Vacanze
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Le vacanze
erano una figata pazzesca. Per la prima volta da tanto tempo, Pansy non
si
svegliava in piena notte con gli incubi o la mattina presto con gli
occhi
sbarrati, incapace di riaddormentarsi. E qualche volta, quando si
svegliava, lo
faceva accanto a Ron. Forse era quello il bello delle vacanze.
Aveva
lasciato che Camille andasse alla casa al lago dei Greengrass. Era
stata una
buona idea. Aveva ricevuto una lettera da parte sua dove le raccontava
quello
che avevano fatto in quei giorni. I genitori di Daphne erano
più severi con
Astoria che con la sorella e lei era contenta di come riuscivano a
gestire le
due ragazze.
Lei e Ron si
materializzarono davanti al cancello dei Greengrass; Daphne era rimasta
a casa
e li aveva invitati a pranzo. La casa di Daphne era come se la
ricordava.
Suonarono il campanello e il cancello si aprì lasciandoli
entrare. Pansy fece
strada e si girò a sorridere al rosso, mentre gli teneva la
mano. Quando entrarono
nella porta d’ingresso, un’elfa li accolse.
“Signorina
Parkinson, prego entri. Potete darmi i mantelli, lei e il
signor…”
“Ciao,
Tiffy. Lui è il signor Weasley” disse indicando il
Grifondoro e dandole i
mantelli.
“Daphne è in
giardino?” le chiese poi.
“La
signorina Daphne l’aspetta in cucina” In cucina?
Oh. Annuì e si incamminò verso
la cucina.
Ron si
guardava intorno da quando avevano attraversato il cancello.
Era una casa
grandissima. Quasi quanto quella di Pansy. Il solito giardino enorme
che
circondava la casa era curatissimo e alcune aiuole fiorite sarebbero
state
molto apprezzate da sua madre.
Quando
entrarono, l’elfo li salutò e li scortò
verso la cucina. Passarono per un
grande salone da cui si vedeva il giardino sul retro. Le porte finestra
erano
aperte perché la giornata era soleggiata. Vide Malfoy e
Zabini in giardino.
Sospirò. Sperò che andasse tutto bene. Pansy non
aveva visto i ragazzi, e
camminava verso quella che Ron pensava fosse la cucina. La
seguì.
Poco dopo
sentì la voce di Malfoy che lo chiamava dalla portafinestra.
“Weasley, vieni fuori.
Ci serve un’opinione disinteressata. Ciao, Pansy”.
Lui lo guardò mentre il
biondo gli faceva cenno con la mano.
“Oh, no, non
deve essere disinteressata. Ho ragione io. E io ho la
burrobirra” disse Zabini
affacciandosi nel locale e salutando. Oh. C’era la
burrobirra. Sarebbe andato
tutto bene.
Si era già
incamminato verso di loro quando si fermò e si
girò verso Pansy. “Ti…”
“Vai pure”,
lei sorrideva.
Draco era
venuto a chiamare Ron per farlo uscire con loro in giardino. Pansy
l’avrebbe
baciato. Sorrise.
Silenziosamente
si avvicinò alla portafinestra mentre guardava i ragazzi.
Erano tutti e tre
davanti a un affare di metallo e lo guardavano (beh, immaginava che lo
guardassero, loro le davano le spalle). Poi Blaise passò una
burrobirra a Ron e
lui la prese, stappandola con la bacchetta. Prima di berla disse
qualcosa e
indicò quell’ammasso di lamiera con la bottiglia.
Forse sarebbe andato tutto
bene.
Si rigirò
per andare in cucina e aprì la porta. Daphne versava il
contenuto di una
bottiglia in bicchieri eleganti con il piede di cristallo.
Chiacchierava con
Hermione, ma sembrava che la conversazione stentasse a decollare.
Entrò con un
gran sorriso.
“Ciao, belle
donne” Daphne si girò verso di lei, sorrise e la
salutò. Lo stesso fece la
Grifondoro.
“Cos’hai
portato?” le chiese Daphne, guardando un fagotto che
svolazzava dietro di lei,
dopo averla baciata sulle guance.
“La mamma di
Ron manda una torta.”
“Perfetto!
Così se i ragazzi bruciano la carne abbiamo qualcosa da
mangiare lo stesso.”
Con la
bacchetta fece volteggiare la torta sul piano, vicino al vassoio con il
vino, e
sbirciò dentro il fagotto. “In che
senso?” chiese la mora.
“Hanno
deciso di cucinare loro”. Come? Pansy guardò
Hermione mentre si avvicinava a
salutarla.
“A dir la
verità è solamente un barbecue. Dovrebbero
farcela” disse la riccia.
Lei annuì
distrattamente. Non aveva la più pallida idea di quello che
stava dicendo.
Daphne le
porse un bicchiere e uno lo porse a Hermione.
“Dobbiamo
brindare alle vacanze!”
