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Autore: heliodor    16/09/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Fuoco purificatore

 
Joyce guardò inorridita le fiamme che iniziavano a lambire i corpi dei prigionieri. Hondiss urlava e cercava di sottrarsi all'immenso calore che doveva avvertire. Accanto a lui, Fredi aveva chiuso gli occhi e stretto le mani attorno al palo.
Vayl piangeva e mormorava qualcosa mentre Nel se ne stava tranquilla, gli occhi chiusi e l'espressione serena sul volto.
"Non posso starmene a guardare mentre bruciano" disse Joyce lanciandosi verso il cortile. Nello stesso momento evocò l''oscurità magica e il buio piombò su di loro.
"Ci attaccano" gridarono le guardie.
"Qualcuno è entrato nell'accademia" urlò una voce femminile, forse quella della strega al comando.
Non importava.
"Zitti o non li sentiremo" disse una terza voce.
Joyce corse con la testa piegata in avanti incurante di tutto quello che succedeva attorno a lei.
Udì passi concitati, spade che veniva sguainate e l'eco di proiettili magici che venivano lanciati a caso. Si piegò in avanti per offrire un bersaglio più difficile.
Un attimo dopo avvertì il calore dell'incendio e seppe di aver raggiunto la pira più vicina. Nello stesso istante si rese conto di attraversare le fiamme quando il fuoco le morse la carne delle gambe e delle caviglie.
Voleva urlare, ma facendolo avrebbe rivelato la sua posizione al nemico.
Si arrampicò su per la pira e ogni metro di quella salita le costò una profonda agonia e quando arrivò in cima le cose non migliorarono di molto.
Il fuoco non era ancora arrivato fin lì ma il calore e il fumo sì. Tossì senza riuscire a inalare abbastanza ossigeno. Doveva sbrigarsi o sarebbe svenuta e bruciata lì insieme agli altri.
Individuò e corde e le tagliò con la spada datale da Gutti. Sciolse i nodi e liberò prima Nel e poi Vayl.
Lei le afferrò la spalla. "Chi sei?"
"A dopo le spiegazioni" disse Joyce dandole la spada. "Questa sai usarla meglio tu" disse saltando giù dalla pira.
Arrivo Fredi, pensò mentre si dirigeva verso il secondo rogo.
Una mano sbucò dal buio e le afferrò la spalla.
"Dive credi di andare?" le gridò una voce femminile prima di scagliarla lontano.
Joyce volò per qualche metro e atterrò sulla spalla, rotolando un paio di volte. L'oscurità scomparve all'improvviso e tutto le fu chiaro.
Vide la strega che era a capo del gruppo dentro l'accademia venirle incontro. "Che hai fatto? Chi sei?"
Joyce si rialzò su gambe malferme.
Vayl e Nelothien era scesi dalla loro pira e stavano lottando contro i soldati e gli altri stregoni.
Il ragazzo usava lo scudo per proteggersi dai dardi magici che gli venivano lanciati contro mentre la lama askadiana sembrava danzare tra i nemici menando fendenti a destra e sinistra.
Il suo non era un movimento casuale, si rese conto Joyce quando vide crollare a terra due guerrieri e uno stregone.
Nelothien roteò nella mano la spada dalla lama insanguinata. Era ferita e priva di armatura, ma si difendeva dagli attacchi deviando i dardi con la stessa arma con la quale attaccava.
Il rogo di Fredi pensò Joyce.
Doveva andare da lei. Si mosse verso la pira ormai avvolta dalle fiamme.
La sua avversaria evocò i dardi magici e glieli lanciò contro.
Joyce li deviò con lo scudo magico. "Lasciami andare."
"Ferma" le gridò la strega.
"Devo salvare Fredi" disse Joyce indicando la pira.
"È troppo tardi" disse la strega."Ormai saranno morti."
"No" fece Joyce muovendosi verso le fiamme.
La strega evocò una corda magica e gliela lanciò contro, avvolgendole il ventre.
Joyce sentì l'energia contenuta nella corda paralizzarle le braccia. Provò a liberarsi agitandosi, ma la corda resse.
La strega la teneva ferma mentre si preparava a un nuovo attacco.
Joyce si concentrò come aveva visto fare a Marq quando Dwili l'aveva intrappolato con la corda. Immaginò la sua energia vitale fluire dal corpo alla corda per contrastare il potere della strega avversaria. La corda si dissolse all'improvviso e lei fu libera di muoversi di nuovo.
La strega le puntò contro i dardi magici e li lanciò.
Joyce sentì avvampare il braccio sinistro mentre si chinava di lato d'istinto. Tese in avanti l'altro braccio ed evocò il raggio magico.
