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Autore: heliodor    20/12/2018    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Mantoscuro

 
Oren marciò con passo deciso verso le stalle, seguito da Shani che faticava a mantenere il suo passo.
"Vuoi fermarti e ascoltarmi?" gli urlò dietro la ragazza.
Oren la ignorò e proseguì per la sua strada. In quel momento tutti i suoi pensieri erano rivolti al santuario in mezzo alla foresta. Se avesse potuto avrebbe abbattuto uno per uno gli alberi per farsi strada tra di essi.
Shani gli afferrò la spalla.
"Oren" esclamò.
Lui si liberò con uno strattone.
"Smettila di fare lo stupido e fermati" disse lei.
Oren si voltò, lo sguardo furente. "Non hai sentito quello che ha detto la locandiera? Sibyl era qui, proprio in questa foresta."
"E tu hai sentito la parte in cui ti ha detto che è morta?"
"Sibyl non è morta" rispose Oren ostinato.
"È stata seppellita viva."
"Sarà uscita. In qualche modo."
"Come? Attraversando rocce e terreno?"
"Lei conosce degli incantesimi" disse Oren ricordando quello che era successo a Valonde la notte che erano stati rapiti da Roge e poi a Vanoria. "Non è facile rinchiuderla in qualche posto."
"Se fosse come dici, perché non sarebbe tornata dai suoi amici Alfar? Perché questi andrebbero in giro dicendo che è morta?"
Oren non ci aveva pensato e in quel momento non gli importava molto. "Glielo chiederò quando li troverò." Si diresse alla sua cavalcatura.
Shani gli sbarrò il passo. "Gli alfar sono selvaggi. Se entri nel loro territorio ti uccideranno."
"Sibyl l'ha fatto e non le è successo niente."
Shani rise. "È solo morta."
"Levati di mezzo" disse Oren allontanandola.
Shani puntò i piedi. "Perché non vuoi ascoltarmi, stupido testone? La tua amica è morta. E se andrai a cercarla, morirai anche tu."
Oren portò il cavallo fuori dalla stalla. "Non sei obbligata a venire se non vuoi. Le nostre strade si dividono qui."
"Non ti lascio andare da solo" disse Shani correndo verso la stalla.
Oren lottò per non partire subito al galoppo. Una parte di sé voleva tenere Shani fuori da quella storia e lontana dai pericoli. Un'altra parte invece desiderava che lo seguisse.
Attese che lei sellasse il suo cavallo e lo raggiungesse. "Hai almeno idea di dove andare?"
"La locandiera ha detto che il territorio degli Alfar inizia quasi un miglio dentro la foresta e che se ci teniamo sul sentiero non ci disturberanno."
Shani scosse la testa. "Immagino che tu voglia fare l'esatto contrario, vero?"
Oren face schioccare le redini.
 
Due miglia dopo lasciarono il sentiero e si addentrarono nella foresta. Per un miglio procedettero senza problemi, ma a un certo punto la vegetazione divenne così fitta da costringerli ad abbandonare i cavalli.
Li legarono a un albero.
"Shani accarezzò la testa del suo. "Spero di rivederlo."
"Andiamo" disse Oren con tono deciso.
Procedettero per mezzo miglio alla cieca, aggirandosi per sentieri poco battuti a stento visibili.
Shani camminava con gli occhi rivolti agli alberi imponenti che delimitavano la foresta in quel punto.
"Mai viste piante così enormi" disse appoggiando la mano sulla corteccia.
In lontananza udirono il richiamo di un animale, seguito da un fischio prolungato. Poi il silenzio per un'altra ora, durante la quale girarono attorno a una collina.
"Se saliamo in cima, potremo guardare più lontano" suggerì Oren.
Shani si immobilizzò.
"Che c'è?" chiese.
"Qualcuno ci sta seguendo" disse la ragazza poggiando la mano sull'elsa della spada.
Oren fece per aprire la bocca, ma la richiuse subito.
"Se fossi in te" disse una voce proveniente dall'alto. "Non lo farei."
Oren fece scattare la testa verso l'alto. Sopra di lui vide solo le chiome degli alberi.
Shani aveva ancora la mano appoggiata all'elsa della spada. Il suo viso era contratto, il corpo piegato in avanti. Sembrava sul punto di scattare.
"Non ci senti o non capisci la mia lingua?" ripeté la voce. "Togli la mano da quella spada o te la stacco."