Pansy guardò
Hermione ghignando e disse: “Daphne vuole brindare al fatto
di avere casa
libera per due settimane, più che alle vacanze, giusto?
Scommetto che Blaise non
è ancora tornato a casa. Da quanto tempo è qui a
giocare alla coppia felice?”
“Pansy!” strillò
Daphne mentre Hermione sorrideva.
“Dai! Ho
solo detto la verità. O No?” La bionda divenne
tutta rossa e balbettò qualcosa.
“Dai, su, godetevela” disse, ridacchiando e facendo
tintinnare il bicchiere con
il suo. “A te non chiederò se Draco ti ha portato
da Narcissa, perché dopo mi
odiereste tutte e due”. Fece tintinnare il bicchiere anche
con la riccia e ammiccò
prima di bere. Si sentiva veramente bene.
Ron si
avvicinò alla portafinestra della cucina e mise dentro la
testa. C’era anche
Hermione. Ma le ragazze erano girate.
“Ehm…” disse
entrando.
“Ciao
Weasley. Tutto bene? Grazie per la torta”. La Greengrass lo
salutò per prima e
le altre si girarono verso di lui mentre ricambiava il saluto. Hermione
gli
fece un cenno con capo e Pansy gli rivolse uno dei suoi sorrisi.
“Malfoy e
Zabini dicono di dare ordine agli elfi per fare il rub sulla carne,
pulire il
pesce e preparare pane a fette e insalata di patate.”
Pansy lo
guardò stranita. “E perché sei venuto
tu?”
“Oh, sembra
che loro non abbiano mai fatto un barbecue, non sapevano di cosa stessi
parlando quando ho nominato il
‘rub’…” Ron alzò le
spalle. Non gli dispiaceva
la cosa. L’avevano guardato in maniera strana quando aveva
spiegato come suo
padre preparasse la griglia e la carne e si erano eccitati
all’idea del fuoco
per la brace. “E poi è finita la
burrobirra”.
Daphne annuì
mentre chiamava uno degli elfi.
“Porto io fuori
la burrobirra” disse Hermione tirando fuori la bacchetta.
“Intanto tu
vieni qui”. Pansy si rivolse sottovoce a Ron, facendogli
cenno con la mano.
Prima che Hermione uscisse, la Grenngrass disse, prima di sparire oltre
l’uscio
della cucina: “Sì, Pansy, intanto tu spiega a
Weasley di quel tipo tanto carino
che ci ha provato con te quando sei andata a Londra!” E,
ridacchiando, uscì
dietro all’elfo.
Il rosso guardò
la mora che lanciò un’occhiataccia
all’amica e poi si voltò verso di lui.
“Quale
tipo ‘tanto carino’?” Lei era seduta su
uno sgabello alto e gli fece ancora
segno di avvicinarsi. Ron si avvicinò e lei lo accolse fra
le gambe.
“Non ci
credere. È una bugia”. Lo baciò sulle
labbra.
“Una bugia?”
Non doveva lasciarsi incantare, quando lei non voleva spiegargli
qualcosa era
maledettamente brava e lui ci cascava sempre.
“Sì. Non era
per niente carino.”
Lo baciò
ancora: fregato.
Hermione era
uscita dai ragazzi. Si fermò a guardarli. Stavano cercando
di incendiare il
barbecue, probabilmente. Sorrise. Si avvicinò e
spiegò loro come si faceva la
brace.
Poi, con un
incantesimo, il primo che fosse veramente piaciuto a suo padre,
mostrò come far
prendere fuoco al carbone e farlo bruciare velocemente, in maniera da
avere
pronta la brace in meno tempo.
Draco le
appoggiò un braccio sulle spalle, stringendola a
sé. “Ti adoro, te l’ho mai
detto?”
Lei sorrise.
“Non di recente”.
“Devo essere
molto sbadato.”
“Allora
rimedia.” disse, alzandosi in punta di piedi e baciandolo.
Zabini tossicchiò e
Draco gli disse di andare a controllare il fuoco da vicino. Lui fece
una
smorfia ma poi si avvicinò effettivamente al barbecue. Dopo
cinque minuti iniziò
a sventolarsi con una mano e si aprì un bottone della
camicia.
“Forse
bisognerebbe dirgli di…”
“No, non c’è
bisogno” disse Draco baciandola ancora. Dopo altri cinque
minuti, Zabini si
slacciò un altro bottone.
“Blaise, se
ti togli la camicia io vado a casa!” Dalla porta finestra
uscirono Pansy, Ron e
la Greengrass.
Blaise si
voltò verso l’amica e ghignò.
“Ma se sono bello da togliere il fiato!”
Anche la
mora ghignò. “Magari il respiro mi si mozza
davvero. Ma preferisco non provare”.
Lui le lanciò un’occhiataccia, ma
ritrovò il sorriso quando Daphne gli lanciò
un bacio volante dicendogli: “Per me sei
bellissimo”. Ma non osò togliersi la
camicia.
“Comunque
non stare così vicino al fuoco.”
