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Autore: LysandraBlack    16/09/2018    4 recensioni
Aenor Mahariel, fiera Cacciatrice tra i Dalish.
Geralt Amell, ambizioso mago intrappolato nella Torre del Circolo.
Kallian Tabris, sogna una vita tranquilla nell'Enclave di Denerim.
Elissa Cousland, ansiosa di mettersi alla prova.
Natia Brosca, che non conosce altro che i bassifondi di Orzammar.
Duran Aeducan, comandante dell'esercito e Principe della città dei nani.
Sei eroi, provenienti da ambienti radicalmente diversi, si ritroveranno loro malgrado a fermare il Flagello che si abbatte sul Ferelden. Ce la faranno?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alistair Therin, Custode, Leliana, Morrigan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con
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- Questa storia fa parte della serie 'The unlikely heroes of Thedas'
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CAPITOLO TRENTANOVE:

DENERIM



 

Loghain era sopravvissuto.

Aenor era quasi scoppiata a ridere, quando per un attimo lo avevano creduto morto, caduto a terra dopo aver bevuto il sangue di Prole Oscura. Che ironia sarebbe stata, aver perso Alistair per poi non guadagnare una nuova recluta.

Invece, per la fortuna almeno dei Custodi Grigi, l'uomo aveva riaperto gli occhi.

«Sei uno shem ostinato, te lo riconosco.» Gli disse mentre quello era a carponi sul pavimento, tossendo, il respiro affannoso.

Le rivolse un ghigno divertito. Sembrava aver ripreso fiato. «Non ho neanche la decenza di morire, eh...»

Gli porse una fiaschetta piena d'acqua, incrociando le braccia, appoggiata alla parete di roccia fredda. «Non credere che sia chissà quale onore. È una condanna a morte che dura anni, durante i quali, ogni notte, verrai perseguitato da incubi e voci nella testa, finché la Chiamata della Corruzione nel tuo sangue non sarà così forte da farti impazzire e cercare un'ultima via di fuga sottoterra, dove sparirai senza lasciare traccia, il tuo cadavere rosicchiato a dovere e abbandonato in un cunicolo senz'aria.» Fu il suo turno di ghignare, staccandosi dalla cintura una fiaschetta di birra che le aveva gentilmente regalato Natia qualche giorno prima, brindando alla loro salute. «Benvenuto nel nobile e antico Ordine dei Custodi Grigi, Loghain.»

L'uomo non rispose, limitandosi a scuotere la testa e grugnire qualcosa mentre si rimetteva faticosamente in piedi. Fece cozzare le due fiaschette con un sorriso amaro. «Ottimo.»

«C'era sicuramente un modo migliore per spiegarti tutto ciò, ma la nostra compagna è parecchio schietta.» Si intromise Riordan, che aveva officiato l'Unione. «Benvenuto nel nostro Ordine, Custode Grigio Loghain, che questa possa essere un'occasione per rimediare ai tuoi errori.»

«Tsk, sarà difficile rimediare ai danni che ho causato, Custode, ma avete vinto voi e questa è una punizione assai ironica, viste le circostanze che vi hanno fatto avere bisogno di me in primo luogo. Se quasi tutti i Custodi del Ferelden non fossero rimasti uccisi ad Ostagar, non avreste proposto di farmi unire a voi e sarei stato decapitato da quel bamboccio-»

«È stato un peccato perdere Alistair.» Lo interruppe di nuovo Riordan. «Ma non ha voluto scendere a compromessi e rispetto la decisione di Aenor.»

Aenor lanciò uno sguardo sprezzante a Loghain. «Se risparmiarlo e farlo unire a noi era l'unico modo per levarselo di torno, l'avrei proposto dall'inizio...» La bugia le scivolò via con facilità, ma le lasciò l'amaro in bocca. «Ora, veniamo al motivo per cui ci serviva così tanto un altro Custode, Riordan.»

Quello annuì. «Ciò che sto per dirvi è segreto, e non dovrà uscire da questa stanza. Solo i Custodi Grigi anziani ne sono a conoscenza. Si dice che non c'è modo di sconfiggere un Flagello senza di noi, ed è più vero di quello che pensiate. Il sangue dei Prole Oscura, che assumiamo durante la nostra Unione, non ci dona soltanto abilità ed energie utili a combatterli: l'Arcidemone non è altro che un alto drago, e come tale può essere ucciso. Tuttavia, se il colpo finale non è dato con un Custode presente al momento, la sua essenza corrotta si sposterebbe semplicemente nel Prole Oscura più vicino. L'unico modo per porre fine a questo Flagello è che sia uno di noi Custodi Grigi ad uccidere l'Arcidemone, assorbendo la sua essenza grazie alla Corruzione nel nostro sangue.»

«Uccidendo anche il Custode.» Concluse Aenor in tono piatto, per nulla sorpresa.

Loghain battè le mani, fingendosi ammirato. «Ah! Ora capisco perché avete preferito me al bastardo di Maric. Farmi morire contro l'Arcidemone, è questo il piano, al vostro posto. Io sono sacrificabile, anzi, l'intero paese vorrebbe ricordarmi come l'Eroe che ero un tempo e a voi farebbe solo comodo, il vostro Ordine ne uscirebbe come il salvatore del Ferelden e allo stesso tempo come coloro che hanno permesso che il decaduto Teyrn Loghain Mac Tir riabilitasse il proprio nome in un ultimo, grande atto glorioso.»

