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Autore: BlueButterfly93    06/01/2019    2 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
-
Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
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Capitolo 35

Arrivederci Castiel






🎶 Sia - Helium 🎶

Ci sto provando, ma continuo a cadere giù

Piango, ma non escono fuori lacrime

Sto dando il mio tutto e so che verrà la pace

Non ho mai voluto aver bisogno di qualcuno, ho voluto giocare duro

Credevo che potessi fare tutto da sola..

Ma anche Superwoman alcune volte ha bisogno dell'anima di Superman

Aiutami ad uscire da questo inferno.

Quando ho colpito il terreno

Tu sei tutto quello di cui ho bisogno

E se tu mi lasci andare io fluttuerò verso il sole.

Ma quando la paura arriva, io vado alla deriva verso terra.

 

***

 

MIKI

"La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia".

Gandhi aveva ragione. 

D'altronde... Come potevo attendere che il temporale terminasse se la mia vita continuava ad essere peggio del tempo atmosferico di Londra? Come potevo crogiolarmi nel dolore tutte le volte in cui ero stata messa ad un bivio? Da sempre, le vicende accadute mi avevano posto davanti a due scelte: lasciarmi cadere o agguantare più forza possibile e provare a sconfiggere le negatività. Io avevo sempre scelto la seconda via; la più tortuosa, vero, la più faticosa perché in salita, verissimo, nondimeno proseguivo con determinazione e convinta che una volta giunta in cima il panorama sarebbe stato fantastico. Ancora non avevo raggiunto la fine del percorso, eppure neanche una volta avevo gettato la spugna. La paura di cadere, le tentazioni di gettarmi da quell'altezza spropositata si protraevano, eppure ero sicura che ce l'avrei fatta a superare ogni avversità. 

Allo stesso modo avrei agito quel brutto giorno di fine Gennaio. 

Ambra era incinta.

Il bambino era di Castiel. 

L'urgenza di urlare -in un primo momento- si fece sempre più pressante e fu quando mi resi conto di trovarmi ancora nel corridoio del Dolce Amoris che valutai come scelta ovvia quella di trattenermi. Optai però -in un secondo momento- di scappare da quel liceo a gambe levate, e fu quello che feci. 

Avrei dovuto partecipare all'attività del club di musica quel pomeriggio ma l'idea di stare nella stessa stanza con Debrah per più di due ore non risultava essere una scelta intelligente. Avrei potuto compiere un omicidio, strozzarla e poi gettarla dal terrazzo di quel maledetto liceo, sarebbe morta alla tenera età di diciassette anni, ed io sarei finita in galera. Non potevo rischiare un ergastolo. Per Debrah Duval sarebbe stato sprecato. Scossi la testa e tentai di eliminare del tutto la vena omicida. 

E poi scappai. 

Corsi con tutte le energie trattenute da anni e anni di pigrizia a poltrire sul divano, invece d'iscrivermi ad una qualsiasi attività motoria. 

Dopo essermi allontanata abbastanza da scuola e approfittando di un tratto di strada abbastanza appartato, urlai con tutto il fiato posseduto in corpo. Sembravo una matta appena evasa da un manicomio, ma poco m'importò. Non pronunciai alcuna parola, urlai e basta. Tolsi fuori tutta la frustrazione per quelle situazioni che nel giro di qualche mese mi avevano totalmente risucchiata nel vortice di nome Castiel. 

Urlai per la rabbia, per l'impotenza percepita sino all'ultimo osso del mio corpo per non poter trovare un'appianamento. Perché a tutto c'era una soluzione, vero, ma in quel caso la decisione non poteva spettare a me. 

Urlai per l'incoscienza di quei due babbei per non aver usato le precauzioni necessarie. Quando era capitato? Com'era stato? 

Urlai per me stessa, per quel pizzico di gelosia percepito anche in quel caso. 

Lessi per la milionesima volta quel biglietto che avrebbe inevitabilmente mutato la vita di tutti da quel momento in poi, e continuai ad essere incredula. 

Castiel padre. Lo avrebbe reso più maturo quel ruolo? Si sarebbe assunto ogni responsabilità o il suo carattere sarebbe peggiorato? Tanti interrogativi vorticarono nella mia mente affollata e rabbiosa. Non poteva essere vero, non poteva capitare proprio in quel periodo. Non a me. Non a noi.

