Da
quando era arrivata nello studio di Akane, Yoshino Nanako non pareva
aver subito alcun cambiamento positivo, pensava la neo psicologa ogni
volta che i suoi occhi catturavano uno degli innumerevoli
atteggiamenti della ragazza: schiena curva, unghie mangiucchiate,
sguardo inquieto, tic nervosi... Non era stato difficile per la rossa
constatare che la poveretta soffriva d'ansia e, probabilmente,
nevrosi ossessiva. Ciò, pero', non era un compito di cui si
sarebbe potuta occupare lei, o almeno era quello che le ricordavano
sempre i suoi superiori, ma vedere una povera ragazza di soli tredici
anni ridotta in quello stato le faceva dimenticare qual era il vero
scopo dei loro incontri, spingendola sempre più a fondo nel
volerla aiutare e comprendere.
"Yoshino ha subito un
trauma evidente dopo la morte di sua madre a causa di un ghoul, ma a
quanto pare soffriva d'ansia ancora prima che ciò accadesse.
La sua condizione non ha fatto altro che peggiorare. Un'equipe di
psichiatri la segue da un po', il tuo compito, dunque, sarà
unicamente di sostegno".
Akane scosse la testa tornando a
dedicare le sue attenzioni a Nanako, ignorando la voce del presidente
Washuu che continuava a rimbombarle nella testa ogni volta che
provava ad approcciare la giovane paziente in modo più
professionale, forse troppo a detta dell'uomo. Akane non era
certo ambiziosa, non tentava in alcun modo di spingersi oltre i
limiti dettati dalla sua conoscenza, dopotutto l'ultima cosa che
voleva era peggiorare la situazione confondendo le idee a Nanako con
interventi non necessari o non adatti al suo tipo di specialistica.
Certo, essendosi laureata con il massimo dei voti e prima del
previsto era stata immediatamente ben vista dal personale sanitario
della CCG una volta entratavi a far parte, ma a quanto pare tutte le
gran cerimonie offertele anche dal presidente stesso erano solo un
mucchio di paroline, lo aveva capito nel momento in cui si era
ritrovata chiusa nel suo nuovo studio con il primo paziente e la poca
possibilità di analizzare a fondo il problema che sussisteva.
In pratica doveva solo ascoltare, il che non le dispiaceva essendo
quello il motivo per cui aveva deciso di intraprendere quel percorso:
sapeva bene che, molto spesso, l'unica cosa che voleva la gente era
essere ascoltata e Akane avrebbe potuto farlo, ma qualche volta
avvertiva il desiderio di allungare una mano in modo più
concreto, non prescrivendo farmaci o altro, ma approfondendo ciò
che le persone erano tenute a raccontare solo in parte perché,
dopotutto, stavano parlando solo con una psicologa.
Akane
amava il suo lavoro, ma a volte avrebbe tanto voluto buttare tutto
dalla finestra.
-Ho avuto di nuovo l'incubo-
La voce di Nanako
era talmente flebile e sottile che non sembrava provenire dalla
stessa stanza.
-Però al posto di mia madre c'ero io,
stavolta- spiegò giocherellando con le dita mentre la gamba
destra si muoveva su e giù velocemente.
-Da quando?-
domandò Akane.
-Un paio di notti ormai...-
-Mentre
sognavi provavi le stesse cose o è cambiato qualcosa?-
Nanako
si fermò, rimase immobile per qualche secondo, lo faceva
sempre quando Akane le domandava qualcosa di cui non era sicura.
-Sì-
rispose infine.
-E cosa?-
-Avevo paura-
-E cosa provi quando
sogni tua madre invece?-
-Io...-
Sembrò cercare le
parole giuste poiché fissò il vuoto assottigliando gli
occhi in un'espressione concentrata.
-Sempre paura. Però
anche tristezza e rabbia. Sì, avverto una tristezza talmente
acuta quando sogno mia madre che mi segue anche quando mi sveglio,
poi piano piano passa. Non che non sia più triste per la morte
di mia madre, ma è come se nel sogno, anzi, nell'incubo, sia
tutto moltiplicato-.
La rossa annuì contraendo le
labbra.
-Invece, quando nell'incubo sei stata proiettata al posto
di tua madre, hai avuto solo paura?-
-Sì. Tremavo e
piangevo, ma non riuscivo a urlare. Poi il ghoul mi ha staccato le
gambe a morsi e quando mi sono svegliata mi sono resa conto di averle
tutte paralizzate. Anche le braccia- disse mentre si abbracciava da
sola, come per volersi assicurare che i suoi arti fossero ancora al
loro posto.
