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Autore: Mel_deluxe    03/12/2018    1 recensioni
La popolarità non è un’opinione: questo è ciò che credono gli studenti del liceo di Buckley, sperduto paesino nelle foreste del nord-Midwest, dove le regole e le relazioni sociali sono dettate da una rigida e rispettata “Catena della Popolarità”.
Linda Collins, affascinante reginetta del ballo nonché capo cheerleader in carica, si è sempre ritrovata ai primi posti della Catena senza particolari sforzi. Tutto però cambierà l’ultimo anno di liceo, quando Linda lascia il suo storico fidanzato Simon Coleman, il bello e conteso quarterback di football della scuola, che subito si rivolta contro di lei. Questo sarà l’inizio della fine.
Nel frattempo qualcuno sembra tramare nell’ombra per distruggere la Catena: strani avvenimenti iniziano ad accadere a Buckley, e un terribile, losco omicidio verrà commesso, proprio all’interno delle quattro mura scolastiche.
Linda e Simon, resosi conto che l’assassino sembra prendere di mira proprio loro due, si vedranno costretti a mettere da parte le loro rivalità e ad allearsi per risolvere questo intrigato mistero.
Chiunque sia il misterioso assassino, una cosa è certa: non apprezza affatto i ragazzi popolari.
Genere: Mistero, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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NOTA AUTRICE
Sorry sorry very sorry per questo immenso ritardo. Ho avuto due problemi principali negli ultimi mesi, il primo tra i quali è stato l'adattarmi alla nuova vita universitaria e i ritmi super-fucked-uped a cui devo ancora cercare di abituarmi. Il secondo è stato che ero CONVINTA (ma proprio tanto) di aver già pubblicato un capitolo un mese fa, per poi rendermi conto che lol, non lo avevo mai fatto in realtà. Perciò scusate very mucho. 
Comunque in questo capitolo che è stato un parto da scrivere, vi ho lasciato due cose importanti che penso, valgano tutta l'attesa.
1) ci sono un po' di rivelazioni riguardo ai missssteri della storia (in realtà penso renderanno il tutto ancora più confuso, ma almeno iniziamo a scremare un po').
2) finalmente rivelerò il vero nome della Ragazza Nuova!!! (che l'avevo pronto dal capitolo UNO madonna che palle aspettare così tanto)
Poi, un breve p.s. So che vi ho rotto le palle con sta storia del confusissimo rapporto tra Simon e Linda e in questo capitolo ce n'è ancora di più, ma vi prometto che dal prossimo capitolo torneranno anche gli altri personaggi.
Adios,
Mel.



 
Capitolo 16
Super indagini leggendarie di quarto livello

 
And daddy always smiled and took me by the hand
Saying, someday you'll understand

Well, I'm here to tell you now, each and every mother's son
That you better learn it fast, you better learn it young
'Cause someday never comes”