E Ambra? Ambra come aveva reagito, invece? Aveva deciso d'interrompere la gravidanza o di assumersi quell'enorme responsabilità di diventare madre? Non la conoscevo così a fondo da prevedere i suoi comportamenti, ma essere genitori a sedici anni avrebbe comportato davvero troppe rinunce per una ragazza apparentemente viziata come lei. 

In un impeto d'ira acuta feci in mille pezzi quel piccolo foglio e lo lanciai al vento con la speranza che potesse riprendersi anche quel segreto. Non avevo mai sognato di possedere i superpoteri, quel giorno però per la prima volta desiderai di essere dotata del potere di tornare indietro nel tempo per permettere a Castiel di non compiere più lo stesso errore. 

Ma quella era la vita vera e non esisteva alcun super-potere in grado di mutare il corso del tempo e l'andamento dei fatti, per cui avrei dovuto accettare ogni cosa come sarebbe arrivata. 

Che bastardo però il destino, che traditrice la vita.. Donava attimi di felicità improvvisa per poi riprenderseli indietro con gli interessi, sostituendoli con attimi dolorosi, sconfortanti, in cui si voleva incolpare chiunque tranne che il reale responsabile. 

Avrei dovuto urlare contro il ragazzo dai capelli rossi, ma lui non c'era.. Lui non c'era mai.

Così urlai al vento, sperando che ovunque Castiel si trovasse, mi avrebbe sentita. Doveva avvertire, sentire, percepire quanto dolore mi stava provocando dentro, giorno dopo giorno, ferita dopo ferita. Non importava quanto forte sarei stata nel superare tutto, ancora una volta; giunti a quel punto importava solamente in che modo sarei arrivata al traguardo. Stremata, distrutta, senza più una briciola di dignità. 

"Castiel mi senti? Sto urlando, di nuovo rotta, ma tu non mi ascolti.

Castiel mi vedi? Sto cadendo al suolo, consumata, ma tu non sei qui pronto ad afferrarmi. 

E allora perché dovrei essere predisposta a proseguire verso la scalata della montagna che mi porterebbe dritta al tuo cuore? A quale pro? Quale prezzo dovrò pagare ancora prima di conquistarti? Non erano gli uomini, un tempo, a corteggiare? Perché quel ruolo ora spetta a me? Dov'è scritto che tu debba stare lì, inerme e spocchioso, stravaccato sul tuo trono fatto di fiamme d'oro, mentre attendi che sia io a fare ogni passo verso di te? Perché invece non c'incontriamo a metà strada.. Ti va? Perché non smetti di ferirmi?

Tu non ci sei mai quando ho bisogno di te. Perché dovrei continuare a giustificarti, perdonarti, farmele passare? Tanto lo so che appena ti perdono, tu mi ferirai di nuovo. 

E allora se mollassi la presa, se per una volta lasciassi a te il lavoro sporco, mi prenderesti o mi lasceresti cadere? Hai due opzioni, due scelte. Prendere o lasciare. 

Credo sia giunto il momento di scambiare i ruoli, Castiel. Io mollo la presa, tu mi afferri. Sei così forte come da totale arrogante ti definisci, o sei un codardo? Sta a te decidere in che ruolo vuoi prendere parte. Sta a te decidere quanto io sia importante nella tua vita. 

Perché per una volta io me ne starò lì ad osservare lo spettacolo dal mio trono fatto di spine.

Ti aspetto Castiel, non deludermi!" 

Rivolsi a lui quei pensieri, quelle decisioni senza che mi potesse ascoltare sul serio. Per tutto il tempo tenni il volto sollevato al cielo, attendendo un angelo che potesse fargli recapitare quel messaggio di totale importanza, ma non c'era nessuno. 

Per Micaela Rossi non c'era mai nessuno. Nè un angelo custode, né qualcuno che si prendesse cura di lei. 

Così in un attimo d'impeto e incoerenza, ripresi la mia corsa verso una meta stabilita dal mio cuore. 

Corsi per l'ultima volta verso di lui. Ma sul serio. Avrei corso l'ultima maratona, pronta a passare il testimone. Gli avrei detto ogni cosa, poi sarebbe spettata a lui la decisione finale. 