Aenor si trattenne dallo scoppiargli a ridere in faccia. Gli scoccò un'occhiata in tralice, prendendo un altro sorso dalla fiaschetta.

«Vi sbagliate, Loghain. Preferirei essere io a compiere il sacrificio finale, in quanto sono il Custode più anziano e sento già che la mia Chiamata è vicina.» Lo contraddisse Riordan. «È usanza del nostro ordine che le cose vadano così, ma in questo caso abbiamo solo quattro, anzi, tre ormai, Custodi Grigi che possono farlo: dovete essere quindi a conoscenza di questa possibilità, che potreste venire chiamati a dare le vostre vite in sacrificio.»

«Non che mi resti molto altro.» Ribattè Loghain con una smorfia.

«Nella guerra, vittoria.» Recitò Riordan, annuendo. «Nella pace, vigilanza.»

«Nella morte, sacrificio.» Concluse Aenor.

Scese il silenzio, mentre tutti e tre riflettevano sul significato di quelle parole.



 

Era ormai notte fonda quando Aenor andò a bussare alla porta di Morrigan.

La Strega delle Selve era ancora sveglia, e non sembrava affatto sorpresa di quella visita. «Mi chiedevo se sarei dovuta venire io da te o se sarebbe successo il contrario...» La accolse, facendola entrare. Si sedettero entrambe sul letto, il fuoco del camino che scoppiettava allegramente, così in contrasto con la conversazione che stavano per avere.

«Nessuno sembra mai notare un piccolo ragno sopra le loro teste, vero?» Sorrise l'elfa, afferrando tra le mani la tazza di tè caldo che le porgeva l'altra. Ne prese un sorso, riconoscente.

Morrigan fece altrettanto, lo sguardo perso tra le fiamme. «Riordan ha vuotato il sacco, ma ho come l'impressione che tu sapessi già del grande e oscuro segreto dei Custodi Grigi.»

L'elfa annuì. «Non sono stata onesta con te, Morrigan, ma non sono l'unica che ha nascosto delle informazioni importanti, vero?»

La strega sogghignò. «Non è forse così che funziona il mondo?»

«Sembra di sì.» Prese un altro sorso dalla tazza, assaporando il tè speziato e addolcito con un cucchiaio di miele, come le piaceva tanto. Era una notte particolarmente fredda per essere ormai primavera. «Mi avevi chiesto il grimorio di tua madre. Che la uccidessi prima che lei potesse impossessarsi del tuo corpo. Non ho portato a termine entrambi i compiti.»

Morrigan rimase immobile, ma Aenor notò come stava stringendo la tazza, le nocche sbiancate.

«Dovevo la vita ad Asha'bellanar, così ho stretto un patto con lei: l'avrei lasciata in pace, in cambio del grimorio.»

Gli occhi gialli della donna guizzarono d'interesse, assottigliandosi. «Dovrei essere sorpresa del tradimento, Custode, ma non lo sono. Non da una Dalish così legata alle tradizioni del Popolo.»

«Non è tutto.» Aenor riavvicinò la tazza alle labbra, inspirandone l'aroma. «Mi ha fatto promettere due cose: la prima, è che ti avrei lasciato portare a termine il tuo compito.»

Ora era davvero stupita. Arricciò il labbro. «Compito?»

«Hai accettato di viaggiare con noi per un unico motivo: hai aspettato il momento esatto in cui saremmo venuti a conoscenza del modo per uccidere l'Arcidemone, e solo allora avresti fatto la tua offerta, presentandoti come il solo modo per sfuggire a morte certa. Concepire un figlio con un Custode Grigio, in modo che l'essenza dell'Antico Dio Corrotto, contenuta all'interno del corpo dell'Alto Drago, venga assorbita dal bambino e nel frattempo purificata dalla Corruzione.»

Mentre parlava, l'espressione dell'altra mutò dallo scetticismo, allo stupore e, infine, si aprì in un sorriso compiaciuto. «Mi hai risparmiato un sacco di spiegazioni difficili, Custode.» Appoggiò la tazza sul comodino, per poi guardarla intensamente negli occhi, giallo e verde che riflettevano la luce guizzante del camino. «Hai intenzione di mantenere la tua parola?»

Aenor annuì. «Non è saggio andare contro il volere di Asha'bellanar. Se è questo che vuoi, ovviamente.»

Morrigan scoppiò a ridere, sbeffeggiandola. «Non fingere che ti importi di me, a questo punto. Hai stretto un patto con mia madre a mie spese, sapendo che prima o poi ne risentirò. Se voglio o meno compiere il Rituale, non ti tange minimamente.»

L'elfa ribattè con una smorfia divertita. «Ne hai davvero molta paura, Morrigan. E non posso darti torno. Eppure, dovresti darmi più credito. In fondo, siamo state compagne di viaggio per qualche mese, non sono fatta di pietra.»

«Intendi dire che hai intenzione di mollare tutto e tornare ad ucciderla? Perchè solo in tal caso-»

«Asha'bellanar non può impossessarsi del tuo corpo, non senza il tuo permesso.» Vuotò il sacco Aenor, godendosi la sorpresa sul volto dell'altra. «La possessione deve essere intenzionale da entrambe le parti per funzionare.»

