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Autore: ONLYKORINE    07/08/2018    2 recensioni
È finita la guerra. La scuola viene ricostruita e Ginny, Harry, Hermione e Ron tornano a Hogwarts per i M.A.G.O. Ma non va tutto come ci si aspetta. Hemione e Ron non sembrano fatti per stare insieme. E Harry e Ginny? Ce la faranno a iniziare (e mantenere) la loro storia?
Hinny e un po' di Dramione...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ritorno a Hogwarts e one shot'
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2 maggio 1999

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Pansy era particolarmente nervosa: quella domenica era diversa dalle altre.
Ci sarebbe stata la cerimonia per l’inaugurazione del monumento per i caduti nella battaglia dell’anno prima. Sarebbero stati presenti tutti i membri dell’Ordine della Fenice, le famiglie degli studenti, gli addetti del ministero e chiunque altro avesse voluto presentarsi. Era stata organizzata come una cerimonia in grande. Molto in grande. E sicuramente lo sarebbe stata.
Si mise il rossetto e sospirò. Poteva farcela.
“Pansy, la porta scorrevole è bloccata. Non si apre…”
Millie si era affacciata alla porta della camera. Aveva un vestito giallo con delle decorazioni nere. Sorrise, guardandola. Stava bene. Macmillan si sarebbe vestito di verde e argento?
“Sì, lo so.”
“Oh, lo sai?”
“Sono stata io.”
Millie era confusa. Giustamente. Prese la bacchetta, la infilò nello stivale e si incamminò con lei verso la sala comune. “Le ragazze sono tutte fuori dalle stanze?” Lei annuì.
Il brusio l’accolse in sala comune. Andò verso la porta scorrevole e zittì tutti quelli che volevano informarla del fatto che fosse bloccata. Guardò verso il corridoio dei ragazzi e Draco, che arrivava da lì, le fece un cenno positivo e si incamminò verso di lei. Sospirò. Sperò non ci fosse bisogno del Sonorus.
“Silenzio” ordinò e il brusio si fermò. “Siamo la casa più bella di Hogwarts” iniziò. Si levarono urla scalmanate dal fondo. “Siamo i più ambiziosi, astuti e furbi…”
“E i migliori in pozioni!” gridò ancora qualcuno. Sorrise annuendo e guardando Draco.
“Ma siamo anche rispettosi”. Ci fu silenzio. “Là fuori oggi ci sarà la cerimonia per l’anniversario della più brutta battaglia che possiate ricordare. Qualcuno di voi l’ha vissuta…” Guardò Millicent, che annuì e guardò verso Draco che rivolse lo sguardo a tutti gli studenti, senza abbassarlo. “Chi, come me, ha avuto la fortuna di non assistere a l’orrore che la guerra porta, può solo ringraziare di essere scampato a una simile esperienza. Ci saranno tantissime persone, oggi. Persone che hanno combattuto perché Hogwarts potesse tornare a essere la scuola che ci ricordavamo, persone che ci hanno reso liberi dalla violenza e dal terrore, e chi è stato qui l’anno scorso, se lo ricorda bene”.
“A me piaceva, l’anno scorso” gridò un ragazzo. Intorno a lui poche voci lo assecondarono.
Pansy si voltò verso di lui, fermò Draco che si stava dirigendo verso il ragazzo e lo riconobbe: Rowie.
Aveva parlato con tutti i ragazzi figli di mangiamorte arrestati in quelle due settimane. Tutti. Tutti tranne Rowie. Non sapeva qual era la sua opinione, sulla guerra, sulla cerimonia. Non voleva che potesse dare il via a qualcosa di stupido, folle o pericoloso.
“Rowie, racconta allora quanto ti è piaciuto l’anno scorso essere cruciato da Goyle. Tutte le volte che è successo. E come sia piaciuto anche a lui. Scommetto che tutti sarebbero curiosi di saperlo. Perché”, e si rivolse di nuovo verso tutti “Quando quelli delle altre case erano troppo deboli o erano nascosti, quando i Carrow non avevano più nessuno contro cui sfogarsi, se la sono presa anche con noi. O mi sbaglio?”
La sala rimase in silenzio, qualcuno del sesto o del quinto anno annuì. Qualcuno dei piccoli tremava. Maledetti Carrow.
“Chi si comporta male con gli altri, quando gli altri non ci sono più, si comporta male anche con te. Rowie, ricordatelo. Non si stava bene, l’anno scorso.”
Sperò che il suo sguardo valesse per tutti. Il ragazzo annuì silenziosamente e abbassò gli occhi. “Se becco uno di voi, o anche tutti voi, non mi interessa, a fare qualcosa di stupido, di sbagliato o di irrispettoso verso le persone che oggi sono venute a ricordare i loro cari, ve la vedrete direttamente con me. Ci siamo capiti?”
Le teste annuirono e qualcuno disse qualche labile ‘sì’.
“Ci siamo capiti?” chiese ancora, a voce più alta. Daphne e Blaise gridarono il loro Sì. Anche Millie e Draco lo dissero ad alta voce. Sentì anche Camille e Astoria. Le amiche di Astoria, Mike e qualcun altro e via via tutta la sala comune. Quando tutti ebbero gridato, riportò il silenzio.
“Perfetto. Perché siamo Serpeverde e siamo la casa più bella di Hogwarts. Giusto?” Il questa volta fu immediato e sostenuto.
“Chi siamo noi?” gridò Draco.
“Serpeverde!” risposero gli studenti.
“Allora andiamo fuori, a dimostrare a questa scuola come sono fatti i Serpeverde!”
Aprì la porta scorrevole con la bacchetta, per far uscire tutti. Davanti aveva posizionato tre prefetti. I due del settimo anno e il ragazzo del sesto. Fece cenno di avviarsi.
“Chi sono i più bravi in pozioni?” gridò Blaise “Serpeverde!” Qualcun altro gridò ancora qualcosa e la risposta di tutti fu sempre quella.
Pansy sperò che bastasse. Che nessuno si facesse compatire, che non succedesse niente. Draco le venne vicino e le mise una mano sulla spalla.
“Andrà tutto bene.”
“Speriamo” disse, controllando Rowie.

