Capitolo
1
Cassandra
Barone lasciò
la cucina fresca con le pareti a stucco e uscì nel giardino
davanti casa. In
quella calda mattina d’estate, nella sua casa di campagna in
Toscana, tutto era
in fiore. Le lenzuola candide e bianche svolazzavano nella brezza
estiva e le
rose germogliavano lungo il sentiero che portava nel loro giardino. Una
coppia
di api operose ronzava tra i fiori; Cassandra chiuse gli occhi e
respirò piano
il profumo d’estate, sorridendo felice. In lontananza, ella
vide la sorellina
più piccola, Sophie, correre come un treno in corsa verso di
lei e l’ingresso
della loro casa.
Cassandra le sorrise
dolce.
I capelli biondi e boccolosi
della sorella, così diversi dai suoi capelli color nero
corvino, si muovevano
dappertutto intorno al viso paffuto della sua sorellina più
piccola di tre
anni. Cassandra aveva appena compiuto undici anni e, nonostante
mostrasse
ancora un fisico acerbo, era di una bellezza fuori dal comune. La sua
pelle
diafana contrastava con i suoi capelli così ricci e scuri;
mentre i suoi occhi,
rispecchiavano la profondità del cielo e le sue labbra,
rosse come il sangue,
erano atteggiate ad un sorriso amorevole, verso la sorellina minore.
«Cassy perché non vieni
fuori a giocare, è bellissimo» esclamò
Sophie, prendendo Cassandra per le
braccia. Ella andò verso di lei, i cappelli neri che
luccicavano sotto il sole.
Quella mattina aveva già lavato e sistemato tutta la cucina
mentre sua madre
era in città, aveva preparato il pranzo e ora era cosparsa
di farina sul viso.
Sophie, vedendola scoppiò a ridere divertita, togliendole la
farina dal viso.
Improvvisamente, un omone alto, con le spalle larghe, il volto dai
lineamenti
duri e un velo di barba scura, entrò trafelato in casa,
chiudendo la porta di
scatto. Sembrava molto spaventato.
«Padre, che succede?» chiese
Cassandra spaventata. Lo vide correre impaurito verso il salone e
cercare di
sprangare le finestre e le porte posteriori. Cassandra le
andò dietro. «Ma che
sta succedendo, perché sei così
spaventato?»
«Tesoro, dobbiamo partire
immediatamente» rispose lui trafelato. «Prepara per
te e tua sorella le cose
più indispensabili. Agli indumenti di mamma, penso
io.»
Cassandra annuì
energicamente, senza porre ulteriori domande. Era molto obbediente con
i suoi
genitori e quando il padre, che di solito non perdeva mai la calma, si
mostrava
così spaventato, non era mai un buon segno. Corse di sopra,
tenendo sua sorella
per mano e arrivarono in camera loro, dove dormivano insieme, per
preparare la
loro valigia. Avevano poche cose da portare con loro e
perciò non avrebbero
perso molto tempo, pensò Cassandra.
Tutto a un tratto, si sentì un
rumore terribile al piano di sotto, come se il portone di casa loro si
fosse
autodistrutto. Cassandra sobbalzò sul posto e
guardò inorridita Sophie, la
quale aveva iniziato a tremare e a piangere. Tentò di
mantenere la calma e si
abbassò all’altezza di Sophie, che per la sua
età era ancora molto piccola. Le
diede un bacio sulla guancia e le accarezzò i capelli,
tentando di infonderle
tranquillità.
«Sophie, ora vado al
piano di sotto a vedere che sta succedendo» disse Cassandra
dolcemente,
continuando a toccarle dolcemente i capelli. «Tu nasconditi
sotto il letto e
non uscire per nessuna ragione al mondo, mi hai capito bene?»
continuò lei,
aspettando l’assenso della sorellina, che arrivò
presto. Sophie annuì e si
apprestò a nascondersi dove le aveva indicato la sorella
maggiore.
Cassandre prese un
respiro profondo, per riprendere la calma. Dopodiché,
iniziò a camminare e ad
indirizzarsi verso il piano di sotto. I suoi passi erano tremanti e il
suo
respiro era affannoso, di suo padre non c’era traccia,
sembrava quasi come se si
fosse volatilizzato. Arrivò alle scale e cominciò
a scendere, chinandosi e
tentando di guardare di sotto per constatare la presenza di qualcuno.
