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Autore: Giglian    24/10/2018    1 recensioni
Nell'oscurità di una guerra incombente, le sfrenate e spensierate esistenze dei Malandrini si sfilacciano negli intrighi di una Hogwarts sempre più ricca di pericoli ed insidie. In un labirinto di incertezze, nell'ultimo anno l'amore sembra essere l'unico filo che conduce alla salvezza. Ma, per chi giura di non avere buone intenzioni, nulla sa essere semplice.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le avventure dei Malandrini.'
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Eccomi qui, scusate il ritardo! Due questioni prima di cominciare.
Gente, volete lo Spazio Autore? Ovvero che io risponda non personalmente sotto il commento ma dedichi la fine del capitolo a lasciarvi un pensiero, una risposta e un saluto? Molti lo fanno, se può farvi piacere, non mi creerà nessun problema.
Numero due, anticipo che in questo capitolo introduco un personaggio che arriverà più avanti…ragazzi, una bomba vera e propria. Sono curiosa di sapere se i nuovi lettori riescano ad immaginare di chi si tratti solamente cogliendo qualche inizio che ho sparso qui e lì. E naturalmente raccomando ai “vecchietti” di non suggerire…
Ps, sono anche su Wattpad, se vi va di seguirmi anche lì, essendo un po’ più facile dialogare. Nickname: Giglian8.
Vi lascio e vi mando un abbraccio.
Sarah
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ok.
L’odore era nauseante. E già qui bastava a far scappare i troll.
Per non parlare della muffa. E della sensazione appiccicaticcia sotto le mani.
“Questa è stata davvero la goccia, sapete?”
Uno sciabordio e le piastrelle lucide vennero ricoperte di acqua e schiuma.
“Potresti stare attenta a non bagnarmi, Bell?!”
“A non bagnarti?! Ma sei seria?!”
La Grifondoro scoccò uno sguardo infuocato alla sua compagna, adocchiando poi i loro piedi. E meno male che non avevano messo scarpe firmate.
Eh già. Non erano tanto l’odore o le muffe sopra le tazze del cesso e tantomeno il loro contenuto…era tutta quella cazzo di acqua.
Il pavimento su quale stavano inginocchiati in punta di piedi per cercare di non bagnarsi di liquidi impropri era allagato di almeno tre centimetri.
“Dio stramaledica tutte le Mirtille Malcontente del mondo.” Sibilò Paciock, con una vena pericolosamente gonfia sul collo.
“Vuoi farti sentire?” lo rimbrottò Molly. “Così ci fa la doccia?!”
“Perché non si possono ammazzare i morti, me lo spiegate?!”
“Perché invece non ammazzare i vivi?” sibilò Lily Evans, ed ecco che tutte le occhiate dei Grifondoro scivolarono in modo un tantino inquietante sugli artefici della loro disfatta.
Remus e Peter ebbero perlomeno la decenza di arrossire.
James Potter scoccò uno sguardo adorabilmente angelico, subodorando aria di pestaggi. Black di rimando se ne fregò proprio, appollaiato come un avvoltoio sopra un davanzale e senza la minima intenzione di sporcarsi le regali manine con quella barbarie da plebei.
Eh già, perché la carissima Grifondoro, quell’anno, poteva dire di aver toccato il fondo.
E lo si leggeva a chiare lettere nello sguardo umiliatissimo della McGranitt, che entrò nel bagno di Mirtilla Malcontenta proprio in quel momento, con un diavolo per capello.
A pulire cessi.
La sua orgogliosissima Casata, la tanto dignitosa Grifondoro…messa a pulire cessi per punizione. Quei ragazzi dovevano ringraziare che era la loro professoressa o li avrebbe strangolati con le sue mani!
“Aaargh!” Alice Spinnet balzò in piedi, lanciando contro il muro una poltiglia molliccia di non ben definita origine. “Cristo, ma che schifezza!”
Quella roba scivolò sulle piastrelle facendo per finire sopra una testolina bionda che fu ben svelto a farla evanescere.
“Lupin, ho detto niente magia.” Sbottò la McGranitt.
“Mi scusi…” mormorò quello, riponendo in tasca la bacchetta e cacciando uno starnuto degno di un orco.
C’era da dire che Remus da malato era ancora più bello. Pelle pallida e lucente, occhi gonfi come se si fosse appena svegliato. Sembrava ancor più inarrivabile e puro, ed i pensieri di quelle pervertite di Grifondoro certo non si sprecavano.
Ovviamente lui ne avrebbe fatto anche a  meno.