Fece un
passo indietro. La Granger si avvicinò al barbecue e
propose: “Possiamo mettere
su la carne. Giusto Ron?” E si girò verso il
rosso. Lui annuì.
Gli elfi
apparecchiarono fuori, in giardino, e i ragazzi stettero davanti alla
griglia a
controllare il cibo, chiacchierando di Quidditch. Le ragazze si
sedettero al
tavolo con altri bicchieri di vino.
“Sei andata
da tua madre, Pansy?” le chiese Daphne.
Pansy annuì.
“Sì, quando ci sono andata con Camille mi ha
chiesto di tornare una volta da
sola, perché doveva parlarmi” disse a beneficio di
Hermione che aveva la fronte
corrugata. “È stato… strano. Mamma si
è messa a piangere. Aveva capito che era
saltata l’evasione quando il padre di Nott aveva smesso di
scriverle, così
aveva intuito che era stato catturato. Lei…”
Abbassò la voce: “penso… sia
innamorata di lui”. Sospirò.
Nessuna
delle ragazze disse niente. Lei alzò le spalle:
“Non sapevo cosa dirle. Così
non ho detto niente. Penso che lo ami davvero. E da un bel
po’…” Le dispiacque
tantissimo per Julien. Si sentiva così in colpa nei suoi
confronti. Nessuno
disse niente. Hermione annuì distrattamente mentre beveva il
vino.
Poi Daphne
se ne uscì con una frase delle sue: “Beh,
però il padre di Nott effettivamente
era molto bello”. A Pansy scivolò il bicchiere di
mano. Cercò di prenderlo al
volo mentre esclamava: “DAPHNE!”, ma le cadde.
Dovette
tirar fuori la bacchetta e risistemare i cocci. Ma la bionda
ridacchiò. Aveva
bevuto troppo?
“Su, non ho
detto che fosse una brava persona o cose così. Ho solo detto
che era bello. Perché,
era bello”. E ridacchiò ancora. Pansy
guardò la Grifondoro che non riusciva a
trattenere la risata che aveva in gola.
“L’ultima
volta che l’ho visto non era per niente bello”.
Alla fine lasciò perdere e rise
anche lei. Ma era una situazione disastrosa.
“Sono
andata
a casa di Draco a conoscere Narcissa” disse Hermione tutto
d’un fiato.
Pansy fece
tintinnare il bicchiere con il suo. “A proposito di disastri.
E com’è andata?”
“Non lo so.”
La mora alzò
ancora il bicchiere. “Allora è andata bene. Se
fosse andata male te ne saresti
accorta”.
Poi Hermione
abbassò la voce: “Lei… mi ha detto di
chiamarla ‘Cissy’. Non ho capito se era
una trappola o no”.
“Se tratterai
bene Draco, non dovrai preoccuparti di lei.”
Rimasero in
silenzio per un po’. Poi Hermione non ce la fece
più e le chiese: “Anche a te,
l’aveva detto? Di chiamarla così?”
Pansy la
guardò scuotendo il capo. “No, non me
l’ha mai proposto. Forse vede molto più
in là di noi”. Poi alzò lo sguardo
dietro a Hermione e sorrise. “Tesoro. Hai
sete?”
La riccia si
girò e vide Ron in piedi dietro di lei, che guardava la
Serpeverde come non
aveva mai guardato nessuna.
Draco la
chiamò e Hermione lo raggiunse.
Ron
girò
intorno al tavolo, si sedette vicino a Pansy e prese il bicchiere della
mora,
bevendolo tutto.
“Sei stata
carina.”
“Io?”
“Sì. Le hai
mentito.”
Lei si agitò
“Io…” Le mise una mano sulla sua e
disse: “Sì, ho capito perché
l’hai fatto.
Sei stata carina, dicevo”. Lei si rilassò.
“Una bugia a
fin di bene, vale più di mille verità!”
Daphne guardava verso i ragazzi vicino
alla griglia.
La mora
prese il suo bicchiere e disse: “Forse è il caso
che aspettiamo il cibo, prima
di continuare a bere”. La bionda ridacchiò.
“È quasi
pronto. Manca poco” ci tenne a precisare lui.
Le ragazze
annuirono.
Il pranzo
era andato bene. Non avrebbe mai potuto sperare di più.
Tutti si erano
divertiti e l’atmosfera si era rilassata tantissimo. La
carne, il pesce e le verdure
grigliate avevano fatto scalpore e i ragazzi si erano meritati un sacco
di
complimenti. Pansy vide Blaise vicino al barbecue che fumava,
contemplando la
brace che finiva di bruciare.
Si avvicinò,
accese una sigaretta e disse: “È andata
bene”.
Lui si voltò
sorridendo. “È stata una gran soddisfazione,
sai?” Sorrise, Blaise che si
lasciava andare a un commento del genere… Annuì
mentre tirava dalla sigaretta.
Poi lui tornò alla solita espressione e le chiese, serio:
“Perché non me l’hai
detto? Lo sapevano tutti”.
