2
maggio 1999
Pansy era
particolarmente nervosa: quella domenica era diversa dalle altre.
Ci sarebbe
stata la cerimonia per l’inaugurazione del monumento per i
caduti nella battaglia
dell’anno prima. Sarebbero stati presenti tutti i membri
dell’Ordine della
Fenice, le famiglie degli studenti, gli addetti del ministero e
chiunque altro
avesse voluto presentarsi. Era stata organizzata come una cerimonia in
grande.
Molto in grande. E sicuramente lo sarebbe stata.
Si mise il
rossetto e sospirò. Poteva farcela.
“Pansy, la
porta scorrevole è bloccata. Non si
apre…”
Millie si
era affacciata alla porta della camera. Aveva un vestito giallo con
delle
decorazioni nere. Sorrise, guardandola. Stava bene. Macmillan si
sarebbe
vestito di verde e argento?
“Sì, lo so.”
“Oh, lo
sai?”
“Sono stata
io.”
Millie era
confusa. Giustamente. Prese la bacchetta, la infilò nello
stivale e si
incamminò con lei verso la sala comune. “Le
ragazze sono tutte fuori dalle
stanze?” Lei annuì.
Il brusio
l’accolse in sala comune. Andò verso la porta
scorrevole e zittì tutti quelli
che volevano informarla del fatto che fosse bloccata. Guardò
verso il corridoio
dei ragazzi e Draco, che arrivava da lì, le fece un cenno
positivo e si
incamminò verso di lei. Sospirò. Sperò
non ci fosse bisogno del Sonorus.
“Silenzio” ordinò
e il brusio si fermò. “Siamo la casa
più bella di Hogwarts” iniziò. Si
levarono
urla scalmanate dal fondo. “Siamo i più ambiziosi,
astuti e furbi…”
“E i
migliori in pozioni!” gridò ancora qualcuno.
Sorrise annuendo e guardando
Draco.
“Ma siamo
anche rispettosi”. Ci fu silenzio. “Là
fuori oggi ci sarà la cerimonia per
l’anniversario della più brutta battaglia che
possiate ricordare. Qualcuno di
voi l’ha vissuta…” Guardò
Millicent, che annuì e guardò verso Draco che
rivolse
lo sguardo a tutti gli studenti, senza abbassarlo. “Chi, come
me, ha avuto la
fortuna di non assistere a l’orrore che la guerra porta,
può solo ringraziare
di essere scampato a una simile esperienza. Ci saranno tantissime
persone, oggi.
Persone che hanno combattuto perché Hogwarts potesse tornare
a essere la scuola
che ci ricordavamo, persone che ci hanno reso liberi dalla violenza e
dal
terrore, e chi è stato qui l’anno scorso, se lo
ricorda bene”.
“A me
piaceva, l’anno scorso” gridò un
ragazzo. Intorno a lui poche voci lo
assecondarono.
Pansy si
voltò verso di lui, fermò Draco che si stava
dirigendo verso il ragazzo e lo
riconobbe: Rowie.
Aveva
parlato con tutti i ragazzi figli di mangiamorte arrestati in quelle
due
settimane. Tutti. Tutti tranne Rowie. Non sapeva qual era la sua
opinione,
sulla guerra, sulla cerimonia. Non voleva che potesse dare il via a
qualcosa di
stupido, folle o pericoloso.
“Rowie,
racconta allora quanto ti è piaciuto l’anno scorso
essere cruciato da Goyle.
Tutte le volte che è successo. E come sia piaciuto anche a
lui. Scommetto che
tutti sarebbero curiosi di saperlo. Perché”, e si
rivolse di nuovo verso tutti
“Quando quelli delle altre case erano troppo deboli o erano
nascosti, quando i
Carrow non avevano più nessuno contro cui sfogarsi, se la
sono presa anche con noi.
O mi sbaglio?”
La sala
rimase in silenzio, qualcuno del sesto o del quinto anno
annuì. Qualcuno dei
piccoli tremava. Maledetti Carrow.
“Chi si
comporta male con gli altri, quando gli altri non ci sono
più, si comporta male
anche con te. Rowie, ricordatelo. Non si stava bene, l’anno
scorso.”
Sperò che il
suo sguardo valesse per tutti. Il ragazzo annuì
silenziosamente e abbassò gli
occhi. “Se becco uno di voi, o anche tutti voi, non mi
interessa, a fare
qualcosa di stupido, di sbagliato o di irrispettoso verso le persone
che oggi
sono venute a ricordare i loro cari, ve la vedrete direttamente con me.
Ci
siamo capiti?”
Le teste
annuirono e qualcuno disse qualche labile
‘sì’.
“Ci siamo
capiti?” chiese ancora, a voce più alta. Daphne e
Blaise gridarono il loro Sì.
Anche Millie e Draco lo dissero ad
alta voce. Sentì anche Camille e Astoria. Le amiche di
Astoria, Mike e qualcun
altro e via via tutta la sala comune. Quando tutti ebbero gridato,
riportò il
silenzio.
“Perfetto.
Perché siamo Serpeverde e siamo la casa più bella
di Hogwarts. Giusto?” Il sì
questa volta fu immediato e
sostenuto.
“Chi siamo
noi?” gridò Draco.
“Serpeverde!”
risposero gli studenti.
“Allora
andiamo fuori, a dimostrare a questa scuola come sono fatti i
Serpeverde!”
Aprì la
porta scorrevole con la bacchetta, per far uscire tutti. Davanti aveva
posizionato tre prefetti. I due del settimo anno e il ragazzo del
sesto. Fece
cenno di avviarsi.