 

 

***

 

Hermione aspettò Draco fuori dal portone d’ingresso. Vide passare tutti i Serpeverde uno dietro l’altro. Erano molto carichi e sorridenti. Mah…
Quando alla fine uscirono Pansy e Draco sorrise al ragazzo.
“Ciao. Mi aspettavi?” Lei annuì. Le prese la mano e si avviarono verso il cortile, dove un grosso telo copriva il monumento che si sarebbe inaugurato quel giorno. Migliaia di sedie erano allineate davanti a un piccolo pulpito.
“Pansy dove vai?” Draco si era girato verso l’amica e Hermione si era fermata. “Vado a fumare. Vi raggiungo subito”.
“Ti siedi con noi?” le chiese la riccia.
“Penso che mi siederò vicino a qualcuno dei ragazzi più scalmanati. Così da essere sicura…”
“Sicura di cosa?”chiese ancora Hermione.
La mora scosse le spalle e si allontanò.

 

Pansy andò sulla montagnola con la panchina, da dove si vedeva il parco e il lago. Tirò fuori una sigaretta, l’accese e sospirò.
“Ci hai venduto. Per scoparti Weasley.”
Si girò, ma sapeva già chi fosse. “Rowie”. Ignorò la sua provocazione. Il giorno prima il ragazzo li aveva visti insieme. Ma lei aveva smesso di nascondersi. Lui si avvicinò.
“Hai parlato con tutti, tutti quelli che hanno i genitori ad Azkaban.”
“Tutti tranne te: mi hai evitato” Lui annuì.
“Se Potter non avesse vinto, ora avremmo tutti i nostri genitori a casa e non saremmo lo zimbello della scuola.”
Anche lui si accese una sigaretta. “Pensi che saresti stato libero? È un illusione, te ne rendi conto, vero?” Il ragazzo annuì e lei si sorprese della risposta.
“Ma è più facile pensare che sarebbe stato meglio. Meglio di così. Loro… mi mancano…” Oh. Era un ragazzino. Un ragazzino che contava sui propri genitori. Come loro due anni prima.
“Anche i miei sono ad Azkaban.”
“E non ti fa arrabbiare?” Pansy soppesò la domanda prima di rispondere.
“Sì. Tantissimo. All’inizio ero arrabbiata con il ministero, poi con Potter, poi con mia madre, poi sono stata arrabbiata anche con me stessa. Ma tantissimo con mia madre. Per essersi cacciata in quella situazione, per avermi abbandonato, per aver fatto la scelta sbagliata. E avermi lasciato qui, da sola ad affrontare tutti.”
Rowie annuì ancora. “E adesso?”
Lei alzò le spalle. “È stato difficile. Adesso… non lo so, a volte cerco di non pensarci, a volte mi sembra di essermelo lasciato alle spalle. Io non avevo nessuno, è stato difficile. Tu… hai qualcuno che si occupa di te?”
“Ho i nonni…” Pansy annuì. “Ho anche una sorella” continuò il ragazzo, tirando dalla sigaretta.
“Una sorella? Non mi ricordo di…”
“È più piccola, inizierà la scuola a settembre.”
Lei sorrise. “Ti darà da fare”. Lui alzò le spalle.
“Fidati, so come sono le sorelle piccole. E se le sei rimasto solo tu…” Il ragazzo si girò di colpo verso di lei.
“Solo io?”
“Immagino che sia stato difficile anche per lei, no? Vedersi portar via i genitori, di punto in bianco. Probabilmente non ha neanche capito cos’è successo. Dovrai starle vicino.”
Rowie non disse niente e continuò a guardarla pensieroso. Lei spense la sigaretta e la fece sparire.
“Adesso andiamo. Te la senti di assistere alla cerimonia?” Lui annuì, ma senza troppa convinzione.

 

Ginny osservò Pansy andarsi a sedere vicino ai ragazzi Serpeverde.
“Perché Pansy non viene a sedersi con noi?” chiese a Hermione e Draco.
“Vuole controllare le teste calde da vicino. Ha paura che qualcuno possa fare qualche scherzo o qualcosa di peggio.”
Oh. “E perché invece tu sei qui e non lì ad aiutarla?” Il biondo la guardò stranito e lei sbuffò. Si guardò intorno, dov’era Ron? “E Ron dov’è?”
“Sta arrivando insieme a Harry. Guarda, sono lì”. Hermione indicò i due ragazzi che stavano arrivando. Loro erano seduti tutti davanti, insieme all’Ordine della Fenice, al resto dei Weasley, ai principali esponenti del ministero e ai professori che avevano protetto Hogwarts. Dietro di loro gli studenti che avevano combattuto. E poi tutti gli altri.