Accidenti, le cose si stavano mettendo davvero male…nemmeno quando c’era la luna piena si sentiva così debole. Anche Minus non era messo benissimo, anzi, forse era quello che ne stava risentendo più di tutti.
Da quando le rose stavano facendo effetto su Potter e Black, il branco si stava indebolendo parecchio…e con un brivido si chiese che cosa sarebbe accaduto se l’effetto fosse durato ancora a lungo.
Non era mai capitato…che il branco si spezzasse. Ma sapevano che il loro malessere era dovuto a quello.
Lo percepivano. E la cosa non gli piaceva per niente.
Erano davvero così legati? Una trasformazione fatta male da ragazzini e le loro vite erano cambiate per sempre?
“Vogliono ancora ammazzarsi?” chiese a Lily, venuta a strizzare un panno nel secchio. Era vestita alla babbana con un delizioso foulard sulla testa rossa e una salopette consunta. L’unica a non scoccargli occhiate libidinose facendolo sentire violato come una vergine in un covo di vampiri.
“A-ha.” Mugugnò la ragazza di malumore. “Avevi detto che entro sera l’effetto sarebbe finito e invece stamattina li ho beccati a lanciarsi Cruciatus. Tra l’altro come avete passato la notte?”
Eh, bella domanda quella. Che a pensarci veniva ancora da ridere…o da impiccarsi, a seconda dei casi!
Legare e imbavagliare un Black e un Potter al letto come salami non era quel che si diceva un processo facilissimo…avevano ancora il segno dei morsi di quei maledetti…
Furono interrotti da Weasley, che cacciò un grido quando Mirtilla balzò fuori dalla tazza del gabinetto.
“I maschi non possono stare qui!” strillò per l’ennesima volta attirandosi le bestemmie di tutti, e anche qualche secchiello che le passò attraverso.
“Per l’ennesima volta, Mirtilla…” Minerva si massaggiò le tempie, con un principio di isteria. “…E’ una punizione…hanno il permesso…”
“Non capisco cosa abbia che non va il mio bagno!” sbottò quella, offesissima. “Gli state togliendo personalità!”
“La personalità fa schifo.” Sbottò la Spinnet, agitando un preservativo usato. “Dai, ma che porcheria!”
“Quello potete farlo evanescere!” strillò la McGranitt, avvampando. “Non pensavo ci fosse un tale livello di indecenza in questa scuola!”
“Vero…usare una scadentissima roba babbana quando c’è la magia che funziona così bene!”
“NON INTENDEVO QUELLO, POTTER!”
“Oh, me lo ricordo!” gongolò la fantasmina, maliziosa, facendo venire una sincope alla strega. “Lei fingeva davvero un sacco.”
“Ci mancherebbe, quale donna al mondo lo farebbe qui?!” Si schifò Molly.
“Con un fantasma guardone, poi…”
“Sappiate che questo bagno è invece molto gettonato!” strillò Mirtilla, facendo schizzare acqua da ogni tubatura e inondandoli. “Ha stile! Che ne sapete voi?!”
“Qualcuno che apre la finestra? Magari c’è vento…” masticò tra i denti Paciock, con le braccia fino al gomito in una pozza verdastra ed i riccioli gocciolanti.
“Guarda che non è mica un fazzoletto.” Sospirò la Evans, già stressata. “Se lo fai giuro che ti ammazzo.” Aggiunse poi, senza nemmeno voltarsi. Potter, beccato in pieno, abbassò il mocio che stava per passarle sulla schiena.
“Black, si può sapere perché NON sta lavorando?!”
Quello, ancora appollaiato sul davanzale ben attento a non sfiorare nemmeno un centimetro di quella schifezza, scoccò alla professoressa uno sguardo così altezzoso che si sentì quasi il profumo di soldi nell’aria.
Senza dire una parola, infilò un guanto spesso cinque centimetri e sfiorò giusto con l’unghia un vaso di marmo, togliendo una macchia talmente piccola da vederla al microscopio.
Ecco il massimo che poteva fare un Black in termini di pulizie. Ed era già un affronto.
“Ma che cosa parlo a fare…” sospirò la Professoressa, passandosi una mano sulla faccia. Mai in tutta la sua vita avrebbe avuto a che fare con una classe così…ma quelli le sarebbero bastati per farla esaurire per tutta la sua gloriosa carriera!
“Povero Paddy, niente elfi a pararti le chiappe stavolta?” frecciò Potter, fissandolo con cattiveria. “I bambini cinesi che hanno confezionato la tua camicia lavorando dodici ore al giorno saranno contenti di sapere che i loro sforzi non sono stati vani!”