Quando giunsi davanti alla sua abitazione, trovai il cancello socchiuso e la moto parcheggiata nel giardino. Era in casa. Inevitabilmente il cuore traditore aumentò i suoi battiti, giusto per rendermi ancor di più le cose complicate. Per un attimo avevo sperato che lui non ci fosse per potergli parlare in seguito in un momento di lucidità, ma il destino -era risaputo- aveva una direzione tutta sua, non andava mai nel verso in cui si desiderava.

«Ti mancavo già? Non riesci più a stare lontana da me per più di qualche ora, ammettilo..», mi stuzzicò. Come se avesse un radar o semplicemente le telecamere in casa, aprì la porta nell'esatto momento in cui salii il primo gradino della veranda. "Che faccia tosta!" aveva persino il coraggio di scherzare dopotutto. "Un attimo! E se lui non sapesse di aver messo incinta una povera ragazza, vittima del suo fascino?"

Lo guardai di sbieco e subito -intuendo che qualcosa non andasse- tornò serio, senza ulteriori battute «Vieni, entra» mi fece segno di accomodarmi nel salotto e a malincuore lo seguii. Non potevo dare spettacolo in giardino, avrei preferito discutere di quelle questioni così delicate senza occhi o orecchie indiscrete. 

Osservai il divano e per un attimo rievocai gli eventi della notte prima, poi scossi la testa per rimuovere i pensieri. Era accaduto tutto in così poco tempo, in così pochi giorni. Debrah aveva previsto di darci il "ben tornato" dopo il ritorno dall'Italia e ci era riuscita perfettamente. 

«A cosa devo la tua visita?» si accomodò sulla poltrona, mentre io restai in piedi, sulle spine. 

«Non hai nulla da dire? Nulla da confessare?» lo spronai tentando di capire se lui sapesse o meno qualcosa. Ma a giudicare dall'espressione confusa che assunse, intuii fosse ignaro di ogni cosa. «Bene.. Debrah ha lasciato il lavoro sporco a me; dovevo immaginarlo!» scossi la testa e risi amareggiata. 

«Cosa c'entra Debrah, ora? Ti ha importunata a scuola? Ti ha minacciata? Stai bene?» si sporse verso di me, guardingo e quasi preoccupato. Mi fece tenerezza quel suo modo di rispondere. Forse un po' mi voleva bene, dopotutto. 

«No, anzi.. Direi che più che altro mi ha aperto gli occhi», non mi feci abbindolare, nonostante avessi adorato quella sua reazione. Non seppi da dove usciva quella mia calma apparente soprattutto dopo la reazione iniziale avuta. Evidentemente urlare e metabolizzare prima di vederlo, mi aveva aiutata. 

«Non girarci intorno!» s'infastidì. Sapevo quanto odiasse il tergiversare, ed ovviamente lo avevo infastidito un po' per quel motivo.

«Oh certo, perché a te non piace girarci intorno. A te piace fare centro. Be' direi che però.. per una volta sarebbe stato meglio tirarlo fuori prima di centrare l'obiettivo; ma ormai ciò che è fatto, è fatto. Non si può avere tutto dalla vita, giusto Castiel?!» allusi al fatto di aver ingravidato Ambra a causa del suo "centro", ma ovviamente lui non poté afferrare il doppio senso. 

Si alzò di scatto dal divano e ponendosi difronte a me, mi scrollò le spalle «Mi spieghi che cazzo stai dicendo? Ti hanno drogata? Hai bevuto?» corrugò le sopracciglia e mi guardò dritto negli occhi per fiutare se stessi realmente bene o meno. Ciò che però lui non comprendeva era che fossi rotta dentro, non fuori. Quel genere di dolori sono invisibili ad occhio umano.

«Tu, piuttosto dovresti dirmi se eri ubriaco o drogato quando hai fatto centro dentro di lei!» tolsi malamente le sue mani dalle spalle e feci un passo indietro. Lui non si mosse, restò ad osservarmi tentando di azionare il cervello, ma era impossibile cercare di far operare un aggeggio che non si possedeva proprio. Perché la sua testa era vuota.

«Non dirmi che...» lasciò il discorso in sospeso per un attimo «Non dirmi che solo perché abbiamo fatto quello che abbiamo fatto, tu ora pensi di avere esclusive su di me. Non pretenderlo Miki, non pensarci proprio. Stai avendo le stesse pretese di Ambra.. Ma io ti reputo più intelligente di lei. Ho fatto centro in talmente tanti buchi da non riuscirli neanche più a contare. Quindi?! Dove sta il problema?» s'irritò. Aveva afferrato concetti del tutto inesatti, mi aveva addirittura quasi offesa e si permise addirittura d'irritarsi. "Che bravo!"