“Cosa?”
disse mentre sbuffò il fumo.
“Di Nott, di
suo padre, dell’evasione, della sceneggiata con
Draco…” Lei alzò le spalle. Non
pensava che per lui fosse importante.
“Io non
sapevo bene cosa fare. Non sapevo con chi potessi parlarne e con chi
no.”
Blaise annuì
e disse una cosa strana: “Nott era pericoloso. La storia
della pozione, le
ragazze…”
“Già.”
“È stato
lui, al quarto anno.”
Lei lo
osservò curiosa. “A far che?”
“Il tipo di
Durmstrang che ti aveva invitato al ballo, ricordi?” Eccome
se se lo ricordava!
“Cosa ha
fatto Nott?” Ebbe quasi paura a chiedere.
“L’ha fatto
pestare. E l’ha obbligato a tirarsi indietro. Aveva amici
dell’ultimo anno,
all’epoca”. Lei annuì senza dire niente.
“Io e Draco l’abbiamo sentito mentre
se ne vantava con Tiger. Disse che così saresti andata con
lui al ballo. Che
bastava chiedertelo al momento giusto. E gli saresti stata
riconoscente”.
Lei aspirò
dalla sigaretta senza dire niente. Così Draco
l’aveva invitata prima che lo
facesse Nott. Oh. “Grazie per avermelo detto”.
Lui sorrise.
“Mi hanno detto che sei stata brava. Che
c’è cascato”.
Già. Brava.
Bravissima. E ora le scrivevano dal Ministero ogni svolazzata di
mantello. Alzò
ancora le spalle. “Ho fatto quello che mi hanno
chiesto”.
“La prossima
volta mi avviserai prima? Siamo ancora amici, no? Anche se ti ho fatto
quella
domanda…” Lui la guardò un
po’ preoccupato.
“Saremo
sempre amici, Blaise. Ho risposto alla tua domanda. Mi hai aiutato
quando ne
avevo bisogno. Se non ci foste stati tu e tua madre non avrei avuto
neanche un posto dove dormire”.
Allungò una
mano e gli strinse un braccio affettuosamente. Lui annuì,
forse un po’
imbarazzato, e tornò a guardare la cenere.
Quando Pansy
tornò al tavolo gli altri stavano parlando di una cena. No.
‘della cena’.
“Aspettiamo che Harry e Ginny tornino e poi si
farà. Dovrebbe essere un giorno
della prossima settimana”.
Hermione
vide la mora che tentava di allontanarsi dal tavolo, non vista da Ron
che le
dava le spalle. “Pansy, tu ci vai?” Lei si
irrigidì, mentre Ron si voltava per
guardarla. Per fortuna aveva espresso Draco quello che voleva chiederle
lei.
“Oh, non so…
non penso.”
Ron,
sorpreso, spalancò gli occhi. Hermione capì
quello che provava la ragazza. La
cena era alla Tana. Ci sarebbero stati anche loro. Ma non le sarebbe
mai
passato? Non avrebbe dovuto preoccuparsi di niente.
“Che cena
è?” chiese Daphne.
“Una cena
dell’Ordine della Fenice, quelli che hanno sconfitto
Voldermort” disse la
riccia sbrigativa.
“Ecco,
appunto” disse Pansy guardando Ron con uno sguardo allusivo.
“Ci vado
anche io. Ho ricevuto un invito direttamente da Shacklebolt”,
Draco aveva
parlato mentre giocava con le briciole della torta sulla tovaglia.
Ron alzò un
sopracciglio. “Un invito?”
Draco alzò
le spalle. “Per aver aiutato con la storia della cattura
degli ultimi
mangiamorte in circolazione”.
Ron annuì
pensoso. “E te non l’hai ricevuto
l’invito?” chiese, rivolto alla mora.
Lei annaspò.
Letteralmente. Hermione capì che il suo respiro si era
bloccato. Le fece
tenerezza. Non voleva venire ma non voleva offendere Ron.
Così Pansy non disse
niente e si guardò intorno.
“L’hai
ricevuto o no, l’invito?”
Ron si
voltò
verso Pansy. Lei non aveva ricevuto l’invito? Per quello non
voleva venire?
“Sì, l’ho
ricevuto” disse sottovoce. E allora?
“E perché
non vuoi venire?” Poi capì.
“È perché si fa a casa mia?
Perché ci sarà la mia
famiglia?”
Pansy
annuì.
L’ultima cosa che voleva era illudersi. Andare a cena da
loro; chiacchierare
con loro, ridere, scherzare. Illudersi su loro due, illudersi di essere
come
loro, illudersi di essere accettata per quello che era, illudersi che
sarebbe
stato per sempre.
Ron spalancò
gli occhi. Si alzò in piedi e la guardò. La
Serpeverde non capiva cosa gli
passasse per la testa. Sicuramente non qualcosa di buono. Lui si
girò verso il
tavolo. “Grazie per il pranzo, Greengrass. Malfoy, Hermione,
ci vediamo la
settimana prossima. Salutate Zabini”. Si voltò
verso di lei, ma non le disse
niente. Le fece un freddo cenno con il capo e si
smaterializzò.