Morrigan si riprese in fretta. «E le hai creduto? Non ti facevo così ingenua.»

«Ho fatto due giuramenti, come ti ho detto. Il primo, è che ti avrei lasciato concepire un bambino con l'anima di un Antico Dio. Il secondo, era che non avrei fatto parola di questo dettaglio del suo incantesimo per prendere possesso del tuo corpo. È stata terribilmente specifica a riguardo.»

La strega fece un gesto stizzito con la mano. «E vuoi farmi credere che improvvisamente non ti interessa andare contro al volere della Donna dai Molti Anni? Pensi che cascherò così facilmente nel vostro tranello?»

L'elfa scrollò le spalle. «In verità, non è affar mio in entrambi i casi. Dovevo due vite a Flemeth, la mia e quella di Alistair. Dato che la mia ci sono buone probabilità che finisca entro breve in ogni caso, non mi interessa granchè preservarla. Puoi farci quello che vuoi con questa informazione, ma c'è sempre la possibilità che me l'abbia detto ben sapendo che te l'avrei riferito, prima o poi. Magari, aspetta soltanto un tuo passo falso.»

L'altra la guardò, interdetta.

«In ogni caso, la battaglia contro l'Arcidemone è alle porte e domani partiremo ad intercettare la Prole Oscura. Se vuoi procedere con il Rituale, ti conviene farlo stasera.»

«Rispondimi ad una cosa, Custode. Arruolare Loghain. L'hai fatto per proteggere Alistair?»

Finì in tre ultimi sorsi il tè, guardandola fisso. «Due pietre per un piccione, si dice così no?»

«Quello sciocco ci è cascato in pieno. Ti odierà per sempre, probabilmente.»

Accennò un sorriso. «Uno shemlen in più o in meno, non fa differenza.»

Morrigan sembrò trovare il tutto molto divertente, ma non replicò. «Allora, dovrei sedurre Loghain? Nonostante l'età, è ancora in forma e pieno di energie, inoltre la Corruzione non è in uno stadio così avanzato, perfetta perché il Rituale funzioni.»

«Troveremo il modo di convincerlo, allora.»

«Oh? Credi rifiuterebbe davvero di giacere con me una notte? Pochi uomini esiterebbero a farlo.»

Aenor sollevò un sopracciglio. «Lo conosciamo abbastanza bene da sapere che mostrargli due tette non servirà ad un bel niente, temo.»

Morrigan sospirò teatralmente. «Se fosse tutto così semplice...»

Aenor fece per andare, ma l'altra la fermò posandole una mano sulla spalla. «Aspetta. C'è qualcosa di cui vorrei parlarti.»

«È urgente?»

«Potresti... non avere altre occasioni.» Sembrava combattuta. «Dovresti parlare con il mago, Geralt. Ha analizzato il grimorio di mia madre da cima a fondo, così come probabilmente l'intera biblioteca di Orzammar, e credo di averlo visto persino chiedere a Wynne una mano.»

La guardò interdetta. Cosa c'entrava Geralt in quel momento?

«Sta cercando una cura.»

Chiuse gli occhi, sospirando. Non c'era una cura, era troppo tardi. «Che perdita di tempo.»

«Lui non la pensa così. Sta cercando di ripagarti in qualche modo, ma non ha ancora trovato come. Non credo che nemmeno mia madre fosse a conoscenza di un incantesimo simile. Per quanto ne sappiamo, non c'è modo di sfuggire alla Chiamata, la Corruzione non può essere curata.»

Aenor annuì. «Lo so.»



 

«Assolutamente no.»

L'una sostenne lo sguardo dell'altro in una sfida silenziosa. Loghain, nella nuova armatura lucida da Custode Grigio che avevano recuperato dal magazzino, troneggiava su di lei superandola di quasi due teste, ma Aenor non ci fece neanche caso.

«Potrei ordinartelo e basta, lo sai.»

Sembrò che l'uomo avesse morso un limone particolarmente aspro. «Ne sono consapevole.»

«Quindi, perché stiamo perdendo tempo?»

«Mi stai chiedendo di giacere con la Strega delle Selve e concepirci un figlio, solo per poterci salvare la vita. Quando ho già espresso la mia volontà di sacrificarmi un'ultima volta per proteggere il Ferelden. Perchè?»

Incrociò le braccia davanti al petto. «Non devo stare qui a spiegarmi, ma se proprio vuoi sentirti dare una motivazione qualunque... essere un Custode Grigio è una vita di merda. Non la augurerei a nessuno, ma tu, tu te la meriti.»

«Credevo che non ti interessasse nulla della politica degli umani-»

«Che Fen'Harel se la porti, la vostra politica!» Lo interruppe Aenor. «Se non avessi ammazzato ogni singolo Custode Grigio nel Paese, a parte me ed Alistair, io me ne sarei potuta andare all'inizio della battaglia.» “A cercare Tamlen. L'avrei trovato prima che-” Ricacciò indietro quei pensieri, non poteva permetterseli. Non in quel momento. «Ma no, ovviamente è andato tutto in malora e sono stata costretta a darmi da fare per rattoppare questo stupido paese, a scapito di qualsiasi cosa avessi di meglio da fare. Quindi, Loghain, no. Non avrai una facile via d'uscita dalla tua punizione.» Rise, anche se nulla di quella situazione era particolarmente divertente, a parte l'occhiata d'odio profondo che l'altro le rivolgeva. «Ti auguro moltissimi anni di onorato servizio, che probabilmente amerai comunque più di me.»