 

Draco pensò ancora alle parole della Weasley. Merlino, aveva ragione! Perché lui era lì? Aveva anche combattuto la guerra dalla parte sbagliata! Era vivo per miracolo.
Guardò verso i Serpeverde, la sua casa, i suoi compagni. Blaise disse qualcosa all’orecchio di Daphne che rise e annuì. E poi gli altri, i ragazzini, le ragazze. Guardò Pansy, vicino a un Rowie a capo chino. Non aveva bisogno di aiuto. Però…

 

Ron e Harry arrivarono di corsa e si sedettero. Ron si guardò intorno.
“Dov’è Pansy?” chiese agli altri.
“Là”. Indicò Ginny. Il rosso spalancò gli occhi.
“Perché non è qui?” Ginny alzò le spalle e guardò ancora Malfoy. No. Così non andava bene. Non avevano parlato dei posti dove si sarebbero seduti, ma lui aveva dato per scontato che lei si sarebbe seduta vicino a loro. Se c’era Malfoy… Probabilmente lei lo aveva fatto apposta.
Un applauso particolarmente sentito diede il via alla cerimonia. Il Ministro iniziò a parlare.
Ron, però, non lo ascoltava.

 

“Vado a sedermi là, vicino a lei.”
Il rosso si alzò. “Ma aspetta, cosa…” iniziò Hermione.
“Forse dovrei andarci io” disse Draco.
“Se vuoi andarci, vengo con te” propose la riccia. Lui la guardò con amore. Annuì.
Ginny si alzò e disse a Harry: “Andiamo anche noi”.
Lui la guardò stranito ma quando si rese conto che sarebbe rimasto da solo, si alzò e seguì gli altri.
Quando quel gruppetto si mosse per il cortile per spostarsi, ci fu un girarsi di teste e qualche mormorio di sottofondo.
Nessuno si accorse che il ministro si era fermato. Quando le sedie sparirono e poi ricomparvero vicino ai Serpeverde, tutti erano girati verso loro che si sedevano.

 

“Cosa fai?” chiese Pansy a Ron.
“Sono venuto vicino a te” Ron le prese la mano e la baciò. La mora guardò anche gli altri. Tutti fecero un cenno del capo e sorrisero. Sentì, di fianco a lei, Rowie mormorare un: “Weasley”, molto contenuto ma senza ironia.
“Rowie” ripose il rosso.

 

Il Ministro non aveva ancora ripreso a parlare e li guardava sorridendo. E improvvisò. Hermione fu l’unica a saperlo, perché il discorso lo aveva scritto lei, e per quanto sapeva di aver scritto dei pensieri molto belli sulla scuola, quello che disse Kingsley, li superò tutti.
Perché parlò di quando a scuola c’era stato anche lui. Di come la scuola fosse stata importante, di come lo fosse ancora, della sua importanza.
Prese bonariamente in giro la McGranitt e raccontò di Silente, il grande preside che aveva sempre una parola saggia per tutti, di Piton che con coraggio e astuzia era riuscito a ingannare tutti, perfino loro, e aveva sempre lottato vicino a Silente. Raccontò due o tre aneddoti veramente simpatici, tanto che anche i ragazzi più piccoli riuscirono a non annoiarsi e a seguire il discorso.
I Serpeverde furono contenti, quando raccontò di aver avuto un grande amico fra di loro, e pendevano dalle sue labbra, quando raccontò di come un duello si fosse trasformato in una splendida amicizia.
Guardò verso i ragazzi e guardò Pansy. Hermione non capì bene il perché, ma la mora dovette capirlo, visto che spalancò gli occhi e sorrise.
“E ora, preparatevi, perché vi leggerò i nomi delle persone più coraggiose, eroiche e audaci, che ci hanno permesso di festeggiare oggi la nostra libertà. A tutti loro, dedichiamo questo!” Puntò la bacchetta sull’enorme monumento e slegò il fiocco che stringeva la stoffa. Il tessuto cadde e sparì, e una enorme struttura di marmo fece la sua apparizione.
Agli occhi di un bambino poteva sembrare un grande gazebo: cinque colonne di marmo bianche reggevano una cupola decorata anch’essa di marmo bianco e su ogni colonna, i nomi dei caduti erano scritti con caratteri dorati ed eleganti. I nomi delle persone vorticavano in cerchio, si intrecciavano fra loro, si spostavano da una colonna all’altra e viaggiavano su e giù. Quando venivano toccati, come una foto, compariva il viso della persona a cui apparteneva il nome. Dopo che vennero letti tutti i nomi, Kingsley fece cenno di avvicinarsi.
I ragazzi entrarono dentro quella meraviglia con occhi spalancati.
Molte streghe piangevano e si asciugavano gli occhi.

 

Ginny toccò il nome di Fred quando le apparve, e questo, dispettoso e burlone come era stato, scappò ridendo. Sentì le lacrime bagnarle gli occhi e le guance.

 

Harry vide il nome di Sirius, e dei suoi genitori. Appoggiò la mano alla colonna, improvvisamente debolissimo. Loro sorridevano, come se fossero lì con lui. Gli mancavano terribilmente. Quando passò il nome di Piton, allungò il passo per poterlo toccare prima che scappasse: lui lo degnò di quello sguardo che aveva tanto odiato e che gli aveva sempre rivolto. Sorrise: non sarebbe mai riuscito a riconoscere un Piton sorridente. Ginny si avvicinò a lui e gli passò un braccio dietro alla schiena, stringendolo.