“Ma vaffanculo Potter.” Ringhiò di rimando l’altro, scoprendo i denti come un cane. “Tu invece la sotto ti ci trovi benissimo! Leccami un po’ le scarpe, visto che sei così bravo.”
“Guarda che non sono io quello che lecca cose, di solito, Fido…”
Ecco, pure la frecciatina sul loro essere Animagus e potevano bellamente andare a suicidarsi davvero stavolta. Ma fortunatamente furono interrotti dallo sfaso di una Professoressa sull’orlo di una crisi mistica.
“FATE SILENZIO!” Ruggì, spettinandoli con la sola forza dell’ugola. “Forse non vi è chiara la situazione! E’ già tanto che siete ancora in questa scuola! VOLEVANO ESPELLERVI IN MASSA, LO SAPEVATE?!”
Prese a fare su e giù con un tic all’occhio.
“E’ stato solo l’intervento di Silente che vi ha salvato per il rotto della cuffia…festini…alcolici…gente che va a spasso nella Foresta Proibita con un Portale Oscuro in funzione…e i punti della Coppa delle Case che hanno raggiunto un picco storico…SANTO CIELO, MA PENSATE DI ESSERE IN UNA DISCOTECA?!”
“Naah. Qua c’è roba migliore.” Bisbigliò Frank da un punto imprecisato di un gabinetto, beccandosi una scopa in testa.
“Siete davvero al limite! Mai nella storia della nostra scuola una Casata è stata tanto sconsiderata!”
Ed ecco che, improvvisamente, alle sue spalle un vaso iniziò a levitare.
“Vi giuro, vi giuro che se fate ancora una cosa, una singola cosa fuori posto, presenterò sul serio le carte di dimissioni e vi farò espellere tutti…siamo ad un punto morto, questa è stata la goccia quindi a partire dai prossimi secondi camminerete sul filo del rasoio…ancora una cosa, solo una…e siete finiti!”
I Grifondoro adocchiarono lei. E poi il vaso. Alle sue spalle. Un enorme vaso di marmo che, zitto zitto, stava per finire in testa a Black.
“Ecco, vedo che la minaccia ha fatto effetto.” Borbottò un po’ più soddisfatta la McGranitt, vedendoli sbiancare tutti. “Grifondoro è stata fondata su dei sani principi, su dei valori, che state macchiando in modo vergognoso. Forse è stata colpa mia…forse sono stata troppo permissiva ma da oggi in poi la mia missione è quella di farvi rigare dritto, a costo di perdere il lavoro in caso di fallimento.”
Li guardò, ora un tantino preoccupata perché quelli si erano tutti zittiti e i loro sguardi erano abbastanza agghiacciati. Forse aveva esagerato un po’…
Poi, qualcosa si mosse alle sue spalle, rumore come un parapiglia. Si girò, nel mentre tutta Grifondoro tratteneva il respiro.
Lily Evans era in punta di piedi, immobile. Busto in avanti, le braccia protese in alto, mani strette ad un vaso, ogni centimetro del corpo tirato allo stremo come se stesse facendo un passo di danza.
Una posizione abbastanza strana.
“Ma si può sapere che sta facendo, Signorina Evans?”
“S-Stretching.” Balbettò lei, facendole roteare gli occhi. Poi il fazzoletto che aveva in testa le scivolò dal capo, finendo in faccia a Potter. Improvvisamente la Grifoncina sembrò rilassarsi, si sbilanciò con il vaso e cadde praticamente addosso al Malandrino.
“Potete almeno evitare di ammazzarvi, mentre pulite? Di fantasmi piagnucolini ne basta e avanza uno…oh cielo, era ancora qui.”
Mirtilla cacciò un ululato degno di un mannaro e strillando ingiurie si infilò nei tubi, facendoli schizzare da tutte le parti.
Le persone iniziarono ad armarsi di bacchette e tanti cari saluti alla punizione da babbani, visto che stava esplodendo ogni cosa.
James Potter sorrise, mentre la sua Prefettina preferita gli era praticamente seduta in braccio. Le passò un braccio intorno alla vita e affondò il viso contro il suo collo, inebriandosi di quell’odore. Cristo, se era buona…calda e profumata da mangiarsela.
“Questa cosa che continui a difendere Black da me inizia a irritarmi.” Sorrise, pericolosamente, vicino al suo orecchio. Fregandosene del casino che stava scoppiando nel bagno, con le dita le accarezzò delicatamente le costole…sentendola irrigidirsi come una statua. Lo faceva sempre.
Quando la sfiorava, lei diventava di ghiaccio.
“Lasciami subito…razza di…!”