Shani socchiuse gli occhi. Con un movimento fluido estrasse la spada corta dal fodero e ruotò il polso.
Qualcosa sibilò nell'aria. La ragazza ruotò il busto ed eseguì un rapido movimento con il braccio a fendere l'aria in un punto davanti al suo petto. Quindi ruotò su se stessa e ripeté il movimento.
Qualcosa cadde al suolo nell'erba alta.
Quando guardò meglio, Oren vide due frecce tagliate a metà.
"Cosa?" disse.
"Zitto. Mi distrai" disse Shani. Senza attendere oltre si gettò tra gli alberi con un singolo balzo.
Oren la vide sparire tra gli arbusti. Questo bastò a scuoterlo. Si gettò dietro un albero, accucciandosi.
Da lontano udì il fruscio delle foglie che venivano smosse. Colse altri due sibili attutiti prima che calasse il silenzio.
Stava per rimettersi in piedi quando una mano gli toccò la spalla.
Si voltò di scatto, pronto a prendere la spada.
Era Shani.
La ragazza respirava a fatica e aveva un taglio profondo alla spalla destra.
"Sei ferita" disse Oren.
"Alzati. L'ho messo in fuga ma non so ancor per quanto sarà sicuro qui."
"Chi era?"
"Un alfar, credo. Ma non l'ho visto da vicino. Per il drago celeste, non so nemmeno se l'ho colpito. Mi sembrava di combattere contro un fantasma."
Oren la seguì riluttante. "Devo ancora trovare il santuario" disse rallentando il passo.
Shani si voltò fissandolo con severità. "Non ti basta ancora? Vuoi che ti uccidano?"
"Forse non ci avrebbe uccisi se tu non lo avessi attaccato."
"È stato quell'alfar a tirarmi due frecce."
"Perché tu hai estratto la spada. Se tu non..."
Una freccia si piantò davanti ai suoi piedi. Oren balzò all'indietro.
Shani estrasse la spada corta. "È tornato. Non vuole farci andare via."
Qualcosa si mosse tra le fronde degli alberi.
"Chi siete? E che cosa volete?"
"Sei tu che mi hai tirato quelle frecce?" chiese Shani.
"Faccio io le domande" disse una seconda voce, femminile.
"Ci siamo persi" disse Shani.
"Non è vero" rispose la voce. "Vi abbiamo seguiti dalla locanda."
Sapevano che stavamo andando da loro, si disse Oren.
"Avete perlato con Lotthe" disse la prima voce. "Lo sappiamo."
Hanno delle spie, si disse Oren. O forse è stata proprio la locandiera ad avvertirli che due stranieri avevano fatto delle domande su di loro. Siamo stati proprio degli stupidi. Io sono uno stupido.
"Perché non vi fate vedere?" chiese Shani.
"Se non ci dite chi siete e cosa cercate, non vi lasceremo tornare indietro" disse la voce femminile.
Non si sta mettendo bene, pensò Oren.
"Stiamo cercando la Strega Rossa" disse a voce alta.
Shani gli rivolse un'occhiataccia ma lui le fece un cenno con la mano.
"Non è più qui" disse la voce.
"Lo so" rispose Oren. "Me l'hanno detto. Speravo di scoprire dov'è andata."
"Non credo che tu voglia seguirla" disse la voce. "Ora è con la Dea."
"Sibyl non è morta" esclamò Oren. "Io so per certo che ha trovato un modo per scappare."
"Come conosci il suo nome?" chiese la voce.
"È mia amica. Mi ha salvato la vita."
Silenzio, poi la voce femminile disse: "Come ti chiami?"
"Oren" rispose. "E sono venuto da Valonde per ritrovarla."
Qualcosa si mosse tra le fronde degli alberi. Prima un'ombra atterrà a una decina di passi da loro.
Vista da vicino sembrava un cespuglio dotato di braccia e gambe. Poi Oren riconobbe un viso tra le foglie e capì che erano cucite su di un vestito.
La ragazza aveva lunghi capelli biondi e la pelle chiara. Legata al braccio sinistro spiccava una benda rossa.
Era stata ferita, si chiese.
La ragazza si avvicinò con cautela. "Così tu sei Oren" disse.
Lui annuì. "Mi conosci?"
"Non di persona, ma sei piuttosto famoso. Io sono Leyra."
Famoso? Si chiese Oren.
"Se vuoi seguirmi, ti porterò al santuario" disse Leyra. "O almeno a ciò che ne resta, così vedrai con i tuoi occhi che cosa è successo a Sibyl."