 

Ron si avvicinò alle colonne. Vide Tonks e il naso della ragazza trasformarsi, quando toccò il suo nome. E Lupin, che sorrideva come quando aveva insegnato a Neville a difendersi dal molliccio.

 

Hermione si avvicinò e studiò ogni cosa. Gli altri non avevano riconosciuto lo stile delle colonne, ma a lei non era sfuggito. E anche la cupola in cima, era piena di simboli dai significati nascosti. Era una meraviglia unica. Girò intorno per vedere tutte le decorazioni che erano alla base e al capitello di ogni colonna. Numeri e simboli. Era stupendo. I ragazzi delle future generazioni avrebbero potuto passare lì il tempo, a studiare e imparare a non dimenticare.

 

Pansy si avvicinò. Rowie, dietro di lei, non ebbe il coraggio di seguirla. Lei gli fece un cenno.
“Vieni a vedere.”
Il ragazzo si avvicinò. Lei vide il nome di Silente e poggiò la mano sul suo nome e il viso barbuto del preside sorrise ai due ragazzi. Sentì Rowie emettere un’esclamazione di stupore.
“Ma… i nomi sono tantissimi…”
“Le guerre sono state due. La prima sembrava finita con la cicatrice di Potter” disse. Indicandolo. “E la seconda è finita un anno fa”.
“E ora è finita davvero?”
“Sì. Ora bisogna ricostruire e andare avanti.”
Si allontanò da lui quando vide una bambina corrergli incontro: doveva essere la sorella.

 

Neville si avvicinò con Hannah alle colonne. Sapeva che loro c’erano. Non erano morti, ma non stavano neanche vivendo. La McGranitt gli aveva chiesto cosa preferisse e lui aveva scelto di far mettere i suoi genitori lì, insieme agli altri, perché potessero stare in mezzo agli eroi, visto che lo erano. Sua nonna aveva annuito compiaciuta quando glielo aveva detto.
Quando vide passare la scritta, toccò il nome e pianse a vedere la madre che gli sorrideva.
Hannah gli strinse forte un braccio.

 

I Weasley al completo avevano già fatto il giro sotto il monumento. Molly piangeva copiosamente e Arthur la consolava tenendole un braccio sulle spalle.

 

Quando tutti, studenti, famiglie e visitatori ebbero avuto il tempo di ammirare il monumento, si spostarono in sala grande. I tavoli delle case erano stati spostati e un enorme buffet era apparso al posto del tavolo dei professori.

 

Pansy si avviò verso la sala grande. Lui doveva essere lì. Passando per l’ingresso vide due ragazzi in un angolo che si baciavano. Gettò l’occhio, quando la ragazza si staccò da lui riconobbe Astoria. Si fermò per curiosità. Chi era il ragazzo?
Quando capì chi fosse, rimase sorpresa. Mike Derrick? Scosse le spalle. Era un bravo ragazzo. Aveva una cosa importante da fare e voleva farla subito. Individuò Ron vicino al tavolo con il buffet (ancora gamberi?) e gli andò vicino.
“Ho una cosa per te.”
Lui mollò il piatto con velocità e sorrise. “Andiamo!”
La mora lo guardò stranita. “Dove?”
Ron alzò le spalle. “Stanza delle necessità?”
“Non intendevo quello!” esclamò un po’ piccata, ma sorrise.
“Oh. Ok. Quindi?”
“Vieni.”
Lo prese per una mano e lo portò fuori dalla sala grande. Attraversarono il portone e si inoltrarono nel cortile.
Era piuttosto affollato, così lei lo portò verso la panchina sulla montagnola. In fin dei conti era come se tutto fosse iniziato lì.
Sfilò la bacchetta dallo stivale, e fece apparire la sua borsetta. Ci frugò dentro per un po’ e poi tirò fuori una piccola cosa colorata.

 

Ron guardò meglio: era curioso e lei era misteriosa.
Rise mentre gli allungava quella piccola cosa. Come la prese in mano, sbarrò gli occhi stupito. E incantato. E contento. Per Godric! Era una figurina delle cioccorane. Era la SUA figurina delle cioccorane. La sua faccia lo guardava sorridendo. Ma lui sorrideva così? Era estasiato. E la guardò sorridendo.
“Sembra che ti piaccia” gli disse.
“Dove l’hai trovata?”
“Oh, ho sequestrato una cioccorana a un ragazzino. Era aperta e l’ho vista...  Io non lo sapevo!” Sorrise.
“Non lo sapevo neanch’io.”
La guardò ancora e accarezzò la figurina. ‘Nr. 106’. Lui, Ronald Bilius Weasley era la figurina numero 106 delle cioccorane. Sorrise ancora come un ebete.
“Grazie. Grazie mille. Sono felicissimo.”