Ma era comunque una reazione…forse più intensa ancora di tante altre che quelle mani le avevano bramate come poche cose al mondo.
“Ma non dovevi fare la carina con me? Dov’è finito il tuo senso del dovere?”
Sì, sentirla tendersi e tirare fuori le unghie…era la cosa più eccitante dell’universo.
Ma mentre quei due praticamente lottavano da seduti, Sirius Black, dall’alto del cornicione, sorrise esattamente  nello stesso modo pericoloso. Imbecille che era stato. Bastava così poco.
Il punto debole di James era lì, sotto i suoi occhi. E siccome un Black rimane fedele al suo nome, decise che era ora di mettere in gioco i colpi bassi.
 
 
 
 
 
 
 
Cristhine McRanney comparve il giorno dopo essere stata posseduta fresca come una rosa…ma dalla faccia decisamente infelice.
Sbatté sul tavolo i libri in mezzo a loro e vi si accasciò mettendosi le mani nei capelli. Lupin l’adocchiò stranito da una parte, Black dall’altra. La battaglia con Potter era stata messa da parte per il pranzo, cosa sacra e intoccabile, per cui i Grifoni si stavano godendo quel piccolo attimo di pace, tra uno sfottò e l’altro dei Serpeverde che non avevano mancato l’occasione per ridersela alla grande appena saputo della punizione da babbani.
Si aspettavano che la loro Corvoncina preferita avesse perlomeno sorriso dopo essere stata guarita ma a quanto pare, i guai erano appena cominciati.
“Tesoro…tutto bene?” azzardò James, mentre Lily le punzecchiava la testa con un cucchiaio per vedere se era ancora viva.
Senza dire una parola, con ancora la fronte sul tavolo, quella tirò fuori una lettera dorata.
“Uccidetemi.” Pigolò, più depressa di Mirtilla Malcontenta.
Eh sì… perché non era stato l’effetto della rosa a ridurla in quello stato, anzi. Non ricordava nulla di quella possessione, e le sembrava davvero assurda l’idea del suicidio. Ammazzarsi proprio quando stava cominciando a vivere per davvero? Ridicolo!
Ma quando aveva aperto gli occhi quella mattina, riscaldata dal dolce sole che filtrava tra le persiane dell’Infermeria, si era un attimo ricreduta.
Perché lì dentro, davanti a lei, c’era una persona…che non vedeva da parecchio tempo.
Boccoli corti e neri raccolti in una acconciatura ricercata, occhi color oliva velenosi come serpenti, il viso affilato di una vecchia volpe. Una donna le aveva ricambiato lo sguardo stralunato e si era sforzata di fare un sorrisetto.
Al suo fianco c’era invece un uomo, capelli dorati e ondulati, lentiggini sul naso a patata. Stessi occhi color miele ma viscidi, freddi e senza calore.
Ursula McRanney e Gaius Cadogan.
I suoi zii. Persone che…non vedeva da quando sua madre era morta.
“Tesoro!” aveva squittito la strega, stringendola in un abbraccio finto e soffocante. Lei era la sorella di suo padre. Aveva un profumo francese intossicante…e quell’abbraccio sapeva di gabbia. “Come siamo felici che tu stia bene! Come sei diventata bella…guardati…”
“I-io…non capisco…”
Dio, perché non capivano che l’approccio fisico la faceva stare male?!
“Forse non ti ricorderai…è passato tanto tempo…”
E chi se la scordava quella pazza?! Mandava lettera un mese sì ed uno no a suo padre starnazzando di eredità e debiti di gioco che lui doveva assolutamente risolverle. Per non parlare di quell’altro…
“Tuo padre non è a conoscenza di quanto accaduto. Eravamo a casa sua e abbiamo intercettato la lettera di Silente. Ci siamo permessi di venire al suo posto.” Si era intromesso ruvidamente Gaius, spegnendo un sigaro in un vaso che se lo avesse visto la Chips l’avrebbe fulminato. Il fratello di sua madre. “Io e tua zia ci siamo parlati, e preferiamo che non sappia di questo spiacevole incidente che ti è capitato. Sai com’è fatto tuo padre. Ed ora che stai bene, è troppo importante che tu abbia la giusta istruzione.”
Lui se possibile, l’aveva visto ancora meno. Non era neanche venuto al funerale di sua sorella. Ma ora erano lì, insieme…che diavolo succedeva?!
Detto fatto, la lettera scintillò allegra sul tavolo dei Grifondoro, qualche ora dopo.
Lily la prese, curiosa…e sgranò gli occhi.
Ballo delle debuttanti?!”
Mugolio indistinto da parte della testolina riccioluta di Cristhine.
