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Autore: ONLYKORINE    05/08/2018    2 recensioni
È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano fatti per stare insieme. E Harry e Ginny? Ce la faranno a iniziare (e mantenere) la loro storia?
Hinny e un po' di Dramione...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ritorno a Hogwarts e one shot'
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47.Vacanze

Vacanze

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Le vacanze erano una figata pazzesca. Per la prima volta da tanto tempo, Pansy non si svegliava in piena notte con gli incubi o la mattina presto con gli occhi sbarrati, incapace di riaddormentarsi. E qualche volta, quando si svegliava, lo faceva accanto a Ron. Forse era quello il bello delle vacanze.
Aveva lasciato che Camille andasse alla casa al lago dei Greengrass. Era stata una buona idea. Aveva ricevuto una lettera da parte sua dove le raccontava quello che avevano fatto in quei giorni. I genitori di Daphne erano più severi con Astoria che con la sorella e lei era contenta di come riuscivano a gestire le due ragazze.
Lei e Ron si materializzarono davanti al cancello dei Greengrass; Daphne era rimasta a casa e li aveva invitati a pranzo. La casa di Daphne era come se la ricordava. Suonarono il campanello e il cancello si aprì lasciandoli entrare. Pansy fece strada e si girò a sorridere al rosso, mentre gli teneva la mano. Quando entrarono nella porta d’ingresso, un’elfa li accolse.
“Signorina Parkinson, prego entri. Potete darmi i mantelli, lei e il signor…”
“Ciao, Tiffy. Lui è il signor Weasley” disse indicando il Grifondoro e dandole i mantelli.
“Daphne è in giardino?” le chiese poi.
“La signorina Daphne l’aspetta in cucina” In cucina? Oh. Annuì e si incamminò verso la cucina.

 

Ron si guardava intorno da quando avevano attraversato il cancello.
Era una casa grandissima. Quasi quanto quella di Pansy. Il solito giardino enorme che circondava la casa era curatissimo e alcune aiuole fiorite sarebbero state molto apprezzate da sua madre.
Quando entrarono, l’elfo li salutò e li scortò verso la cucina. Passarono per un grande salone da cui si vedeva il giardino sul retro. Le porte finestra erano aperte perché la giornata era soleggiata. Vide Malfoy e Zabini in giardino. Sospirò. Sperò che andasse tutto bene. Pansy non aveva visto i ragazzi, e camminava verso quella che Ron pensava fosse la cucina. La seguì.
Poco dopo sentì la voce di Malfoy che lo chiamava dalla portafinestra. “Weasley, vieni fuori. Ci serve un’opinione disinteressata. Ciao, Pansy”. Lui lo guardò mentre il biondo gli faceva cenno con la mano.
“Oh, no, non deve essere disinteressata. Ho ragione io. E io ho la burrobirra” disse Zabini affacciandosi nel locale e salutando. Oh. C’era la burrobirra. Sarebbe andato tutto bene.
Si era già incamminato verso di loro quando si fermò e si girò verso Pansy. “Ti…”
“Vai pure”, lei sorrideva.

 

Draco era venuto a chiamare Ron per farlo uscire con loro in giardino. Pansy l’avrebbe baciato. Sorrise.
Silenziosamente si avvicinò alla portafinestra mentre guardava i ragazzi. Erano tutti e tre davanti a un affare di metallo e lo guardavano (beh, immaginava che lo guardassero, loro le davano le spalle). Poi Blaise passò una burrobirra a Ron e lui la prese, stappandola con la bacchetta. Prima di berla disse qualcosa e indicò quell’ammasso di lamiera con la bottiglia. Forse sarebbe andato tutto bene.
Si rigirò per andare in cucina e aprì la porta. Daphne versava il contenuto di una bottiglia in bicchieri eleganti con il piede di cristallo. Chiacchierava con Hermione, ma sembrava che la conversazione stentasse a decollare. Entrò con un gran sorriso.
“Ciao, belle donne” Daphne si girò verso di lei, sorrise e la salutò. Lo stesso fece la Grifondoro.
“Cos’hai portato?” le chiese Daphne, guardando un fagotto che svolazzava dietro di lei, dopo averla baciata sulle guance.
“La mamma di Ron manda una torta.”
“Perfetto! Così se i ragazzi bruciano la carne abbiamo qualcosa da mangiare lo stesso.”
Con la bacchetta fece volteggiare la torta sul piano, vicino al vassoio con il vino, e sbirciò dentro il fagotto. “In che senso?” chiese la mora.
“Hanno deciso di cucinare loro”. Come? Pansy guardò Hermione mentre si avvicinava a salutarla.
“A dir la verità è solamente un barbecue. Dovrebbero farcela” disse la riccia.
Lei annuì distrattamente. Non aveva la più pallida idea di quello che stava dicendo.
Daphne le porse un bicchiere e uno lo porse a Hermione.
“Dobbiamo brindare alle vacanze!”
Pansy guardò Hermione ghignando e disse: “Daphne vuole brindare al fatto di avere casa libera per due settimane, più che alle vacanze, giusto? Scommetto che Blaise non è ancora tornato a casa. Da quanto tempo è qui a giocare alla coppia felice?”
“Pansy!” strillò Daphne mentre Hermione sorrideva.
“Dai! Ho solo detto la verità. O No?” La bionda divenne tutta rossa e balbettò qualcosa. “Dai, su, godetevela” disse, ridacchiando e facendo tintinnare il bicchiere con il suo. “A te non chiederò se Draco ti ha portato da Narcissa, perché dopo mi odiereste tutte e due”. Fece tintinnare il bicchiere anche con la riccia e ammiccò prima di bere. Si sentiva veramente bene.