La lancia di energia pura colpì la strega avversaria al ventre.
Incurante del pericolo concentrò tutte le sue energie sul raggio, rinunciando alla difesa dello scudo.
Se in quel momento qualcuno l'avesse presa di mira sarebbe finita per lei.
La strega evocò lo scudo magico ma la forza del raggio di Joyce la spinse all'indietro, facendola cadere.
Joyce voleva finirla con i dardi magici, ma le forze le mancarono e le gambe cedettero. Cadde in ginocchio, esausta.
La strega si rialzò, i dardi già evocati. Aveva una ferita all'addome dove il raggio magico di Joyce aveva penetrato il suo scudo e perdeva sangue da una mezza dozzina di ferite.
"Ora muori" disse sollevando entrambe le mani.
Dal suo petto emerse la punta di una spada. Per un attimo la forza con la quale era stata colpita la sollevò sulle punte. La strega sbarrò gli occhi per la sorpresa.
La punta della spada scomparve e lei crollò in avanti, il sangue che usciva a fiotti dal petto squarciato. Reclinò gli occhi all'indietro e stramazzò al suolo.
Solo allora Joyce vide apparire dietro la strega la figura di Nelothien. Brandiva la spada con una sola mano mentre con l'altra reggeva uno scudo strappato a uno dei soldati.
La lama askadiana si voltò per fronteggiare le quattro guardie rimaste, ma queste si scambiarono un'occhiata veloce, gettarono le armi e corsero via.
 Con le ultime forze Joyce si rialzò su gambe malferme e si voltò verso la pira che bruciava ancora violenta.
Vide Vayl alla base delle fiamme. Ai suoi piedi c'era il corpo di uno degli stregoni. Una seconda strega giaceva poco distante, l'addome insanguinato. Delle altre non vi era traccia.
Joyce si trascinò fino alle fiamme. Il calore era così intenso che anche a quella distanza provava dolore.
Qualcosa si muoveva al centro delle fiamme.
Vayl, gli occhi pieni di lacrime, sollevò le braccia a lanciò due dardi magici verso la figura che si muoveva. Questa si afflosciò all'istante.
Per Joyce era abbastanza. Ricadde sulle ginocchia, esausta e dolorante per la ferita al braccio.
"È colpa mia" mormorò con voce appena udibile.
Vayl si voltò verso di lei e le puntò un dardo contro il viso. "Dammi un motivo per non ucciderti."
Joyce chinò la testa. "Non ne ho."
Nelothien puntò la spada contro il petto di Vayl. "Se la uccidi, poi dovrai rivolgere contro di te un altro dardo."
"Perché?" chiese Vayl stringendo i denti.
"Sei stato tu a chiamare le guardie di Lewil, no?"
"Io credevo..."
"Ti sei fidato della persona sbagliata, così come la strega rossa si è fidata troppo delle sue capacità" disse la lama askadiana.
"Ho fatto quello che credevo giusto."
"Anche lei. E avete sbagliato entrambi. Vivete per onorare la memoria di quelli che sono morti a causa dell'errore compiuto."
"Per te è facile dirlo" disse Vayl abbassando le braccia.
"Non dopo quello che è successo oggi."
Le porte dell'accademia si spalancarono e Joyce vide entrare una dozzina di lame askadiane.
Gutti era alla loro testa. Sorrise quando vide Nelothien. "Stavo iniziando a preoccuparmi per te."
"Che insopportabile romantico" rispose la donna.
"La battaglia è vinta. Immagino che tu voglia scambiare due chiacchiere con Lewil prima di staccargli la testa."
Nelothien guardò prima Vayl e poi Joyce. "Tutti noi siamo ansiosi di farlo."
 
Lewil giaceva in ginocchio, sorvegliato da due lame askadiane. Le mani dietro la schiena erano assicurate da una pesante catena.
L'inquisitore aveva il mantello macchiato di sangue e il volto tumefatto. Aveva un'orbita insanguinata e la palpebra abbassata.
Joyce seguì Nelothien fino a un gruppo di lame askadiane che sostava nei pressi del palco da dove l'inquisitore aveva arringato la folla.
C'erano molti corpi disseminati sul pavimento della piazza. Alcuni indossavano il mantello porpora o l'armatura delle guardie cittadine. Almeno venti l'armatura delle lame askadiane. C'erano anche decine di cittadini che dovevano essere stati coinvolti nella battaglia loro malgrado.
Nelothien si avvicinò a un uomo dall'aria imponente, capelli neri come la notte e una cicatrice che gli deturpava la guancia sinistra.
"Sono felice di vedere che stai bene" disse l'uomo.