“Chi sono i
più bravi in pozioni?” gridò Blaise
“Serpeverde!” Qualcun altro gridò ancora
qualcosa e la risposta di tutti fu sempre quella.
Pansy sperò
che bastasse. Che nessuno si facesse compatire, che non succedesse
niente.
Draco le venne vicino e le mise una mano sulla spalla.
“Andrà tutto
bene.”
“Speriamo” disse,
controllando Rowie.
***
Hermione
aspettò Draco fuori dal portone d’ingresso. Vide
passare tutti i Serpeverde uno
dietro l’altro. Erano molto carichi e sorridenti.
Mah…
Quando alla
fine uscirono Pansy e Draco sorrise al ragazzo.
“Ciao. Mi
aspettavi?” Lei annuì. Le prese la mano e si
avviarono verso il cortile, dove
un grosso telo copriva il monumento che si sarebbe inaugurato quel
giorno.
Migliaia di sedie erano allineate davanti a un piccolo pulpito.
“Pansy dove
vai?” Draco si era girato verso l’amica e Hermione
si era fermata. “Vado a
fumare. Vi raggiungo subito”.
“Ti siedi
con noi?” le chiese la riccia.
“Penso che
mi siederò vicino a qualcuno dei ragazzi più
scalmanati. Così da essere
sicura…”
“Sicura di
cosa?”chiese ancora Hermione.
La mora
scosse le spalle e si allontanò.
Pansy
andò
sulla montagnola con la panchina, da dove si vedeva il parco e il lago.
Tirò
fuori una sigaretta, l’accese e sospirò.
“Ci hai
venduto. Per scoparti Weasley.”
Si girò, ma
sapeva già chi fosse. “Rowie”.
Ignorò la sua provocazione. Il giorno prima il
ragazzo li aveva visti insieme. Ma lei aveva smesso di nascondersi. Lui
si
avvicinò.
“Hai parlato
con tutti, tutti quelli che hanno i genitori ad Azkaban.”
“Tutti tranne
te: mi hai evitato” Lui annuì.
“Se Potter
non avesse vinto, ora avremmo tutti i nostri genitori a casa e non
saremmo lo
zimbello della scuola.”
Anche lui si
accese una sigaretta. “Pensi che saresti stato libero?
È un illusione, te ne
rendi conto, vero?” Il ragazzo annuì e lei si
sorprese della risposta.
“Ma è più
facile pensare che sarebbe stato meglio. Meglio di così.
Loro… mi mancano…” Oh.
Era un ragazzino. Un ragazzino che contava sui propri genitori. Come
loro due
anni prima.
“Anche i
miei sono ad Azkaban.”
“E non ti fa
arrabbiare?” Pansy soppesò la domanda prima di
rispondere.
“Sì.
Tantissimo. All’inizio ero arrabbiata con il ministero, poi
con Potter, poi con
mia madre, poi sono stata arrabbiata anche con me stessa. Ma tantissimo
con mia
madre. Per essersi cacciata in quella situazione, per avermi
abbandonato, per
aver fatto la scelta sbagliata. E avermi lasciato qui, da sola ad
affrontare
tutti.”
Rowie annuì
ancora. “E adesso?”
Lei alzò le
spalle. “È stato difficile. Adesso… non
lo so, a volte cerco di non pensarci, a
volte mi sembra di essermelo lasciato alle spalle. Io non avevo
nessuno, è
stato difficile. Tu… hai qualcuno che si occupa di
te?”
“Ho i nonni…”
Pansy annuì. “Ho anche una sorella”
continuò il ragazzo, tirando dalla
sigaretta.
“Una
sorella? Non mi ricordo di…”
“È più
piccola, inizierà la scuola a settembre.”
Lei sorrise.
“Ti darà da fare”. Lui alzò
le spalle.
“Fidati, so
come sono le sorelle piccole. E se le sei rimasto solo
tu…” Il ragazzo si girò
di colpo verso di lei.
“Solo io?”
“Immagino
che sia stato difficile anche per lei, no? Vedersi portar via i
genitori, di
punto in bianco. Probabilmente non ha neanche capito
cos’è successo. Dovrai
starle vicino.”
Rowie non
disse niente e continuò a guardarla pensieroso. Lei spense
la sigaretta e la
fece sparire.
“Adesso
andiamo. Te la senti di assistere alla cerimonia?” Lui
annuì, ma senza troppa
convinzione.
Ginny
osservò Pansy andarsi a sedere vicino ai ragazzi Serpeverde.
“Perché
Pansy non viene a sedersi con noi?” chiese a Hermione e
Draco.
“Vuole
controllare le teste calde da vicino. Ha paura che qualcuno possa fare
qualche
scherzo o qualcosa di peggio.”
Oh. “E
perché invece tu sei qui e non lì ad
aiutarla?” Il biondo la guardò stranito e
lei sbuffò. Si guardò intorno, dov’era
Ron? “E Ron dov’è?”
“Sta arrivando
insieme a Harry. Guarda, sono lì”. Hermione
indicò i due ragazzi che stavano
arrivando. Loro erano seduti tutti davanti, insieme
all’Ordine della Fenice, al
resto dei Weasley, ai principali esponenti del ministero e ai
professori che
avevano protetto Hogwarts. Dietro di loro gli studenti che avevano
combattuto.
E poi tutti gli altri.
Draco
pensò
ancora alle parole della Weasley. Merlino, aveva ragione!
Perché lui era lì?
Aveva anche combattuto la guerra dalla parte sbagliata! Era vivo per
miracolo.