“Someday Never Comes”, Creedence Clearwater Revival 1972
 
 
La casa della Ragazza Nuova era sorprendentemente meravigliosa. La Ragazza a quanto pare in vita non aveva avuto solo bellezza, simpatia, gentilezza, perfezione, ma anche una caterva di soldi.
La sua era una villa a quattro piani con tanto di giardino e piscina sul retro. La casa aveva anche una palestra e un cinema interno. Questo significava che, tra le due, Linda era quella povera.
Linda Collins osservava la casa davanti a lei con un misto di invidia e disgusto, mentre assaggiava i cioccolatini al rum che le avevano offerto i genitori della Ragazza.
Certo, era morta, ma Linda si ritrovava ancora invidiosa di lei. Essere morta le aveva giovato dopotutto. Ora tutti l’amavano ancora di più, mentre Linda adesso era odiata da tutti.
Osservò con invidia anche Simon che, seduto di fianco a lei su una di quelle scomodissime sedie bianche, ispezionava i cioccolatini come per capire di che cibo si trattasse. Invidiava la sua calma.
Da quando aveva trovato Carey non lo aveva mai visto infelice, nemmeno una volta. E adesso che Linda sentiva la quasi certezza di provare ancora qualcosa per lui provava gelosia e invidia per quella condizione così migliore della sua.
Ma si era decisa a rimandare la cosa tra lei e Simon al futuro. Adesso c’era un altro problema da risolvere, ovvero capire che cosa era successo davvero alla Ragazza Nuova quella fatidica notte. Quando tutto quello sarebbe finito, Linda sarebbe ritornata in cima alla Catena ed era sicura che tutto si sarebbe risolto. Non avrebbe avuto più bisogno di sentirsi apprezzata e, con ogni fortuna, anche quella sua stupida cotta per Simon sarebbe svanita. Perciò dovevano sbrigarsi.
Si erano ritrovati da appuntamento con i genitori della Ragazza Nuova come da programma. Avevano usato come scusa quella di fare delle condoglianze per la morte della figlia. Loro non avevano avuto problemi ad accettare una visita di Simon, essendo stato il ragazzo della Ragazza Nuova nelle settimane precedenti alla sua morte, ma Linda aveva avuto il terrore che non avrebbero avuto piacere a ricevere lei in visita, visti i suoi evidenti screzi con la Ragazza. E così si era presentata come “LeeAnn Anderson” sicura che anche se la vera LeeAnn e la Ragazza Nuova non erano amiche, se per caso lei avesse parlato di lei con i suoi genitori, di certo non avrebbe mai potuto dire nulla di cattivo sul suo conto.
I genitori della Ragazza Nuova era entrambi magri e bellissimi, vestiti elegantemente anche in quel periodo così difficile come il loro.
Erano tutti e quattro seduti intorno al tavolo bianco a bordo piscina, con i loro cocktail freschi e una grandissima quantità di cioccolatini e di biscotti davanti a loro.
«Ci ha fatto molto piacere ricevere la vostra visita, ragazzi» disse la madre della Ragazza Nuova, osservandoli da dietro i suoi occhiali da sole. Linda pensò che era semplicemente meravigliosa, con quel suo vestito bianco e i capelli rossi che le ricadevano ricci sulle spalle e sul seno. «Ci aveva parlato così tanto di te, Simon. Mi dispiace incontrarci in una situazione del genere. E anche tu, LeeAnn, sebbene non ci avesse parlato molto di te, sono sicura che hai fatto molto per nostra figlia».
Linda notò che Simon, da quando erano arrivati lì, aveva un comportamento stranissimo. Non aveva aperto bocca se non per salutare, lasciando a Linda il compito imbarazzante della conversazione, e ignorava qualsiasi frase gli si rivolgesse. Anche in quel momento, ignorò le parole della madre e continuò a prendere cioccolatini dal tavolo, sembrando molto più interessato al suo martini rispetto a qualunque altra cosa intorno a lui.
Linda pensò quasi che fosse ubriaco. Lo ignorò, ritornando a svolgere il ruolo dell’interlocutore designato.
«Signori Mason» iniziò Linda che aveva scoperto il vero cognome della Ragazza Nuova dopo lunghe ed estenuanti ricerche negli archivi scolastici. «Siamo, come potete immaginare, entrambi molto dispiaciuti dalla morte della Ragazza Nuova…»
«Dana.» la corresse immediatamente il padre, che era stato molto più scontroso con lei e Simon da quando erano arrivati lì.
