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Autore: Esmeralda91    12/12/2018    0 recensioni
Cassandra lo guardò disgustata, proprio quello sguardo che Abraxas non voleva assolutamente vedere nei suoi splendidi occhi. Egli si voltò immediatamente e fece per andarsene via, quando fu raggiunto dalle sue parole: «Sei un codardo, un vile bastardo, avrei dovuto dare ascolto ai miei amici quando mi mettevano in guardia da te, ti odio, non ti perdonerò mai. Mi hai sentito?» urlò disperata, piangendo.
Non poteva tornare più indietro, Lui non glie l’avrebbe mai concesso. E non è che gli si poteva dire più di una volta di no. Abraxas si portò macchinalmente la mano alla gola, l’inquietudine glie la occludeva. Che cosa voleva Lui da lei?
Lui. Non faceva mai nulla per nulla, non gli aveva mai visto provare sentimenti anche solo lontanamente paragonabili ad essere umani. Forse era interessato al suo potere, era l’unica spiegazione plausibile.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abraxas Malfoy, Altro personaggio, Evan Rosier, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Capitolo 1

Capitolo 1

 

 

 

 

 

 

Cassandra Barone lasciò la cucina fresca con le pareti a stucco e uscì nel giardino davanti casa. In quella calda mattina d’estate, nella sua casa di campagna in Toscana, tutto era in fiore. Le lenzuola candide e bianche svolazzavano nella brezza estiva e le rose germogliavano lungo il sentiero che portava nel loro giardino. Una coppia di api operose ronzava tra i fiori; Cassandra chiuse gli occhi e respirò piano il profumo d’estate, sorridendo felice. In lontananza, ella vide la sorellina più piccola, Sophie, correre come un treno in corsa verso di lei e l’ingresso della loro casa.
Cassandra le sorrise dolce.
I capelli biondi e boccolosi della sorella, così diversi dai suoi capelli color nero corvino, si muovevano dappertutto intorno al viso paffuto della sua sorellina più piccola di tre anni. Cassandra aveva appena compiuto undici anni e, nonostante mostrasse ancora un fisico acerbo, era di una bellezza fuori dal comune. La sua pelle diafana contrastava con i suoi capelli così ricci e scuri; mentre i suoi occhi, rispecchiavano la profondità del cielo e le sue labbra, rosse come il sangue, erano atteggiate ad un sorriso amorevole, verso la sorellina minore.
«Cassy perché non vieni fuori a giocare, è bellissimo» esclamò Sophie, prendendo Cassandra per le braccia. Ella andò verso di lei, i cappelli neri che luccicavano sotto il sole. Quella mattina aveva già lavato e sistemato tutta la cucina mentre sua madre era in città, aveva preparato il pranzo e ora era cosparsa di farina sul viso. Sophie, vedendola scoppiò a ridere divertita, togliendole la farina dal viso. Improvvisamente, un omone alto, con le spalle larghe, il volto dai lineamenti duri e un velo di barba scura, entrò trafelato in casa, chiudendo la porta di scatto. Sembrava molto spaventato.
«Padre, che succede?» chiese Cassandra spaventata. Lo vide correre impaurito verso il salone e cercare di sprangare le finestre e le porte posteriori. Cassandra le andò dietro. «Ma che sta succedendo, perché sei così spaventato?»
«Tesoro, dobbiamo partire immediatamente» rispose lui trafelato. «Prepara per te e tua sorella le cose più indispensabili. Agli indumenti di mamma, penso io.»
Cassandra annuì energicamente, senza porre ulteriori domande. Era molto obbediente con i suoi genitori e quando il padre, che di solito non perdeva mai la calma, si mostrava così spaventato, non era mai un buon segno. Corse di sopra, tenendo sua sorella per mano e arrivarono in camera loro, dove dormivano insieme, per preparare la loro valigia. Avevano poche cose da portare con loro e perciò non avrebbero perso molto tempo, pensò Cassandra.
Tutto a un tratto, si sentì un rumore terribile al piano di sotto, come se il portone di casa loro si fosse autodistrutto. Cassandra sobbalzò sul posto e guardò inorridita Sophie, la quale aveva iniziato a tremare e a piangere. Tentò di mantenere la calma e si abbassò all’altezza di Sophie, che per la sua età era ancora molto piccola. Le diede un bacio sulla guancia e le accarezzò i capelli, tentando di infonderle tranquillità.
