Serie TV > Teen Wolf
Ricorda la storia  |       
Autore: Horror_Vacui    04/08/2018    1 recensioni
Cosa succede quando sei l'uomo sbagliato al momento sbagliatissimo? E se il momento sbagliato è proprio una guerra tra i due gangster più potenti di New York?
Tra intrighi di potere, assassini di professione e debiti da saldare, l'unica cosa che si può fare per sopravvivere è imparare le regole del gioco prima di eliminati.
Dal testo:
"Prese alcune fette di pane e ci spalmò sopra del burro d'arachidi. Lei nel frattempo si era seduta sul bancone e lo osservava incuriosita. Sotto il cardigan indossava dei semplici pantaloncini di cotone e una canottiera sottile. Aveva gambe lunghe e occhi da gatta, profumava di lavanda e biscotti: le pericolosa ragazza della porta accanto."
*Basato sull'omonimo film di Paul McGuigan, conosciuto in Italia con il titolo "Slevin - Patto criminale"*
Genere: Commedia, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Argent, Malia Hale, Nuovo personaggio, Peter Hale, Stiles Stilinski
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«E dire che allora...» una voce al suo fianco lo svegliò.
Era arrivato all'aeroporto con un'ora di anticipo per non rischiare di fare tardi, poi si era appisolato su una delle sedie blu nella sala d'attesa fuori dal gate.
Si voltò alla sua destra e vide un uomo in sedia a rotelle che lo guardava. Portava cappello e impermeabile color cachi, aveva una lunga barba curata, occhi azzurro cielo e un sorrisetto enigmatico a incurvare le labbra sottili.
Cosa gli aveva chiesto? Forse voleva solo sapere l'ora, guardò l'orologio che aveva al polso.
«Le quattro e trentacinque» disse, sperando di liberarsene.
«No, hai capito male. Non ho detto “Mi sai dire l'ora”, ho detto “E dire che allora”».
«E dire che allora?» chiese spazientito. L'altro annuì continuando a sorridere.
«Prendi quello zuccherino di canna lì dietro» indicò una senzatetto che dormiva poco più in là.
«Gran bella fica, no?»
«Cosa? Avrà settant'anni» disse, mentre un senso di inquietudine lo invadeva. Era come se, da qualche parte in quella sala, ci fosse un serpente pronto a morderlo.
«A dir poco. E dire che allora...» ripeté l'uomo.
Aveva perso il sorriso, lo guardava negli occhi con un'intensità tale da metterlo a disagio.
«Non la seguo» sospirò distogliendo lo sguardo.
«Mi chiamo Argent, non vivo da queste parti».
«Senta signor Argent...»
«Solo Argent» lo interruppe brusco. «E mi trovo qui, se vuoi saperlo, per via della mossa Kansas City» spiegò con lo stesso tono piatto. Era come se la sua voce non conoscesse altri colori oltre il grigio.
Forse era un uomo solo che aveva bisogno di scambiare quattro chiacchiere con qualcuno e, se l'avesse ascoltato, magari la Divina Provvidenza sarebbe stata magnanima con lui e glielo avrebbe tolto dai piedi.
«Cos'è la mossa Kansas City?» chiese sospirando per la seconda volta.
«La mossa Kansas City è quando guardano a destra e tu vai a sinistra».
«Non l'ho mai sentita».
«Be', non è che se ne parli tanto. Alla fine colpisce chi non vuol sentire. Questa in particolare è in preparazione da più di vent'anni».
«Vent'anni, eh?»
«Non è una cosa da poco. Richiede una grande programmazione, coinvolge un bel po' di persone. Persone collegate solo da un evento insignificante, una soffiata nella notte in un ambiente che non dimentica, anche se tutti ne avrebbero voglia».
Argent fece una pausa, il suo sguardo si perse in un luogo lontano a lui irraggiungibile, alla ricerca di ricordi che forse credeva dimenticati.
«Inizia tutto con un cavallo. È quella che all'epoca si chiamava “corsa del droghiere”. Un tizio vuole una cosa che un altro definisce sicura e si dà da fare per ottenerla; così chiama Doc, un esperto di Anversa molto bravo a dare la dose giusta al cavallo giusto, ma molto poco discreto. E lo stesso si può dire per la donna di Doc, Gloria. Gloria era troppo miele per un solo alveare ed Abe era tanto vecchio quanto ricco e riconoscente. E lei era disposta a farsi mettere le mani addosso da uno come lui per qualche regalo e feste di lusso, perciò gli rivelò tutti i dettagli della corsa truccata che Doc si era lasciato sfuggire».
«E questo Abe li denunciò?» la storia cominciava ad appassionarlo sul serio.