Linda trasalì leggermente, sentendo pronunciare per la prima volta il vero nome della Ragazza Nuova da qualcuno. Si schiarì la gola, cercando di correggere il suo errore di poco prima:
«Ehm, sì… Dana. Come dicevo, siamo molto dispiaciuti della sua morte. Io e Simon le eravamo molto legati e come sapete Simon e una certa Linda Collins erano lì la notte in cui è morta… o almeno così mi hanno detto. Voi che cosa sapete esattamente a riguardo».
«Non sappiamo proprio nulla, LeeAnn» disse la madre, sorseggiando il suo sex on the beach. «La polizia ci ha tenuto all’oscuro di tutto e poche settimane fa ci hanno chiamato dicendoci che il caso era stato chiuso come suicidio. Eravamo veramente disperati, ma non abbiamo potuto fare nulla. Ci avevano promesso un ispettore dell’FBI di New York, ma qualche stronzo deve averlo licenziato per proteggere qualcuno immischiato, evidentemente».
Linda cercò di sembrare dispiaciuta da quelle parole, nonostante sapesse bene che dietro a tutto ciò c’era stato lo zampino di suo padre.
Si sforzò di risultare impassibile, ma non appena aprì bocca, fu accolta da un’esclamazione del padre della Ragazza Nuova che la lasciò di stucco:
«Non saremmo mai dovuti venire qui. È tutto sbagliato! Dana non sarebbe morta se non avesse accettato questo lavoro!»
L’uomo si alzò, spostando la sedia rumorosamente e se ne andò, lasciando tutti i presenti confusi e sbigottiti. Perfino Simon alzò la testa, cercando di capire che cosa fosse appena successo.
Linda guardò la madre della Ragazza Nuova che, sebbene rimasta seduta insieme a loro due sembrava sul punto di urlare. Guardava il drink fisso davanti a se con gli occhi spalancati e le guance le erano diventate improvvisamente rosso fuoco. 
«Ecco…» provò a dire Linda, per risolvere l’imbarazzante situazione, ma non riuscì a dire nulla. Si ritrovò a pensare a ciò che il padre aveva detto poco prima.
Dana non sarebbe morta se non avesse accettato questo lavoro!
Lavoro? Ma di quale lavoro…
«Mi dispiace ragazzi, è solo un po’ sconvolto da quello che è successo».
I pensieri di Linda vennero quasi subito interrotti dalla squillante voce della signora Mason, che in un attimo sembrava essersi ripresa dal suo iniziale turbamento.
«Oh sì, certo, si figuri…»
Linda voleva chiederle che cosa significasse quel “lavoro” a cui aveva fatto riferimento il marito poco prima. Ma sapeva, per qualche strano motivo, che non avrebbe ricevuto risposta.
Il turbamento della donna era un chiaro riferimento che il signor Mason si era lasciato sfuggire dalla bocca ben più di quanto avrebbe dovuto…
«Forse è meglio che andiate ora» disse la signora Mason, alzandosi di colpo. «Grazie davvero della vostra visita, ragazzi, ci ha fatto molto piacere. Ora però devo discutere con mio marito di cose-».
«Potremmo vedere la sua stanza?»
Linda si girò di scatto verso Simon, sorpresa che avesse finalmente parlato. Perfino la signora Mason rimase sconvolta dall’intervento del ragazzo.
Ma nel cuore di quella donna doveva esserci la convinzione che Simon avesse il cuore spezzato dopo la morte della Ragazza Nuova e che quindi concedergli di vedere la stanza della figlia era davvero il minimo che potesse fare per lui.
«Oh, ma certamente».
La signora Mason si risedette, passandosi una mano tra i capelli e prendendo un lungo respiro, come immersa in importanti pensieri.
«Sentite ragazzi, perché non vi prendete una piccola pausa?» iniziò a dire la donna, guardando i due ragazzi seduti con un largo sorriso che, su di lei, sembrava quasi innaturale. «Abbiamo seppellito Dana al cimitero proprio qua dietro. Prendetevi un attimo per andare a trovarla, intanto io parlerò con mio marito. Se tornate tra una mezz’oretta sarò felice di farvi vedere la stanza di Dana. Va bene, mh?»
«Ehm… okay» rispose Linda, non del tutto rassicurata da quella reazione così inaspettata.
Lei e Simon si alzarono in silenzio e si incamminarono verso il cimitero che la signora Mason gli aveva indicato, il tutto con gli occhi della donna puntati fissi su di loro.
Solo quando si furono finalmente allontanati e l’immensa casa dei Mason iniziava a diventare sempre più piccola, Linda si sentì completamente libera di respirare con tranquillità e di poter pensare:
“Diamine. È stato molto più strano di quanto mi aspettassi”
 