 

Ron si avvicinò alla portafinestra della cucina e mise dentro la testa. C’era anche Hermione. Ma le ragazze erano girate.
“Ehm…” disse entrando.
“Ciao Weasley. Tutto bene? Grazie per la torta”. La Greengrass lo salutò per prima e le altre si girarono verso di lui mentre ricambiava il saluto. Hermione gli fece un cenno con capo e Pansy gli rivolse uno dei suoi sorrisi.
“Malfoy e Zabini dicono di dare ordine agli elfi per fare il rub sulla carne, pulire il pesce e preparare pane a fette e insalata di patate.”
Pansy lo guardò stranita. “E perché sei venuto tu?”
“Oh, sembra che loro non abbiano mai fatto un barbecue, non sapevano di cosa stessi parlando quando ho nominato il ‘rub’…” Ron alzò le spalle. Non gli dispiaceva la cosa. L’avevano guardato in maniera strana quando aveva spiegato come suo padre preparasse la griglia e la carne e si erano eccitati all’idea del fuoco per la brace. “E poi è finita la burrobirra”.
Daphne annuì mentre chiamava uno degli elfi.
“Porto io fuori la burrobirra” disse Hermione tirando fuori la bacchetta.
“Intanto tu vieni qui”. Pansy si rivolse sottovoce a Ron, facendogli cenno con la mano. Prima che Hermione uscisse, la Grenngrass disse, prima di sparire oltre l’uscio della cucina: “Sì, Pansy, intanto tu spiega a Weasley di quel tipo tanto carino che ci ha provato con te quando sei andata a Londra!” E, ridacchiando, uscì dietro all’elfo.
Il rosso guardò la mora che lanciò un’occhiataccia all’amica e poi si voltò verso di lui. “Quale tipo ‘tanto carino’?” Lei era seduta su uno sgabello alto e gli fece ancora segno di avvicinarsi. Ron si avvicinò e lei lo accolse fra le gambe.
“Non ci credere. È una bugia”. Lo baciò sulle labbra.
“Una bugia?” Non doveva lasciarsi incantare, quando lei non voleva spiegargli qualcosa era maledettamente brava e lui ci cascava sempre.
“Sì. Non era per niente carino.”
Lo baciò ancora: fregato.

 

Hermione era uscita dai ragazzi. Si fermò a guardarli. Stavano cercando di incendiare il barbecue, probabilmente. Sorrise. Si avvicinò e spiegò loro come si faceva la brace.
Poi, con un incantesimo, il primo che fosse veramente piaciuto a suo padre, mostrò come far prendere fuoco al carbone e farlo bruciare velocemente, in maniera da avere pronta la brace in meno tempo.
Draco le appoggiò un braccio sulle spalle, stringendola a sé. “Ti adoro, te l’ho mai detto?”
Lei sorrise. “Non di recente”.
“Devo essere molto sbadato.”
“Allora rimedia.” disse, alzandosi in punta di piedi e baciandolo. Zabini tossicchiò e Draco gli disse di andare a controllare il fuoco da vicino. Lui fece una smorfia ma poi si avvicinò effettivamente al barbecue. Dopo cinque minuti iniziò a sventolarsi con una mano e si aprì un bottone della camicia.
“Forse bisognerebbe dirgli di…”
“No, non c’è bisogno” disse Draco baciandola ancora. Dopo altri cinque minuti, Zabini si slacciò un altro bottone.
“Blaise, se ti togli la camicia io vado a casa!” Dalla porta finestra uscirono Pansy, Ron e la Greengrass.

 

Blaise si voltò verso l’amica e ghignò. “Ma se sono bello da togliere il fiato!”
Anche la mora ghignò. “Magari il respiro mi si mozza davvero. Ma preferisco non provare”. Lui le lanciò un’occhiataccia, ma ritrovò il sorriso quando Daphne gli lanciò un bacio volante dicendogli: “Per me sei bellissimo”. Ma non osò togliersi la camicia.
“Comunque non stare così vicino al fuoco.”
Fece un passo indietro. La Granger si avvicinò al barbecue e propose: “Possiamo mettere su la carne. Giusto Ron?” E si girò verso il rosso. Lui annuì.