«Papà?»
chiese intimorita.
Lo vide.
Era sdraiato a terra
privo di sensi. Tutt’intorno sembrava essere scoppiata una
bomba. Sprezzante
del pericolo, Cassandra corse verso il padre e si accucciò
vicino a lui per
tentare di svegliarlo. «Papà!!!» Lo
scosse, iniziando a piangere e a dimenarsi.
Ella avvertì un rumore di passi e
s’immobilizzò in mezzo al salone. Oh mio Dio,
sussurrò tra sé e sé la ragazza.
Cassandra iniziò a
correre dietro il divano, cercando un luogo dove poter nascondersi alla
vista
dello sconosciuto. Il rumore di passi era sempre più vicino
e ora lo avvertì di
fronte ad essa fermarsi e scrutare il salone stesso. «Vieni
fuori piccolina,
non ti faremo nulla!» esclamò l’uomo,
continuando a camminare. Ella continuò a
rimanere immobile, pensando che magari, se ne sarebbe andato se non
l’avesse
più sentita.
«Cassandra, George?»
chiamò qualcuno, sulla soglia del portone spalancato.
Cassandra inorridì, era
la voce della mamma. La madre continuò ad avanzare nel
salone e fu raggiunta da
una scarica di energia. Che diavoleria era mai questa si chiese la
ragazza.
Cassandra balzò fuori dal nascondiglio e in un attimo si
avventò verso il loro
assalitore. La preoccupazione verso la sua famiglia aveva eliminato
tutta la
paura.
«Lasciala stare!» urlò
Cassandra, tirandogli i pugni sulla schiena. L’uomo si
liberò della ragazza e
si voltò verso di lei. Ella cadde a terra con un tonfo e in
un attimo si sentì
spacciata. Guardò terrificata quell’uomo e vide un
volto trasfigurato dall’ira.
Egli si avventò su Cassandra, prendendola per la giacca e la
ragazza si dimenò
selvaggiamente urlando, tentando di liberarsi dalla sua stretta di
ferro.
«Lasciami stare!» urlò
Cassandra imbestialita. Nel frattempo, la madre si era risollevata e
aveva
scagliato un vaso di cristallo sul malcapitato, tramortendolo.
Cassandra guardò sorpresa
e impaurita prima sua madre e poi quell’uomo. Improvvisamente
Lucrezia, la
madre, con i suoi lunghi capelli rossi e gli occhi verdi,
afferrò la figlia
Cassandra per fuggire, non prima di averle chiesto di Sophie.
«Mamma, dobbiamo prendere
anche papà!» esclamò tremante la
ragazza, puntando i piedi per terra e
indicando verso il padre. Si sentì un altro frastuono
tremendo, e la madre
scrutò spaventata verso il giardino, dopodiché si
voltò verso di lei e le
rispose: «Se non c’allontaniamo, non
rimarrà più nessuno vivo. Prendo Sophie e
scendo.»
Mentre Lucrezia correva
di sopra, Cassandra tentò di svegliare suo padre, senza
risultato. La madre fu
subito di sotto, con la sua sorellina in braccio. «Mamma, non
possiamo lasciare
qui papà.»
Lucrezia l’afferrò e
corsero fuori, mentre rispondeva: «Devo proteggervi ad ogni
costo, sapevo che
sarebbe successo prima o poi.»
Cassandra la guardò
interrogativa, ma successivamente lasciò perdere, pensando
solo a seguire sua
madre e la sua sorellina. Iniziarono a correre verso la foresta,
adiacente alla
loro casa di campagna. Il loro passo furioso era seguito dal rumore di
calpestìo delle foglie.
Non c’era nessun rumore,
nessun odore. La foresta era immersa nel silenzio assoluto e tutto era
immobile, però una strana tensione sembrava aleggiare tra
gli alberi. Era
tensione umana di quelle che accompagnano un senso
d’eccitazione e di pericolo.
Anche se non riusciva a vederli, né a sentirli, qualcosa
dentro di sé poteva
percepire la loro presenza.
Qualche strana sensazione
iniziò a crescerle dentro, come una vibrazione della sua
mente, una vibrazione
nell’aria che conosceva troppo e bene e che le arrivava
quando era spaventata,
arrabbiata oppure particolarmente provata. Non si era mai riuscita a
spiegare
l’origine di quella malattia, né erano riusciti i
medici o i suoi genitori a
capirlo. Ma lo avvertiva.