«Non-» Loghain digrignò i denti, gli occhi ridotti a fessure. Aenor pensò per un attimo che stesse per attaccarla, ma l'istante passò così com'era arrivato. «Dovrai ordinarmelo.»

Sbuffò. «Oh, farò di meglio. Se non accetti, chiamerò il mio amico Zevran, l'assassino dei Corvi di Antiva che hai assoldato per ucciderci, ricordi?» Certo che se lo ricordava. «Potrei chiedergli di fare una visitina a Gwaren. Anora è una bella donna per essere un'umana, sono certa che si divertirebbe un mondo con lei, prima di finire il lavoro.»

Si godette lo sgomento sul volto dell'altro, tramutato poi in ira. «Non oseresti!»

«Mettimi alla prova.» Ribattè. «Ho fatto cose ben più incredibili e, a detta di alcuni, spietate, che uccidere la figlia assetata di potere di un pazzo caduto in disgrazia. Ho ucciso un Alto Drago, trovato le Ceneri della vostra stupida Profetessa, massacrato un intero branco di lupi mannari, minacciato un Arle e mezzo ordine dei Templari, e ucciso più Prole Oscura di quanto riesca a contare. Anora sarebbe l'ultimo dei miei problemi.»

«Se solo provi a toccare mia figlia...» Loghain digrignò i denti, ma alla fine capitolò. «Lo farò, Custode, come mi hai ordinato. Non occorre che te la prenda con Anora.»

«Era quello che volevo sentirmi dire.»

«Sappi che la responsabilità sarà solo tua.»

L'elfa scrollò le spalle. Responsabilità più o responsabilità meno, erano alla resa dei conti.

Percepì come uno schiocco fuori dalla porta, suono che ormai aveva imparato ad associare alle trasformazioni di Morrigan. Senza dubbio, aveva origliato anche quella conversazione. La donna, come evocata, bussò alla porta lasciata aperta, per poi farsi strada all'interno senza aspettare di essere invitata.

«La diplomazia continua a non essere il tuo punto forte...» Ridacchiò la strega, divertita.

Aenor si strinse nelle spalle. «Ha funzionato, questo conta.» Diede loro le spalle, uscendo dalla stanza e incamminandosi verso il piano inferiore.





 

Duran si asciugò il sudore dalla fronte, controllando come stessero i suoi uomini. Tre erano rimasti feriti e uno non si era più rialzato dal potente manrovescio dell'Ogre, ma gli altri sembravano stare bene. Il sole faceva capolino tra le nuvole e tirava un'ara pungente, che gli faceva rizzare i peli della barba e prudere il naso.

«Per il culo rosa di un nug obeso, ne ho già piene le pietre di questo cielo!»

Scoppiò in una risata fragorosa, mentre guardava Leske, una mano sulla fronte a coprirsi gli occhi dall'unico raggio di sole presente, lamentarsi per l'ennesima volta di aver lasciato la sicurezza di Orzammar.

«Prima o poi ci fai l'abitudine.»

L'altro gli lanciò un'occhiata disperata. «Non ho alcuna intenzione di restarci così tanto!» Si diede una manata in fronte, inchinandosi poi così profondamente da rendere tutto assolutamente ridicolo. «Vostra Maestà, intendo.»

Sulle pessime maniere del senzacasta, ci aveva rinunciato da tempo. “Ex, senzacasta.” Natia e Rica lo consideravano di famiglia, quindi era più o meno entrato a far parte della neonata Casata Guerriera Brosca, e come tale era stato chiamato a servizio del suo Re in quello scontro con la Prole Oscura, su in superficie.

Ovviamente, nessuno dei nani con cui viaggiava era stato molto entusiasta di trovarsi senza un tetto di solida roccia sulla testa, ma alcuni, come Leske, la stavano prendendo particolarmente male: che fosse per semplice paura, come con quest'ultimo, oppure per bigottismo e schifo verso coloro che rinunciavano al proprio titolo per rifarsi una vita sotto il cielo aperto, come la maggior parte dei Lord che lo accompagnavano, il risultato era una cacofonia di lamentele continue.

«Sembra proprio che le informazioni dei Custodi fossero errate, Vostra Maestà.» Gli disse suo cugino Piotin, staccando la grande ascia dal cranio fracassato dell'Ogre a terra. «Non si stavano dirigendo a Redcliffe, ma a Denerim.»

«Quindi, gli scout degli elfi avevano ragione.» Commentò gravemente Wojeck Ivo.

Duran gli scoccò un'occhiataccia. Ancora non era completamente convinto della lealtà di Ivo, la sua famiglia si era schierata all'ultimo con lui, tradendo Bhelen quando proprio era chiaro che non avesse speranza di accaparrarsi il trono. Si ricordava perfettamente di come il fratello minore di Wojeck, Frandlin, avesse aiutato Bhelen ad incastrarlo per l'omicidio di Trian, dichiarando il falso e facendolo imprigionare dalle guardie. Era stato tentato di distruggere l'intera famiglia, ma Wojeck l'aveva supplicato di dargli un'ultima possibilità di salvare l'onore della sua casata, per quanto insignificante essa fosse agli occhi della maggior parte dell'Assemblea. Il nuovo re aveva accettato, ma non abbassava mai la guardia quando lo aveva intorno.