"Che faccia di cazzo!"

Mi avvicinai minacciosa a lui e lo picchiai sul petto, sperai di provocargli almeno la metà della sofferenza che lui stava provocando in me anche solo con la sua vicinanza «Vuoi sapere dov'è il problema, eh Castiel? Vuoi saperlo davvero? C'è che sei un cretino. Hai messo incinta Ambra, brutto coglione senza cervello, troglodita che non sei altro!» finii per sganciare dei veri e propri pugni sul suo torso insieme alla notizia bomba. Anzi, oserei definirla piuttosto: notizia dell'anno. A breve, quasi sicuramente ogni essere umano di Parigi avrebbe appreso quel fatto.

Tutta la collera trattenuta per un'ora esplose lì in un secondo, su di lui. Se la meritava tutta. 

«Cosa vuol dire? Che stai dicendo? Chi te lo ha detto? Non è vero.. N-noi.. Io e Ambra è da Dicembre che non...» lessi panico nei suoi occhi quando li strabuzzò, incredulo. 

«Vuoi un disegnino, Castiel? Sai bene come si fanno i bambini. Non esiste solo il divertimento. Sei stato un incosciente del cazzo a non usare il profilattico. Un totale imbecille!» avevo solo insulti per lui. Non potevo descriverlo con altri aggettivi.

«Io l'ho sempre messo.. Cristo! Vuoi vedere che è stato il 24 Dicembre quando...» stava riflettendo ad alta voce, il suo sguardo si fece assente «Tu eri con quel damerino del cazzo ed io nel vederti con lui... Dio dentro i bagni, io-» sapevo bene purtroppo cosa stava farneticando. Quella sera, al ballo di Natale, io e Rose avevamo sentito persino i versi provenire da quel bagno. 

Di bene in meglio; avevo assistito addirittura al concepimento. Avrei tanto desiderato sbattere la testa contro un muro e dimenticarmi ogni cosa.

«Avevo ricevuto un messaggio prima di partire per Roma, ma... pensavo si trattasse di uno scherzo e.. poi non ci ho più pensato. Dio, che cretino!» si portò le mani sulla testa in segno di disperazione e prese a girare per tutta la stanza. Aveva recepito benissimo la notizia.

«Già, la prima cosa sensata che hai detto oggi: sei un cretino. Il peggior cretino esistente sulla faccia della terra», talmente era scioccato non mi corresse come al suo solito, non m'insultò di risposta. I primi cambiamenti erano tangibili. Nulla sarebbe più stato come un tempo. «Quindi... Pensi sia tutto vero?» per un attimo tentai di credere fosse l'ennesimo giochetto di Debrah, ma forse sarebbe stato meglio non illudersi.

Si voltò verso di me, colpito da un'illuminazione e quasi saltò dalla gioia. Aveva un appiglio diverso a cui aggrapparsi, era legittima la sua reazione. «Devo chiamare Ambra. Devo sapere. Lei.. Forse non è vero, hai ragione sì. Dev'essere l'ennesimo colpo basso di Debrah, per forza!» in un baleno afferrò il telefono poggiato su un mobiletto e compose il numero di Ambra. 

Sebbene non lo diedi a vedere all'esterno, ero preoccupata. Molto. 

Ma Ambra aveva cambiato addirittura numero telefonico. Una voce metallica l'informò che il numero selezionato non era attivo. Di male in peggio. 

«Oggi Nath ha avvertito i professori che Ambra è partita per qualche giorno. Lui deve sapere qualcosa, no? O nel caso in cui non lo sapesse, tanto piacere. Prima o poi verrà a saperlo in un modo o nell'altro, le voci al Dolce Amoris circolano velocemente!» gli diedi uno spunto, l'ultimo aiuto prima di salutarlo e allontanarmi da quella casa.