Erano sotto la sua
collina, alla loro sinistra. Non molto vicini, ma quanto bastava
perché
potessero raggiungerle. S’inerpicarono in un promontorio e si
spinsero tra le
felci, mentre Sophie piangeva disperata.
Rami e fronde sferzarono
il suo corpo e le graffiarono il viso, le labbra. Desiderò
di aver indossato un
maglione, preferibilmente uno scuro, cosicché il suo
vestitino a fiori non
avrebbe segnalato la loro presenza. Ripresero a correre fino a scendere
da
un’altra collina. Sentivano dietro di loro i passi concitati
e le loro risate
divertite.
Cassandra si asciugò la
fronte madida di sudore, mentre con lo sguardo cercava qualsiasi
appiglio con
cui far fronte a quella situazione. Percepì la loro presenza
ancora più vicina
e tutto ad un tratto, si materializzò, letteralmente, un
uomo biondo di fronte
a sé. Ella, sua madre e sua sorella
s’immobilizzarono spaventate da
quell’apparizione improvvisa.
L’uomo s’inchinò
profondamente, prima di iniziare a parlare con voce composta e
apparentemente
educata. «Signorina Cassandra Barone, vero?»
domandò quest’uomo, l’occhio di
vetro che luccicava. «Piacere di conoscerla, immagino che
questa sia la sua
famiglia.»
«Cassandra chi è
quest’uomo?» chiese Lucrezia, alla figlia maggiore.
«Non ne ho idea madre.» Cassandra
era immobilizzata, senza via di fuga e senza possibilità di
poter proteggere la
sua famiglia. «Vi prego, lasciate stare mia madre e mia
sorella. Se volete me,
fatele andare via.»
«Ma che dici Cassandra»
replicò Lucrezia. «Non ti lascerò mai
da sola qui, con questi esseri.»
«Maghi signora» ribatté
quell’uomo, con un sorriso astuto tatuato sulle labbra.
«E lo è anche sua
figlia. Ha già ricevuto la sua prima lettera dalla Scuola di
Magia e
Stregoneria di Hogwarts?» chiese quell’uomo, con
una beffarda ironia.
Cassandra sbarrò gli occhi
incredula. «Che cosa…»
sussurrò sorpresa la ragazza, pensando a tutte le volte
in cui succedeva qualcosa di strano che non riusciva a spiegarsi.
Successe tutto in un
minuto.
La madre estrasse una
pistola, che finora aveva tenuto nascosta nella giacca. Cassandra
urlò spaventata,
mentre Sophie abbracciava forte Lucrezia. Un lampo di luce verde
scattò da un
bastoncino che colpì Lucrezia, lasciandola tramortita a
terra con occhi
sbarrati, insieme a Sophie, ormai divenuta silenziosa e immobile.
Cassandra non comprese
più nulla, non riusciva più a capire
né dove si trovasse, né cosa stesse
accadendo. Il tempo si fermò, lei si estraniò da
quel luogo di morte.
L’ultima cosa che vide
prima di scatenare l’inferno sulla terra furono gli occhi
sbarrati, dai quali
traspariva l’orrore, riversi verso il cielo di sua madre.
Improvvisamente, ella
iniziò a urlare arrabbiata, disperata, tramortita dal
dolore; un bruciore
dentro che la consumava, che non riusciva a contenere dentro e che
doveva
esternarlo ad ogni costo. E così fu.
Iniziò da un’esplosione
di rami, breccia e alberi fino a colpire i loro aggressori che rimasero
uccisi
da quelle esplosioni. Una lingua di fuoco venne a circondare
l’uomo biondo, il
quale rimaneva estasiato da quella potenza di fuoco e morte. Guardava
la
ragazzina rapito, ammaliato ed avido. Egli pensò che doveva
averla a tutti i
costi.
Grindelwald iniziò ad
avanzare, a fare degli incantesimi per arginare il fuoco, ma non aveva
messo in
conto un fatto. Un mago, che conosceva molto bene, sopraggiunse vicino
alla
ragazza, proteggendo lei e se stesso da quella devastazione e portando
via con
sé la sua preda.