 
Il cimitero era a pochi metri dalla casa dei Mason. Non era recintato da nulla, solo un piccolo muretto segnava l’inizio di un enorme prato adornato da lapidi di pietra, sparse qua e là, molte logorate dal tempo, ma la maggior parte fresche di creazione.
Linda e Simon attraversarono in silenzio il cimitero.
Il sole splendeva ed era una bellissima giornata. Il prato del cimitero era così verde e curato che sembrava quasi un luogo perfetto per farci un pic-nic.
In pochi secondi Simon aumentò il passo e finì per superarla di qualche metro. Linda lo guardò male, ma non gli disse nulla. Ancora non capiva che cosa gli fosse preso quel giorno. Non aveva detto quasi niente quel giorno. Non le aveva rivolto la parola nemmeno una volta, e se Linda gli chiedeva se c’era qualcosa che non andava, Simon la liquidava in poche parole dicendo che andava tutto benissimo e che non capiva perché si stesse preoccupando.
Linda lo osservò distanziarsi sempre di più da lei, fino a che non fu a più di venti metri di distanza.
Non c’era nessuno al mondo come Simon, pensò Linda. Anche quando stava in silenzio, ciò gli donava un certo fascino misterioso che lo rendeva ancora più attraente di quanto non fosse solitamente. Si rese conto di essere stata davvero fortunata a stare con qualcuno come lui.
Linda non sapeva ancora come avrebbe gestito la sua attuale situazione. Non sapeva come gestire Simon, come gestire Carey, come gestire i suoi stessi sentimenti.
Lei e Carey avevano fatto pace, ma non voleva che la litigata dell’altro capitasse di nuovo. Aveva pensato che la soluzione migliore era quella di parlare, sia con Carey che con Simon e dire loro tutto quanto. Ma aveva troppa paura di farlo, aveva paura di perderli entrambi.
Perciò avrebbe aspettato. Avrebbe aspettato, finché tutto quello non sarebbe finito e nel frattempo avrebbe gestito i suoi sentimenti semplicemente reprimendoli. Era la scelta migliore dopotutto.
Vide in lontananza che Simon si era improvvisamente fermato e ora era seduto sull’erba davanti ad una lapide. Linda si avvicinò a lui in fretta, finché in pochi secondi non lo raggiunse.
Quando furono di nuovo insieme, nessuno dei due disse nulla.
Linda osservò la lapide davanti a cui Simon sedeva in silenzio. Era la lapide della Ragazza Nuova, grigia e lucente, su cui era impressa una scritta, ancora fresca di incisione.
 