 

Pansy rise. Lo vedeva, quanto fosse felice.
Ron si avvicinò e le posò le mani sui fianchi, chinò la testa verso di lei e appoggiò le labbra sulle sue. Era un permesso. Le stava chiedendo il permesso.
Non oppose resistenza e lo lasciò fare. Lo sentì sorridere sulla sua bocca quando gli prese il viso fra le mani. Socchiuse le labbra e lasciò che lui l’accarezzasse.
Quando riaprì gli occhi, Ron stava ancora sorridendo. Fece un passo indietro e sentì un fischio. Si voltò e vide George che sorrideva ammiccando nella direzione del fratello. Non guardò gli altri. Non le interessava molto degli altri in quel momento.
Finché una voce non esclamò: “Che schifo!”
“Zitto, non si dice così!”
Pansy e Ron si voltarono verso quelle voci, mentre gli altri si disperdevano. Un bambino con i capelli rossi e la ragazzina che aveva visto con Ron nel corridoio della biblioteca, erano lì, davanti a loro, mano nella mano.
Corrugò la fronte e guardò il Grifondoro.

 

Ron sorrise. “Jake!”
Si avvicinò al ragazzino e gli porse il pugno. Il ragazzino ricambiò subito.
“Grazie per il disegno, L’ho appeso sopra il letto, in camera mia.”
Il piccolo sorrise estasiato. Pansy si avvicinò.
“Conoscete Pansy, ragazzi?” chiese loro, passando una mano dietro la schiena della ragazza. La sorella di Jake (proprio non riusciva a ricordarsi come si chiamava!) annuì e arrossì.

 

Pansy sapeva che la ragazzina era in imbarazzo per quello che aveva detto a Ron quando era scappata con Nott, così si avvicinò e le disse: “Tu non puoi saperlo, ma mi hai salvato la vita”.
La ragazzina sgranò gli occhi. “IO?”
La mora annuì. “Sì. Grazie mille”.
“Sei la signora Ron?” La sorella diede uno strattone a Jake, sgridandolo per quello che aveva appena detto. Ma lui non capì e la guardò male. Era carino.
“No…” Pansy cercò le parole adatte ma venne interrotta dal Grifondoro.
“Non ancora.”
Si voltò verso di lui con gli occhi sbarrati. “Ma cosa…”
“Shh… non è il momento, su, ne parliamo dopo” la liquidò lui.

 

Parlarono altri dieci minuti con i ragazzini e quando loro se ne andarono, un uomo si avvicinò.
Ron non lo conosceva. Ma Pansy sì, perché lo chiamò: “Signor White! Anche lei qui?” E lo abbracciò. Lui era vecchio, o forse aveva l’età di suo padre.
“Ron, lui è William White, il nostro consulente finanziario.
Signor White, lui è…”
“Ronald Weasley.
Come se potesse passare inosservato uno dei salvatori del mondo magico. Piacere” disse l’uomo. Gli allungò la mano e Ron la strinse mentre sentiva le orecchie andare a fuoco.
“Piacere.”
Così quello era William. Il famoso William. Sua sorella gli doveva ancora un sacchetto di dolci per colpa sua. Sorrise. Poi lui si voltò verso Pansy.
“Mi ha fatto piacere ricevere la tua lettera. E le tue dettagliate istruzioni”. Rise e Pansy si imbarazzò. Si fece più attento. “Ho fatto come hai detto e ho venduto le azioni di quella società babbana… Quella… IBM, forse?”
Lei sbarrò gli occhi. “Avevo scritto luglio! Non doveva venderle prima di luglio! Anche se sembrava un buon affare!” Si agitò un po’ la mora.
Il mago rise ancora e le prese una mano. Si girò verso Ron e ammiccò. “Non è divertente farla agitare così?”
Poi si rivolse di nuovo alla mora. “Non l’ho fatto. Seguo scrupolosamente i tuoi ordini, cara. Poi un giorno dovrai spiegarmi meglio come ci riesci”.
“Forse…” Pansy sorrise.
Il signor White si rivolse di nuovo a Ron. “Questa signorina glielo ha detto, signor Weasley, di aver rifiutato un lavoro al ministero, per lavorare con me?”
Per Godric, cosa? “Mmm, non ne abbiamo ancora parlato…” disse la mora imbarazzata. Lui dovette capire la situazione, perché li salutò e si dileguò in fretta.
“Vado a salutare Narcissa. Ci vediamo dopo.”
Quando furono soli, Ron si voltò verso di lei. “Di che cos’è che dobbiamo ancora parlare?”
“E cos’è che non è ancora successo?”

 

Ginny si avvicinò a Fleur, che, stremata si era seduta su una sedia in un angolo della sala grande, abbandonando le scarpe e sollevando le gambe su uno sgabello.
“Ciao, come va?”
“Sono gonfissima. E stanchissima...” Ginny sorrise. Sua madre le aveva chiesto di essere comprensiva con lei. Diceva che le gravidanze erano pesanti e l’ultimo periodo più di tutti. Così non fece battutine. Si mise dietro di lei e le appoggiò le mani sulle spalle. Le massaggiò un po’ il collo. Fleur le chiese se avesse pensato a cosa fare dopo la scuola e lei le raccontò delle Holyhead Harpies, di essere stata presa ufficialmente in squadra. Lo aveva saputo il giorno prima, ma non lo aveva ancora raccontato a nessuno. Va beh, solo a Harry.
Fluer si complimentò con lei, rimanendo zitta per qualche minuto e Ginny pensò che si stesse godendo il suo massaggio. “Oh, potrei rimanere qui tutta la vita…” ma si bloccò bruscamente ed esclamò: “Mon Dieu!”, e anche Ginny, che il francese non lo capiva, intuì che fosse successo qualcosa. Guardò in basso e vide, sotto la sedia, gocciolare del liquido chiaro.
Merlino! Merlino! Cosa dovevano fare adesso? La guardò allibita e Fleur sorrise dicendo: “Puoi andare a chiamare Bill che mi faccio accompagnare al San Mungo?”
Lei annuì e corse via.