Incubo…era un incubo!
Quelle due carogne, che per tutta la sua vita non si erano mai azzardati a farsi vedere, ora che avevano saputo della sua guarigione avevano allisciato gli artigli…e avevano concordato, senza nemmeno sentire il suo parere, che era ora di introdurre la discendente dei McRanney in società.
E così l’avevano incastrata. Approfittando del suo carattere gentile, incapace di dire di no.
Lei…lei ad un ballo delle debuttanti. Le veniva da vomitare…
“Una certa Porfiria Malfoy ha patteggiato per tenere qui la festa, scambiando un accordo con Silente.”
“E perché cavolo Silente avrebbe accettato di tenere qui quell’orrido tripudio di classismo?!” sbottò la Evans, incredula.
“Per non farvi espellere…” mugugnò l’altra, in un fil di voce. “Non vi hanno fatto espellere a patto che Silente accettasse di riservare un’ala del castello per le signorine dell’Alta società ed il loro debutto…”
“E tu sei ricca.” Ridacchiò Remus, dandole una consolatoria pacca sulla spalla. “Non credevo che la tua famiglia fosse di quel tipo.”
“Mio padre non avrebbe mai accettato. Sono stati i miei zii a fare pressioni! E ora cosa faccio?”
Non mancarono le risatine e le prese in giro…ma a qualcuno non veniva da ridere.
Proprio per niente.
Si accorse solo in quel momento dello sguardo di Sirius…uno sguardo strano. Serio, quasi accorato. Le stirò un sorrisetto cinico e freddo, paralizzandola sul posto.
“Ti hanno già trovato il cavaliere, hn?”
Cristhine abbassò lo sguardo, avvampando.
“Non fare così!” ridacchiò Peter, dopo essersi soffiato il naso. “Si tratta solo di passare una serata a tenere a bada un rampollo viziato.”
“Non si tratta solo di questo.” Sospirò Black. “Conosco bene quel tipo di balli. Stanno cercando di appiopparti un marito.”
“Coooosa?” saltò su Lily, indignata. “E’ una cosa da barbari!”
“E’ una cosa da ricchi.” Le rispose James, scuotendo il capo. “Da ricchi, viziati purosangue...Black ne sa qualcosa, eh?”
“Ma sparati.” Sibilò lui, annoiato. “Come se tu non fossi di quella parte della società.”
“E’ vero! Perché non l’accompagni tu?” La Evans gli afferrò il colletto, quasi strangolandolo. “Sei un Potter o cosa?! Tu sei un rampollo, no? Viziato senza dubbio almeno!”
“Io ci andrei…ma lì dentro è pieno di Black e sostenitori dei Mangiamorte.” Ridacchiò nervosamente quello. “Sono stato bandito da quei balli da quando ho dato fuoco alla sala a quattordici anni e mio padre ha dovuto spaccare la faccia ad un tizio.”
“Remus?” cambiò mira la rossa, sentendosi montare su tutta l’indignazione femminista che era in lei, mischiata ad una strana apprensione da mamma ansiosa che le veniva ogni qualvolta si parlava di Cristhine.
Lui scosse il capo, dispiaciuto.
“Io ho accompagnato una mia cugina, l’anno scorso. Non posso più farlo.”
“Ma poi te la sei ripassata almeno?”
“A-ha, sto morendo dal ridere Ramoso.”
“I Black lo fanno. Il loro sangue infernale deve rimanere puro. Forse è per questo che sono nati figli tarati.” Insinuò velenosamente l’altro, che quando c’era da provocare qualcuno non dava davvero un attimo di pace. Ma Sirius non rispose, perché, come da prevedersi, la Grifondoro guardò lui.
“Tu potresti…”
“Ma non diciamo assurdità.” Abbaiò di colpo, facendoli sobbalzare. La sua voce si era fatta tagliente…e lo sguardo era gelido. “Sirius Black il rinnegato che accompagna una McRanney ad un ballo delle Debuttanti. La svergognerei davanti a tutta l’Alta società.”
Fu come se le avesse appena tirato uno schiaffo in faccia. Cristhine ricambiò lo sguardo, ferita.
“Ma…io…” mormorò, stringendo il lembo della tovaglia come per darsi forza. “Io non…io non ho mai dato importanza a queste cose...”
Lui guardò altrove.
Marcio…marcio…
“Beh, forse dovresti.”
Gli occhi di miele della ragazza si fecero improvvisamente duri e lucidi.
“Già. Forse dovrei.”
Si alzò di scatto, afferrando la borsa.