Dana Mason
∞ - ∞
Perfetta figlia e meravigliosa persona
 
Linda si ritrovò a sorridere amaramente, pensando che quella lapide era veramente oscena, ma allo stesso tempo si sentì triste, quando si rese conto che nessuno avrebbe mai potuto scrivere niente del genere sulla sua lapide quando sarebbe morta.
Posò il suo sguardo su Simon, che ancora era seduto e le dava le spalle. Decise di rompere quell’imbarazzante silenzio una volta per tutte:
«Mi dispiace molto. Per lei intendo» gli disse, senza staccare i suoi occhi dalla scritta sulla lapide. «Non te l’ho mai detto in realtà. Ma era la tua ragazza e di certo non deve essere stato facile per te. Mi dispiace di non essermi resa conto che la tua situazione era ben peggiore della mia».
Passò qualche secondo di silenzio, in cui il vento tra i fili d’erba era l’unica cosa a far rumore tra loro due. Dopodichè Simon miracolosamente parlò, per la prima volta in tutta la giornata:
«Nah, non mi è mai importato niente di lei in realtà» confessò Simon, con una calma e una risolutezza che stupì molto Linda. «L’avevo usata solo perché volevo diventare il Numero Uno della Catena e pensavo che se avessi iniziato a uscire con una ragazza dei piani bassi, gli studenti avrebbero iniziato a chiedere un cambio nelle regole».
Simon si alzò in piedi, diede un ultimo sguardo alla lapide della Ragazza Nuova.
«In un certo senso mi sento in colpa anche per questo. Non riuscivo a guardare i suoi genitori in faccia. Sono stato così ingiusto con lei e ora è morta e non ho più nessuno a cui porre le mie scuse».
 Il ragazzo si girò lentamente verso Linda. Si guardarono per un attimo negli occhi, poi Simon le rivolse un sorriso divertito.
«L’ho usata anche perché volevo farti ingelosire, sai?» disse con una confidenza tale che Linda non credeva possibile.
Linda gli fece un leggero sorriso, ma dentro di sé sentiva che il suo cuore stava esplodendo in mille fuochi d’artificio. Quel ragazzo era troppo perfino per lei.
«Tu sei così…» iniziò a dire Linda, per poi rendersi conto che non aveva idea di come finire la frase. Meraviglioso? Bellissimo? Insopportabile? Stronzo? Perfetto? Adorabile?
«… imprevedibile» concluse, con l’opzione che fu di certo la peggiore di tutte.
Simon distolse finalmente il suo sguardo da lei e sorrise, guardando il terreno.
«Sono… sinceramente confortato, sai?» disse. «Temevo mi stessi per fare un complimento».
Linda non capì che cosa intendesse.
«Come mai io che ti faccio un complimento è una cosa così impossibile da concepire?»
«Perché, Linda, tu non mi hai mai fatto un complimento. Tipo… mai».
«Questo non è-»
Simon non le diede il tempo di ribattere, perché iniziò ad andarsene, ritornando verso l’uscita del cimitero. Linda cercò di seguirlo, ma Simon era molto più alto di lei e presto Linda fu costretta a correre per mantenere il suo passo.
No, no, no, no pensò. È tutto sbagliato, non doveva andare così! Forza Linda, fermalo, digli che non è colpa tua se non gli fai complimenti, digli che in realtà tu non fai mai complimenti a nessuno, digli che lo adori così com’è, che lo trovi bellissimo, che lo trovi eccezionalmente magnifico e che non dovrebbe cambiare mai, né per te, né per nessun altro!
Ma dalla sua bocca non riusciva a uscire nulla. Si sforzava di dire tutto quello ma non ce la faceva. Non aveva il coraggio, non aveva la forza di dire e di rivelare nulla.
Linda andò dietro a Simon, camminando al suo passo, ma senza raggiungerlo.
«Simon! Aspettami, ti prego!»
Improvvisamente il ragazzo si fermò di colpo. Linda fece lo stesso, rimanendo a osservarlo di schiena, lì in mezzo a quel cimitero soleggiato.
«Posso farti una domanda? Devi rispondere sinceramente, mi raccomando» disse Simon, una volta che si fu voltato verso di lei.
Linda era ancora a qualche metro di distanza da lui. D’impulso si mise le mani nelle tasche dei jeans e lasciò uscire un leggerissimo e sussurrato:
«Okay… ».
Simon abbassò lo sguardo, cercando le parole adatte per fare quella fatidica domanda, che per tanti anni aveva evitato di chiedere. Ma ora era arrivato il momento di farlo:
«Due anni fa, quando ci siamo messi insieme… il giorno in cui… quando è successa la cosa di Bethany Mayers… Te lo ricordi?» iniziò Simon, evitando in tutti i modi di guardare Linda in faccia. «Ti ricordi della cosa che ti disse lei? Dell’accusa che ti fece poco prima che lei scivolasse e cadesse dalle scale?»
Linda rimase in silenzio.
 
«Tristan mi ha detto tutto riguardo a voi due, troia! Ti avevo avvisato già una volta, Linda, giuro questo è l’ultima goccia! Ti avevo detto che ti fossi avvicinata ancora a lui l’avresti pagata cara! E tu hai osato continuare a vederlo e a fare i tuoi sporchi giochetti di seduzione con lui?!»
 
«Sì, me lo ricordo». Le parole uscirono smorzate dalla bocca di Linda.
«Ecco, mi sono sempre fidato di quello che mi avevi detto tu, ma ora voglio sapere…». Simon fece qualche secondo di pausa prima di lanciare la fatidica domanda. «Era… era la verità, Lin?»
 
«Mi fai schifo, sei inconcepibile! Sei così senza vergogna che non riesci nemmeno ad ammettere al tuo nuovo  ragazzo che è da due mesi che ti scopi di nascosto un altro!»
 