 
Oren sentì le gambe cedere quando calpestò il terreno smosso e brullo. Tutto intorno c'erano ancora i segni della battaglia che si era combattuta un paio di lune prima.
Alberi spezzati, crateri che solo adesso si stavano riempiendo di erba, intere zone annerite dagli incendi che erano divampati dopo lo scontro.
"Ci sono voluti sei giorni per domare l'incendio" disse Leyra.
Accanto a lei erano arrivati due ragazzi che si somigliavano. Uno era abbigliato come un alfar con una lunga tunica marrone, l'altro indossava camicia e pantaloni.
"È davvero lui?" chiese il secondo a Leyra.
La ragazza annuì grave.
"Io sono Thali" disse il ragazzo alfar. "E lui è mio fratello Zefyr."
"Mi dispiace per la tue perdita, Oren" disse Zefyr.
"Sibyl non è morta" disse Oren indicando il santuario. "Aveva un incantesimo col quale poteva trasportarsi altrove."
"Si chiama richiamo" disse Thali. "So come funziona. Nel santuario non avrebbe potuto usarlo."
"Non è morta" ripeté Oren.
Leyra gli poggiò una mano sulla spalla. "So come ti senti. Sibyl mi parlò di te."
Oren la guardò stupita.
"Disse che era venuta fin lì per salvarti. Rancey ti aveva maledetto."
"È successo a Valonde" spiegò Oren. "Durante il matrimonio della principessa Joyce. Ho cercato di salvarla e ho fallito. E adesso, Sibyl ha fatto questo per me."
Si sentì afferrare dalla disperazione. Voleva piangere e urlare contro gli alfar, rimproverandoli di non ave scavato con tutte le loro forze per tirarla fuori di lì e darle una degna sepoltura.
"Adesso riposa con la Dea" disse Thali. "È in un posto migliore di questo."
Oren notò che anche i due fratelli portavano una benda rossa legata al braccio. E con essi gli altri alfar che erano nel frattempo arrivati. Alcuni di loro depositarono dei fiori su ciò che restava del santuario e recitarono una preghiera prima di andarsene.
"Mi dispiace così tanto" disse Oren. "È stata tutta colpa mia."
"Lei ha scelto di farlo" disse Leyra. "Sibyl voleva salvarti con tutte le sue forze."
Oren annuì.
Zefyr si avvicinò. "Dove hai preso quella spada?"
La domanda lo colse di sorpresa. "Mi è stata donata" disse Oren.
"Da chi?"
"Da un amico" disse con sospetto.
"Posso vederla?" chiese l'altro fratello, Thali, con tono più gentile.
Oren la estrasse dal fodero e gliela porse.
Thali la soppesò nella mano e diede una rapida occhiata all'elsa. "È proprio una lama d'argento. E di ottima fattura."
"Dove l'hai trovata? L'hai comprata?" chiese Zefyr con insistenza.
"Ti ho già detto che mi è stata regalata da un amico." Era stato Vyncent a donargliela per aver protetto la principessa Joyce.
"Zefyr" fece Leyra. "Che succede?"
"È una lama d'argento" disse il ragazzo. "Il suo proprietario non se ne sarebbe mai separato, a meno che non fosse morto."
"Le lame d'argento non si vendono e non si donano" disse Thali. Ridiede la spada a Oren. "Sai almeno a chi è appartenuta?"
Oren valutò se fosse il caso di dirglielo. "Era di una brava persona, se è questo che vuoi dire."
"Non parlo di chi te l'ha data, ma del suo vero proprietario" disse Thali. "Ogni lama porta impresso il blasone della persona che la possiede."
Oren si strinse nelle spalle. "Non ne so niente."
Thali annuì. "Quella che hai apparteneva a Erik di Londolin."
"Erik Mantoscuro" esclamò Zefyr. "Mi era sembrato di avvertire qualcosa stringendola tra le mani."
"Cos'ha di così speciale?" chiese Oren.
"Niente" disse Thali. "Il metallo di cui è fatta è comune e la sua forgiatura pure. Ma l'uomo a cui appartiene è uno dei comandanti supremi delle lame d'argento. E non sarebbe contento di scoprire che la sua arma è finita nelle mani di un esterno. Perciò, se mai dovessi incontrare una lama d'argento, ti consiglio di pensarci due volte prima di fargli vedere quella spada o potresti ritrovarti nei guai."

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