“Vi ringrazio del vostro aiuto, ma me la caverò da sola. Nessuno potrà obbligarmi a sposare nessun altro. Tranquilli, non c’è da preoccuparsi. Sirius…” sospirò, cercando poi di tornare di nuovo gentile. “…grazie per avermi salvato.”
Sparì velocemente, mentre Black cercò di non fissare il punto in cui aveva girato.
Sforzarsi di essere gentile. Inghiottire il rospo e …tollerare. Come se avesse un debito con lui. Roba da matti.
“Ma si può sapere che ti è preso?!” abbaiò la Evans, lanciandogli un panino in testa.
Già…che gli era preso? Sirius Black scosse il capo. Non voleva pensare.
Dentro di lui c’era qualcosa che stava sanguinando…solo qualche giorno fa, avrebbe avuto James a passargli un braccio sulle spalle. A guarire le ferite.
James…James che sentiva sempre. Ma ora il branco si era fatto stranamente silenzioso…ed un malessere generale stava indebolendo tutti.
Era assurdo…ma più passavano le ore, e più sentiva un odio profondo montargli dentro, crescere. Se prima era solo un vago fastidio, ora il rancore stava aumentando.
Desiderava vederlo soffrire. Desiderava fargli male.
E tutta quella sensazione si impadronì di lui, spazzando via ogni cosa. Anche il senso di colpa.
Scoccò a Lily uno sguardo languido, stirando un ghigno diabolico.
“Perché non ci vieni tu, con me?” ridacchiò. “Potremmo infastidire quella gentaglia assieme, con la nostra presenza. Un Black e una figlia di Babbani.”
La rossa non colse la sfumatura maliziosa nella voce, e sospirò, troppo impegnata a preoccuparsi per Cristhine. Ma l’amo era stato tirato…e un pesciolino dagli occhi d’oro aveva abboccato subito. James si girò di scatto, squadrandolo.
“Certo che vuoi uomini non capite proprio un accidente.” Stava dicendo la Grifoncina, senza notare il testosterone crescente. “Remus, tienili a bada per qualche minuto. Vado a cercare Cristy.”
“Vengo con te. In effetti sono stato un po’ brusco, prima. Ahi.”
Black barcollò appena, fingendo una smorfia e iniziando a zoppicare.
“Hey! Stai bene?”
E niente…non c’è niente di più ruffiano di un cane. Niente al mondo batte gli occhioni da cucciolo abbandonato.
E anche una ragazza come Lily Evans non sa resistere ad un cane che si lecca la zampina ferita…
“Temo di essermi fatto più male del previsto.” Mormorò Sirius, come un perfetto attore. “Ti dispiace…?”
Come una scheggia, la Grifondoro gli si fece accanto, passandogli un braccio dietro la schiena.
Il mago le cinse le spalle con il proprio…stringendo un po’ più del necessario.
Gli occhi d’oro di James scintillarono.
Sirius Black, da bravo bastardo, si girò giusto il tempo di sbattergli in faccia il più sadico ghigno da iena.
Ah, il possesso…niente turba più il cuore di un uomo del proprio territorio violato.
E il suo caro James l’amo l’aveva proprio preso al volo. E ci si sarebbe sicuramente soffocato!
 
 
 
 
 
L’ufficio del Preside aveva sempre avuto fascino. Una stanza rotonda, piena di oggetti scintillanti, dall’alto soffitto a volta ed archi a sesto acuto. Qualche candela volteggiava pigramente, becchettata ogni tanto dal gioiello più prezioso della sua collezione.
Una fenice color fuoco vivo stiracchiò le piume, emettendo un basso gorgoglio dal suo piedistallo. Era nel suo pieno splendore, esattamente a metà della sua vita, e in quel periodo di solito era ghiotta della fiammella delle candele, tanto che più di una volta si era ritrovato al buio.
E come avrebbe voluto che il buio del suo cuore fosse così facile da risolvere…
Albus Silente poteva dire di stare invecchiando. E per la prima volta in tutta la sua vita, il peso dell’anzianità lo sentiva sulle ossa. Sul cuore.
Stava tirando il freno. Si sentiva stanco.
Tanto tempo a combattere un mago oscuro, tante energie sprecate, tanto dolore…per poi vedere il sorgerne di un altro, forse più pericoloso ancora del primo.
Ma non era stato quello a dargli il colpo di grazia.
Lui sapeva.
Mai, nella storia dei maghi a lui conosciuta, era stato possibile ciò che era successo quasi con tranquillità nell’Infermeria della scuola di Magia della Gran Bretagna.
Prevedere il futuro era un’arte confusa…ma aveva anche rigide regole. Regole inviolabili. Sacre e antiche quanto il mondo stesso.