Il silenzio rimase tra di loro per altri secondi, come una presenza maligna, insopportabile. Linda non rispose alla domanda. Si limitò a spostare lo sguardo a lato, senza guardare nulla in particolare.
Simon comprese al volo che non avrebbe ricevuto alcuna risposta chiara da lei, ma quel silenzio così atroce gli aveva dato abbastanza prove per confermare quello che aveva sospettato.
«Certo… capisco» commentò il ragazzo, dando di nuovo le spalle a Linda e proseguendo per la sua via, come se nulla fosse successo.
«Simon!»
Sentì che Linda camminava verso di lui, affrettava il passo, ora correva e lo raggiungeva.
All’improvviso lei fece uno scatto e Simon se la ritrovò lì davanti, a bloccargli la strada.
Linda non gli diede nemmeno il tempo di cambiare strada, che subito iniziò a parlare con voga:
«Senti, lo sai che non sono brava a far sentire meglio le altre persone. Sai che non sono brava a fare complimenti o a esprimere come mi sento verso qualcuno. Mi rendo conto anche di non essere stata… una persona esattamente eccezionale negli ultimi anni. Ma mi sto sforzando di cambiare, lo sto facendo davvero. E non avevo mai realizzato quanto io sia stata fortunata ad aver avuto una persona come te al mio fianco. Sei stata l’unica persona che mi abbia mai amato veramente e anche… dopo tutto quello che ti ho fatto, dopo il modo terribile in cui mi sono comportata con te, ti ho sfruttato e in cui ti ho trattato, tu sei ancora qui, in mezzo ad un cimitero ad ascoltare le mie scuse. Perciò… grazie. E scusami di tutto. Davvero».
Linda attese una risposta da lui per quasi dieci secondi. Ma tutto ciò che ricevette in cambio fu uno sorriso da parte di Simone e un leggero commento, che gli uscì mentre si stavano già allontanando dal cimitero:
«Grazie per avermelo detto».
 