Guardò verso
i Serpeverde, la sua casa, i suoi compagni. Blaise disse qualcosa
all’orecchio
di Daphne che rise e annuì. E poi gli altri, i ragazzini, le
ragazze. Guardò
Pansy, vicino a un Rowie a capo chino. Non aveva bisogno di aiuto.
Però…
Ron e Harry
arrivarono di corsa e si sedettero. Ron si guardò intorno.
“Dov’è
Pansy?” chiese agli altri.
“Là”. Indicò
Ginny. Il rosso spalancò gli occhi.
“Perché non
è qui?” Ginny alzò le spalle e
guardò ancora Malfoy. No. Così non andava bene.
Non avevano parlato dei posti dove si sarebbero seduti, ma lui aveva
dato per
scontato che lei si sarebbe seduta vicino a loro. Se c’era
Malfoy…
Probabilmente lei lo aveva fatto apposta.
Un applauso
particolarmente sentito diede il via alla cerimonia. Il Ministro
iniziò a
parlare.
Ron, però,
non lo ascoltava.
“Vado
a
sedermi là, vicino a lei.”
Il rosso si
alzò. “Ma aspetta, cosa…”
iniziò Hermione.
“Forse
dovrei andarci io” disse Draco.
“Se vuoi andarci,
vengo con te” propose la riccia. Lui la guardò con
amore. Annuì.
Ginny si
alzò e disse a Harry: “Andiamo anche
noi”.
Lui la
guardò stranito ma quando si rese conto che sarebbe rimasto
da solo, si alzò e
seguì gli altri.
Quando quel
gruppetto si mosse per il cortile per spostarsi, ci fu un girarsi di
teste e
qualche mormorio di sottofondo.
Nessuno si
accorse che il ministro si era fermato. Quando le sedie sparirono e poi
ricomparvero vicino ai Serpeverde, tutti erano girati verso loro che si
sedevano.
“Cosa
fai?”
chiese Pansy a Ron.
“Sono venuto
vicino a te” Ron le prese la mano e la baciò. La
mora guardò anche gli altri.
Tutti fecero un cenno del capo e sorrisero. Sentì, di fianco
a lei, Rowie mormorare un: “Weasley”, molto
contenuto ma senza ironia.
“Rowie” ripose
il rosso.
Il Ministro
non aveva ancora ripreso a parlare e li guardava sorridendo. E
improvvisò.
Hermione fu l’unica a saperlo, perché il discorso
lo aveva scritto lei, e per
quanto sapeva di aver scritto dei pensieri molto belli sulla scuola,
quello che
disse Kingsley, li superò tutti.
Perché parlò
di quando a scuola c’era stato anche lui. Di come la scuola
fosse stata
importante, di come lo fosse ancora, della sua importanza.
Prese
bonariamente in giro la McGranitt e raccontò di Silente, il
grande preside che
aveva sempre una parola saggia per tutti, di Piton che con coraggio e
astuzia
era riuscito a ingannare tutti, perfino loro, e aveva sempre lottato
vicino a
Silente. Raccontò due o tre aneddoti veramente simpatici,
tanto che anche i
ragazzi più piccoli riuscirono a non annoiarsi e a seguire
il discorso.
I Serpeverde
furono contenti, quando raccontò di aver avuto un grande
amico fra di loro, e
pendevano dalle sue labbra, quando raccontò di come un
duello si fosse
trasformato in una splendida amicizia.
Guardò verso
i ragazzi e guardò Pansy. Hermione non capì bene
il perché, ma la mora dovette
capirlo, visto che spalancò gli occhi e sorrise.
“E ora,
preparatevi, perché vi leggerò i nomi delle
persone più coraggiose, eroiche e
audaci, che ci hanno permesso di festeggiare oggi la nostra
libertà. A tutti
loro, dedichiamo questo!” Puntò la bacchetta
sull’enorme monumento e slegò il
fiocco che stringeva la stoffa. Il tessuto cadde e sparì, e
una enorme
struttura di marmo fece la sua apparizione.
Agli occhi
di un bambino poteva sembrare un grande gazebo: cinque colonne di marmo
bianche
reggevano una cupola decorata anch’essa di marmo bianco e su
ogni colonna, i
nomi dei caduti erano scritti con caratteri dorati ed eleganti. I nomi
delle persone
vorticavano in cerchio, si intrecciavano fra loro, si spostavano da una
colonna
all’altra e viaggiavano su e giù. Quando venivano
toccati, come una foto,
compariva il viso della persona a cui apparteneva il nome. Dopo che
vennero
letti tutti i nomi, Kingsley fece cenno di avvicinarsi.
I ragazzi
entrarono dentro quella meraviglia con occhi spalancati.
Molte
streghe piangevano e si asciugavano gli occhi.
Ginny
toccò
il nome di Fred quando le apparve, e questo, dispettoso e burlone come
era
stato, scappò ridendo. Sentì le lacrime bagnarle
gli occhi e le guance.
Harry vide
il nome di Sirius, e dei suoi genitori. Appoggiò la mano
alla colonna,
improvvisamente debolissimo. Loro sorridevano, come se fossero
lì con lui. Gli
mancavano terribilmente. Quando passò il nome di Piton,
allungò il passo per
poterlo toccare prima che scappasse: lui lo degnò di quello
sguardo che aveva
tanto odiato e che gli aveva sempre rivolto. Sorrise: non sarebbe mai
riuscito
a riconoscere un Piton sorridente. Ginny si avvicinò a lui e
gli passò un
braccio dietro alla schiena, stringendolo.