La Vista non era trasferibile.
La Vista si tramandava solo con il sangue. Piantava le radici in pochi uomini, in poche donne, e sfidava il tempo correndo attraverso la genetica.
Eppure, quel giorno, non solo era stato concesso ad un Mago non Veggente di spezzare le linee del tempo senza diventare pazzo…ma addirittura di trasferire le sue conoscenze ad un altro mago senza l’ausilio del cristallo fatato che ricopriva le sfere magiche.
E quella non era stata una Profezia. Ma una vera e propria Visione.
Così lontana nel futuro che anche un normale Veggente avrebbe avuto difficoltà a rimanere lucido.
Eh sì, il tempo sapeva ben difendersi da chi osava guadarlo. Era raro riuscire a scrutare così lontano negli anni, e chi riusciva a farlo, oltre a perdere spesso il lume della ragione, esprimeva ciò che riusciva a vedere attraverso enigmi e tranelli…che a poco sarebbero valsi.
Perché il destino non si poteva cambiare. Mai.
Tutto questo era chiamato Profezia. Ambigua, senza senso, assurda. Un piccolo fazzoletto di tempo concesso all’umanità.
Ma lui…lui aveva visto…tutto.
La sua vita si era appena divisa…la vita prima di quel momento, e ciò ce sarebbe avvenuto dopo di esso.
Un peso enorme, quello da portare. L’onniscienza…il fine ultimo dell’umanità. Un mito, il traguardo di ogni essere senziente. C’era chi avrebbe ucciso per molto meno.
Ma vedere tutta la sua vita spiegata, passo per passo, avrebbe destabilizzato anche il più grande dei maghi. Che senso aveva vivere, se tutto era già scritto? Che senso aveva andare avanti, sentendosi come una marionetta nelle mani del Fato?
E sapeva che non poteva sottrarsi. O sarebbe stata la fine.
Quella era la parte più difficile.
L’anziano mago si asciugò gli occhi, sentendoli inumidirsi. Avrebbe voluto mettere i ricordi sotto vetro. Liberarsene, per sempre.
Li capiva, i Veggenti. Mettevano le loro rare Profezie sotto chiave, dentro piccole sfere, per non dover fare i conti con cose che non avrebbero potuto cambiare. Dimenticavano.
Lui invece, nemmeno nel pensatoio avrebbe posto quell’oscuro segreto.
Non avrebbe mai detto a nessuno ciò che era successo. Come avrebbe potuto spiegare, d’altronde? Come spiegare il suo rimanere immobile di fronte allo scorrere degli eventi?
Dio, erano solo ragazzini. E lui li avrebbe lasciati andare.
Perché aveva promesso.
Deve proteggere mio figlio.”
Il caminetto si tinse di verde, mentre Fanny cantava la sua melodiosa canzone, cercando di consolare il suo cuore ferito. L’anziano mago sorrise, tiepidamente, mentre una testa boccoluta compariva nel fuoco. La protezione rendeva il suo viso incerto, ma nemmeno la magia riusciva a nascondere appieno la sua bellezza.
“Mia cara.”
“Albus.” Rispose una donna, facendosi incerta. “E’ un brutto momento?”
“Solo malinconie di un povero vecchio.” La blandì lui, alzando la mano esile. “Immagino il motivo per cui tu sia qui.”
“Già.” La donna si guardava a destra e a sinistra. Nel guizzare verde, Silente la vide mordersi appena un labbro.
“Mia cara, nemmeno il mago più potente al mondo potrebbe spiare nel mio caminetto. Sei al sicuro.”
“Sai che non ho paura per me. Ma per lei.” Sospirò. “Albus, non sono convinta.”
“La ragazza sta mostrando segni di cedimento.” Rispose il Preside. “E’ un’adolescente, ha bisogno di fare le cose che fanno tutti. Non può continuare di questo passo. Si sta isolando.”
“Sia maledetto il giorno in cui ho accettato di farla venire qui.” Mormorò la strega. “Non fraintendermi, Albus, io mi fido ciecamente di te. Ma saperla così a contatto con…con loro…ho accettato solo perché mi ha tirato giù la carne dalle ossa per venire nella famosa Hogwarts. Sai com’è fatta…ha smesso di mangiare per una settimana al primo rifiuto. Testona come sua madre.”
“Sì, conosco il tipo. E a questo proposito…” ridacchiò il  mago. “La sua copertura o meglio, LE sue coperture, non reggeranno ancora a lungo. Diciamo che…la ragazza ha delle particolarità che sono difficili da nascondere…”
“Inciampa dappertutto. Lo so.” Sospirò la donna nel fuoco, facendogli nascere il primo sorriso della giornata.