Pansy si risedette
al posto che aveva occupato prima. Non ebbe il coraggio di guardare in
faccia
nessuno.
Blaise tornò
in quel momento e chiese: “C’è ancora un
po’ di torta? Ehi, dov’è
Weasley?”
“Se n’è
andato” disse Daphne.
“Oh, e
perché? Doveva farmi vedere come…” Ma
Daphne lo zittì e la indicò con la testa.
“Se n’è
andato per colpa mia, Blaise”. Lui cambiò
espressione.
“Oh. Devo
spaccargli la faccia?”
“Dovresti
spaccarla a me. Scusate. Vado a prendere il mantello e torno a
casa.”
Si alzò e
andò in soggiorno a recuperare le sue cose.
***
“Potremmo
fermarci qui e aspettare di vedere il tramonto.”
Ginny guardò
verso l’oceano. Era bellissimo: l’acqua aveva un
colore stupendo, a metà fra il
cielo della Scozia e il prato di Hogwarts, e le onde si agitavano sugli
scogli
in una marea di schiuma. Il sole era caldo e lei lo sentiva sul viso.
Aveva
arrotolato i jeans sui polpacci e tolto le scarpe. Sulla spiaggia non
c’era
nessuno. Camminava scalza sulla riva e l’acqua era calda
tanto da illuderla che
potesse essere già estate, ma il vento le scompigliava i
capelli e le ricordava
che la primavera era appena iniziata.
“Si potrebbe
fare.”
Harry le
sorrideva mentre si toglieva le scarpe e le calze. Si
arrotolò i jeans come
aveva fatto lei e la raggiunse nell’acqua. Lui aveva le
guance cotte dal sole.
Era dannatamente affascinante così abbronzato. Si
avvicinò e la schizzò con il
piede.
“No!” gridò
ridacchiando.
Scappò
all’indietro per qualche passo e poi si girò per
correre dove l’acqua le arrivava
alle caviglie.
Harry rise
guardandola. Erano giorni fantastici. Finalmente da soli. La Tana era
un posto
meraviglioso ma c’era troppa gente. Senza nulla togliere alla
famiglia Weasley.
Li adorava tutti, ma stare da solo con Ginny non aveva paragoni.
Corse verso
di lei, schizzandola ancora. Avrebbero guardato il tramonto dalla
spiaggia e
avrebbero montato la tenda proprio lì, con qualche
incantesimo ad hoc. Magari
avrebbero anche trasfigurato la vasca. L’ultima volta era
andata bene. Molto
bene. Sorrise da solo.
“A che
pensi?” gli chiese Ginny tornando verso di lui.
“A te.”
“A me?”
chiese stranita
“Sì, penso
spesso a te.”
“Per forza.
Siamo solo io e te.”
Lui divenne
serio. “Ti sei stancata? Del fatto che siamo solo io e
te?”
Giny sorrise.
“No. Ancora no”.
Harry sorrise
vedendo la sua espressione divertita e si avvicinò un
po’. “Ancora no?”
ripetè, quasi ghignando, le
sue parole.
“Già. Potrei
stancarmi, Potter!” Adesso
lei rideva
e il suo sguardo era fantastico. Non gli sarebbe servito
nient’altro per vivere.
“Ah sì? E più
o meno, quando pensi che succederà?”
La ragazza
lo schizzò lanciandogli l’acqua con il piede e
Harry spalancò gli occhi,
allegro. “Fra quaranta o cinquant’anni. O forse
settanta. Sì, settanta, Sono
abbastanza sicura”. Ridacchiò.
“Adesso
vediamo se riesco a togliere dalla tua faccia quella
smorfietta” disse lui iniziando
a correre verso di lei. Ginny gridò divertita e si
voltò per scappare, ma lui,
che era più veloce, riuscì a raggiungerla. Quando
le fu vicinissimo, pensò di
averla presa ma all’ultimo la rossa si spostò e
lui cadde perdendo
l’equilibrio. Si girò mettendosi seduto sul
bagnasciuga mentre si godeva la
situazione.
“Oh, oh, oh!”
Ginny rideva tantissimo avvicinandosi a lui. Era così bella.
“Guardati, Potter. Sei ai
miei piedi!” E ridacchiò
ancora. Quando fu abbastanza vicino, Harry le prese una gamba e la fece
cadere
su di sé.
“Sai cosa
vorrei?” le disse a pochi millimetri dalle sue labbra.
“Dimmi, Potter, cosa
vorresti?”
Harry le
accarezzò una guancia e le disse: “Vorrei avere un
anello per te. Qui. Adesso”.
Ginny si
irrigidì. Un anello? Ma cosa…
Nervosamente
si tirò in piedi e passò le mani sulle cosce per
togliere inesistenti granelli
di sabbia. Lui dovette accorgersi della cosa, perché
silenziosamente si alzò.