 

Gli elfi apparecchiarono fuori, in giardino, e i ragazzi stettero davanti alla griglia a controllare il cibo, chiacchierando di Quidditch. Le ragazze si sedettero al tavolo con altri bicchieri di vino.
“Sei andata da tua madre, Pansy?” le chiese Daphne.
Pansy annuì. “Sì, quando ci sono andata con Camille mi ha chiesto di tornare una volta da sola, perché doveva parlarmi” disse a beneficio di Hermione che aveva la fronte corrugata. “È stato… strano. Mamma si è messa a piangere. Aveva capito che era saltata l’evasione quando il padre di Nott aveva smesso di scriverle, così aveva intuito che era stato catturato. Lei…” Abbassò la voce: “penso… sia innamorata di lui”. Sospirò.
Nessuna delle ragazze disse niente. Lei alzò le spalle: “Non sapevo cosa dirle. Così non ho detto niente. Penso che lo ami davvero. E da un bel po’…” Le dispiacque tantissimo per Julien. Si sentiva così in colpa nei suoi confronti. Nessuno disse niente. Hermione annuì distrattamente mentre beveva il vino.
Poi Daphne se ne uscì con una frase delle sue: “Beh, però il padre di Nott effettivamente era molto bello”. A Pansy scivolò il bicchiere di mano. Cercò di prenderlo al volo mentre esclamava: “DAPHNE!”, ma le cadde.
Dovette tirar fuori la bacchetta e risistemare i cocci. Ma la bionda ridacchiò. Aveva bevuto troppo?
“Su, non ho detto che fosse una brava persona o cose così. Ho solo detto che era bello. Perché, era bello”. E ridacchiò ancora. Pansy guardò la Grifondoro che non riusciva a trattenere la risata che aveva in gola.
“L’ultima volta che l’ho visto non era per niente bello”. Alla fine lasciò perdere e rise anche lei. Ma era una situazione disastrosa.

 

“Sono andata a casa di Draco a conoscere Narcissa” disse Hermione tutto d’un fiato.
Pansy fece tintinnare il bicchiere con il suo. “A proposito di disastri. E com’è andata?”
“Non lo so.”
La mora alzò ancora il bicchiere. “Allora è andata bene. Se fosse andata male te ne saresti accorta”.
Poi Hermione abbassò la voce: “Lei… mi ha detto di chiamarla ‘Cissy’. Non ho capito se era una trappola o no”. “Secondo me è una buona cosa” disse la Greengrass. Pansy annuì. Ma lei non ne era convinta.
“Se tratterai bene Draco, non dovrai preoccuparti di lei.”
Rimasero in silenzio per un po’. Poi Hermione non ce la fece più e le chiese: “Anche a te, l’aveva detto? Di chiamarla così?”
Pansy la guardò scuotendo il capo. “No, non me l’ha mai proposto. Forse vede molto più in là di noi”. Poi alzò lo sguardo dietro a Hermione e sorrise. “Tesoro. Hai sete?”
La riccia si girò e vide Ron in piedi dietro di lei, che guardava la Serpeverde come non aveva mai guardato nessuna.
Draco la chiamò e Hermione lo raggiunse.

 

Ron girò intorno al tavolo, si sedette vicino a Pansy e prese il bicchiere della mora, bevendolo tutto.
“Sei stata carina.”
“Io?”
“Sì. Le hai mentito.”
Lei si agitò “Io…” Le mise una mano sulla sua e disse: “Sì, ho capito perché l’hai fatto. Sei stata carina, dicevo”. Lei si rilassò.
“Una bugia a fin di bene, vale più di mille verità!” Daphne guardava verso i ragazzi vicino alla griglia.
La mora prese il suo bicchiere e disse: “Forse è il caso che aspettiamo il cibo, prima di continuare a bere”. La bionda ridacchiò.
“È quasi pronto. Manca poco” ci tenne a precisare lui.
Le ragazze annuirono.