Ron si
avvicinò
alle colonne. Vide Tonks e il naso della ragazza trasformarsi, quando
toccò il
suo nome. E Lupin, che sorrideva come quando aveva insegnato a Neville
a
difendersi dal molliccio.
Hermione si
avvicinò e studiò ogni cosa. Gli altri non
avevano riconosciuto lo stile delle
colonne, ma a lei non era sfuggito. E anche la cupola in cima, era
piena di simboli
dai significati nascosti. Era una meraviglia unica. Girò
intorno per vedere
tutte le decorazioni che erano alla base e al capitello di ogni
colonna. Numeri
e simboli. Era stupendo. I ragazzi delle future generazioni avrebbero
potuto
passare lì il tempo, a studiare e imparare a non
dimenticare.
Pansy si
avvicinò. Rowie, dietro di lei, non ebbe il coraggio di
seguirla. Lei gli fece
un cenno.
“Vieni a
vedere.”
Il ragazzo
si avvicinò. Lei vide il nome di Silente e poggiò
la mano sul suo nome e il
viso barbuto del preside sorrise ai due ragazzi. Sentì Rowie
emettere
un’esclamazione di stupore.
“Ma… i nomi
sono tantissimi…”
“Le guerre
sono state due. La prima sembrava finita con la cicatrice di
Potter” disse. Indicandolo.
“E la seconda è finita un anno fa”.
“E ora è
finita davvero?”
“Sì. Ora
bisogna ricostruire e andare avanti.”
Si allontanò
da lui quando vide una bambina corrergli incontro: doveva essere la
sorella.
Neville si
avvicinò con Hannah alle colonne. Sapeva che loro
c’erano. Non erano morti, ma non stavano neanche vivendo. La
McGranitt
gli aveva chiesto cosa preferisse e lui aveva scelto di far mettere i
suoi
genitori lì, insieme agli altri, perché potessero
stare in mezzo agli eroi,
visto che lo erano. Sua nonna aveva annuito compiaciuta quando glielo
aveva
detto.
Quando vide
passare la scritta, toccò il nome e pianse a vedere la madre
che gli sorrideva.
Hannah gli
strinse forte un braccio.
I Weasley al
completo avevano già fatto il giro sotto il monumento. Molly
piangeva
copiosamente e Arthur la consolava tenendole un braccio sulle spalle.
Quando
tutti, studenti, famiglie e visitatori ebbero avuto il tempo di
ammirare il
monumento, si spostarono in sala grande. I tavoli delle case erano
stati
spostati e un enorme buffet era apparso al posto del tavolo dei
professori.
Pansy si
avviò verso la sala grande. Lui doveva essere lì.
Passando per l’ingresso vide
due ragazzi in un angolo che si baciavano. Gettò
l’occhio, quando la ragazza si
staccò da lui riconobbe Astoria. Si fermò per
curiosità. Chi era il ragazzo?
Quando capì
chi fosse, rimase sorpresa. Mike Derrick? Scosse le spalle. Era un
bravo
ragazzo. Aveva una cosa importante da fare e voleva farla subito.
Individuò Ron
vicino al tavolo con il buffet (ancora gamberi?) e gli andò
vicino.
“Ho una cosa
per te.”
Lui mollò il
piatto con velocità e sorrise.
“Andiamo!”
La mora lo
guardò stranita. “Dove?”
Ron alzò le
spalle. “Stanza delle necessità?”
“Non
intendevo quello!” esclamò un po’
piccata, ma sorrise.
“Oh. Ok.
Quindi?”
“Vieni.”
Lo prese per
una mano e lo portò fuori dalla sala grande. Attraversarono
il portone e si
inoltrarono nel cortile.
Era
piuttosto affollato, così lei lo portò verso la
panchina sulla montagnola. In
fin dei conti era come se tutto fosse iniziato lì.
Sfilò la
bacchetta dallo stivale, e fece apparire la sua borsetta. Ci
frugò dentro per
un po’ e poi tirò fuori una piccola cosa colorata.
Ron
guardò
meglio: era curioso e lei era misteriosa.
Rise mentre
gli allungava quella piccola cosa. Come la prese in mano,
sbarrò gli occhi
stupito. E incantato. E contento. Per Godric! Era una figurina delle
cioccorane. Era la SUA figurina
delle
cioccorane. La sua faccia lo guardava sorridendo. Ma lui sorrideva
così? Era
estasiato. E la guardò sorridendo.
“Sembra che
ti piaccia” gli disse.
“Dove l’hai
trovata?”
“Oh, ho
sequestrato una cioccorana a un ragazzino. Era aperta e l’ho
vista... Io non lo
sapevo!” Sorrise.
“Non lo
sapevo neanch’io.”
La guardò
ancora e accarezzò la figurina. ‘Nr.
106’.
Lui, Ronald Bilius Weasley era la figurina numero 106 delle cioccorane.
Sorrise
ancora come un ebete.
“Grazie.
Grazie mille. Sono felicissimo.”
Pansy rise.
Lo vedeva, quanto fosse felice.
Ron si
avvicinò e le posò le mani sui fianchi,
chinò la testa verso di lei e appoggiò
le labbra sulle sue. Era un permesso. Le stava chiedendo il permesso.
Non oppose resistenza
e lo lasciò fare. Lo sentì sorridere sulla sua
bocca quando gli prese il viso
fra le mani. Socchiuse le labbra e lasciò che lui
l’accarezzasse.
Quando
riaprì gli occhi, Ron stava ancora sorridendo. Fece un passo
indietro e sentì
un fischio. Si voltò e vide George che sorrideva ammiccando
nella direzione del
fratello. Non guardò gli altri. Non le interessava molto
degli altri in quel
momento.