"E io sono felice di vedere te, Larg."
L'uomo sorrise.
"Quanti caduti?" chiese Nelothien.
"Ventisei. E due capitani."
La ragazza sospirò. "Era meglio lasciarmi bruciare."
"E perderci questo spettacolo? Lewil è un cane e non merita di vivere" disse Larg severo. "Ricordi perché ti avevo mandata qui?"
Nelothien annuì. "Indagare e osservare."
"E ricordi perché ci siamo spinti così a ovest?"
"I rapporti dicevano che a Luska la situazione era fuori controllo."
Larg annuì. "Lewil non si sarebbe fermato a questa città. Progettava di attaccare quelle vicine per portare la sua furia purificatrice ovunque. Non potevamo permetterlo."
"A quale costo abbiamo fatto giustizia?"
"La legge ha sempre un costo molto alto. Che Lexar ci illumini e guidi nel nostro difficile percorso."
Nelothien indicò Lewil con un cenno della testa. "Che ne facciamo di lui?"
Larg scosse la spalle. "Deve essere il popolo di Luska a decidere."
Joyce aveva però un'idea diversa. Marciò decisa verso l'inquisitore, un dardo già pronto nella mano destra. Glielo puntò contro il viso.
Lewil alzò gli occhi e sorrise. "Puoi anche uccidermi, ma altri verranno dopo di me. Il male non vincerà."
"Sei tu il male" disse Joyce.
"Intanto sei tu qui a puntare un dardo contro un uomo legato e disarmato."
"Tu hai bruciato una bambina innocente."
"Nessuno è innocente" gridò Lewil. "Tutti. Tutti siamo colpevoli di qualcosa. Io sono colpevole di non aver fatto abbastanza per purificare questa città. Luska merita di essere bruciata fino alle fondamenta per essere ricostruita più forte e bella di..."
Joyce gli sferrò un pugno sul naso.
La testa di Lewil scattò di lato.
Joyce gli diede un altro pugno e poi un altro e un altro ancora. Lo colpì fino a farsi sanguinare le nocche e poi a non sentire più il dolore. E quando non ne poté più gli sferrò un calcio nelle costole.
L'inquisitore si piegò in due.
Joyce boccheggiò per la fatica. "Tu hai... tu sei..."
Nelothien gli poggiò una mano sulla spalla. "Non vale la pena sporcarsi le mani con questo qui."
Esausta, Joyce si lasciò portare via.
Le ore successive trascorsero come in un sogno. Le lame askadiane ordinarono ai guaritori della città di curare tutti quelli che potevano salvare.
Una donna dai modi gentili si prese cura di Joyce fasciandole la spalla e la mano che si era ferita prendendo a pugni Lewil.
"Ti sei calmata adesso?" le chiese Nelothien andando a trovarla.
La ragazza indossava un'armatura nuova e portava legata al fianco la spada che Gutti le aveva detto di portarle.
Joyce si limitò ad annuire.
"Noi due dobbiamo parlare" disse la lama askadiana. Congedò la guaritrice con un gesto della mano.
Rimaste sole, Nelothien si piazzò di fronte a Joyce. "Allora?"
"Allora cosa?"
"Non hai nulla da dirmi?"
Joyce scrollò le spalle.
"Io non so chi sei e non so da dove vieni, ma c'è ancora un discorso che dobbiamo fare noi due."
"Non so di cosa stai..."
Nelothien le mostrò il foglio che aveva portato all'accademia giorni prima. Era quello col disegno del cavallo alato e della donna in groppa ad esso. "Tienilo tu" disse porgendoglielo.
Joyce scosse la testa. "Non lo voglio."
"Hondiss è morto a causa di questo disegno. E anche quella povera ragazzina. E quasi duecento persone tra miei compagni, membri del circolo di Luska e cittadini comuni" disse Nelothien con tono duro. "Il minimo che tu possa fare è ringraziarli per il loro sacrificio."
"Io non volevo che morisse tutta quella gente." E soprattutto non volevo che morisse Fredi. Il solo pensiero le fece venire le lacrime agli occhi.
Nelothien sospirò. "Tu non volevi e io ti credo, ma è successo lo stesso. Anche io non volevo che morissero i miei compagni, ma non ho potuto impedirlo. Dovrò vivere anche per onorare il loro sacrificio."
"Tanto voi lame siete immortali, no?"
"Quella è solo una leggenda e lo sai bene. Gutti te l'ha spiegato come funziona, no?"
"Tu sei solo una delle tante Nelothien. Quando morirai un'altra prenderà il tuo posto."