 

Il pranzo era andato bene. Non avrebbe mai potuto sperare di più. Tutti si erano divertiti e l’atmosfera si era rilassata tantissimo. La carne, il pesce e le verdure grigliate avevano fatto scalpore e i ragazzi si erano meritati un sacco di complimenti. Pansy vide Blaise vicino al barbecue che fumava, contemplando la brace che finiva di bruciare.
Si avvicinò, accese una sigaretta e disse: “È andata bene”.
Lui si voltò sorridendo. “È stata una gran soddisfazione, sai?” Sorrise, Blaise che si lasciava andare a un commento del genere… Annuì mentre tirava dalla sigaretta. Poi lui tornò alla solita espressione e le chiese, serio: “Perché non me l’hai detto? Lo sapevano tutti”.
“Cosa?” disse mentre sbuffò il fumo.
“Di Nott, di suo padre, dell’evasione, della sceneggiata con Draco…” Lei alzò le spalle. Non pensava che per lui fosse importante.
“Io non sapevo bene cosa fare. Non sapevo con chi potessi parlarne e con chi no.”
Blaise annuì e disse una cosa strana: “Nott era pericoloso. La storia della pozione, le ragazze…”
“Già.”
“È stato lui, al quarto anno.”
Lei lo osservò curiosa. “A far che?”
“Il tipo di Durmstrang che ti aveva invitato al ballo, ricordi?” Eccome se se lo ricordava!
“Cosa ha fatto Nott?” Ebbe quasi paura a chiedere.
“L’ha fatto pestare. E l’ha obbligato a tirarsi indietro. Aveva amici dell’ultimo anno, all’epoca”. Lei annuì senza dire niente. “Io e Draco l’abbiamo sentito mentre se ne vantava con Tiger. Disse che così saresti andata con lui al ballo. Che bastava chiedertelo al momento giusto. E gli saresti stata riconoscente”.
Lei aspirò dalla sigaretta senza dire niente. Così Draco l’aveva invitata prima che lo facesse Nott. Oh. “Grazie per avermelo detto”.
Lui sorrise. “Mi hanno detto che sei stata brava. Che c’è cascato”.
Già. Brava. Bravissima. E ora le scrivevano dal Ministero ogni svolazzata di mantello. Alzò ancora le spalle. “Ho fatto quello che mi hanno chiesto”.
“La prossima volta mi avviserai prima? Siamo ancora amici, no? Anche se ti ho fatto quella domanda…” Lui la guardò un po’ preoccupato.
“Saremo sempre amici, Blaise. Ho risposto alla tua domanda. Mi hai aiutato quando ne avevo bisogno. Se non ci foste stati tu e tua madre non avrei avuto neanche un posto dove dormire”.
Allungò una mano e gli strinse un braccio affettuosamente. Lui annuì, forse un po’ imbarazzato, e tornò a guardare la cenere.
Quando Pansy tornò al tavolo gli altri stavano parlando di una cena. No. ‘della cena’. “Aspettiamo che Harry e Ginny tornino e poi si farà. Dovrebbe essere un giorno della prossima settimana”.

 

Hermione vide la mora che tentava di allontanarsi dal tavolo, non vista da Ron che le dava le spalle. “Pansy, tu ci vai?” Lei si irrigidì, mentre Ron si voltava per guardarla. Per fortuna aveva espresso Draco quello che voleva chiederle lei.
“Oh, non so… non penso.”
Ron, sorpreso, spalancò gli occhi. Hermione capì quello che provava la ragazza. La cena era alla Tana. Ci sarebbero stati anche loro. Ma non le sarebbe mai passato? Non avrebbe dovuto preoccuparsi di niente.
“Che cena è?” chiese Daphne.
“Una cena dell’Ordine della Fenice, quelli che hanno sconfitto Voldermort” disse la riccia sbrigativa.
“Ecco, appunto” disse Pansy guardando Ron con uno sguardo allusivo.
“Ci vado anche io. Ho ricevuto un invito direttamente da Shacklebolt”, Draco aveva parlato mentre giocava con le briciole della torta sulla tovaglia.
Ron alzò un sopracciglio. “Un invito?”
Draco alzò le spalle. “Per aver aiutato con la storia della cattura degli ultimi mangiamorte in circolazione”.
Ron annuì pensoso. “E te non l’hai ricevuto l’invito?” chiese, rivolto alla mora.
Lei annaspò. Letteralmente. Hermione capì che il suo respiro si era bloccato. Le fece tenerezza. Non voleva venire ma non voleva offendere Ron. Così Pansy non disse niente e si guardò intorno.
“L’hai ricevuto o no, l’invito?”

 

Ron si voltò verso Pansy. Lei non aveva ricevuto l’invito? Per quello non voleva venire?
“Sì, l’ho ricevuto” disse sottovoce. E allora?
“E perché non vuoi venire?” Poi capì. “È perché si fa a casa mia? Perché ci sarà la mia famiglia?”