Finché una
voce non esclamò: “Che schifo!”
“Zitto, non
si dice così!”
Pansy e Ron
si voltarono verso quelle voci, mentre gli altri si disperdevano. Un
bambino
con i capelli rossi e la ragazzina che aveva visto con Ron nel
corridoio della
biblioteca, erano lì, davanti a loro, mano nella mano.
Corrugò la
fronte e guardò il Grifondoro.
Ron sorrise.
“Jake!”
Si avvicinò
al ragazzino e gli porse il pugno. Il ragazzino ricambiò
subito.
“Grazie per
il disegno, L’ho appeso sopra il letto, in camera
mia.”
Il piccolo
sorrise estasiato. Pansy si avvicinò.
“Conoscete
Pansy, ragazzi?” chiese loro, passando una mano dietro la
schiena della
ragazza. La sorella di Jake (proprio non riusciva a ricordarsi come si
chiamava!)
annuì e arrossì.
Pansy sapeva
che la ragazzina era in imbarazzo per quello che aveva detto a Ron
quando era
scappata con Nott, così si avvicinò e le disse:
“Tu non puoi saperlo, ma mi hai
salvato la vita”.
La ragazzina
sgranò gli occhi. “IO?”
La mora
annuì. “Sì. Grazie mille”.
“Sei la signora Ron?”
La sorella diede uno
strattone a Jake, sgridandolo per quello che aveva appena detto. Ma lui
non
capì e la guardò male. Era carino.
“No…” Pansy cercò
le parole adatte ma venne interrotta dal Grifondoro.
“Non ancora.”
Si voltò
verso di lui con gli occhi sbarrati. “Ma
cosa…”
“Shh… non è
il momento, su, ne parliamo dopo” la liquidò lui.
Parlarono
altri dieci minuti con i ragazzini e quando loro se ne andarono, un
uomo si
avvicinò.
Ron non lo
conosceva. Ma Pansy sì, perché lo
chiamò: “Signor White! Anche lei qui?” E
lo
abbracciò. Lui era vecchio, o forse aveva
l’età di suo padre.
“Ron, lui è
William White, il nostro consulente finanziario. Signor
White, lui è…”
“Ronald Weasley. Come se potesse
passare inosservato uno dei salvatori del mondo magico.
Piacere” disse l’uomo.
Gli allungò la mano e Ron la strinse mentre sentiva le
orecchie andare a fuoco.
“Piacere.”
Così quello
era William. Il famoso William. Sua sorella gli doveva ancora un
sacchetto di
dolci per colpa sua. Sorrise. Poi lui si voltò verso Pansy.
“Mi ha fatto
piacere ricevere la tua lettera. E le tue dettagliate
istruzioni”. Rise e Pansy
si imbarazzò. Si fece più attento. “Ho
fatto come hai detto e ho venduto le
azioni di quella società babbana…
Quella… IBM, forse?”
Lei sbarrò
gli occhi. “Avevo scritto luglio! Non doveva venderle prima
di luglio! Anche se
sembrava un buon affare!” Si agitò un
po’ la mora.
Il mago rise
ancora e le prese una mano. Si girò verso Ron e
ammiccò. “Non è divertente
farla agitare così?”
Poi si
rivolse di nuovo alla mora. “Non l’ho fatto. Seguo
scrupolosamente i tuoi
ordini, cara. Poi un giorno dovrai spiegarmi meglio come ci
riesci”.
“Forse…”
Pansy sorrise.
Il signor
White si rivolse di nuovo a Ron. “Questa signorina glielo ha
detto, signor
Weasley, di aver rifiutato un lavoro al ministero, per lavorare con
me?”
Per Godric,
cosa? “Mmm, non ne abbiamo ancora
parlato…” disse la mora imbarazzata. Lui
dovette capire la situazione, perché li salutò e
si dileguò in fretta.
“Vado a
salutare Narcissa. Ci vediamo dopo.”
Quando
furono soli, Ron si voltò verso di lei. “Di che
cos’è che dobbiamo ancora
parlare?”
“E cos’è che
non è ancora successo?”
Ginny si
avvicinò a Fleur, che, stremata si era seduta su una sedia
in un angolo della
sala grande, abbandonando le scarpe e sollevando le gambe su uno
sgabello.
“Ciao, come
va?”
“Sono
gonfissima. E stanchissima...” Ginny sorrise. Sua madre le
aveva chiesto di
essere comprensiva con lei. Diceva che le gravidanze erano pesanti e
l’ultimo
periodo più di tutti. Così non fece battutine. Si
mise dietro di lei e le
appoggiò le mani sulle spalle. Le massaggiò un
po’ il collo. Fleur le chiese se
avesse pensato a cosa fare dopo la scuola e lei le raccontò
delle Holyhead
Harpies, di essere stata presa ufficialmente in squadra. Lo aveva
saputo il
giorno prima, ma non lo aveva ancora raccontato a nessuno. Va beh, solo
a Harry.
Fluer si complimentò
con lei, rimanendo zitta per qualche minuto e Ginny pensò
che si stesse godendo
il suo massaggio. “Oh, potrei rimanere qui tutta la
vita…” ma si bloccò
bruscamente ed esclamò: “Mon Dieu!”, e
anche Ginny, che il francese non lo
capiva, intuì che fosse successo qualcosa. Guardò
in basso e vide, sotto la
sedia, gocciolare del liquido chiaro.
Merlino!