 

Hermione e Draco avevano mangiato qualcosa e poi si erano incamminati di nuovo verso il cortile. Quando vide Narcissa, la riccia non seppe bene cosa fare. Quella donna le incuteva ancora un po’ di timore. Infondato, ma lo faceva. Draco l’aveva rassicurata. E sapeva che la donna si sentiva ancora in colpa per le cose successe al Manor, però… Le abitudini erano dure a morire. Ma l’unica maniera per superare un ostacolo, era affrontarlo. Così le fece un cenno con la mano e si avvicinarono a lei.
“Sicura?” le chiese Draco.
“Certo.”
Lui sorrise e le prese la mano. “Draco, tesoro!” Narcissa si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia. “Cara” Salutò anche la ragazza e, con sorpresa di Hermione, baciò sulla guancia anche lei.
La strega si guardò intorno. “È tutto molto bello” disse guardando il monumento. Hermione sorrise. Aveva pensato che avrebbe fatto finta, e invece, era particolarmente colpita davvero. Videro arrivare un signore distinto.
“Narcissa, mia cara!” La strega sorrise all’uomo.
“William! Anche tu qui?” L’uomo le baciò il dorso della mano e a Hermione piacque tanto quel gesto. “Ti ricordi di mio figlio Draco?” disse, indicando il biondo.
I due maghi si salutarono con una stretta di mano. “Lei invece è la mia futura nuora. Hermione Granger, ma sicuramente sai già chi è, come tutti. Hermione, lui è il nostro consulente finanziario, William White.”
Oh. Narcissa aveva appena detto ‘futura nuora’? Hermione si sentì colpita ed emozionata, mentre stringeva la mano al signor White. Per un attimo assaporò con la mente il nome signora Malfoy. Oh, no. Lei avrebbe mantenuto il suo cognome di sicuro. Però… guardò Draco che le sorrideva. Ci avrebbe pensato poi.
Poco dopo il signor White li salutò e andò a salutare qualcun altro. Mentre camminava lanciò cenni del capo a tante persone: conosceva un sacco di gente.

 

Ginny correva a perdifiato: non trovava Bill da nessuna parte. Ma dove si era cacciato?
Vide Hermione parlare con Malfoy e sua madre. Chissà cosa… ma adesso non poteva. Doveva assolutamente trovare Bill. O sua mamma. Andava bene anche sua mamma. L’aveva fatto sei volte, sua mamma, quindi sicuramente avrebbe saputo cosa fare.
Cercò ancora intorno. Niente. Vide Percy con Audrey. Ma quando fece un cenno in quella direzione, loro non la videro e si diressero da un’altra parte. Merlino.
Hermione però era ancora lì. Poteva chiederle aiuto per trovare Bill.
“Hermione!”
Si diresse a passo svelto verso di lei. La riccia si girò. Vide arrivare anche Andromeda che teneva la mano di un Teddy molto barcollante.
“Che succede Ginny?”
“Hai visto Bill? Fleur… Fleur… l’acqua sul pavimento…” Tutti la guardavano e lei non riusciva a spiegarsi. Andromeda venne in suo aiuto
“A Fleur si sono rotte le acque?” Ginny annuì. “Dov’è?”
“In sala grande.”
“Cissy, vieni con me, andiamo da Fleur. Voi ragazze, andate a cercare Molly, Bill e gli altri.”
Dopo cinque minuti Ginny si trovò con Teddy in braccio, mentre seguiva a passi svelti Hermione e Draco che cercavano Bill e sua madre.

 

Harry vide passare Ginny e Hermione e le rincorse.
“Ragazze, tutto ok?”
“Harry, sai dov’è Bill? Fluer sta per avere il bambino” disse Hermione.
“È al campo di Quidditch.”
“Stanno giocando a Quidditch?” Hermione era sbalordita.
“Beh, abbiamo volato un po’ per…” iniziò Harry.
“Avete giocato a Quidditch nel giorno della cerimonia? Anche tu?” Oh oh. Harry si zittì al tono autoritario e severo di Hermione.
“Non… dovevamo?” provò a chiedere.
“Perché non mi avete chiamato?” chiese invece Ginny, stizzita quanto Hermione fosse incredula.
Malfoy rise e gli fece un cenno con il capo, prima di dire: “Ok. È urgente, da quel che ho capito. Andiamo allo stadio”. E si incamminò verso lo stadio.
Hermione lo seguì, ma non prima di aver lanciato un brutto sguardo a Harry. Il moro decise di non guardare neanche Ginny.
Qualcosa gli diceva che anche lei non fosse contenta della cosa, seppure in maniera diversa.

 

Quando arrivarono allo stadio, scoprirono che erano un bel po’ i ragazzi che avevano deciso per un bel volo sulla scopa. C’erano addirittura delle gare.
Dei ragazzi di tutte le case oltre alla famiglia Weasley e tutti si stavano divertendo. Anche i Serpeverde.