Si voltò verso Ilven, l'elfo dal viso tatuato che, in sella al suo halla bianco come la neve, era arrivato al galoppo per avvertirli del supposto cambio di piani dell'Orda. «Se non foste riusciti ad avvisarci, non avremmo mai fatto in tempo ad arrivare a Denerim.»

«Mancano ancora due giorni, Re del Sottoterra, non cantiamo vittoria troppo presto.» Rispose quello, contando le frecce che ancora gli rimanevano nella faretra. «Se dovessimo incappare nel grosso dell'Orda, con solo le vostre forze, saremmo spacciati.»

Duran scosse la testa. «Tutta questo ottimismo finirà per mettermi troppo di buon umore.» Fece segno al resto dell'esercito di rimettersi in cammino, mentre i feriti e il morto venivano trasportati su delle barelle. «Piuttosto, speriamo che il vostro compagno sia riuscito ad avvertire in tempo i Custodi.»

«Erano in due, sono certo che ce l'abbiano fatta.» Ribattè l'elfo, afferrando saldamente le redini dell'animale senza aggiungere altro.

Il re sospirò, mandando una preghiera alla Pietra affinchè le loro speranze si rivelassero vere. L'assedio della città di Denerim poteva avvenire da un momento all'altro, o essere già in corso. L'esercito che guidava era al meglio delle loro capacità, il più numeroso e ben equipaggiato che avesse messo piede fuori Orzammar a memoria di nano, e ne andava particolarmente fiero. Aveva incoraggiato ogni casata a non tirarsi indietro dall'impegno preso con i Custodi Grigi, e dove le parole non erano bastate, era passato a promesse e minacce finchè, alla fine, i suoi sforzi erano stati premiati: ad Orzammar erano rimasti nani sufficienti a proteggere i cancelli della città che davano sulle Vie Profonde e la Guardia Cittadina, che aveva il compito di mantenere l'ordine appena ristabilito. Per il resto, Orzammar affrontava unita il Flagello in superficie, sotto il comando del suo nuovo sovrano.

Sovrano che, di essere un'altra volta all'aria aperta, non era molto entusiasta.

Non che non apprezzasse la brezza che gli scompigliava la barba, o la indiscutibilmente curiosa geometria che sembrava regnare sugli alberi della foresta attorno a loro, ma il pensiero di tornare a casa, nel suo palazzo di mura spesse e alte colonne che sorreggevano il soffitto, tra le braccia della sua nuova moglie, lo spingeva a combattere contro quei mostri con maggiore vigore di quanto avesse mai fatto.

Aveva sempre amato la foga della battaglia, l'odore di sudore, polvere e sangue che inebriava lo spirito e annebbiava la mente, ma ora si ritrovava a pensare ad un bagno caldo per togliersi le tracce dello scontro, un pasto abbondante e della buona birra da bere in compagnia, le voci che riempivano la grande sala dei banchetti al palazzo reale, il letto che divideva con Adal Helmi e le sue labbra morbide.

“Trian avrebbe riso, dandomi del rammollito.”

Evitò di soffermarsi oltre sul pensiero dei fratelli, era una ferita ancora aperta, visualizzando invece il volto del nipotino Endrin, di Adal l'ultima notte che avevano passato insieme, il momento in cui lei gli aveva detto che, al suo ritorno, si sarebbero potuti mettere d'impegno per avere un figlio tutto loro.

Un altro principe, due eredi al trono che avrebbe dovuto addestrare al combattimento, educare alla diplomazia, agli intrighi che governavano ogni aspetto della vita di Orzammar, alla storia e alle tradizioni, ma anche e soprattutto alle nuove idee.

Endrin e il suo futuro figlio avrebbero avuto la migliore delle infanzie che si potesse desiderare, e sarebbero stati amati e omaggiati da tutta la città in egual modo, in modo che non si ripetessero gli stessi errori.

Li avrebbe tenuti d'occhio.

Lanciò un'occhiata a Leske, che poco distante da lui sembrava studiare attentamente un insetto posatosi sulla sua spalla. Con uno scatto repentino, lo schiacciò con una manata, ripulendosi poi sui pantaloni e prendendo un sorso di birra dalla fiaschetta, ruttando sonoramente.

Li avrebbe tenuti sotto strettissimo controllo.



 

Sentirono il ruggito dell'Arcidemone molto prima di riuscire a vedere le sue enormi ali spiegate, le fiammate azzurrine che illuminarono per qualche secondo la notte, accendendo il cielo in un incendio e facendo sprofondare il cuore di molti di loro.

«Devono... davvero combattere quella cosa?» Rantolò Leske, accanto a lui. Aveva gli occhi sgranati dal terrore, il volto terreo.

Il gigantesco drago si alzò in cielo, roteando un paio di volte sulla vallata, dirigendosi verso la città già a ferro e fuoco, al comando del più sterminato esercito di Prole Oscura che avessero mai visto.

Duran deglutì a vuoto, stringendo l'ascia sporca di sangue come se senza di essa rischiasse di precipitare in cielo da un momento all'altro. Contorse la bocca in una smorfia feroce. «Non sa ancora con chi ha a che fare.»