«Oh sì.. Sebbene mi costi caro chiedere aiuto a lui, è l'unico modo per capirci qualcosa in più. Mi mandi un messaggio, o mi chiami quando saprai qualcosa dopo avergli parlato?» come volevasi dimostrare. Porse ogni genere di fiducia nelle mani della sottoscritta, pronto ad accomodarsi sul suo trono fiammante. Pronto a guardare dall'alto, mentre qualcuno al posto suo faceva il lavoro sporco. Ma evidentemente aveva fatto male i conti, quella volta. Evidentemente aveva bisogno di un paio di chiarimenti.

«Io non chiederò un bel niente a nessuno, Castiel. Questa volta te la sbrigherai da solo. Non m'importa se tu e Nathaniel non vi rivolgete la parola da anni, non m'importa se dici di aver bisogno di me o che mi trovi bellissima. Non attacca più con me!» gesticolai guardandolo torva. 

Dopo le mie parole bloccò la sua camminata e mi rivolse uno sguardo indecifrabile.

«Cosa vuol dire? Mi abbandoni proprio ora, in una situazione del genere? Che ipocrita!» schioccò la lingua al palato.

«Proprio ora? Con te è sempre: un "proprio ora". Continui ad infilarti in guai più grandi di te con le tue stesse mani, continui a pretendere da me, mentre io non ricevo nulla in cambio. Non ti ho mai chiesto niente, ma.. vorrei anch'io sentirmi corteggiata, desiderata, apprezzata. E poi.. appena decido di andare oltre il tuo sbaglio, tu ne commetti un altro. Non ho avuto neanche il tempo di respirare, di accettare ciò che avevi fatto che subito ecco un altro problema.» gli rivolsi frasi sconnesse sperando però che ne avesse ugualmente compreso il significato.

«Perché finiamo sempre per fare il solito discorso, Miki? Sapevi dall'inizio come sarebbero andate le cose, tu stessa hai detto di non voler mollare ciò che c'è tra noi sebbene ti avessi chiesto di farlo. E adesso cosa pretendi? Che ti chieda scusa, per cosa esattamente? Per aver messo incinta una tizia involontariamente quando tu eri andata alla festa con un altro?»

«Ah! Adesso la colpa sarebbe mia per essere andata al ballo con un altro? Volevi essere tu il mio accompagnatore, per caso? No, perché io neanche sapevo fossi interessato all'epoca, sai com'è?! Sei sempre stato un libro aperto..» sollevai braccia e spalle incredula. 

«Ti sembro tipo da invitare una ragazza ad un insulso ballo romantico del cazzo?»

«Non sia mai.. Castiel Black che invita una ragazza ad un ballo?! Mai nella vita!» lo scimmiottai sempre più nervosa. «E quindi, cosa cazzo vuoi esattamente? Perché hai tirato fuori il fatto che io ero con un altro?» provai a capire la sua pretesa nei miei confronti. 

«Stiamo discutendo su una cosa accaduta due mesi fa, incredibile!» aveva sviato il discorso per evitare di rispondere. 

«Sei tu a lanciarmi frecciatine, non è colpa mia!»

«Certo!»

«Certo!» lo imitai. Chiusi ogni tipo di dialogo. Non avevo intenzione di corrergli dietro.  

«Okay, credo ci siamo detti tutto. Adesso io vado..» mi avvicinai alla porta d'uscita, ma lui mi seguì sfiorandomi un braccio. Rabbrividii e sussultai a causa del suo tocco; lui se ne accorse, io me ne accorsi. 

«Non andare... Sai che io da solo sono un disastro. Non puoi decidere di allontanarti così, io- noi.. ecco, possiamo bisticciare o punzecchiarci quanto vuoi, ma... ho sempre bisogno di te!» dopo quelle suppliche chiusi gli occhi per provare a trovare la forza necessaria per fare ciò che avrei dovuto. Dovevo farlo per lui, per noi, per un ipotetico futuro insieme, continuai a ripetermi.

«Hai bisogno di me per necessità, per farmi svolgere un compito. Non perché vuoi stare con me, o perché vuoi prenderti cura di me. E so di sembrare contraddittoria dopo ciò che ti ho detto in ospedale ieri, ma un giorno capirai i motivi di questa mia scelta, lo spero e m'illudo di crederci...» non lo guardai negli occhi, altrimenti sarebbe stata la fine. «Però ora.. sono stanca di dare soltanto. Sono vuota, scarica a furia di stare dietro a te e ai tuoi problemi. Quando ti renderai conto realmente di ciò che hai perso o potresti perdere.. Quando farai un po' di pace dentro e fuori di te, saprai dove trovarmi. Arrivederci Castiel!» mi voltai e senza concedergli possibilità di replica abbandonai quella casa. 

