Erano passati alcuni giorni dall'incidente, e finalmente era stato concesso ad Elisya di recarsi in ospedale.
Ma non era sola.
Con lei c'era Naima, una delle ragazze che lavoravano all'orfanotrofio.
Tra le due si era incominciata a formare una certa complicità, tanto da sembrare sorelle.
C'era ancora moltissima neve per le strade.
Elisya fu riluttante all'idea di andare in auto, ma alla fine dovette accettare.
«Sai, Elisya ...» iniziò a dire Naima mentre guidava, «Se potessi, ti adotterei io ... Sei davvero una brava bambina e non meriti questa sofferenza ...»
La ragazza, infatti, era stata cresciuta nell'orfanotrofio e viveva lì, non possedeva una casa tutta sua, ma era comunque felice di poter aiutare chi ne aveva bisogno.
Elisya sorrise brevemente, ma subito i suoi pensieri si rivolsero nuovamente verso suo fratello.
Arrivarono all'ospedale nel pomeriggio.
Le pareti erano quasi tutte bianche e c'era un forte odore di medicine.
Chiesero all'accettazione quale fossero il reparto e la stanza dove era ricoverato Shawn.
L'infermiere mormorò qualcosa riguardo ciò e indicò loro come raggiungerlo.
Naima lo ringraziò e, tenendo saldamente per mano la bambina, si diresse verso il luogo che le era stato indicato.
~
Eccoli lì.
Tutti e quattro nella stessa stanza.
I due coniugi, Aiden ... E Shawn.
Naima stava parlando con un dottore, gli stava spiegando la situazione, gli mostrava vari documenti.
Entrambi le avevano raccomando di non entrare nella stanza.
Ma Elisya non poteva aspettare.
Doveva vederlo.
Le mancava, le mancava tantissimo.
In quel momento li separava solo una parete di vetro.
Fece un bel respiro ed entrò.
Aveva già notato che Aiden e i suoi genitori erano morti.
La parte più buona di sé li guardava con dispiacere: anche con tutto l'astio che aveva per loro, non gli avrebbe mai augurato una fine simile.
Volse il suo sguardo verso Shawn.
Guardava il soffitto con occhi persi e una flebo era attaccata al suo braccio sinistro.
«... Fratello?» mormorò, avvicinandosi al suo letto.
Shawn volse lo sguardo verso di lei, ma era vuoto, privo di qualsiasi emozione.
«Tu chi sei?»
Le si gelò il sangue nelle vene.
"Tu chi sei?"
Non si ricordava di lei?
L'aveva cancellata dalla sua vita?
Voleva piangere, ma sarebbe stato inutile.
«... Io ... Temo di non conoscerti ... Chi sei?» chiese nuovamente il ragazzo.
Elisya forzò un sorriso sul suo volto e rispose:«Scusami, ti ho scambiato per mio fratello. Devo aver sbagliato stanza!»
«... Non ti preoccupare ...» le disse con dolcezza, «Può capitare di sbagliare!»
Lo salutò e uscì dalla stanza.
Sentiva ogni parte del suo cuore frantumarsi.
Non aveva più una famiglia.
Nessuno l'avrebbe più chiamata "Eli" o "sorellina" con quel tono amorevole.
Naima notò il suo comportamento, e le chiese:«Cosa c'è, Elisya? ... Non vuoi vedere tuo fratello?»
«... Lui ... Non si ricorda più di me ...» sentenziò.
«La perdita di ricordi è un sintomo comune nei soggetti che hanno subito un forte shock ...» sospirò il dottore, guardando Naima, «La chiamerò se ci saranno miglioramenti.»
~
Era ormai ora di cena, ma Elisya non aveva toccato nulla.
Stava male.
Aveva perso tutto in una sola giornata.
Guardava gli altri bambini dell'orfanotrofio, tranquilli e sereni, e li invidiava, oh, se li invidiava.
La sua mente era come una nave in mezzo ad una straordinaria tempesta, e quei pensieri, quei sentimenti, quelle emozioni, la stavano facendo affondare nell'angoscia.
Non sarebbe mai più stata la stessa.