«No, nient'affatto. Abe non era un ficcanaso, ma aveva un buon naso. E subito sotto il naso aveva la bocca. Raccontò tutto a un amico fidato: corsa truccata ad Aqueduct, numero 7, decima corsa. Peccato non si trovasse nel suo salotto, ma in un club affollato. Lì c'era una farfalla che aveva buone orecchie e che guarda un po' era lo zio di qualcuno. Lui, il nostro uomo».
«Il nostro uomo?»
«Già, lo chiameremo così. Il nostro uomo».
«Lo zio faceva il cameriere proprio nel club frequentato da Abe e caso volle che fosse lì a prendere i bicchieri vuoti proprio mentre Abe vuotava il sacco».
«Una vera fortuna, no? Intendo, per il nostro uomo».
Argent fece schioccare la lingua, senza scomporsi.
«Dipende dai punti di vista, immagino. Il nostro uomo era giovane, ma in fondo non più così tanto, e lavorava sodo. Quanto lavorava. Ed era tanto tanto stanco. Stanco di lavorare senza vivere, stanco di scoprire la mattina che i suoi sogni erano solo sogni, ma soprattutto era stanco di non avere un giardinetto davanti casa. La notizia di quella corsa sicura gli diede la speranza che aspettava da tempo, quella di poter finalmente rivoluzionare la propria vita e quella di suo figlio. Già, non fare quella faccia, il nostro uomo aveva una moglie e un figlio. Un figlio molto sveglio e intelligente, che portò con sé il giorno della corsa ad Aqueduct. Lo lasciò in macchina ad aspettarlo, dandogli il proprio orologio per contare i minuti fino al suo ritorno».
«Perché lasciarlo lì? Voglio dire era una corsa di cavalli, non una bisca clandestina».
«Ci sei andato molto vicino. Un'occasione come quella era irripetibile, quindi scommettere al picchetto sarebbe stato da pazzi: se qualcuno avesse scoperto il trucco gli avrebbero preso ogni cosa, tutti i suoi soldi e tutti i suoi sogni, senza contare che sperava di guadagnare qualcosa in più. Perciò si rivolse a un allibratore sottobanco, di quello che gestiva scommesse non proprio legali, un certo Roth. Lui lo avvisò: quella puntata sarebbe passata ad un altro allibratore, che gestiva gli affari di gente poco raccomandabile, gente con cui era meglio non avere un debito. Se il cavallo avesse perso, il nostro uomo avrebbe dovuto dar loro ventiduemila dollari».
«E il cavallo vinse la corsa?»
«No, certo che no, altrimenti non saremmo qui a parlarne. Il cuore del cavallo numero 7 esplose a metà della gara e il nostro uomo si rese conto che i suoi sogni l'avevano trascinato giù in un incubo».
«Accidenti! E poi cosa accadde?»
«Tornò al parcheggio, sperava di poter risolvere le cose in qualche modo. La sua auto però era sparita e di suo figlio neanche l'ombra. Lo chiamò a gran voce, tanto da attirare su di sé l'attenzione dei lupi che lo stavano aspettando. Ricordi la gente poco raccomandabile di prima?»
«Sì, certo».
«Gliele suonarono di santa ragione, poi gli misero una busta di plastica in testa. Nel mentre altri due sicari si occuparono della moglie e del figlio. Morti, tutti morti».
«Merda. Cazzo! Porca...»
«Merda, cazzo, porca. Esatto».
«Ma io non capisco, perché hanno ucciso la sua famiglia?»
«Una nuova banda. Non volevano farsi fregare subito con una corsa truccata appena arrivati. Una lezione esemplare».
«Wow, cioè... che cazzo di storia assurda».
«Charlie Chaplin partecipò a un concorso per sosia di Charlie Chaplin a Montecarlo e arrivò terzo. Quella è una storia assurda. Questa è tutta un'altra cosa».
Si pentiva di aver pensato male di quell'uomo, in fondo non era tanto terribile ascoltare le sue storie.
«Allora è questa la mossa Kansas City?» chiese ricambiando il sorriso.
«No. È solo il fatto scatenante, il catalizzatore. Questa è una mossa Kansas City» indicò con il braccio qualcosa davanti a sé, lui si girò per vedere a cosa si riferisse: non c'era nulla.
Si rigirò a destra verso Argent, ma la sedia era incredibilmente vuota.
«Loro guardano a destra e tu vai a sinistra».
Prima che se ne rendesse conto aveva il collo spezzato e la vita lasciava per sempre il suo corpo.
Argent lo mise sulla sedia a rotelle, lo coprì con il cappello e il cappotto color cachi e lo portò fuori dall'aeroporto, caricandolo nel retro di un camion.
«Mi dispiace figliolo, ma a volte la vita non è fatta di solo vivere. E poi non si può fare una mossa Kansas City senza un morto».


   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: Horror_Vacui