Quella volta nessuno mi avrebbe preso e trascinato di forza a salire su una moto, nessuno avrebbe provocato scintille dentro di me, o sensazioni proibite. E sapevo, sapevo bene di averlo giurato a me stessa un milione di volte di stargli lontano, e sapevo anche che poi non avevo mai mantenuto quella promessa. Ma quella volta avrei fatto sul serio. Qualcosa si era rotto dentro di me. Il filo sottile che ci legava si era affinato ogni giorno di più a causa delle sue menzogne, dei nostri litigi, dei nostri tira e molla. A furia di trainare lui e i suoi mille demoni la corda si era spezzata. E sarebbe spettata a lui la mossa successiva. Imparare a fare il nodo come i marinai o lasciare quella corda spezzata? 

Rientrai a casa con un altro pezzo di cuore graffiato, non si era ancora staccato del tutto, era solamente lesionato. Perché dentro di me covai la speranza che lui avesse letto tra le righe, che grazie al mio allontanamento avrebbe finalmente capito di aver bisogno di me nella sua vita, non come scaccia-guai o problemi, ma come qualcosa di più. E sapevo di averlo messo alla prova in un momento delicato, forse del tutto sbagliato. Ma noi avevamo mai osservato il tempismo? Il nostro tempo era imperfetto, un po' come noi. Due cuori rotti. 

E per una volta io sarei stata a guardare i suoi pasticci da fuori, stando accanto a lui ma in un modo alternativo; in silenzio, lontana fisicamente ma vicina e -sperai- dentro al suo cuore. 


***

«Come puoi pretendere un anticipo su quello che sarà il tuo lavoro tra un mese? Sei fuori di testa!» 

L'orologio digitale elegante e da scrivania segnava le venti e quaranta. 

Ero accomodata su una delle poltrone comode nell'ufficio di Rabanne, mentre lui stava avendo una discussione telefonica piuttosto accesa. Ero leggermente a disagio. Cercai di mostrarmi disinteressata osservando l'ambiente circostante e tentando di non origliare la conversazione, mi fu difficile. Non avevo idea del motivo per il quale -lo stilista- mi avesse permesso di entrare nel suo studio mentre era impegnato in altro. Era forse un motivo in più per mettermi alla prova? Per capire se fossi o meno una ficcanaso? Rabanne non lasciava nulla al caso, ogni sua mossa era studiata nel dettaglio. Anche quella doveva esserlo. 

«Non me ne può importare un cappero del tuo cane, per quanto mi riguarda può morire anche subito!» rare volte lo avevo sentito dialogare con qualcuno in un modo così informale. Doveva conoscere bene il destinatario delle sue maledizioni. Più i minuti passavano e più Rabanne mostrava collera sia nella voce che nell'espressione. Era dal lato opposto della scrivania, difronte a me, leggermente arrossito in volto a causa della rabbia che l'interlocutore gli stava trasmettendo. 

Le parole "cane", "anticipo", "morire", mi fecero drizzare le antenne e sussultai lievemente. Sperai non se ne fosse accorto. Era stata una coincidenza? 

«Posso benissimo sostituirti con Francois, per quanto mi riguarda. Non ci sarebbe abbastanza alchimia, ma non mi lasci altra scelta..» sgranai gli occhi e deglutii rumorosamente. 

Il nome di Ciak e il contesto della frase non potevano essere un ulteriore convergenza. 

«Bene. Era proprio ciò che volevo sentirti dire, arrivederci Black!» Rabanne chiuse la chiamata e lanciò il suo iPhone dall'altro lato della scrivania accompagnato da un sospiro rumoroso.

Cosa? Come? Quando? Perché? Maledizione! Castiel era stato per tutto il tempo l'interlocutore di quella chiamata ed io non avevo prestato la degna attenzione. 

Cercai di non mostrare coinvolgimento alcuno per le parole appena udite uscire dalla bocca rugosa di Rabanne, cercai di tenere a bada la mia curiosità di donna, il mio istinto da paladina e per non commettere passi falsi non emisi neanche un suono. Con la schiena dritta, il volto imperturbabile, fissai lo stilista in attesa che fosse lui a parlare per primo. 