 

Pansy annuì. L’ultima cosa che voleva era illudersi. Andare a cena da loro; chiacchierare con loro, ridere, scherzare. Illudersi su loro due, illudersi di essere come loro, illudersi di essere accettata per quello che era, illudersi che sarebbe stato per sempre.
Ron spalancò gli occhi. Si alzò in piedi e la guardò. La Serpeverde non capiva cosa gli passasse per la testa. Sicuramente non qualcosa di buono. Lui si girò verso il tavolo. “Grazie per il pranzo, Greengrass. Malfoy, Hermione, ci vediamo la settimana prossima. Salutate Zabini”. Si voltò verso di lei, ma non le disse niente. Le fece un freddo cenno con il capo e si smaterializzò.
Pansy si risedette al posto che aveva occupato prima. Non ebbe il coraggio di guardare in faccia nessuno.
Blaise tornò in quel momento e chiese: “C’è ancora un po’ di torta? Ehi, dov’è Weasley?”
“Se n’è andato” disse Daphne.
“Oh, e perché? Doveva farmi vedere come…” Ma Daphne lo zittì e la indicò con la testa.
“Se n’è andato per colpa mia, Blaise”. Lui cambiò espressione.
“Oh. Devo spaccargli la faccia?”
“Dovresti spaccarla a me. Scusate. Vado a prendere il mantello e torno a casa.”
Si alzò e andò in soggiorno a recuperare le sue cose.

 

***

 

“Potremmo fermarci qui e aspettare di vedere il tramonto.”
Ginny guardò verso l’oceano. Era bellissimo: l’acqua aveva un colore stupendo, a metà fra il cielo della Scozia e il prato di Hogwarts, e le onde si agitavano sugli scogli in una marea di schiuma. Il sole era caldo e lei lo sentiva sul viso. Aveva arrotolato i jeans sui polpacci e tolto le scarpe. Sulla spiaggia non c’era nessuno. Camminava scalza sulla riva e l’acqua era calda tanto da illuderla che potesse essere già estate, ma il vento le scompigliava i capelli e le ricordava che la primavera era appena iniziata.
“Si potrebbe fare.”
Harry le sorrideva mentre si toglieva le scarpe e le calze. Si arrotolò i jeans come aveva fatto lei e la raggiunse nell’acqua. Lui aveva le guance cotte dal sole. Era dannatamente affascinante così abbronzato. Si avvicinò e la schizzò con il piede.
“No!” gridò ridacchiando.
Scappò all’indietro per qualche passo e poi si girò per correre dove l’acqua le arrivava alle caviglie.

 

Harry rise guardandola. Erano giorni fantastici. Finalmente da soli. La Tana era un posto meraviglioso ma c’era troppa gente. Senza nulla togliere alla famiglia Weasley. Li adorava tutti, ma stare da solo con Ginny non aveva paragoni.
Corse verso di lei, schizzandola ancora. Avrebbero guardato il tramonto dalla spiaggia e avrebbero montato la tenda proprio lì, con qualche incantesimo ad hoc. Magari avrebbero anche trasfigurato la vasca. L’ultima volta era andata bene. Molto bene. Sorrise da solo.
“A che pensi?” gli chiese Ginny tornando verso di lui.
“A te.”
“A me?” chiese stranita
“Sì, penso spesso a te.”
“Per forza. Siamo solo io e te.”
Lui divenne serio. “Ti sei stancata? Del fatto che siamo solo io e te?”
Giny sorrise. “No. Ancora no”.
Harry sorrise vedendo la sua espressione divertita e si avvicinò un po’. “Ancora no?” ripetè, quasi ghignando, le sue parole.
“Già. Potrei stancarmi, Potter!” Adesso lei rideva e il suo sguardo era fantastico. Non gli sarebbe servito nient’altro per vivere.
“Ah sì? E più o meno, quando pensi che succederà?”
La ragazza lo schizzò lanciandogli l’acqua con il piede e Harry spalancò gli occhi, allegro. “Fra quaranta o cinquant’anni. O forse settanta. Sì, settanta, Sono abbastanza sicura”. Ridacchiò.
“Adesso vediamo se riesco a togliere dalla tua faccia quella smorfietta” disse lui iniziando a correre verso di lei. Ginny gridò divertita e si voltò per scappare, ma lui, che era più veloce, riuscì a raggiungerla. Quando le fu vicinissimo, pensò di averla presa ma all’ultimo la rossa si spostò e lui cadde perdendo l’equilibrio. Si girò mettendosi seduto sul bagnasciuga mentre si godeva la situazione.
“Oh, oh, oh!” Ginny rideva tantissimo avvicinandosi a lui. Era così bella. “Guardati, Potter. Sei ai miei piedi!” E ridacchiò ancora. Quando fu abbastanza vicino, Harry le prese una gamba e la fece cadere su di sé.
“Sai cosa vorrei?” le disse a pochi millimetri dalle sue labbra.
“Dimmi, Potter, cosa vorresti?”
Harry le accarezzò una guancia e le disse: “Vorrei avere un anello per te. Qui. Adesso”.