Merlino! Cosa dovevano fare adesso? La guardò allibita e
Fleur sorrise dicendo:
“Puoi andare a chiamare Bill che mi faccio accompagnare al
San Mungo?”
Lei annuì e
corse via.
Hermione e
Draco avevano mangiato qualcosa e poi si erano incamminati di nuovo
verso il
cortile. Quando vide Narcissa, la riccia non seppe bene cosa fare.
Quella donna
le incuteva ancora un po’ di timore. Infondato, ma lo faceva.
Draco l’aveva
rassicurata. E sapeva che la donna si sentiva ancora in colpa per le
cose
successe al Manor, però… Le abitudini erano dure
a morire. Ma l’unica maniera
per superare un ostacolo, era affrontarlo. Così le fece un
cenno con la mano e
si avvicinarono a lei.
“Sicura?” le
chiese Draco.
“Certo.”
Lui sorrise
e le prese la mano. “Draco, tesoro!” Narcissa si
avvicinò e gli diede un bacio
sulla guancia. “Cara” Salutò anche la
ragazza e, con sorpresa di Hermione,
baciò sulla guancia anche lei.
La strega si
guardò intorno. “È tutto molto
bello” disse guardando il monumento. Hermione
sorrise. Aveva pensato che avrebbe fatto finta, e invece, era
particolarmente
colpita davvero. Videro arrivare un signore distinto.
“Narcissa,
mia cara!” La strega sorrise all’uomo.
“William!
Anche tu qui?” L’uomo le baciò il dorso
della mano e a Hermione piacque tanto
quel gesto. “Ti ricordi di mio figlio Draco?”
disse, indicando il biondo.
I due maghi
si salutarono con una stretta di mano. “Lei invece
è la mia futura nuora.
Hermione Granger, ma sicuramente sai già chi è,
come tutti. Hermione, lui è il
nostro consulente finanziario, William White.”
Oh. Narcissa
aveva appena detto ‘futura
nuora’?
Hermione si sentì colpita ed emozionata, mentre stringeva la
mano al signor White.
Per un attimo assaporò con la mente il nome signora
Malfoy. Oh, no. Lei avrebbe mantenuto il suo cognome di
sicuro. Però…
guardò Draco che le sorrideva. Ci avrebbe pensato poi.
Poco dopo il
signor White li salutò e andò a salutare qualcun
altro. Mentre camminava lanciò
cenni del capo a tante persone: conosceva un sacco di gente.
Ginny
correva a perdifiato: non trovava Bill da nessuna parte. Ma dove si era
cacciato?
Vide
Hermione parlare con Malfoy e sua madre. Chissà
cosa… ma adesso non poteva. Doveva
assolutamente trovare Bill. O sua mamma. Andava bene anche sua mamma.
L’aveva
fatto sei volte, sua mamma, quindi sicuramente avrebbe saputo cosa
fare.
Cercò ancora
intorno. Niente. Vide Percy con Audrey. Ma quando fece un cenno in
quella
direzione, loro non la videro e si diressero da un’altra
parte. Merlino.
Hermione
però era ancora lì. Poteva chiederle aiuto per
trovare Bill.
“Hermione!”
Si diresse a
passo svelto verso di lei. La riccia si girò. Vide arrivare
anche Andromeda che
teneva la mano di un Teddy molto barcollante.
“Che succede
Ginny?”
“Hai visto
Bill? Fleur… Fleur… l’acqua sul
pavimento…” Tutti la guardavano e lei non
riusciva a spiegarsi. Andromeda venne in suo aiuto
“A Fleur si
sono rotte le acque?” Ginny annuì.
“Dov’è?”
“In sala grande.”
“Cissy,
vieni con me, andiamo da Fleur. Voi ragazze, andate a cercare Molly,
Bill e gli
altri.”
Dopo cinque
minuti Ginny si trovò con Teddy in braccio, mentre seguiva a
passi svelti
Hermione e Draco che cercavano Bill e sua madre.
Harry vide
passare Ginny e Hermione e le rincorse.
“Ragazze,
tutto ok?”
“Harry, sai
dov’è Bill? Fluer sta per avere il
bambino” disse Hermione.
“È al campo
di Quidditch.”
“Stanno
giocando a Quidditch?” Hermione era sbalordita.
“Beh,
abbiamo volato un po’ per…”
iniziò Harry.
“Avete
giocato a Quidditch nel giorno della cerimonia? Anche tu?” Oh
oh. Harry si
zittì al tono autoritario e severo di Hermione.
“Non…
dovevamo?” provò a chiedere.
“Perché non
mi avete chiamato?” chiese invece Ginny, stizzita quanto
Hermione fosse
incredula.
Malfoy rise
e gli fece un cenno con il capo, prima di dire: “Ok.
È urgente, da quel che ho
capito. Andiamo allo stadio”. E si incamminò verso
lo stadio.
Hermione lo
seguì, ma non prima di aver lanciato un brutto sguardo a
Harry. Il moro decise
di non guardare neanche Ginny.
Qualcosa gli
diceva che anche lei non fosse contenta della cosa, seppure in maniera
diversa.
Quando
arrivarono allo stadio, scoprirono che erano un bel po’ i
ragazzi che avevano
deciso per un bel volo sulla scopa. C’erano addirittura delle
gare.
Dei ragazzi
di tutte le case oltre alla famiglia Weasley e tutti si stavano
divertendo.
Anche i Serpeverde.
“Via!”
Pansy aveva
fatto esplodere dalla bacchetta il segnale per far partire la gara.
Quattro
scope decollarono e partirono. Altri quattro si prepararono. Tutti
avevano il
naso all’aria, aspettando di vedere il vincitore tornare.