«Finirete mai di farmi penare?!» apparì quasi esausto e si toccò il ponte del naso socchiudendo gli occhi.

«Non so a cosa si stia riferendo», replicai seria e composta. 

«Signorina Mikì, mi vuole far credere che lei non ha ascoltato neanche una parola della conversazione? Le sembro un inetto, per caso?» mi scrutò con un mezzo sorriso. Ma non era esausto e super adirato fino a cinque secondi prima?

«No, cer-» non mi permise di concludere che subito prese parola 

«Vuole sapere cosa mi ha chiesto il suo amico?» storsi il naso davanti a quel termine finale. «Pretende un anticipo di tutta la somma d'incarichi che otterrà in un mese, per operare il suo dannato cane. Le cure sono costate più del previsto per la degenza in una clinica specializzata. Ma cosa vuole che me ne importi?» di pietra e crudele. Ecco cosa era lo stilista. 

«Di che somma si parla oltre al compenso del nostro ingaggio che gli ho già ceduto?»

«Mille euro».

«Gli dica che ha cambiato idea, che ha deciso di anticipare la somma!» 

Non me ne sarei pentita, lo stavo facendo per una buona causa. 

«Per quanto apprezzi la sua temerarietà: lei non si trova nella posizione d'imporre ordini, signorina Mikì.»

«Lei deve solo fare da portavoce. I soldi li anticipo io, me li restituirà una volta concluso l'ingaggio» mi guardò incredulo dopo la mia proposta.

«Di nuovo? Si sta sacrificando di nuovo per lui?» per un attimo abbandonò la serietà che da sempre lo contraddistingueva «Deve volergli davvero bene», constatò. 

«Lo faccio per Demon, non per lui!» mi affrettai ad affermare cercando di convincere anche me stessa. 

Nella carta di credito regalatami da zia Kate, un mese prima, disponevo di quella somma. Non avendo più praticato ore ed ore di shopping terapeutico i soldi erano rimasti lì, inutilizzati. Non ne avevo necessità, le mie priorità erano mutate in Francia. Potevo anche evitare di acquistare un capo costoso e comprarne un altro più economico, ma bello uguale. Per cui feci quell'ultimo sforzo per aiutare un povero cane a sopravvivere da una malattia. Si trattava solamente di anticipare una somma di denaro, perché non avrei dovuto? Non ero crudele, non possedevo un cuore di pietra. Non ancora.

«Che resti tra me e lei, Signor Rabanne!» specificai che Castiel non avrebbe dovuto neanche sospettare della sottoscritta. Non avrebbe mai accettato il mio aiuto. Ed inoltre io stessa non volevo che lo sapesse. Il mio allontanamento avrebbe dovuto percepirlo in tutto e per tutto, a partire dai piccoli aiuti o anche solo dal non sentir pronunciare il mio nome da nessuno. 

Quella volta avrei fatto sul serio, e non scherzavo.

___

Nella settimana successiva avremmo girato il video per la pubblicità del profumo in un piccolo villaggio contenente una spiaggia parecchio suggestiva a due ore da Parigi, precisamente a Varengeville-Sur-Mer. Quel luogo aveva ispirato parecchi artisti come Monet o Braque. 

I volti d'Ivre saremmo stati io e Castiel, senza ombra di dubbio. Avevo provato ad insistere proponendo Debrah, ma lui non si era lasciato scomporre. Quella volta lo avevo fatto per me stessa, non per aiutare Castiel; mi auto-convinsi anche di quel particolare. Volevo a tutti i costi saltare fuori da quella situazione, da quel triangolo amoroso, da quel circolo vizioso, e volevo distaccarmi da quell'insulsa coppia una volta per tutte. 

«Mi tolga un'ultima curiosità e poi la lascio andare..» mi bloccò Rabanne proprio quando stavo per abbandonare quel posto. Il taxi mi stava già attendendo in giardino. «Per quale motivo ha così insistito nel far fare la pubblicità a quella ragazza?»

«Vorrei solo che mi lasciasse vivere la mia vita in pace. Mi ha ricattata se proprio vuole saperla tutta, se lei non otterrà ciò che brama: il successo, rovinerà Castiel. Non ho il cuore duro come a volte mi piace far credere», fui sincera raccontando per sommi capi la verità. Non avevo fatto riferimento alle illegalità commesse dal rosso, non amavo riferire i fatti privati della vita di una terza persona non presente, ancor di più se si trattava di Castiel. 