“E ha la straordinaria capacità di sbattere contro ogni spigolo, di sbagliare sempre mira e di farsi scivolare dalle mani praticamente tutto ciò che tocca.”
“E dire che non so proprio da chi possa aver preso. Forse da suo padre. Capisci ora la natura delle mie preoccupazioni? Questa qui è una mina vagante. Si fa male anche solo respirando.”
“Trovo invece che ci sarebbe qualcuno in grado di starle vicino, più di quanto possa fare io.”
La voce nel fuoco divenne malinconica.
“Oh, non so. E’ passato tanto tempo…e siamo una parte della sua vita che a quanto conosco di lui, desidera dimenticare e basta.”
“Devi considerare, mia cara…che tra poco avrà il pieno controllo dei suoi poteri. Potrebbe agire di testa sua.”
“Quattordici anni…quattordici anni e finalmente, assumerà il suo vero aspetto.”
“Sei in ansia?”
“No.” La voce di nuovo si fece bassa, ma questa volta si venò di dolcezza. “So già com’è la sua faccia. I papà di solito stropicciano la foto di quando i loro figli erano neonati ipotizzando come quel nasino o quella bocca potrebbero diventare una volta esaurito il Vincolo del Ministero. Ma… io sono sua madre. Una madre certe cose le sa. Lo so com’è fatta mia figlia.”
Calò un silenzio tranquillo…interrotto dal tubare dolce della fenice. Il destino…il destino era una femmina, Albus ne era sicuro. Anche senza averlo visto, ci avrebbe giurato.
Il destino era femmina…e madre.
“Credo che tu abbia ragione.” Concluse la donna, sfinita. “Non posso rovinarle la vita in quel modo. Obbligarla alla finzione…non voglio diventare come la mia famiglia. Anche se i propositi sono del tutto opposti, sto comunque agendo come lei…imponendo apparenze. Però ho così paura, sai? Mi sveglio ogni notte terrorizzata che loro…loro possano prendermela. Ho saputo del Necronomicon nella scuola. So che sono stati loro, non chiedermi come ma ne sono certa. E se tentassero di nuovo? Quale punizione migliore per me di buttare mia figlia nei meandri infernali?”
“Il Necronomicon è tornato al suo legittimo proprietario. La sua Custode è venuta personalmente a riprenderselo.”
Poteva vedere un sopracciglio guizzare in alto, in una sardonica espressione. Chissà se lo sapeva che, quando ghignava in quel modo ironico, assomigliava tanto ai suoi…
“Ma va? La signora si è scomodata a scendere tra i comuni mortali? E cosa le hai dato in cambio, il tuo cuore palpitante appena cavato dal petto o la mano mozzata del tuo primo amore? O forse ti ha detto di far girare il mondo al contrario? I pagamenti di solito sono quelli. Anzi, mi chiedo come McRanney sia riuscito ad ottenere da lei l’antidoto per la figlia.”
“Non ha voluto dirmelo. Per quanto riguarda me, diciamo che ho visto alcune cose molto più…chiaramente, in un certo giorno. E alcune informazioni che le ho dato le sono tornate utili. Ma immagino che sarebbe venuta lo stesso a riprenderselo. Per orgoglio. Le è stato rubato, quando è uscita dal mio ufficio stava ancora digrignando i denti per lo smacco.”
Silenzio. Sorpresa. Gelo.
“E’ riuscito…è riuscito a rubare qualcosa alla strega più potente del mondo?”
“L’ha colta di sorpresa. Così ha detto. Ma se c’è una cosa che so di lei, è che non commette mai lo stesso errore due volte. Se la conosco, si sarà resa ancora più introvabile. Non riuscirà mai più a metterci le grinfie sopra. Potrebbe pagare, è vero…ma se è arrivato a fare un furto, sono sicuro che Tom ha chiesto cose dal prezzo troppo alto anche per lui.”
“Oh, Albus.” Sospirò la donna. “Siamo di nuovo da capo, eh? Siamo di nuovo di fronte ad un nemico. Un nemico potente.”
Non sfuggì la vena tremante nella sua voce. Ma non era paura. Era eccitazione.
Per quanto fosse preoccupata, quella donna aveva la guerra nel sangue. Esattamente come i Potter. Bramavano la gloria. La ribellione.
Ma più di ogni altra cosa, bramavano farla pagare a chi, tanto tempo fa, aveva portato via loro la cosa più preziosa di tutte.
Il destino è femmina.
Il destino è madre.
Ed infine, il destino è sangue.
   
 
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