“Fermi
tutti! Non si possono fare gare di scopa all’interno della
scuola!”
Tutti si
girarono verso la voce, ma Pansy sapeva già chi fosse.
Quando i ragazzi della
scuola videro Hermione così arrabbiata, si dileguarono
tutti. Tutti davvero.
Rimasero solo loro della famiglia Weasley. Sorrise all’idea
di essersi inclusa
fra di loro.
“Era un
incantesimo senza bacchetta, Hermione? Li hai fatti sparire
tutti” scherzò
Pansy.
La riccia la
guardò stranita. “Ma Pansy…”
Tornarono i
quattro a cavallo della scopa. La Johnson batté il piede per
terra per prima e
la mora si girò verso di lei.
“Grande!” Batté
il palmo della mano contro quello della ragazza.
Atterrarono
anche gli altri. Qualcuno brontolava. Ron era uno di quelli. Vide il
gruppetto
arrivato con Hermione avvicinarsi. Anche gli altri si avvicinarono.
“Pansy,
ma
sei un prefetto! Mi meraviglio di te!” esclamò
Hermione.
Come aveva
potuto acconsentire a una cosa del genere? Una gara! Ma volevano essere
tutti
espulsi? Poi si guardò intorno e notò come
fossero tutti contenti. E della
scuola erano rimasti solo Ron e Pansy. Che erano prefetti
dell’ultimo anno.
Forse…
“Ti giuro,
Hermione, che io non ho volato! Non ho assolutamente dato il cattivo
esempio.
Vero ragazzi?” Tutti intorno a loro annuirono e
ridacchiarono.
“Ma hai dato
il via!” Hermione si rese conto da sola che il suo tono era
petulante.
“Beh,
qualcosa dovevo pur fare. E sembra che io non possa più
volare quando indosso
un vestito…” disse lanciando uno sguardo strano a
Ron.
“Oh, va beh,
arrangiatevi!” Lasciò perdere la
riccia.
Pansy si
girò. “Perfetto. Ragazzi, altri
quattro!”
“Cosa?
Adesso?” Ginny annuì. “Ma ha la scadenza
fra una settimana!” Ginny alzò le
spalle.
“Voi Weasley
fate sempre di testa vostra. Sarà così anche
stavolta” disse Pansy, schietta.
La cosa
dovette convincere Bill.
“Dov’è?”
“L’abbiamo
lasciata in sala grande. Con lei ci sono Andromeda e Narcissa. Dobbiamo
cercare
anche la mamma”. Bill annuì e volò
verso il castello senza degnare più nessuno.
Gli altri si
divisero le scope. Qualcuno ne lanciò una a Draco e lui le
disse, montando sul
manico: “Sali, ti porto io”.
Oh, Oh. Lei
che saliva su una scopa? Assolutamente no. Draco la guardò
ancora,
incoraggiante.
“Dai” insistette,
ma sorrideva. Hermione non era convinta. Il ragazzo allungò
una mano. “Fidati
di me. Ti tengo io”.
Sorrise
anche lei. Poteva farcela. Annuì, gli prese la mano,
salì dietro di lui e lo
strinse forte. Lui partì.
Quando Ginny
guardò Potter, aveva ancora in braccio il bambino.
Pansy si
avvicinò e tese le mani. “Vai, torno io a piedi
con Teddy”.
“Sicura?”
Annuì.
“Certo. Correte,
voi, dai!”
Ginny salì
sulla scopa con il moro e la ringraziò prima che partissero.
Pansy si
incamminò a piedi, convinta che non fosse rimasto nessuno.
Quando Ron le si
affiancò, prese un colpo.
“Ron!” il
bambino sobbalzò e i suoi capelli divennero viola. Lui rise.
Camminò di fianco
a lei, reggendo la scopa.
“Vai. Torno
da sola.”
“No.”
“Sono andati
tutti.”
“Tu sei qui.
Resto con te”. Lei spostò il bambino su un fianco
e con la mano libera prese la
sua.
“Grazie.
Anche per prima.”
Intanto che
camminavano Teddy si addormentò sulla sua spalla.
“Così andrai
a lavorare dal signor White?” Pansy annuì.
“Mi piace.
Non avevo mai usato l’Aritmanzia così. La Vector
mi aveva spiegato che si
poteva fare, mi aveva detto come incastrare le lettere con i giorni per
prevedere il futuro, ma non avevo mai pensato di abbinarlo alla borsa
babbana.
Mi ha permesso di sopravvivere, l’anno scorso. E ora mi
piacerebbe provare a
farlo per lavoro, nello studio di William.”
Ron
annuì.
Era così bello avere le idee chiare. Lui ancora non sapeva
cosa avrebbe fatto: ancora
un mese e sarebbe finita la scuola, e lui ancora non sapeva cosa fare
della sua
vita.
“E tu? Sei
pensieroso. Hai pensato cosa fare dopo?”
Lui alzò le
spalle. “Non sono sicuro. Mi piace lavorare al Tiri vispi.
Inventare nuovi
scherzi e anche gli oggetti per il ministero. Sai, tipo le orecchie
oblunghe?”
Pansy annuì. “Stiamo lavorando a
un’altra cosa… però non mi
dispiacerebbe
neanche diventare un Auror…” Alzò di
nuovo le spalle.
“Potresti
iscriverti all’accademia. E continuare con il Tiri Vispi.
Oppure potresti
giocare a Quidditch.”
Lui la guardò.
Lo stava prendendo in giro? “Quidditch?”
“No? Non ti
piacerebbe? Avevo capito…” Oh, sarebbe stato
bello.