 

Ginny si irrigidì. Un anello? Ma cosa…
Nervosamente si tirò in piedi e passò le mani sulle cosce per togliere inesistenti granelli di sabbia. Lui dovette accorgersi della cosa, perché silenziosamente si alzò.
“Ho detto una cosa brutta?” Harry la guardava con un’espressione colpevole.
“No. Mi hai solo… preso alla sprovvista. Noi… non abbiamo mai parlato di…” Non riusciva a guardarlo. Harry le prese la mano e la obbligò a girarsi.
“Non volevo spaventarti o rovinare questo momento. Ho solo detto quello che pensavo. Io mi rendo conto che è presto. So che hai solo diciasette anni… Ma io so già quello che voglio. Non ho detto che voglio sposarti domani e fare dei figli il mese prossimo.”
La rossa annuì. Dei figli? L’immagine del bambino con gli occhi di Harry le si affacciò nei pensieri. Sorrise.
L’idea le piaceva.

 

“Però mi piace pensare che lo faremo. Mi piace pensare che un giorno ti guarderò camminare insieme a tuo padre mentre vieni verso di me che ti aspetto in fondo alla navata, emozionato e balbettante accanto a Ron.”
Lei spalancò gli occhi, stupita e adorante.
Harry sorrise: lo stava facendo bene.

 

Oooohhhh. Che cosa carina. “Sai cosa vorrei? Cosa sogno per noi?” continuò Harry e lei riuscì solo a scuotere il capo. “Una bambina. Una bambina con le trecce, i tuoi occhi e il nome di mia madre”.
Ancora ooohhh. Sentì che stava per commuoversi. Così, con uno sforzo immane, cercò di riprendersi. Si avvicinò di nuovo a lui.

 

“In questo caso rimarrai deluso, Potter.”
Harry si irrigidì. Si spaventò, preoccupato di quello che lei avrebbe detto, ma poi Ginny sorrise. “Perché io, a divinazione, ho visto chiaramente un bambino, un maschio, e gli occhi erano i tuoi”.
Harry sorrise e quando lei si avvicinò la prese fra le braccia e la strinse forte.
“È un , giusto?” Lei ridacchiò e ricambiò il suo abbraccio.
“Sì.”

 

***

 

Dopo due ore da quel ‘saluto’ a casa di Daphne, Pansy si fece coraggio e bussò alla porta che aveva davanti. Si trattenne le mani perché tremavano troppo e le nascose fra le pieghe del mantello che aveva fra le braccia. Aspettò con pazienza.
La signora Weasley le aprì la porta, le sorrise calorosa e la salutò: “Pansy, tesoro! Entra!” La invitò a entrare in casa e la baciò sulle guance mentre l’abbracciava. Oh che bello.
“Com’è andato il pranzo a casa della tua amica?” Pansy si sforzò di sorridere.
“Benissimo. La sua torta era buonissima. Grazie ancora.”
La strega liquidò il suo commento con la mano. “Ron ha scordato il mantello”disse quando vide la curiosità negli occhi della signora Weasley.
Lei scosse la testa. “Oh, quel ragazzo! Perderebbe tutto, anche la Ricordella! Te lo chiamo subito, intanto vieni di là” disse prendendo il mantello dalle sue mani e facendo strada.
Pansy la seguì e notò che in soggiorno c’era molta gente. Beh, effettivamente loro erano in tanti, doveva essere normale. Salutò tutti: Bill e Fleur, con un bel pancione; il fratello noioso del ministero, Percy, se non si ricordava male, ma senza la Adams, per fortuna; Andromeda con Teddy, il bimbo con i capelli colorati; altre due persone che le furono presentate al momento; il padre di Ron e George che ghignò, vedendola. La signora Weasley le prese il mantello ma si dimenticò di chiamare Ron. Cosa doveva fare?
Dopo aver scambiato qualche convenevole con Fleur e Andromeda, si avvicinò a George e sussurrò: “Cercavo Ron…”
Lui la guardò alzando un sopracciglio, ma poi dovette aver pietà perché disse a bassa voce: “È in camera. Vieni con me”. Seguì il gemello su per le scale, finché lui non si fermò su un pianerottolo. “La camera di Ron è all’ultimo piano”.
“Ok, grazie”. E si incamminò su per l’ultima rampa. C’era solo una porta, non poteva sbagliare. Bussò.
“Non voglio niente, mamma!” Oh. Merlino. Ron pensava che fosse sua madre. E ora? Bussò ancora. “Vai via!” Per un attimo pensò di andarsene davvero. Non avrebbe gridato attraverso la porta. Ma sotto, George era ancora sul pianerottolo e non voleva farsi vedere a tornare giù. Cosa doveva fare? Meccanicamente bussò ancora, quando sentì un rumore e un’imprecazione venire da dentro la stanza.
Quando la porta si aprì velocemente e Ron quasi gridò: “Ti ho detto… Oh”, Pansy per poco non fece un passo indietro. Poi Ron la riconobbe e si bloccò sul posto.
Lei propose un timido: “Ciao…”