 
Una volta tornati alla villa dei Mason trovarono stranamente la casa vuota. La porta principale era aperta, perciò entrarono senza problemi, tuttavia, una volta entrati e dopo aver chiamato decine di volte la signora e il signor Mason, si accorsero di essere definitivamente da soli.
«Dove diavolo sono andati?» chiese Simon con un sorriso, guardandosi intorno nella splendida e illuminata casa in cui si trovavano.
«Non lo so» fu il commento di Linda. «Ma l’unica cosa che voglio fare in questo momento è andarmene da qui al più presto, perciò sbrighiamoci».
Detestava trovarsi nella casa di una persona morta. Detestava trovarsi nella casa di una persona che aveva visto morire davanti a sé, più precisamente.
Linda non sapeva descrivere con esattezza la sensazione che provava, mentre saliva le scale e accarezzava il prezioso corrimano bianco e lucidato, mentre cercava tra le porte e le stanze quale fosse quella appartenuta alla Ragazza Nuova quando era ancora in vita.
Era la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato in quel luogo, qualcosa che non sarebbe mai più tornato al proprio posto. Ogni parete, ogni quadro, ogni foto appesa, ogni porta e ogni piastrella, tutto era ormai stata infestata da quella sensazione.
Trovarono finalmente la stanza della Ragazza Nuova e la sensazione di inesattezza diventò ancora più prominente, nell’esatto istante in cui Linda varcò la porta ed entrò in quella camera da letto ancora immacolata dall’ultima volta in cui qualcuno doveva averci fatto visita.
Il letto era perfettamente intatto, le foto e le scritte appese alle pareti, i libri ancora privi di polvere e uno strano e piacevole profumo che avevano l’unico scopo di far urlare ancora più forte “è sbagliato, è tutto così sbagliato qui!” nella testa di Linda.
Simon, d’altra parte, non sembrava minimamente turbato da quella strana perfezione quanto Linda; anzi, non appena entrarono si richiuse la porta alle spalle e si diresse verso la cassettiera della Ragazza Nuova, dicendo:
«D’accordo, allora vediamo di farla finita in fretta».
Iniziò ad aprire rumorosamente i cassetti, a frugare nelle cose della sua (ormai decisamente ex) ragazza. A Linda veniva da vomitare solo a guardarlo. La ragazza andò lentamente a sedersi sulle profumate coperte verdi del letto, bilanciandosi sull’angolo del materasso tremando e cercando di calmarsi al più presto.
«Come… come diavolo fai?» disse con un filo di voce.
Simon alzò lo sguardo verso di lei e si sorprese quasi a vederla in quello stato, quasi fosse la prima volta che riusciva a notare che qualcosa non andava in lei.
Interruppe la sua sfrenata ricerca per voltarsi verso di lei e poter parlare più chiaramente.
«Che cosa intendi?»
«Io non riesco nemmeno a guardarmi intorno…» bisbigliò Linda, aggrottando le sopracciglia e tenendo il suo sguardo fisso su un punto del pavimento. «Tutto… tutto questo posto. Non vedi quanto è tutto così sbagliato? Non dovremmo nemmeno essere qui. Io… non riesco nemmeno a crederci, Simon, non posso crederci che la persona che abitava qui sia morta e che noi… che noi abbiamo visto…»
«Lo so» la interruppe all’improvviso Simon e lei si decise a rimanere in silenzio.
Linda sentì che lentamente Simon andava a sedersi vicino a lei. Non alzò lo sguardo verso di lui, ma sentì la mano di Simon agganciarsi fermamente alla sua, e ciò riuscì a calmarla per il momento.
«Anche io non sto bene. Ho avuto incubi per quasi due mesi dopo quello che è successo. Ma ho avuto aiuto da molte persone e sono riuscito a superarlo. Mentre tu stai pretendendo di fare tutto da sola».
Linda sentì che il suo respiro diventava sempre più pesante. Teneva il suo sguardo ancora lontano da Simon, ma nel frattempo stringeva la sua mano sempre più forte.
«Lin, dentro questo casino ci siamo io e te. Insieme. Hai solo bisogno di aprirti con qualcuno, e fidati, tutto andrà bene» continuò Simon. «Vuoi… insomma… vuoi parlarne con me?»
Linda spostò lo sguardo su di lui così velocemente che fece quasi prendere un colpo al cuore a Simon. La ragazza ritrasse immediatamente la mano, apparendo quasi disgustata da lui.
«Cosa sei, il mio psicologo adesso?»
Si alzò in piedi e senza dire altro andò verso la cassettiera e cominciò a frugare tra i vestiti esattamente come aveva fatto Simon poco prima.
Sebbene la brusca reazione, Simon fu sollevato che fosse stata così… alla Linda. Vederla in quello stato poco prima aveva turbato perfino lui. Era contento di vederla tornata alla sua solita sé, almeno per il momento.
Aveva fin troppi problemi per quella sua testolina, e aveva un disperato bisogno di aiuto, era evidente. Ma Simon pensò, mentre si dirigeva verso di lei per aiutarla con la ricerca, che l’avrebbe aiutata pian piano, a poco a poco e, con il giusto tempo, Linda si sarebbe aperta con lui.
Cercarono nella cassettiera, nel suo comodino, nel suo armadio e perfino sotto al tappeto, ma non trovarono nulla di interessante, se non una marea di fogli bianchi e il diario segreto (rosa) della Ragazza Nuova, con tanto di lucchetto anti-scassino.
«Beh, guarda guarda… » disse Linda, prendendo il quadernino rosa e illuminandolo alla luce della lampada. «Hai per caso qualcosa di piccolo e affilato?»
Simon la guardò sconvolto.
«Che cosa?! Vuoi aprire il suo diario segreto?»
«Ehm… duh!»
«No, no,  è sbagliato!» si affrettò a dire Simon. «Cinque minuti fa stavi tremando e ti lagnavi riguardo alla Ragazza Nuova e ora vuoi aprire il suo diario segreto?! Ma che razza di persona sei?»
«Chissene, leggo solo io allora».
Si tirò fuori una forcina dai suoi stessi capelli e iniziò a scassinare il minuscolo lucchetto, impresa affatto complicata, dato che dopo pochi secondi, il diario segreto della defunta Ragazza Nuova veniva con gioia aperto da Linda Collins.
Simon la guardò irritato, a braccia conserte, mentre Linda sorrideva beffarda e si leccava il dito per passare drammaticamente le pagine ad una ad una.
«Capitolo uno» iniziò a leggere ad alta volce Linda. «”Simon Coleman ha il più bel culo che io abbia mai visto in tutto il Nord America”»
«Hai finito di inventare?» sbuffò Simon irritato, ma dentro di sé stava con forza reprimendo la voglia immensa di constatare a sua volta che cosa ci fosse scritto davvero su di lui in quelle pagine di diario.
«Non sto inventando» ridacchiò Linda. «È quello che c’è scritto veramente».
Tuttavia la ragazza si rifiutò di fargli vedere le pagine con le scritte, al che Simon provò a rubarle il diario di mano, ma Linda si ritrasse in fretta, tenendo il quaderno stretto tra le sue mani.
Qualcosa cadde improvvisamente dal diario, qualcosa di piccolo e rettangolare, che sembrava essere una foto. Linda nemmeno se ne accorse, continuava a leggere dal diario immersa nella lettura, così a Simon toccò il fastidioso compito di raccoglierla. 
Ma nel momento in cui la guardò meglio si congelò all’istante.
«Ma che diavolo…?»
Linda si accorse del suo improvviso cambio di umore e si avvicinò per guardare a sua volta.
«Cosa? Che cosa c’è?»
Quando anche Linda posò lo sguardo sulla foto rimase immobile ad occhi spalancati per più di trenta secondi.
 