“Ho detto
una cosa brutta?” Harry la guardava con
un’espressione colpevole.
“No. Mi hai
solo… preso alla sprovvista. Noi… non abbiamo mai
parlato di…” Non riusciva a
guardarlo. Harry le prese la mano e la obbligò a girarsi.
“Non volevo
spaventarti o rovinare questo momento. Ho solo detto quello che
pensavo. Io mi
rendo conto che è presto. So che hai solo diciasette
anni… Ma io so già quello
che voglio. Non ho detto che voglio sposarti domani e fare dei figli il
mese
prossimo.”
La rossa
annuì. Dei figli? L’immagine del bambino con gli
occhi di Harry le si affacciò
nei pensieri. Sorrise.
L’idea le
piaceva.
“Però
mi
piace pensare che lo faremo. Mi piace pensare che un giorno ti
guarderò
camminare insieme a tuo padre mentre vieni verso di me che ti aspetto
in fondo
alla navata, emozionato e balbettante accanto a Ron.”
Lei spalancò
gli occhi, stupita e adorante.
Harry
sorrise: lo stava facendo bene.
Oooohhhh.
Che cosa carina. “Sai cosa vorrei? Cosa sogno per
noi?” continuò Harry e lei
riuscì solo a scuotere il capo. “Una bambina. Una
bambina con le trecce, i tuoi
occhi e il nome di mia madre”.
Ancora ooohhh.
Sentì che stava per commuoversi. Così, con uno
sforzo immane, cercò di
riprendersi. Si avvicinò di nuovo a lui.
“In
questo
caso rimarrai deluso, Potter.”
Harry si
irrigidì. Si spaventò, preoccupato di quello che
lei avrebbe detto, ma poi Ginny
sorrise. “Perché io, a divinazione, ho visto
chiaramente un bambino, un
maschio, e gli occhi erano i tuoi”.
Harry
sorrise e quando lei si avvicinò la prese fra le braccia e
la strinse forte.
“È un sì,
giusto?” Lei ridacchiò e ricambiò il
suo abbraccio.
“Sì.”
***
Dopo due ore
da quel ‘saluto’ a casa di Daphne, Pansy si fece
coraggio e bussò alla porta
che aveva davanti. Si trattenne le mani perché tremavano
troppo e le nascose
fra le pieghe del mantello che aveva fra le braccia. Aspettò
con pazienza.
La signora
Weasley le aprì la porta, le sorrise calorosa e la
salutò: “Pansy, tesoro! Entra!”
La invitò a entrare in casa e la baciò sulle
guance mentre l’abbracciava. Oh
che bello.
“Com’è
andato il pranzo a casa della tua amica?” Pansy si
sforzò di sorridere.
“Benissimo.
La sua torta era buonissima. Grazie ancora.”
La strega
liquidò il suo commento con la mano. “Ron ha
scordato il mantello”disse quando
vide la curiosità negli occhi della signora Weasley.
Lei scosse
la testa. “Oh, quel ragazzo! Perderebbe tutto, anche la
Ricordella! Te lo
chiamo subito, intanto vieni di là” disse
prendendo il mantello dalle sue mani
e facendo strada.
Pansy la
seguì e notò che in soggiorno c’era
molta gente. Beh, effettivamente loro erano
in tanti, doveva essere normale. Salutò tutti: Bill e Fleur,
con un bel
pancione; il fratello noioso del ministero, Percy, se non si ricordava
male, ma
senza la Adams, per fortuna; Andromeda con Teddy, il bimbo con i
capelli
colorati; altre due persone che le furono presentate al momento; il
padre di
Ron e George che ghignò, vedendola. La signora Weasley le
prese il mantello ma
si dimenticò di chiamare Ron. Cosa doveva fare?
Dopo aver
scambiato qualche convenevole con Fleur e Andromeda, si
avvicinò a George e
sussurrò: “Cercavo Ron…”
Lui la
guardò alzando un sopracciglio, ma poi dovette aver
pietà perché disse a bassa
voce: “È in camera. Vieni con me”.
Seguì il gemello su per le scale, finché lui
non si fermò su un pianerottolo. “La camera di Ron
è all’ultimo piano”.
“Ok, grazie”.
E si incamminò su per l’ultima rampa.
C’era solo una porta, non poteva
sbagliare. Bussò.
“Non voglio
niente, mamma!” Oh. Merlino. Ron pensava che fosse sua madre.
E ora? Bussò
ancora. “Vai via!” Per un attimo pensò
di andarsene davvero. Non avrebbe
gridato attraverso la porta. Ma sotto, George era ancora sul
pianerottolo e non
voleva farsi vedere a tornare giù. Cosa doveva fare?
Meccanicamente bussò
ancora, quando sentì un rumore e un’imprecazione
venire da dentro la stanza.