«Sophie, ora vado al piano di sotto a vedere che sta succedendo» disse Cassandra dolcemente, continuando a toccarle dolcemente i capelli. «Tu nasconditi sotto il letto e non uscire per nessuna ragione al mondo, mi hai capito bene?» continuò lei, aspettando l’assenso della sorellina, che arrivò presto. Sophie annuì e si apprestò a nascondersi dove le aveva indicato la sorella maggiore.
Cassandre prese un respiro profondo, per riprendere la calma. Dopodiché, iniziò a camminare e ad indirizzarsi verso il piano di sotto. I suoi passi erano tremanti e il suo respiro era affannoso, di suo padre non c’era traccia, sembrava quasi come se si fosse volatilizzato. Arrivò alle scale e cominciò a scendere, chinandosi e tentando di guardare di sotto per constatare la presenza di qualcuno. «Papà?» chiese intimorita.
Lo vide.
Era sdraiato a terra privo di sensi. Tutt’intorno sembrava essere scoppiata una bomba. Sprezzante del pericolo, Cassandra corse verso il padre e si accucciò vicino a lui per tentare di svegliarlo. «Papà!!!» Lo scosse, iniziando a piangere e a dimenarsi. Ella avvertì un rumore di passi e s’immobilizzò in mezzo al salone. Oh mio Dio, sussurrò tra sé e sé la ragazza.
Cassandra iniziò a correre dietro il divano, cercando un luogo dove poter nascondersi alla vista dello sconosciuto. Il rumore di passi era sempre più vicino e ora lo avvertì di fronte ad essa fermarsi e scrutare il salone stesso. «Vieni fuori piccolina, non ti faremo nulla!» esclamò l’uomo, continuando a camminare. Ella continuò a rimanere immobile, pensando che magari, se ne sarebbe andato se non l’avesse più sentita.
«Cassandra, George?» chiamò qualcuno, sulla soglia del portone spalancato. Cassandra inorridì, era la voce della mamma. La madre continuò ad avanzare nel salone e fu raggiunta da una scarica di energia. Che diavoleria era mai questa si chiese la ragazza. Cassandra balzò fuori dal nascondiglio e in un attimo si avventò verso il loro assalitore. La preoccupazione verso la sua famiglia aveva eliminato tutta la paura.
«Lasciala stare!» urlò Cassandra, tirandogli i pugni sulla schiena. L’uomo si liberò della ragazza e si voltò verso di lei. Ella cadde a terra con un tonfo e in un attimo si sentì spacciata. Guardò terrificata quell’uomo e vide un volto trasfigurato dall’ira. Egli si avventò su Cassandra, prendendola per la giacca e la ragazza si dimenò selvaggiamente urlando, tentando di liberarsi dalla sua stretta di ferro.
«Lasciami stare!» urlò Cassandra imbestialita. Nel frattempo, la madre si era risollevata e aveva scagliato un vaso di cristallo sul malcapitato, tramortendolo.
Cassandra guardò sorpresa e impaurita prima sua madre e poi quell’uomo. Improvvisamente Lucrezia, la madre, con i suoi lunghi capelli rossi e gli occhi verdi, afferrò la figlia Cassandra per fuggire, non prima di averle chiesto di Sophie.
«Mamma, dobbiamo prendere anche papà!» esclamò tremante la ragazza, puntando i piedi per terra e indicando verso il padre. Si sentì un altro frastuono tremendo, e la madre scrutò spaventata verso il giardino, dopodiché si voltò verso di lei e le rispose: «Se non c’allontaniamo, non rimarrà più nessuno vivo. Prendo Sophie e scendo.»
Mentre Lucrezia correva di sopra, Cassandra tentò di svegliare suo padre, senza risultato. La madre fu subito di sotto, con la sua sorellina in braccio. «Mamma, non possiamo lasciare qui papà.»
Lucrezia l’afferrò e corsero fuori, mentre rispondeva: «Devo proteggervi ad ogni costo, sapevo che sarebbe successo prima o poi.»
Cassandra la guardò interrogativa, ma successivamente lasciò perdere, pensando solo a seguire sua madre e la sua sorellina. Iniziarono a correre verso la foresta, adiacente alla loro casa di campagna. Il loro passo furioso era seguito dal rumore di calpestìo delle foglie.