-Nel sogno non hai realizzato questo cambiamento,
vero?-
-In realtà sì-
Akane si accigliò.
-Mia madre, in realtà, era lì. Era davanti a me e
mi osservava mentre venivo divorata però non alzava un dito
per aiutarmi. Aveva un'espressione triste, però non si
muoveva-
Nanako tacque, poi iniziò a mangiarsi le unghie.
-E questo ghoul sei riuscita a vederlo in faccia?- domandò
Akane inclinando la testa.
Nanako continuò a mordicchiare
senza alzare lo sguardo. Stava evitando la domanda, era palese,
dunque Akane provò a cambiare tattica.
-Quando sognavi tua
madre al tuo posto il ghoul cosa faceva?-
La giovane, finalmente,
si fermò e la guardò.
-La bloccava a terra. Le
tirava i capelli-
-La mangiava?-
-No-
Si era formata una
strana tensione, quasi eccitante. Nanako stava diventando irrequieta
poiché aveva iniziato a muovere entrambe le gambe
incessantemente.
-Posso andare?-
-Manca ancora un quarto d'ora-
spiegò dolcemente Akane.
-Ti sto mettendo a disagio,
vero?-
-N-no... è solo che... non mi piace parlare
dell'incubo-
-Però sei stata tu ad aprire l'argomento. C'è
qualcosa di cui vuoi liberarti, ma hai troppa paura di farlo. Hai
paura che se lo facessi quel ghoul verrebbe a cercarti e ti farebbe
di nuovo del male, dico bene?-
Nanako aveva iniziato a
piangere silenziosamente e tentava di asciugarsi le lacrime in modo
che non cadessero, ma alcune si infransero lo stesso sulla sua
maglietta.
-Io non... voglio che quel bastardo mi faccia altro
male- singhiozzò piano, -non ce la faccio più, se
dovesse succedere ancora io...-.
Questa era la parte che Akane
detestava più di tutte nel suo lavoro: il dover mantenere un
comportamento professionale senza poter abbracciare o almeno
avvicinarsi a dare conforto a un paziente in lacrime non lo
sopportava. Non era mai stata una grande fan del contatto fisico, ma
vedere una persona così fragile in quello stato poteva solo
farle compassione.
-Non succederà, te lo prometto. Devi
solo dirmi che volto aveva il ghoul del tuo sogno- disse sporgendosi
leggermente verso di lei con il busto.
Nanako si passò una
mano sul viso tirando su con il naso un paio di volte, dopodiché
fissò Akane dritto negli occhi e con voce scossa dal pianto
pronunciò finalmente le parole che la rossa stava
aspettando.
-Mio padre. Quel porco schifoso mi ha stuprata più
di una volta e mia madre lo sapeva, ma non ha mai fatto nulla per
fermarlo. Però... anche se è così io non ho mai
voluto che lei morisse, però allo stesso tempo io... la odio.
La odio perché avrei voluto essere io al suo posto. Preferirei
morire piuttosto che farmi toccare di nuovo da lui-.
Tornò
a singhiozzare rumorosamente e Akane si accasciò contro lo
schienale della sedia sospirando con le labbra serrate.
***
Matematica
non era decisamente la sua materia preferita, ma Hikari si sforzava
di seguire ugualmente anche se, con il fratello geniale che si
ritrovava, non sarebbe stato difficile recuperare tutte le sue
lacune. Nonostante ciò non voleva essere da meno, voleva
dimostrare sia ai professori che alla sua famiglia di essere una
studentessa modello. La scuola le piaceva e, anche se non tutte le
materie le andavano a genio, andava d'accordo con tutti gli
insegnanti e i compagni ed era felice di alzarsi la mattina, a
differenza di quella dormigliona di Akane che, rintanata nel letto,
temporeggiava con la solita scusa "altri cinque minuti".
Perfino Juuzou era un tipo mattiniero e rimproverava la rossa per la
sua pigrizia.
"Aka-chan, se non ti sbrighi faremo tardi di
nuovo"
"Tanto facciamo tardi comunque perché
qualcuno non può stare alla larga dal negozio di
caramelle nonostante Haise lo rifornisca ogni giorno".
A quel
punto Hikari scoppiava a ridere mentre Red, con la sua solita faccia
inespressiva, assisteva alla scena con un budino al cioccolato in
mano, aka la sua colazione.