 

“Via!”
Pansy aveva fatto esplodere dalla bacchetta il segnale per far partire la gara. Quattro scope decollarono e partirono. Altri quattro si prepararono. Tutti avevano il naso all’aria, aspettando di vedere il vincitore tornare.
“Fermi tutti! Non si possono fare gare di scopa all’interno della scuola!”
Tutti si girarono verso la voce, ma Pansy sapeva già chi fosse. Quando i ragazzi della scuola videro Hermione così arrabbiata, si dileguarono tutti. Tutti davvero. Rimasero solo loro della famiglia Weasley. Sorrise all’idea di essersi inclusa fra di loro.
“Era un incantesimo senza bacchetta, Hermione? Li hai fatti sparire tutti” scherzò Pansy.
La riccia la guardò stranita. “Ma Pansy…”
Tornarono i quattro a cavallo della scopa. La Johnson batté il piede per terra per prima e la mora si girò verso di lei.
“Grande!” Batté il palmo della mano contro quello della ragazza.
Atterrarono anche gli altri. Qualcuno brontolava. Ron era uno di quelli. Vide il gruppetto arrivato con Hermione avvicinarsi. Anche gli altri si avvicinarono.

 

“Pansy, ma sei un prefetto! Mi meraviglio di te!” esclamò Hermione.
Come aveva potuto acconsentire a una cosa del genere? Una gara! Ma volevano essere tutti espulsi? Poi si guardò intorno e notò come fossero tutti contenti. E della scuola erano rimasti solo Ron e Pansy. Che erano prefetti dell’ultimo anno. Forse…
“Ti giuro, Hermione, che io non ho volato! Non ho assolutamente dato il cattivo esempio. Vero ragazzi?” Tutti intorno a loro annuirono e ridacchiarono.
“Ma hai dato il via!” Hermione si rese conto da sola che il suo tono era petulante.
“Beh, qualcosa dovevo pur fare. E sembra che io non possa più volare quando indosso un vestito…” disse lanciando uno sguardo strano a Ron.
“Oh, va beh, arrangiatevi!” Lasciò perdere la riccia.
Pansy si girò. “Perfetto. Ragazzi, altri quattro!” Ma poi la riccia si ricordò perché fossero lì. “Fleur sta per avere il bambino!” gridò. Tutti si fermarono. Bill volò verso di loro.
“Cosa? Adesso?” Ginny annuì. “Ma ha la scadenza fra una settimana!” Ginny alzò le spalle.
“Voi Weasley fate sempre di testa vostra. Sarà così anche stavolta” disse Pansy, schietta.
La cosa dovette convincere Bill. “Dov’è?”
“L’abbiamo lasciata in sala grande. Con lei ci sono Andromeda e Narcissa. Dobbiamo cercare anche la mamma”. Bill annuì e volò verso il castello senza degnare più nessuno.
Gli altri si divisero le scope. Qualcuno ne lanciò una a Draco e lui le disse, montando sul manico: “Sali, ti porto io”.
Oh, Oh. Lei che saliva su una scopa? Assolutamente no. Draco la guardò ancora, incoraggiante.
“Dai” insistette, ma sorrideva. Hermione non era convinta. Il ragazzo allungò una mano. “Fidati di me. Ti tengo io”.
Sorrise anche lei. Poteva farcela. Annuì, gli prese la mano, salì dietro di lui e lo strinse forte. Lui partì.

 

 

Quando Ginny guardò Potter, aveva ancora in braccio il bambino.
Pansy si avvicinò e tese le mani. “Vai, torno io a piedi con Teddy”.
“Sicura?” Annuì.
“Certo. Correte, voi, dai!”
Ginny salì sulla scopa con il moro e la ringraziò prima che partissero.
Pansy si incamminò a piedi, convinta che non fosse rimasto nessuno. Quando Ron le si affiancò, prese un colpo.
“Ron!” il bambino sobbalzò e i suoi capelli divennero viola. Lui rise. Camminò di fianco a lei, reggendo la scopa.
“Vai. Torno da sola.”
“No.”
“Sono andati tutti.”
“Tu sei qui. Resto con te”. Lei spostò il bambino su un fianco e con la mano libera prese la sua.
“Grazie. Anche per prima.”
Intanto che camminavano Teddy si addormentò sulla sua spalla.
“Così andrai a lavorare dal signor White?” Pansy annuì.
“Mi piace. Non avevo mai usato l’Aritmanzia così. La Vector mi aveva spiegato che si poteva fare, mi aveva detto come incastrare le lettere con i giorni per prevedere il futuro, ma non avevo mai pensato di abbinarlo alla borsa babbana. Mi ha permesso di sopravvivere, l’anno scorso. E ora mi piacerebbe provare a farlo per lavoro, nello studio di William.”

 