Quando la
porta si aprì velocemente e Ron quasi gridò:
“Ti ho detto… Oh”, Pansy per poco
non fece un passo indietro. Poi Ron la riconobbe e si bloccò
sul posto.
Lei propose
un timido: “Ciao…”
Ron era
nervoso e collerico. Era sdraiato sul letto da non sapeva quanto tempo,
quando
sua madre tornò a bussare alla porta per convincerlo a
unirsi agli altri o a mangiare
qualcosa. La mandò via. Ma poi bussò ancora. Ora
non aveva neanche più voglia
di essere gentile. Quando bussò per la terza volta si
arrabbiò e decise di
aprire la porta per dirglielo in faccia, ma inciampò nel
tappeto e imprecò
quando cadde disteso sul pavimento.
Quando
arrivò alla porta era giù di testa.
L’aprì con l’intenzione di dirle quello
che
le andava detto, ma… non era sua madre: era Pansy. Cosa ci
faceva lì?
“Ciao…” gli
disse.
“Cosa fai
qui?”
Lei incassò
il colpo che lui non si rese conto di infierire e disse:
“Avevi lasciato il
mantello da Daphne…”
Oh. Giusto.
“ E dov’è?” La mora
indicò con il pollice la scala dietro di lei.
“L’ho dato a
tua mamma.”
Ma una
domanda intelligente, no? Non gli veniva fuori? Lei si
guardò intorno sul
pianerottolo. Sembrava un po’ in imbarazzo.
Quando sentì
la risata di suo padre venire dai piani bassi, le prese la mano e la
tirò
dentro la stanza, come se volesse nasconderla. Tanto che lei disse:
“Mi hanno
già visto, sai?”
Oh. Giusto,
giusto. Ok cerca di dire qualcosa di
intelligente adesso. “Quindi adesso non hai
vergogna di me?” Lei spalancò
gli occhi e la bocca. Lui chiuse la porta.
“Vergogna?
Ma cosa dici?”
Pansy non
riusciva a crederci. Lui pensava che lei avesse vergogna di lui? Ma che
cosa
assurda!
Si guardò
intorno: quella stanza era particolarmente luminosa. Forse
perché era tutta
arancione. Arancione il piumino, le pareti, il soffitto inclinato. I
poster
alle pareti erano della squadra di Quidditch, immaginò.
Quella dei guanti.
Sorrise.
“È bella,
camera tua.”
Ron la
guardò alzando un sopracciglio. “Mi prendi in
giro?”
Lei spalancò
di nuovo gli occhi. “No. Perché dovrei? E
perché pensi in continuazione che abbia
una brutta opinione di te?” Ron alzò le spalle. Si
avvicinò a lui quando si
sedette sul letto. Si accucciò davanti alle sue gambe per
essere alla sua
altezza e poterlo guardare.
“Mi
dispiace, per prima. Non volevo offenderti. O offendere i tuoi.
O…”
“Ok”, il
ragazzo sbuffò e guardò il soffitto.
“Non ho
vergogna di te” disse dopo un po’, quando lui non
smise di guardare in aria.
Ron tornò a guardarla.
“E perché
non vuoi venire? È solo una cena. Una piccola
cena…”
Ron vide
Pansy alzarsi e sedersi sul letto accanto a lui. “Non
è solo una cena! E non
sarà certo piccola! Ci saranno tutti… tutti
voi… voi… siete… eroi. Salvatori
del mondo magico. Io… cosa c’entro con voi? Io
volevo che Potter finisse sotto
Voldemort, ricordi? Con che coraggio dovrei venire a festeggiare con
voi?”
“Hai aiutato
il mese scorso…” Ma lei scosse la testa.
Ron si
appoggiò indietro, sui palmi delle mani. “Io sono
scappato. Ho lasciato Harry e
Hermione da soli nel bosco, a vedersela con i mangiamorte. Non dovrei
partecipare neanch’io, allora!”
“Ma non sei
andato via perché il medaglione che portavi al collo, quello
con l’anima
malvagia di Voldemort, ti aveva distrutto il cuore? E non sei ritornato
da
loro, dopo averlo tolto?” Ron si girò verso di
lei, stranito. Come faceva a
saperlo?
“E tu… come
lo sai?”
Pansy alzò
le spalle. “A Hogwarts lo sanno tutti: Ginny. Lei raccontava
la storia ai
ragazzini dei primi anni. Lei racconta che il tuo cuore è
stato stritolato, ma
tu sei riuscito a capirlo e a combatterlo. Sei un eroe. Lo siete
tutti”.
Oh. Tornò a
guardare il soffitto. Lui aveva ascoltato la storia raccontata da sua
sorella solo
una volta. Non si ricordava che lei avesse raccontato quella parte.
Forse aveva
sentito dopo quel punto lì.
E Pansy
aveva ascoltato la parte su di lui?
Pansy lo
guardò. Aveva le orecchie rosse. Poi si rigirò
verso di lei. “Pensavo che la
raccontasse solo in sala comune. Da noi”.
“Oh no.