Diede il segnale di proseguire verso Denerim, pregando la Pietra con tutte le sue forze che il messaggero elfico fosse arrivato in tempo per avvertirli, che avessero avuto abbastanza margine da organizzare una difesa.

Caricarono, correndo a ritmo sostenuto, falciando qualunque mostro si parasse loro di fronte. Colti alle spalle, i Prole Oscura si ritrovarono chiusi tra le barricate erette dai soldati dei vari lord umani e l'esercito di Orzammar.

Un gigantesco Ogre si stagliava ruggendo in mezzo ad un gruppo di coraggiosi umani nelle armature di Redcliffe: Duran si fece strada tra i genlock e hurlock più piccoli, lasciandosi dietro una scia di morte, attorniato dai propri compagni. Raggiunse l'Ogre alle spalle, il punto debole del gigante a portata di lama: l'ascia bipenne si conficcò poco sopra la caviglia del mostro, tranciando carne e legamenti e costringendolo in ginocchio con un ruggito di agonia.

Stava per calare di nuovo la sua arma, quando uno shriek lo colse alle spalle, sbucando dal nulla e trovandolo impreparato. Frappose l'ascia tra sé e il mostro, cercando di tenersi lontano dalle affilatissime zanne e artigli velenosi, la creatura che urlava a tal punto che si sentiva scoppiare la testa. Strinse i denti, spingendola via verso Piotin, che era già pronto: il raccapricciante ululato venne bruscamente interrotto dall'ascia del cugino, ben piantata a fondo nel cranio.

Nel frattempo, i soldati di Redcliffe avevano abbattuto l'Ogre.

«Com'è la situazione?!» Urlò Duran ad uno di loro, avvicinandosi tra la massa di piccoli e robusti genlock che li separava.

«La città resiste!» Rispose quello, interrompendosi per colpire con lo scudo un Prole Oscura e finirlo con un affondo di spada. «Re Alistair e i Custodi hanno fermato l'avanzata contro le porte principali, ma una parte del muro è caduta e hanno cominciato ad entrare.»

Duran digrignò i denti. «Sembra siamo in ritardo.» Si voltò verso Piotin, annuendo. «Coraggio, non si dica che Orzammar si è tirata indietro!» Urlò poi al resto dell'esercito.

Dopo un'ondata di Prole Oscura, così numerosa da pensare che non potesse avere fine, riuscirono finalmente a raggiungere i cancelli della città.

Una guarnigione di umani ed elfi armati di archi faceva piovere frecce sui nemici, affiancati da qualche mago che, individuati i punti dove non c'erano alleati e la Prole Oscura era più numerosa, creava esplosioni o tormente di gelo, scatenando tempeste elettriche come se il cielo stesso si stesse squarciando in terribili schiocchi.

Una di esse arrivò molto vicina all'ala sinistra dell'esercito nanico, ma ebbe come unico effetto il bruciacchiare qualche barba. Duran ridacchiò tra sé e sé, staccando di netto la testa ad un genlock: poteva già sentirli lamentare della poca attenzione dei maghi, e tutto per qualche pelo.

Il nano alla sua destra venne colpito in pieno petto da un masso tre volte lui, che gli fracassò la cassa toracica mentre veniva lanciato a terra parecchi metri più indietro.

Si voltò imprecando, gettandosi di lato per evitare che l'Ogre riuscisse ad afferrarlo. Ruotò la sua ascia, mancando la zampa del mostro per un soffio. Cercò Piotin con lo sguardo, trovandolo a pochi metri da sé, intento a girare verso il punto cieco della creatura.

Doveva attirare la sua attenzione, dargli abbastanza tempo.

Un nugolo di frecce si piantò sulla schiena dell'Ogre, facendolo ruggire infuriato. Cercò il nemico più vicino a sé, raspando con le zampe posteriori il terreno, pronto a caricare.

Duran ebbe appena un attimo per rendersi conto di quello che stava per accadere, quando le corna affilate come rasoi tagliarono l'aria dove, un attimo prima, c'era stata la sua testa.

Finì a mangiare la terra, il contraccolpo assorbito dall'armatura che gli mozzava il respiro per un attimo, un nano sopra di sé. «Fottute palle putride di un bronto maleodorante, quel coso...!»

Sbattè gli occhi, cercando di mettere a fuoco la mano tesa di fronte a sé. «Forza, prima che ci riprovi!» Afferrò il braccio di Leske, tirandosi in piedi, l'Ogre appena dietro di loro che sputava a terra parte di un'armatura, che cadde a terra sferragliando in una pozza di sangue, lo stemma dei Dace spaccato a metà.

«Bastardo...» Ringhò Duran, caricandolo di peso, l'ascia sollevata.

Quello, come aveva previsto, scosse nuovamente la testa, pronto a caricarlo con le corna. Si abbassò più che potè, facendo ricadere l'arma e scivolando sulla terra resa viscida dal sangue e superandolo per un soffio, l'aria che fischiava nell'elmo. Grugnendo per lo sforzo, risollevò l'arma sopra di sé, conficcandogliela nel retro del ginocchio.