«Mi lasci il numero di questa ragazza, vedrò cosa posso fare. Lei è una cantante, se non erro, giusto?» 

Forse per una volta avevo sbagliato a giudicare frettolosamente, forse il grande stilista burbero non era poi così cinico come dava a vedere. 

Dopo settimane totali di buio, finalmente riuscii ad intravedere un bagliore di luce infondo al tunnel. Era così semplice la risoluzione di quel grattacapo? Se Rabanne avesse garantito a Debrah un successo assicurato, ma con un ingaggio diverso dalla pubblicità del profumo con Castiel, lei avrebbe accettato senza battere ciglia? Sarebbe stata disposta ad eliminare ogni prova incriminante scolpando Castiel? 

Per il momento non possedevo la risposta a quelle domande, ma sperai di ricevere finalmente una notizia positiva. Debrah non meritava di uscire indenne da quella storia. 

«Sì. Debrah Duval, ecco tutto» gli porsi un foglio dopo aver riportato scrupolosamente ogni numero dal cellulare ad un pezzo di carta. 

«Se non fosse per l'alchimia, la particolarità che mostrate quando siete nella stessa stanza, avrei preso entrambi a calci e vi avrei sostituiti in due secondi. Sono noto al pubblico per la mia impazienza, eppure per voi sono riuscito a fare un'eccezione. Sono stupito da me stesso!» si toccò la barba grigia presente sul suo mento, mentre apparve quasi parlare con se stesso.

In verità, io stessa, ero stupefatta per quel mutamento di comportamento, per la sua improvvisa disponibilità. 

Osservò per un attimo il foglio con sopra il numero di Debrah e poi lo conservò nella sua agenda personale. 

Insieme a quel foglio, lì in quell'ufficio austero, lasciai a Rabanne ogni speranza, una fiducia che non avevo mai affidato a nessun essere umano prima di allora. Era quasi come l'ultima spiaggia prima del mare aperto, l'unica possibilità. Era un uomo intelligente, con parecchie conoscenze in ogni campo. Pregai affinché prendesse quella situazione a cuore, affinché impiegasse tutte le forze per regalare a Debrah il successo e per donare a Castiel la libertà. 

"Tuttavia non potevo ancora sapere che ogni situazione, decisione può sempre finire per ritorcersi contro. Non potevo ancora neanche lontanamente immaginare che la vera libertà, la vera ambizione, il più grande sogno di Castiel fosse un altro. Completamente lontano da me; da noi."

Perché anche Superwoman aveva bisogno dell'anima di Superman per riuscire a sconfiggere il male. Da soli, entrambi, non saremmo stati capaci di volare lontano. Peccato però che non tutti erano così abili da capirlo in tempo tanto da riuscire ad evitare la catastrofe.  

 

 

 

 

-

 



🍬N.A.🍬

La befana vien di notte

con le scarpe tutte rotte,

il vestito alla Castielniana..

Viva viva la Befana!!!

Come potevo perdermi questa bella opportunità di pubblicare anche la notte in cui la Befana viaggia a cavallo della sua scopa a portare il carbone e le caramelle a tutti i bimbi del mondo?!

E infatti eccomi qui. Ho pubblicato anche prima del previsto. DUE CAPITOLI IN UNA SETTIMANA, RAGAZZI! Sono o non sono la Befana migliore dell'anno?

Ok bando alle ciance, Miki ha deciso di smuovere una volta per tutte Castiel: avrà fatto male o avrà fatto bene? (Non giudicate la sua scelta, so che volete vedere insieme i due protagonisti, ma ogni cosa ha il suo senso. Fidatevi di me)

Rabanne ha promesso che si sarebbe impegnato lui stesso per trovare un ruolo per Debrah, ma non per la pubblicità d'ivre. Lo troverà realmente? Debrah si accontenterà?

Poi: FATE ATTENZIONE ALLA FINE DEL CAPITOLO. E non aggiungo altro. 

Adesso scappo, ho tanto carbone da consegnare questa notte😝 e tante caramelle da mangiare🍬

Buonanotte,

All the love💖

Blue versione befana🦋👵🏻

  
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