Ron annuì. Era così bello avere le idee chiare. Lui ancora non sapeva cosa avrebbe fatto: ancora un mese e sarebbe finita la scuola, e lui ancora non sapeva cosa fare della sua vita.
“E tu? Sei pensieroso. Hai pensato cosa fare dopo?”
Lui alzò le spalle. “Non sono sicuro. Mi piace lavorare al Tiri vispi. Inventare nuovi scherzi e anche gli oggetti per il ministero. Sai, tipo le orecchie oblunghe?” Pansy annuì. “Stiamo lavorando a un’altra cosa… però non mi dispiacerebbe neanche diventare un Auror…” Alzò di nuovo le spalle.
“Potresti iscriverti all’accademia. E continuare con il Tiri Vispi. Oppure potresti giocare a Quidditch.”
Lui la guardò. Lo stava prendendo in giro? “Quidditch?”
“No? Non ti piacerebbe? Avevo capito…” Oh, sarebbe stato bello.
“Sì che mi piacerebbe. Ma non penso di…” La mora lo fermò e si girò verso il ragazzo.
“Potrai fare tutto quello che vorrai. Devi solo volerlo. Si può fare tutto. Me l’hai insegnato tu.”
Oh, davvero? Aveva detto così? Lei dovette leggergli dentro perché disse ancora: “Io credo tantissimo in te”.
Gli accarezzò la guancia e lui sorrise. “Non saresti gelosa se diventassi il portiere dei Chudley Cannons? Magari potrei avere tante ragazze intorno…” gongolò, un po’ spavaldo.
“Non devi pensare a quello che farei io, devi pensare a te. Alla cosa migliore per te.”
“Così non saresti gelosa?” disse, quasi deluso.
“Oh, sarei gelosissima. Ma sono forte. E ho fatto buona pratica quest’anno, con tutte le ragazzine che ti giravano intorno.”
Il sorriso che le arrivò alle labbra, secondo Ron, era bellissimo.
“La cosa migliore per me sei tu” le disse, stringendole la mano.

 

Quando arrivarono al castello, cercarono la McGranitt che aveva già lasciato andare gli altri Weasley al San Mungo. Quando passarono il camino, si ritrovarono nella stessa sala d’attesa di quando a gennaio era stata ricoverata Camille. La sala era affollatissima.
Ginny e Andromeda le vennero incontro. “Grazie, cara” le disse la strega più anziana togliendole dalle braccia Teddy. Oh, se pesava. Sorrise.
“Quindi?” Ginny scosse la testa.
“Ci sono dentro Bill e la mamma, ancora non sappiamo niente.”

 

Rimasero ad aspettare due ore. Due lunghissime ore interminabili. Ogni tanto qualche infermiera veniva a chiamare qualcuno, ma di Fleur non si sapeva più niente. Poi, dopo due ore, dieci sigarette (in totale e tutte fumate sulla terrazza), due partite a spara schioppo e altre tre a gobbiglie, Bill arrivò nella sala d’attesa con un gran sorriso.
“È nata. È una femmina. E stanno bene.”
“Una femmina!” gridò Ginny. Tutti si abbracciarono contenti, poi Bill si avvicinò a Ginny e le disse: “Fleur ha chiesto di te”.
“Di me?” esclamò sorpresa. Lui annuì. E con la mano le fece strada.

 

Entrarono nella stanza di Fluer. Le luci erano basse e lei era molto pallida e sudata. Si avvicinò al letto, mentre Bill rimase sulla porta. Vide sua madre che sistemava quella che sembrava una culla. Le fece un cenno. La bambina era in braccio alla madre, seduta sul letto.
“Dorme?” chiese, vedendo che aveva gli occhi chiusi.
“L’ho già allattata” rispose Fleur annuendo. Le fece cenno di sedersi vicino a lei. “Sai quando l’estate scorsa avete fatto l’incantesimo su di me ed era negativo?”
Ginny annuì senza dire niente: l’incantesimo per sapere se fosse incinta. Era stato tristissimo. “Mi hai detto che non era il momento giusto, ricordi?” No, non se lo ricordava. Ma annuì. “Avevi ragione. Dovevo avere questa bambina dopo, non in quel momento. Doveva nascere oggi. Perché oggi è un giorno importante”. Ginny annuì ancora e lanciò un’occhiata alla madre, che le fece cenno di ascoltare senza dire niente. Riportò l’attenzione verso Fleur.
“Quindi penso che debba avere un nome importante, no? Che ricordi oggi, che ricordi questo giorno…” La giovane strega annuì molto più convinta, sorridendo.
Sorrise anche Fleur. Un sorriso stanchissimo, ma molto bello.
Le mostrò la bambina e disse: “Ti presento May Weasley!
Il sorriso di Ginny sparì. Com’è che voleva chiamarla?

 

***

 

“Io non farò mai figli.”
Ginny tornò in sala d’attesa e tutti si voltarono verso di lei. La ragazza guardò Harry e disse: “So quello che abbiamo detto, ma se ti riducono in pappa il cervello, non ne voglio, ok?”

 

Harry annuì corrugando la fronte. Guardò gli altri ma qualcuno sorrise e qualcuno scosse la testa senza capire.
“Voi non avete idea di che nome voleva darle!”
“E quindi? Come si chiamerà?” chiese suo padre.

 

Ginny fece un cenno con la mano e si avviò lungo un corridoio. “Venite, ce la fanno vedere dal vetro”.
Quando arrivarono tutti davanti al vetro, indicò la bambina, che sbadigliò.
“Ecco a voi, Victoire Weasley. In onore di una vittoria che verrà ricordata per sempre.”
Tutti guardarono la bambina. Che per fortuna non si sarebbe chiamata May… Ma va là, se glielo avesse lasciato fare, quella povera bambina avrebbe odiato sua madre per sempre.

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***Eccoci praticamente alla fine! Domani ci sarà un breve epilogo e la storia sarà conclusa (non è vero!! Ho scritto anche qualche os collegate a questa Long, se vi va, cercatele nel mio profilo :-) )
***ps. La data di nascita di Victoire è solo uno dei tre grossi errori che ho commesso nello stendere questa trama (oddio, se ne trovate di più, fatemelo sapere perché ne io ne ho trovati solo tre...)
   
 
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