La ragazza si batté il petto col pugno. "Io sono la cinquantasettesima Nelothien da quando la compagnia numero sei è stata fondata. Conosco la storia di tutte le atre cinquantasei che mi hanno preceduta e quelli che verranno dopo di me impareranno la mia storia. È così che conserviamo il ricordo di chi ci ha preceduto ed è per questo che ci definiamo immortali." La sua voce si abbassò. "Ma siamo esseri mortali come tutti gli altri. Alcuni di quelli che sono morti ieri sera erano miei amici. Due di essi avevano iniziato come reclute il mio stesso anno. Mi mancheranno molto e farò di tutto perché il loro nome venga onorato quando le nuove reclute prederanno il loro posto."
Joyce scosse la testa. "Va bene, hai ragione. Che vuoi che faccia?"
"Qualunque cosa tu stia cercando" disse la lama askadiana. "Domandati se vale il sacrificio di tutte quelle persone e soprattutto se vale il tuo, di sacrificio. A Hondiss piaceva parlare, ma quando diceva che su quel disegno e quella maga di nome Sibyl aleggia una maledizione era molto serio. Lui ci credeva davvero a quello che diceva. Se tu stai seguendo le tracce di quella maga..."
"No" si affrettò a dire Joyce. "La mia era solo curiosità."
"Lo spero per te. Perché la magia proibita non è la risposta giusta alle domande che ti stai facendo."
"Hai un bel coraggio a parlarmi di magia proibita" disse Joyce cercando di sviare la discussione. "Tu e le altre lame usate armi incantate."
Nelothien rise. "È vero."
"Magia proibita."
"Chi ti dice che lo sia?"
"Persone senza poteri che usano armi incantate..."
Nelothien rise più forte. "Incantiamo le nostre armi e poi le usiamo. Che c'è di male?"
"Voi..."
"Noi lame siamo tutti incantatori" disse la ragazza. "In entrambi i continenti gli incantatori non sono visti di buon occhio. Tranne che ad Askad. Lì sono accolti e trovano rifugio, se perseguitati per i loro poteri. Alcuni vengono da noi, mentre altri sono inviati dagli stessi circoli, ben lieti di liberarsi da quello che considerano un pericoloso fastidio. Askad ospita e sfama streghe e stregoni reietti, trasformandoli in guerrieri sopraffini famosi in tutto il mondo conosciuto. Le lame askadiane."
"Quindi voi incantate le vostre armi e armature? Perché invece non combattete come normali streghe e stregoni?" chiese Joyce.
Nelothien scosse le spalle. "Perché sfruttiamo il nostro potere fino in fondo. Nei momenti di pace incantiamo le nostre armi e armature. È un procedimento lungo che porta via molto tempo ed energie e subito dopo averlo fatto dobbiamo riposare. Quando scendiamo in battaglia usiamo sia i nostri poteri che quelli custoditi nelle armi che ci portiamo dietro."
"È un vantaggio" disse Joyce iniziando a comprendere. "È come avere una riserva di incantesimi da usare quando servono."
Nelothien annuì soddisfatta.
La mente di Joyce era in subbuglio. "Quando hai sfidato Lewil avevi incantato la tua armatura con lo scudo magico, vero?"
Nelothien annuì di nuovo.
"E hai usato uno scudo magico supplementare per resistere alle sue fiamme, giusto?"
"Giusto."
"Non avevo mai pensato a una cosa del genere."
"Il motivo è che non sei un'incantatrice."
Ma potrei diventarlo, pensò Joyce. Se troverò e imparerò l'incantesimo giusto nel compendio. Fece per rimettersi in piedi ma Nelothien la bloccò.
"Che vuoi fare?"
"Devo andare" disse Joyce.
"Dove?"
"A Gadero. Lì c'è mia sorella che aspetta" rispose ripetendo la scusa che aveva inventato per Marq.
"Può aspettare ancora. Prenditi qualche altro giorno di riposto prima di rimetterti in viaggio."
"Non posso. Lei non aspetterà per sempre." Qualunque cosa dovesse succedere a Gadero, sarebbe successa tra meno di dieci giorni.
"E a sette giorni di viaggio da qui" disse Nelothien.
Bene, pensò Joyce. Arriverò prima e avrò due interi giorni per prepararmi. Mise la borsa a tracolla e si avviò.
Nelothien la seguì. "Hai almeno un cavallo?"
"Non lo so. Credo di sì. Ne avevo uno quando sono arrivata."
"Prendi uno dei nostri" disse Nelothien. "Tanto ora ne abbiamo in abbondanza."
"Sembra quasi che tu sia ansiosa di vedermi partire."
"Non offenderti" disse la lama askadiana. "Ma ho come l'impressione che tu sia una che si porta dietro i guai."

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