L'atmosfera che si respirava in casa
era talmente tranquilla e calorosa che i due ghoul aveva quasi
completamente dimenticato tutti gli avvenimenti risalenti a
quell'inverno di quattro anni prima. Qualche volta dei dolorosi
flashback facevano capolino, ma Hikari tentava di scacciarli al più
presto con un sorriso, la sua arma più potente. In quel caso
aveva deciso di concentrarsi sullo studio della matematica, ma,
mentre tentava di combattere il sonno e di seguire la lezione, la
campanella suonò seguita dal rumore di sedie e banchi che si
spostavano e sospiri liberatori emessi dagli studenti. Ignorando
l'insegnante che ricordava loro l'imminente compito in classe, Hikari
si stiracchiò per poi alzarsi e uscire di corsa dall'aula
senza aspettare che qualche sua amica la raggiungesse per chiederle
andare a qualche bar o karaoke dopo le lezioni. Solitamente non
declinava l'invito, ma quel giorno aveva voglia di tornare a casa
insieme a suo fratello. Giunta davanti alla sua aula, che già
si stava svuotando, attese di notare i tratti di Red e la sua
espressione apatica: quando la vide non perse l'occasione di
pararglisi davanti con un sorriso a trentadue denti.
-Ciao Red!
Com'è andata la giornata?-
Red, che fino a quel momento
indossava un'espressione più minacciosa che apatica, parve
addolcirsi.
-Bene, e la tua?-
-La signorina Yumi mi ha chiamato
a leggere un brano di inglese e dopo averlo fatto si è
complimentata per il mio accento!- spiegò con fierezza
camminando fianco a fianco con il suo gemello verso l'uscita
dell'istituto.
Red sorrise impercettibilmente.
-In effetti sei
brava in inglese, i voti più alti li hai in questa materia o
sbaglio?-
-Non sbagli!-
-E che mi dici di matema...-
Prima
che Red potesse finire la sentenza un paio di ragazzi gli si
buttarono addosso sorridendo.
-Hey Red! Ci sei per una partita a
calcio dopo la scuola?-
Il castano roteò gli occhi mentre
Hikari se la rideva sotto i baffi.
-Rin lo sai che non so giocare,
se vuoi una scusa per conoscere mia sorella inventatene una
migliore-
Il suddetto parve arrossire di botto mentre l'altro
scoppiò a ridere di gusto.
-Beccato!-
-Rin-kun se vuoi
uscire con me non ci sono problemi-
Sia Red che i due compagni si
voltarono verso Hikari, gli occhi sgranati per lo stupore.
-D-dici
davvero!?-
-Certo, ma prima dovrai convincere mio fratello-
ridacchiò indicando Red che aveva assunto l'espressione più
spaventosa che Rin gli avesse mai visto.
-Ecco... magari faciamo
un'altra volta, okay?-
-Facciamo mai- disse Red, le risate di
Hikari in sottofondo.
***
-Sono
a casa- annunciò Akane una volta oltrepassata la soglia. Ci fu
un rumore di passi provenienti dal salotto, poi la testa di Juuzou
fece capolino dallo stipite che separava l'ingresso dalla stanza
principale.
-Bentornata- sorrise il corvino. Akane ricambiò
con un altro sorriso, poi inclinò la testa vedendo i coltelli
Sasori che Juuzou era solito utilizzare durante il lavoro e gli
domandò cosa stesse facendo.
-Mi sto allenando- spiegò,
-L'investigatore Mutsuki mi ha chiesto qualche consiglio per
maneggiare i coltelli dal momento che anche lui ne dispone, quindi
gli ho detto di venire qui oggi pomeriggio e nel frattempo mi stavo
riscaldando-.
-Mutsuki? Vuoi dire il ragazzo che è in
squadra con Haise?-
-Proprio lui- annuì Juuzou sparendo
nuovamente. Akane si tolse le scarpe e lo seguì in salotto
dove stette per un po' ad assistere all'allenamento senza aprir
bocca.
Le mosse di Juuzou erano qulle di sempre, ma vi era
comunque qualcosa di diverso, qualcosa a cui non sapeva dare un nome,
poi capì che in lui non vi erano che briciole, tracce molto
vaghe di quel ragazzo dai capelli candidi che non conosceva il
significato di "empatia" o "affetto". Non era
stato sepolto, dopotutto Juuzou aveva ancora il comportamento
infantile che lo caratterizzava, ma era più consapevole,
era più riflessivo e meno impulsivo, era diventato un ottimo
leader e Akane non poteva esserne più fiera. Era cambiato come
era cambiato il colore dei suoi capelli o la posizione delle forcine,
ma era sempre Juuzou, era sempre la sua salvezza, il suo raggio di
sole. Questo, di certo, non sarebbe cambiato.