Non c’era nessun rumore, nessun odore. La foresta era immersa nel silenzio assoluto e tutto era immobile, però una strana tensione sembrava aleggiare tra gli alberi. Era tensione umana di quelle che accompagnano un senso d’eccitazione e di pericolo. Anche se non riusciva a vederli, né a sentirli, qualcosa dentro di sé poteva percepire la loro presenza.
Qualche strana sensazione iniziò a crescerle dentro, come una vibrazione della sua mente, una vibrazione nell’aria che conosceva troppo e bene e che le arrivava quando era spaventata, arrabbiata oppure particolarmente provata. Non si era mai riuscita a spiegare l’origine di quella malattia, né erano riusciti i medici o i suoi genitori a capirlo. Ma lo avvertiva.
Erano sotto la sua collina, alla loro sinistra. Non molto vicini, ma quanto bastava perché potessero raggiungerle. S’inerpicarono in un promontorio e si spinsero tra le felci, mentre Sophie piangeva disperata.
Rami e fronde sferzarono il suo corpo e le graffiarono il viso, le labbra. Desiderò di aver indossato un maglione, preferibilmente uno scuro, cosicché il suo vestitino a fiori non avrebbe segnalato la loro presenza. Ripresero a correre fino a scendere da un’altra collina. Sentivano dietro di loro i passi concitati e le loro risate divertite.
Cassandra si asciugò la fronte madida di sudore, mentre con lo sguardo cercava qualsiasi appiglio con cui far fronte a quella situazione. Percepì la loro presenza ancora più vicina e tutto ad un tratto, si materializzò, letteralmente, un uomo biondo di fronte a sé. Ella, sua madre e sua sorella s’immobilizzarono spaventate da quell’apparizione improvvisa.
L’uomo s’inchinò profondamente, prima di iniziare a parlare con voce composta e apparentemente educata. «Signorina Cassandra Barone, vero?» domandò quest’uomo, l’occhio di vetro che luccicava. «Piacere di conoscerla, immagino che questa sia la sua famiglia.»
«Cassandra chi è quest’uomo?» chiese Lucrezia, alla figlia maggiore.
«Non ne ho idea madre.» Cassandra era immobilizzata, senza via di fuga e senza possibilità di poter proteggere la sua famiglia. «Vi prego, lasciate stare mia madre e mia sorella. Se volete me, fatele andare via.»
«Ma che dici Cassandra» replicò Lucrezia. «Non ti lascerò mai da sola qui, con questi esseri.»
«Maghi signora» ribatté quell’uomo, con un sorriso astuto tatuato sulle labbra. «E lo è anche sua figlia. Ha già ricevuto la sua prima lettera dalla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts?» chiese quell’uomo, con una beffarda ironia.
Cassandra sbarrò gli occhi incredula. «Che cosa…» sussurrò sorpresa la ragazza, pensando a tutte le volte in cui succedeva qualcosa di strano che non riusciva a spiegarsi.
Successe tutto in un minuto.
La madre estrasse una pistola, che finora aveva tenuto nascosta nella giacca. Cassandra urlò spaventata, mentre Sophie abbracciava forte Lucrezia. Un lampo di luce verde scattò da un bastoncino che colpì Lucrezia, lasciandola tramortita a terra con occhi sbarrati, insieme a Sophie, ormai divenuta silenziosa e immobile.
Cassandra non comprese più nulla, non riusciva più a capire né dove si trovasse, né cosa stesse accadendo. Il tempo si fermò, lei si estraniò da quel luogo di morte.
L’ultima cosa che vide prima di scatenare l’inferno sulla terra furono gli occhi sbarrati, dai quali traspariva l’orrore, riversi verso il cielo di sua madre.
Improvvisamente, ella iniziò a urlare arrabbiata, disperata, tramortita dal dolore; un bruciore dentro che la consumava, che non riusciva a contenere dentro e che doveva esternarlo ad ogni costo. E così fu.
Iniziò da un’esplosione di rami, breccia e alberi fino a colpire i loro aggressori che rimasero uccisi da quelle esplosioni. Una lingua di fuoco venne a circondare l’uomo biondo, il quale rimaneva estasiato da quella potenza di fuoco e morte. Guardava la ragazzina rapito, ammaliato ed avido. Egli pensò che doveva averla a tutti i costi.
Grindelwald iniziò ad avanzare, a fare degli incantesimi per arginare il fuoco, ma non aveva messo in conto un fatto. Un mago, che conosceva molto bene, sopraggiunse vicino alla ragazza, proteggendo lei e se stesso da quella devastazione e portando via con sé la sua preda.

 

  
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