qualche giorno, prima di partire e dopo ci sarà la cena dell’ordine.”
La mamma? “E cosa c’entra mia mamma adesso?”
“Ho chiesto prima ai tuoi” disse Harry. No, cioè, lui aveva chiesto ai suoi genitori il permesso di portarla in vacanza? Ma cos’era, il medioevo? Sbuffò, voltandogli le spalle
“Forse è il caso che ne parliamo dopo” urlò verso di lui.
Aveva una gran voglia di buttarlo giù dalla scopa e aveva paura di realizzare la cosa, così si allontanò. Volò fino ai pali e recuperò al volo una pluffa che Ron aveva parato e scartato via. Svolazzò intorno ai pali. Harry faceva ancora i giri di campo. Quando passò più volte vicino a Ron, facendogli voltare la testa più volte, lui si innervosì e le urlò contro qualcosa.
“Mi devo allenare. Il portiere dei Serpeverde è bravo. E tu devi imparare che il pericolo può arrivare da tutte le parti!”

 

Di cosa blaterava sua sorella? E poi, la partita contro i Serpeverde ci sarebbe stata dopo più di un mese. Doveva esserci qualcos’altro. Ron avanzò fuori dalla zona dei pali e riuscì a sfilarle la pluffa prima ancora che riuscisse a lanciarla.
“Cos’hai?” le chiese.
“Niente” gridò lei, andando a recuperarne un’altra.
“E meno male. Pensa se fosse successo qualcosa!” Lei sbuffò. “Hai parlato con Harry?”
“Sì” rispose con un ringhio mentre lanciava la pluffa. Ron fu così sorpreso che non parò il gol.
“E quindi?” Per Godric, a lei non era piaciuta l’idea? E lui che aveva insistito con Harry dicendo che le sarebbe piaciuto… Guardò Harry, ma stava ancora volando per i fatti suoi.
“Tu sei d’accordo con lui? Sul fatto… di mamma e papà?” Oh… cosa doveva rispondere? Sì, gli sembrava una buona idea. Merlino, dovevano prima chiedere a Hermione se fosse una buona idea no! Ma loro erano così sicuri che avrebbe trovato qualcosa che non andasse che non glielo avevano neanche chiesto.
Ora… Ginny fece un altro gol. “Ron, datti una mossa, ti sei rincretinito?” Era arrabbiata. E Ginny arrabbiata era dannatamente competitiva.

 

Stupendo. Anche Ron pensava fosse una buona idea. Chiedere il permesso ai suoi!
Ginny si innervosì così tanto che per poco, durante l’allenamento, non rischiò di far cadere Dean dalla scopa. Quando l’allenamento finì, si fiondò negli spogliatoi femminili. Chiacchierò pochissimo e le altre ragazze la lasciarono cuocere nel suo brodo.
Quando loro uscirono, sentì qualcuno bussare alla porta. Si era già cambiata, così disse: “Avanti”.

 

Harry bussò allo spogliatoio femminile quando vide le due ragazze uscire. Doveva chiarire subito con Ginny, e capire perché fosse così arrabbiata. Quando entrò, lei lo guardò male. E non gli andò incontro.
“Ginny… non ho capito perché tu ti sia arrabbiata…”
“Non hai capito...  tu sei andato dai miei a chiedere per portarmi in vacanza?”
“Sì, perché?”
“Perché non era a loro che dovevi chiedere!”
No? Ma un attimo… “Sì, che dovevo chiederlo a loro! Dovevo prima assicurarmi che la moto fosse a posto e la stava aggiustando tuo padre!”

 

Ginny lo guardò stranita. Oh, la moto? Non aveva chiesto il loro permesso. Aveva chiesto della moto. Che stupida. Scosse la testa sorridendo.
“Non hai chiesto il loro permesso?” Lui aveva un’espressione bellissima mentre scuoteva la testa un po’ confuso. Ridacchiò.
“Scusa, pensavo che tu avessi chiesto il permesso. Mi sono sentita… un oggetto. Cosa vuoi fare con la moto?”
Lui tentennò. “Io pensavo che sarebbe stato carino partire in moto io e te. Sai, la moto di Sirius… come lui e mio padre…” abbassò un attimo lo sguardo e poi la guardò ancora. “Potevamo prendere una strada, magari una strada non troppo trafficata visto che non ho la patente. E farci un giro e vedere le cose che ci sono. Dovrebbero esserci laghi e castelli, sparsi qua e là. So che non si usa tanto fra i maghi, ma i babbani lo fanno…”
“Mi sembra un’idea carina.”
Il suo sorriso si illuminò. “Davvero?” Annuì e lui sospirò. “Pensavo fosse stupido o brutto o scomodo… o non adatto a una ragazza o a una coppia come noi. Sai, pensavo che potremmo volare quando la strada diventerà noiosa e portarci una di quelle tende da campeggiatori magici e…”
Harry era raggiante mentre continuava a raccontare. Beh, alcune idee andavano un po’ limate sui bordi, ma la cosa di per sé era favolosa. Dieci giorni solo per loro. Dieci giorni da soli. Quando alla fine disse: “Così potremmo vedere se riusciamo a sopportarci abbastanza da vivere insieme, che dici?” Ginny urlò e si buttò addosso a lui.
“Possiamo far comparire anche la vasca da bagno, qualche sera?” Lui rise mentre lei gli gettava le braccia al collo.
“Si potrebbe fare.”
Vivere insieme per dieci giorni sarebbe stato bellissimo. O disastroso. In ogni caso era meglio saperlo subito, no?

-

-

-

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: ONLYKORINE