 

Ron era nervoso e collerico. Era sdraiato sul letto da non sapeva quanto tempo, quando sua madre tornò a bussare alla porta per convincerlo a unirsi agli altri o a mangiare qualcosa. La mandò via. Ma poi bussò ancora. Ora non aveva neanche più voglia di essere gentile. Quando bussò per la terza volta si arrabbiò e decise di aprire la porta per dirglielo in faccia, ma inciampò nel tappeto e imprecò quando cadde disteso sul pavimento.
Quando arrivò alla porta era giù di testa. L’aprì con l’intenzione di dirle quello che le andava detto, ma… non era sua madre: era Pansy. Cosa ci faceva lì?
“Ciao…” gli disse.
“Cosa fai qui?”
Lei incassò il colpo che lui non si rese conto di infierire e disse: “Avevi lasciato il mantello da Daphne…”
Oh. Giusto. “ E dov’è?” La mora indicò con il pollice la scala dietro di lei.
“L’ho dato a tua mamma.”
Ma una domanda intelligente, no? Non gli veniva fuori? Lei si guardò intorno sul pianerottolo. Sembrava un po’ in imbarazzo.
Quando sentì la risata di suo padre venire dai piani bassi, le prese la mano e la tirò dentro la stanza, come se volesse nasconderla. Tanto che lei disse: “Mi hanno già visto, sai?”
Oh. Giusto, giusto. Ok cerca di dire qualcosa di intelligente adesso. “Quindi adesso non hai vergogna di me?” Lei spalancò gli occhi e la bocca. Lui chiuse la porta.
“Vergogna? Ma cosa dici?”

 

Pansy non riusciva a crederci. Lui pensava che lei avesse vergogna di lui? Ma che cosa assurda!
Si guardò intorno: quella stanza era particolarmente luminosa. Forse perché era tutta arancione. Arancione il piumino, le pareti, il soffitto inclinato. I poster alle pareti erano della squadra di Quidditch, immaginò. Quella dei guanti. Sorrise.
“È bella, camera tua.”
Ron la guardò alzando un sopracciglio. “Mi prendi in giro?”
Lei spalancò di nuovo gli occhi. “No. Perché dovrei? E perché pensi in continuazione che abbia una brutta opinione di te?” Ron alzò le spalle. Si avvicinò a lui quando si sedette sul letto. Si accucciò davanti alle sue gambe per essere alla sua altezza e poterlo guardare.
“Mi dispiace, per prima. Non volevo offenderti. O offendere i tuoi. O…”
“Ok”, il ragazzo sbuffò e guardò il soffitto.
“Non ho vergogna di te” disse dopo un po’, quando lui non smise di guardare in aria. Ron tornò a guardarla.
“E perché non vuoi venire? È solo una cena. Una piccola cena…”

 

Ron vide Pansy alzarsi e sedersi sul letto accanto a lui. “Non è solo una cena! E non sarà certo piccola! Ci saranno tutti… tutti voi… voi… siete… eroi. Salvatori del mondo magico. Io… cosa c’entro con voi? Io volevo che Potter finisse sotto Voldemort, ricordi? Con che coraggio dovrei venire a festeggiare con voi?”
“Hai aiutato il mese scorso…” Ma lei scosse la testa.
Ron si appoggiò indietro, sui palmi delle mani. “Io sono scappato. Ho lasciato Harry e Hermione da soli nel bosco, a vedersela con i mangiamorte. Non dovrei partecipare neanch’io, allora!”
“Ma non sei andato via perché il medaglione che portavi al collo, quello con l’anima malvagia di Voldemort, ti aveva distrutto il cuore? E non sei ritornato da loro, dopo averlo tolto?” Ron si girò verso di lei, stranito. Come faceva a saperlo?
“E tu… come lo sai?”
Pansy alzò le spalle. “A Hogwarts lo sanno tutti: Ginny. Lei raccontava la storia ai ragazzini dei primi anni. Lei racconta che il tuo cuore è stato stritolato, ma tu sei riuscito a capirlo e a combatterlo. Sei un eroe. Lo siete tutti”.
Oh. Tornò a guardare il soffitto. Lui aveva ascoltato la storia raccontata da sua sorella solo una volta. Non si ricordava che lei avesse raccontato quella parte. Forse aveva sentito dopo quel punto lì.
E Pansy aveva ascoltato la parte su di lui?

 

Pansy lo guardò. Aveva le orecchie rosse. Poi si rigirò verso di lei. “Pensavo che la raccontasse solo in sala comune. Da noi”.
“Oh no. All’inizio dell’anno in sala grande e quando c’era bel tempo l’ho vista anche in giardino. Ma poi, quando si sono lasciati, non l’ha più fatto.”
“E quando l’hai sentita la storia, tu? Avete fatto amicizia dopo che Harry l’ha lasciata.”
La ragazza guardò per terra.