“Sì che mi
piacerebbe. Ma non penso di…” La mora lo
fermò e si girò verso il ragazzo.
“Potrai fare
tutto quello che vorrai. Devi solo volerlo. Si può fare
tutto. Me l’hai
insegnato tu.”
Oh, davvero?
Aveva detto così? Lei dovette leggergli dentro
perché disse ancora: “Io credo
tantissimo in te”.
Gli
accarezzò la guancia e lui sorrise. “Non saresti
gelosa se diventassi il
portiere dei Chudley Cannons? Magari potrei avere tante ragazze
intorno…”
gongolò, un po’ spavaldo.
“Non devi
pensare a quello che farei io, devi pensare a te. Alla cosa migliore
per te.”
“Così non
saresti gelosa?” disse, quasi deluso.
“Oh, sarei
gelosissima. Ma sono forte. E ho fatto buona pratica
quest’anno, con tutte le
ragazzine che ti giravano intorno.”
Il sorriso
che le arrivò alle labbra, secondo Ron, era bellissimo.
“La cosa
migliore per me sei tu” le disse, stringendole la mano.
Quando
arrivarono al castello, cercarono la McGranitt che aveva già
lasciato andare gli
altri Weasley al San Mungo. Quando passarono il camino, si ritrovarono
nella
stessa sala d’attesa di quando a gennaio era stata ricoverata
Camille. La sala
era affollatissima.
Ginny e
Andromeda le vennero incontro. “Grazie, cara” le
disse la strega più anziana
togliendole dalle braccia Teddy. Oh, se pesava. Sorrise.
“Quindi?”
Ginny scosse la testa.
“Ci sono
dentro Bill e la mamma, ancora non sappiamo niente.”
Rimasero ad
aspettare due ore. Due lunghissime ore interminabili. Ogni tanto
qualche
infermiera veniva a chiamare qualcuno, ma di Fleur non si sapeva
più niente.
Poi, dopo due ore, dieci sigarette (in totale e tutte fumate sulla
terrazza),
due partite a spara schioppo e altre tre a gobbiglie, Bill
arrivò nella sala
d’attesa con un gran sorriso.
“È nata. È
una femmina. E stanno bene.”
“Una
femmina!” gridò Ginny. Tutti si abbracciarono
contenti, poi Bill si avvicinò a Ginny
e le disse: “Fleur ha chiesto di te”.
“Di me?” esclamò
sorpresa. Lui annuì. E con la mano le fece strada.
Entrarono
nella stanza di Fluer. Le luci erano basse e lei era molto pallida e
sudata. Si
avvicinò al letto, mentre Bill rimase sulla porta. Vide sua
madre che sistemava
quella che sembrava una culla. Le fece un cenno. La bambina era in
braccio alla
madre, seduta sul letto.
“Dorme?”
chiese, vedendo che aveva gli occhi chiusi.
“L’ho già
allattata” rispose Fleur annuendo. Le fece cenno di sedersi
vicino a lei. “Sai
quando l’estate scorsa avete fatto l’incantesimo su
di me ed era negativo?”
Ginny annuì
senza dire niente: l’incantesimo per sapere se fosse incinta.
Era stato
tristissimo. “Mi hai detto che non era il momento giusto,
ricordi?” No, non se
lo ricordava. Ma annuì. “Avevi ragione. Dovevo
avere questa bambina dopo, non
in quel momento. Doveva nascere oggi. Perché oggi
è un giorno importante”. Ginny
annuì ancora e lanciò un’occhiata alla
madre, che le fece cenno di ascoltare
senza dire niente. Riportò l’attenzione verso
Fleur.
“Quindi
penso che debba avere un nome importante, no? Che ricordi oggi, che
ricordi
questo giorno…” La giovane strega annuì
molto più convinta, sorridendo.
Sorrise
anche Fleur. Un sorriso stanchissimo, ma molto bello.
Le mostrò la
bambina e disse: “Ti presento May
Weasley!”
Il sorriso
di Ginny sparì. Com’è che voleva
chiamarla?
***
“Io
non farò
mai figli.”
Ginny tornò
in sala d’attesa e tutti si voltarono verso di lei. La
ragazza guardò Harry e
disse: “So quello che abbiamo detto, ma se ti riducono in
pappa il cervello,
non ne voglio, ok?”
Harry
annuì
corrugando la fronte. Guardò gli altri ma qualcuno sorrise e
qualcuno scosse la
testa senza capire.
“Voi non
avete idea di che nome voleva darle!”
“E quindi?
Come si chiamerà?” chiese suo padre.
Ginny fece
un cenno con la mano e si avviò lungo un corridoio.
“Venite, ce la fanno vedere
dal vetro”.
Quando
arrivarono tutti davanti al vetro, indicò la bambina, che
sbadigliò.
“Ecco a voi,
Victoire Weasley. In onore di una vittoria che verrà
ricordata per sempre.”
Tutti
guardarono la bambina. Che per fortuna non si sarebbe chiamata
May… Ma va là,
se glielo avesse lasciato fare, quella povera bambina avrebbe odiato
sua madre
per sempre.
-
***Eccoci praticamente alla fine! Domani ci sarà un breve epilogo e la storia sarà conclusa (non è vero!! Ho scritto anche qualche os collegate a questa Long, se vi va, cercatele nel mio profilo :-) )
***ps. La data di nascita di Victoire è solo uno dei tre grossi errori che ho commesso nello stendere questa trama (oddio, se ne trovate di più, fatemelo sapere perché ne io ne ho trovati solo tre...)