 
La foto stampata su carta da polaroid ritraeva sei persone, tutte messe in posa e sorridenti, davanti alla stessa villa dei Mason in cui si trovavano in quel momento. Linda riconobbe il bordo della piscina dove si erano seduti lei e Simon poco prima.
La Ragazza Nuova era al centro, circondata da altre cinque persone, ugualmente felici e sorridenti.
Il problema era che ciascuna di quelle cinque persone era una faccia a loro già conosciuta.
Alla destra del gruppo, in piedi, con un’inusuale canottiera bianca e pantaloncini corti, c’era Michael Joyce, l’affascinante professore di letteratura che aveva fato irritare così tanto Linda sul fatto di non essere riuscita a conquistarlo.
C’erano poi due ragazze , entrambe con un braccio intorno alle spalle della Ragazza Nuova, al centro insieme a lei. Dei riccioli scuri inconfondibili, appartenenti alla nuova diva della scuola dalla pelle color cioccolato, Regan Weston e i capelli lisci e biondi di quell’altra ragazza che Linda aveva visto spesso in compagnia di Stephanie (-si chiamava forse Alexis, o qualcosa del genere-) anche se nella foto i suoi capelli erano decisamente più corti e la sua faccia era priva di quel trucco dark che era solita mettersi.
Poi c’erano i due ragazzi, a sinistra della foto. Uno dei due era il ragazzo carino dai capelli rossi che Simon aveva baciato mesi prima al chiosco dei baci, di cui non sapevano nemmeno il nome. Al suo fianco invece entrambi riconobbero all’istante Charlie Termont, il primino sfigato che da mesi aveva stretto una speciale amicizia con Simon.
Erano lì, tutti insieme, quel gruppo insolito di gente dalla loro scuola presa a caso, di gente che non avevano mai visto interagire tra di loro in tutti quei mesi di scuola, erano lì, tutti insieme davanti a quella stessa casa, che si abbracciavano e si sorridevano come dei vecchi amici.
Simon girò d’impulso la fotografia e a quel punto gli mancò davvero il fiato, quando trovò la data dello scatto scritta a mano con una penna. La foto risaliva a due anni prima. In più, poco sotto la data si trovava una strana scritta:
Unità A, Gruppo 2. Progetto L.Collins-S.Coleman
Entrambi quasi soffocarono quando lessero i propri nomi, lì impressi dietro a quella foto che risaliva a così tanto tempo prima, collegati a persone di cui, due anni prima, nemmeno conoscevano l’ esistenza.
«Simon…» iniziò a dire Linda tremando. «Come… come cazzo è possibile che quelli siano i nostri nomi-»
«Ma che diavolo ci fate voi due qui?!»
I due ragazzi alzarono improvvisamente lo sguardo verso la porta della stanza, davanti a cui era apparso il padre della Ragazza Nuova che li guardava in modo cagnesco, con i denti stretti tra di loro.
«Voi… uscite immediatamente dalla stanza di mia figlia»
Avrebbero potuto spiegarsi, avrebbero dovuto giustificarsi, ma non ne furono in grado.
Vennero cacciati dalla stanza della Ragazza Nuova e dalla casa dei Mason in pochissimi secondi, ma a nessuno dei due importava più nulla.
Simon per fortuna era riuscito a infilarsi la foto nella tasca del pantaloni, poco prima di uscire dalla stanza della Ragazza Nuova, ma non fu nemmeno in grado di dirlo a Linda.
Non si salutarono nemmeno. Tornarono alle proprie case senza dirsi una parola, perché in effetti ormai non sapevano più cosa pensare.
Perché chiunque fossero quelle sei persone in realtà, conoscevano i loro nomi già da due anni e la cosa era, cazzo, già di per sé inquietante così.

 
  
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