 

Ron era curioso, adesso. E lei era imbarazzata.
Non alzò lo sguardo quando rispose: “Il tre di ottobre”. Merlino! Sapeva la data? Lui pensava una risposta tipo ‘oh, prima della partita di Quiddich di Corvonero ma dopo quella di Tassorosso’, e invece lei gli disse una data. La data. Che giorno era? Era maleducato chiederlo?
“E come fai a essere così sicura?”
“È stato il giorno che mi hai rubato la sigaretta.”
Oh. Ron sentì le orecchie andare a fuoco. Di nuovo. Che vergogna! Forse era giusto che lei si vergognasse di lui.
“È stato prima… dell’aula di pozioni” disse solamente.

 

Pansy sorrise. “Sì”.
“E così hai ascoltato la storia?” Lui sembrava aver bisogno di rassicurazioni. E lei poteva dargliene. Anzi, era lì per quello.
“Mi sono fermata ad ascoltare quando Ginny ha iniziato a parlare di te.”
Il rosso sorrise. Ginny lo faceva sembrare un eroe romantico. Ma Pansy non gli raccontò di come le ragazzine sospiravano estasiate ad ascoltare la parte su di lui (probabilmente era per quello che avevano iniziato a girargli intorno in quella maniera, ma Pansy era convinta che lui non lo sapesse).
“Quindi dovrei ringraziare mia sorella, se ti sei interessata a me?”
Pansy gli prese una mano. Lei non era proprio una ragazzina che sospirava.
“No. Dovresti ringraziare quel bambino alla stazione. Quello con i capelli rossi. Tu gli hai sorriso e hai detto una frase bellissima, quando ti ha detto che veniva preso in giro.”
Ron si allungò verso il comodino,chinandosi verso di lei, a prendere una pergamena. Pansy sentì il suo profumo invaderle i sensi.
“Jake? Mi ha fatto un disegno.”
Lei lo prese. Che cosa carina. Anche Camille, quando era piccola, le faceva dei disegni. “Gli ho detto…”
“Che quello che si fa è più importante di quello che si è” concluse la mora mentre osservava il disegno.
“Lo disse Silente a Harry” Lei annuì come se lo avesse sempre saputo.
“E come si fa a rimediare quando si fanno cose brutte?”
“Se ne fa una bella.”
Aveva detto anche questo, Silente?

 

“Verrai alla cena, allora?”
Ron la vide vacillare, ma solo per pochissimo. “Verrò, se vuoi tu. Per nessun altro motivo”.
Lui si sentì importante. Si immaginò una delle scritte rosse sulla tribuna dello stadio. “Kingsley ti ha invitato personalmente!” disse però, un po’ piccato.
“Non mi interessa di Shacklebolt.”
“Quindi se non te lo chiedessi io, non verresti?” Era più importante del Ministro? Si rallegrò.
“Si chiederebbero cosa ci faccio…”
“Ma hai un invito!”
“… con te” continuò lei come se Ron non l’avesse interrotta. “O perché tu vuoi stare con me”.
Il ragazzo alzò le spalle. “Non mi interessa!”
“Forse adesso… ma poi potrebbe interessarti. E dopo sarebbe tardi”. Lui alzò un sopracciglio.
“Troppo tardi per cosa?”
“Per non farsi coinvolgere…” Ma non ne avevano già parlato?
“Per quel che mi riguarda, sono già coinvolto”.
Mentre lo diceva si sentì… grande, un adulto.
“Oh, anch’io. Per questo ti chiedo se ne sei proprio sicuro.”
Lei sospirò, mentre lo guardava un po’ persa. “Io non sono mai stato così sicuro. E ora basta parlarne. Vieni alla cena. Sarai la mia ragazza. Sarai coinvolta. Ma ora…”
“Ora cosa?” chiese lei sorridendo. Doveva aver già capito.
“Ora sarai mia.”
Si alzò appena per girarsi verso di lei e le posò la mano sulla nuca, prima di baciarla.

 

Le sue mani erano calde e Pansy non riusciva a pensare lucidamente. Il suo profumo era inebriante e il suo sapore dolcissimo. Quando le sfilò il vestito perse completamente la ragione.
Si stese vicino a lei e disse sottovoce: “Ho paura che il mio letto sia un po’ piccolo rispetto a quelli a cui sei abituata…”
Lei lo baciò teneramente e rispose: “Sarà un motivo in più per stare più vicini”.

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***Eccomi con il nuovo capitolo!! Siamo in fondo, ormai, quasi mi dispiace 😭... Grazie a tutti voi che leggete e se vi va, lasciatemi un parere. Buona lettura!😉
   
 
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