-Terra chiama
Akane!-
La rossa si raddrizzò puntando lo sguardo
sull'amico in attesa che proseguisse, ma invece di parlare si limitò
a fissarla con sguardo pensieroso.
-A che pensi?-
domandò.
Sorrise, Akane, mentre nel petto il cuore sembrò
farle una capriola.
"Aka-chan, cosa vuol dire
'empatia'?".
Scosse la testa e andò a sedersi sul
divano mentre Juuzou la seguiva con lo sguardo.
-Pensavo a una mia
paziente-
-Vuoi dire quella dell'incubo?-
-Già-
Il
moro sorrise facendo roteare i coltelli in aria.
-Scommetto che
hai di nuovo ignorato gli ordini di Washuu-
-Non li ho ignorati-
protestò Akane, -ho solo deciso di non seguirli- quindi tacque
ascoltando il rumore delle lame che fendevano l'aria.
-Quella
ragazza è seguita da un gruppo di psichiatri che non fanno
altro che imbottirla di farmaci e sonniferi. In un anno non sono
riusciti a concludere nulla se non farla chiuderla ancora di più
in se stessa-
-Poi un bel giorno arrivò una balda giovane
dai capelli rossi che, con un gesto della sua bacchetta magica,
riuscì a rimettere ordine nella testolina confusa della
ragazza- disse Juuzou con un tono narrante, scuotendo uno dei
coltelli come se fosse stato una bacchetta. Akane scoppiò a
ridere incrociando le braccia.
-Dire che ho messo ordine è
troppo, ma per lo meno sono riuscita a farle buttare fuori un peso
enorme- spiegò. Il rumore delle chiavi nella serratura fece
voltare entrambi verso l'ingresso da dove, poco dopo, spuntarono
Hikari e Red.
-Siamo a casa!-
-Bentornati-
Hikari non ci
mise molto a far notare il fatto che "stava morendo di fame"
nonostante lei e Red avessero già pranzato a scuola, così
Akane si alzò dal divano per andare a preparare uno spuntino
lasciando Juuzou parlare con i gemelli riguardo la giornata
trascorsa.
Davanti alla dispensa iniziò a raccattare pane e
miele quando i suoi occhi si fermarono su un piccolo contenitore di
pillole. Tenerlo lì serviva a ricordarle di prenderle anche
se, in realtà, era da tanto che non le toccava.
Giorno dopo
giorno ripeteva a se stessa che le avrebbe prese nel momento in cui
il suo lato ghoul avesse rischiato di prendere il sopravvento a causa
della mancanza di assunzione di cibo "adeguato", ma ancora
nessuna avvisaglia le aveva dato motivo di preoccupazione né
aveva compromesso il tranquillo stile di vita che loro quattro
avevano imparato a condurre.
"Aka-chan cosa sono
queste?"
Un ultimo sguardo. Akane si morse l'interno
guancia e tornò in cucina come se niente fosse.
"Sono
pillole per il ferro, niente di che".
O almeno era ciò
che sperava di far trasparire.
Angolo
autrice
Eccoci nel secondo capitolo composto da ben 2425
parole o più. Spero di non avervi annoiato, se è così
vi prego di farmelo sapere: i capitoli molto lunghi non sempre sono
graditi, me ne rendo conto :/
Ad ogni modo sta volta è
stato necessario dal momento in cui ho voluto darvi un'idea riguardo
la vita che da quattro anni stanno conducendo questi quattro
squilibrati lol
Chi vi è mancato di più tra
Hikari, Red e Akane? Juuzou è scontato eh u.u
Vi
anticipo che ho in mente di pubblicare un piccolo speciale quando la
storia raggiungerà le 500 visualizzazioni ehehe~
Come
sempre se avete qualcosa da farmi notare non esitate a farlo ^^
Se
il capitolo vi è piaciuto sarei ben contenta di ricevere i
vostri pareri, sia positivi che costruttivi.
Vi lascio con
la nota che le parti in corsivo rappresentano brevissimi flashback,
ma penso che fosse abbastanza chiaro.
Al prossimo
capitolo!
Cherry