Vide Piotin caricarlo di peso, approfittando della distrazione del mostro. Si scostò appena in tempo per evitare di essere colpito dalla creatura che crollava a terra, Piotin sopra di lui a piantargli l'ascia in pieno petto. Accorse in sui aiuto, finendolo con un colpo tra le grosse corna ricurve. Gli artigli dell'Ogre si contrassero in un ultimo spasmo, poi rimasero immobili.

Tirò un sospiro di sollievo, scambiandosi un cenno d'intesa col cugino. Leske, dietro di loro, sorrideva soddisfatto come se l'avesse ucciso lui stesso da solo.

«Non ti montare troppo la testa, ragazzo, ce ne saranno molti altri.» Lo sbeffeggiò scoppiando fragorosamente a ridere quando il sorriso sulla bocca dell'altro si congelò all'istante, ma gli diede comunque una pacca di incoraggiamento sulla spalla.

Sembrava che avessero, almeno per il momento, fermato l'avanzata.

Riuscirono a passare oltre i cancelli, dopo che i maghi sulle mura ebbero sollevato una barriera protettiva per farli entrare, alle loro spalle un'ondata di frecce che ritardarono il raggruppamento dei Prole Oscura.

Duran si tolse l'elmo, cercando un po' d'aria. Gli girava la testa, il sangue che gli pompava nelle orecchie e lo faceva sentire vivo come non mai, l'adrenalina del momento che lasciava spazio alla stanchezza.

Vide da lontano delle figure familiari, tra cui una donna bionda che urlava un discorso d'incoraggiamento, l'armatura sporca di sangue e un cipiglio feroce sotto la benda che le copriva l'occhio destro. Al suo fianco, un enorme mabari color miele, pitturato con intricati disegni cremisi.

«Uomini del Ferelden!» Gridò Elissa, richiamando la loro attenzione. «La Prole Oscura ci supera in numero, ma non hanno il vostro valore, i nostri alleati! Fieri elfi Dalish, nobili guerrieri di Orzammar, potenti maghi del nostro Circolo! Qui, stanotte, verranno decise le sorti del nostro paese, del Thedas intero! Lascerete che il sacrificio dei vostri compagni caduti sia vano, che quei mostri distruggano le vostre terre e tutto ciò che amate?»

Un selvaggio boato si alzò dalla folla di guerrieri e maghi accalcati intorno alla pedana su cui era salita la ragazza.

«E allora combatteremo, come un solo popolo! Ho visto il coraggio di ognuno di voi e la vostra forza, stanotte la vittoria sarà nostra!»

Molti urlarono, alcuni batterono le armi sul terreno, incoraggiandosi a vicenda, sovrastando persino il ruggito lontano dell'Arcidemone, che volava in circolo sopra di loro, troppo in alto perché le frecce o gli incantesimi potessero sfiorarlo.

Elissa scese con un balzo dalla pedana, tra il favore della folla, avvicinandosi a lui.

«Ben trovata.» La salutò con un piccolo inchino.

L'altra rispose con una riverenza impacciata dall'armatura. «Sono lieta che siate arrivato in tempo.»

Biscotto, il mabari di lei, lo annusò tutto contento, prima di abbaiare due volte verso di lui.

Duran si chinò un attimo ad accarezzarlo sulla schiena. «Sembrate resistere. Ero preoccupato.»

La ragazza scosse la testa, sospirando. «Se non fossero arrivati i messaggeri elfici, la città sarebbe caduta al primo giorno. Dopo due giorni d'assedio, è crollato il muro settentrionale, il quartiere del mercato è in preda al caos. Stiamo cercando di riprendercelo, ma dicono siano arrivati fino all'Enclave. Sono arrivati persino i Templari a difendere la città accompagnando i maghi, il Comandante Gregoir è andato col grosso dei suoi uomini a riprendersi la piazza principale, ma è da mezzogiorno che non riceviamo notizie. Se perdiamo il ponte sul fiume Drakon, rimarremo intrappolati tra le due fasce dell'esercito nemico.» Lanciò uno sguardo verso la collina, dove Forte Drakon si ergeva maestoso, illuminato dalle fiamme della città sottostante e dalle luci sulle mura e torri di guardia.»

«Se qui avete la situazione sotto controllo, andrò coi miei uomini a riprenderci il Mercato.» Propose dopo averci pensato un poco. «Mi servono solo una manciata di arcieri e un paio di maghi. Se è rimasto qualche Templare, avranno bisogno di aiuto.»

Elissa aggrottò il sopracciglio. «Siete sicuro? Sono ormai due giorni che la Prole Oscura-»

Duran si esibì nel più strafottente dei sorrisi. «Ho persino parecchi guerrieri della Legione dei Morti, tra noi. All'alba, non sarà rimasto nemmeno uno di quei maledetti mostri.»

«E allora, che la Pietra e il Creatore vi assistano. Grazie mille.» Si inchinò nuovamente Elissa. «Il Ferelden non dimenticherà mai il vostro aiuto, Re Duran Aeducan.»

Leggermente in imbarazzo, il nano scosse la testa. «Sto solo ricambiando il favore...»

«Vostra Altezzosità!»

Saltò di sorpresa quando sentì una poderosa pacca sullo spallaccio. Si voltò sbuffando, Natia che lo salutava con uno smagliante sorriso tutto denti storti.

«Giusto in tempo per la festa?»