All’inizio dell’anno in sala grande e quando
c’era bel tempo l’ho vista anche
in giardino. Ma poi, quando si sono lasciati, non l’ha
più fatto.”
“E quando
l’hai sentita la storia, tu? Avete fatto amicizia dopo che
Harry l’ha lasciata.”
La ragazza guardò
per terra.
Ron era
curioso, adesso. E lei era imbarazzata.
Non alzò lo
sguardo quando rispose: “Il tre di ottobre”.
Merlino! Sapeva la data? Lui
pensava una risposta tipo ‘oh,
prima
della partita di Quiddich di Corvonero ma dopo quella di
Tassorosso’, e
invece lei gli disse una data. La data. Che giorno era? Era maleducato
chiederlo?
“E come fai
a essere così sicura?”
“È stato il
giorno che mi hai rubato la sigaretta.”
Oh. Ron
sentì le orecchie andare a fuoco. Di nuovo. Che vergogna!
Forse era giusto che
lei si vergognasse di lui.
“È stato
prima… dell’aula di pozioni” disse
solamente.
Pansy
sorrise. “Sì”.
“E così hai
ascoltato la storia?” Lui sembrava aver bisogno di
rassicurazioni. E lei poteva
dargliene. Anzi, era lì per quello.
“Mi sono
fermata ad ascoltare quando Ginny ha iniziato a parlare di
te.”
Il rosso
sorrise. Ginny lo faceva sembrare un eroe romantico. Ma Pansy non gli
raccontò
di come le ragazzine sospiravano estasiate ad ascoltare la parte su di
lui
(probabilmente era per quello che avevano iniziato a girargli intorno
in quella
maniera, ma Pansy era convinta che lui non lo sapesse).
“Quindi
dovrei ringraziare mia sorella, se ti sei interessata a me?”
Pansy gli
prese una mano. Lei non era proprio una ragazzina che sospirava.
“No.
Dovresti ringraziare quel bambino alla stazione. Quello con i capelli
rossi. Tu
gli hai sorriso e hai detto una frase bellissima, quando ti ha detto
che veniva
preso in giro.”
Ron si
allungò verso il comodino,chinandosi verso di lei, a
prendere una pergamena.
Pansy sentì il suo profumo invaderle i sensi.
“Jake? Mi ha
fatto un disegno.”
Lei lo
prese. Che cosa carina. Anche Camille, quando era piccola, le faceva
dei
disegni. “Gli ho detto…”
“Che quello
che si fa è più importante di quello che si
è” concluse la mora mentre
osservava il disegno.
“Lo disse
Silente a Harry” Lei annuì come se lo avesse
sempre saputo.
“E come si
fa a rimediare quando si fanno cose brutte?”
“Se ne fa
una bella.”
Aveva detto
anche questo, Silente?
“Verrai
alla
cena, allora?”
Ron la vide
vacillare, ma solo per pochissimo. “Verrò, se vuoi
tu. Per nessun altro motivo”.
Lui si sentì
importante. Si immaginò una delle scritte rosse sulla
tribuna dello stadio.
“Kingsley ti ha invitato personalmente!” disse
però, un po’ piccato.
“Non mi
interessa di Shacklebolt.”
“Quindi se
non te lo chiedessi io, non verresti?” Era più
importante del Ministro? Si
rallegrò.
“Si
chiederebbero cosa ci faccio…”
“Ma hai un
invito!”
“… con te” continuò
lei come se Ron non l’avesse interrotta. “O
perché tu vuoi stare con me”.
Il ragazzo
alzò le spalle. “Non mi interessa!”
“Forse
adesso… ma poi potrebbe interessarti. E dopo sarebbe
tardi”. Lui alzò un
sopracciglio.
“Troppo
tardi per cosa?”
“Per non
farsi coinvolgere…” Ma non ne avevano
già parlato?
“Per quel
che mi riguarda, sono già coinvolto”.
Mentre lo
diceva si sentì… grande, un adulto.
“Oh,
anch’io. Per questo ti chiedo se ne sei proprio
sicuro.”
Lei sospirò,
mentre lo guardava un po’ persa. “Io non sono mai
stato così sicuro. E ora
basta parlarne. Vieni alla cena. Sarai la mia ragazza. Sarai coinvolta. Ma ora…”
“Ora cosa?” chiese
lei sorridendo. Doveva aver già capito.
“Ora sarai
mia.”
Si alzò
appena per girarsi verso di lei e le posò la mano sulla
nuca, prima di
baciarla.
Le sue mani
erano calde e Pansy non riusciva a pensare lucidamente. Il suo profumo
era
inebriante e il suo sapore dolcissimo. Quando le sfilò il
vestito perse
completamente la ragione.
Si stese
vicino a lei e disse sottovoce: “Ho paura che il mio letto
sia un po’ piccolo
rispetto a quelli a cui sei abituata…”
Lei lo baciò
teneramente e rispose: “Sarà un motivo in
più per stare più vicini”.
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