«Brosca, sei dannatamente resistente.» La salutò, stringendole il braccio con fare cameratesco. «Ho anche io una sorpresa...» Fece un cenno alle proprie spalle.

Natia, incuriosita, fece vagare lo sguardo verso il gruppetto di nani in armatura. Sgranò gli occhi per la sorpresa, la bocca spalancata in un sorriso incredulo mentre correva avanti, rischiando di buttare per terra Leske per l'impeto.

«Razza di stupido bronto!» Gli urlò, stringendolo a sé per un attimo. «Sei matto? Finirai ammazzato-»

L'altro tossicchiò imbarazzato, scuotendo la testa. «Non se prima cado in cielo...»

Natia scoppiò a ridere, stringendolo per le spalle. «Casata Brosca, verso la gloria!»

Gridarono convinti, intonando il ritornello di una canzonaccia da taverna dei bassifondi e finendo per sovrastare il chiacchiericcio stanco dei nani tutto attorno, che piano piano si unirono a loro nel cantare le gesta degli ubriaconi che avevano sconfitto l'invasione dei nug in un epica battaglia a suon di spiedi e strilli.

Si ritrovò, suo malgrado, a fischiettarne alcune strofe.

Riconobbe Oghren, la barba rossa insozzata di fango e sangue, venire verso di lui. «È bello vedere persino il re sul campo di battaglia.» Lo salutò, accennando un inchino. «Non pensavo sarebbero saliti così in tanti. Col pericolo di cadere in cielo e tutto, intendo.»

«E di restare senza casta, anche.» Commentò Duran, dando voce ai dubbi dell'altro. «Non è stato facile radunarli tutti, lo ammetto. Ma non sarò ricordato come un re debole, e non si dica che Orzammar si è risparmiata nell'aiutare i Custodi Grigi e i loro alleati umani.»

«Quindi immagino che tutti quanti siano stati ampiamente rassicurati di poter ritornare alle loro nobili magioni e soliti intrighi, una volta finita la battaglia.»

L'amarezza con cui lo disse era fin troppo palese. «Oghren. Sei un grande guerriero, e a parte un breve periodo lo hai dimostrato più volte. Sei il benvenuto, nel caso volessi tornare ad Orzammar.»

Con sua grande sorpresa, l'altro scosse la testa con una fragorosa risata. «Ah! Adesso che mi vedete spaccare crani di Prole Oscura come fossero argilla, vi manco eh? No, vostra altezza, può darsi che l'aria quassù mi abbia dato alla testa, ma resterò qui. Inoltre, ho una bella ragazza che mi aspetta sulle rive del Lago Calenhad. Immagino sappiate cosa intendo...» Gli strizzò l'occhio, prima di superarlo e rivolgersi ad Elissa. «Lady Cousland! Se qualcuno deve andare a riprendersi l'Enclave, Kallian e Leliana si sono già offerte. Le accompagnerò anche io, avranno bisogno di qualche muscolo in più.»

Elissa esitò un attimo, prima di acconsentire. «D'accordo. Magari Wynne può dare una mano, ci saranno molti feriti se gli edifici sono già crollati.»

«Andiamo anche noi.»

Duran si voltò di scatto, sorpreso di vedere Aenor in armatura da Custode Grigio, imbrattata di sangue e scura in volto, ma illesa. Teneva in mano una spada che emanava una leggera luce azzurrina attorno a sé. Falon, il grosso mabari dalla pelliccia nera come una galleria senza luce, la seguiva come un'ombra silenziosa. E dietro di lei...

«Per la Pietra. Teyrn Loghain.»

L'uomo lo squadrò con espressione arcigna. «Soltanto Custode Loghain, temo. La Custode ha pensato che reclutarmi fosse una punizione adeguata.»

Il re osservò con la coda dell'occhio Elissa per capire cosa ne pensasse, ma la ragazza non fece una piega. «Curioso. Ma nel momento del bisogno, si accetta ogni aiuto, immagino.»

«Ora che sono arrivate le forze di Orzammar, possiamo lasciarvi i cancelli principali e andare ad occuparci dell'Arcidemone.» Tagliò corto Aenor, lo sguardo puntato verso Forte Drakon. «Geralt?»

Accanto a lei, il mago dai capelli rossi annuì. «Sì, direi di non indugiare oltre.» Diede un'occhiata a qualcuno alle sue spalle, che Duran non conosceva, un uomo più o meno della stessa età con capelli corvini lunghi fino alle spalle, una barba corta e un bastone da mago sulle spalle, che annuì. Alla destra dei maghi, Zevran stava ripulendo i suoi coltelli con attenzione maniacale.

«Hei, non andatevene senza di noi!»

Natia, accortasi di loro, li aveva raggiunti trascinandosi dietro Leske.

Elissa e Duran si scambiarono un cenno d'assenso.

«Resteremo qui con abbastanza uomini da impedire che ne entrino altri.» Dichiarò la ragazza con voce ferma. «Buona fortuna.»

Alle sue spalle, Shale, il gigantesco golem, si aprì in un sorriso feroce nel suo volto pietroso. «Che si facciano sotto.»
























Note dell'Autrice: siamo agli sgoccioli. Alcuni segreti vengono svelati, la battaglia si è ormai scatenata e lo scontro finale con l'Arcidemone è proprio dietro l'angolo. Stay tuned, manca poco! :D

  
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