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Autore: heliodor    25/03/2019    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Il colosso pazzo

 
Per un attimo la fissò senza parole. "Io" disse annaspando. "Io non ne so niente."
"Davvero?" fece la decana. "Sai cose che in pochi conoscono. E io conosco tutti quelli che sanno di Ugammun. E tu non sei tra loro."
"È un caso, devo averlo letto da qualche parte. Dico davvero."
"Non mentire" disse la decana. "La tua vita è appesa a un filo."
Joyce non vedeva fili attorno a sé ma il tono di Lune non le lasciava alcun dubbio. La stava minacciando.
"Se ti dico quello che so, mi lascerai andare a salvare Vyncent?"
La decana sembrò rilassarsi. "Vedo che sei ragionevole. Prima dovrai dirmi tutto quello che sai e poi valuterò se sia il caso di fidarmi di te."
Joyce si fece da parte e la invitò a entrare. Le richiuse la porta alle spalle.
"Prima di tutto" disse Lune. "Sibyl è il tuo vero nome?"
"Sì" rispose subito.
"È una bugia. Partiamo male."
Joyce decise di non cedere su quel punto. "È il nome che mi sono data, che ho scelto. Quindi è il mio nome. Più di quello che mi è stato dato alla nascita."
Lune la fissò per un lungo istante, poi disse: "Perché sei venuta a Malinor?"
"Cercavo un modo per sconfiggere Malag."
La decana si accigliò. "Come se noi non ci avessimo già pensato."
"Noi?"
"Attualmente, c'è un piano per battere l'arcistregone."
"Le armi di Bellir" disse Joyce. "Le avete trovate?"
Lune sospirò. "Le armi di Bellir sono solo leggende. Io parlo di ben altre armi."
"Gli eredi" disse Joyce. Non ne era certa, ma valeva la pena fare una prova.
Lune si accigliò. "Chi sei veramente?"
"Tu appartieni al circolo supremo, vero? Come Gladia di Taloras."
"Potrei farti uccidere per quello che hai detto" la minacciò Lune.
"Ma è vero."
"No" disse la decana con tono perentorio. "Io non ho niente a che fare con quei pazzi. Pearla e la povera Mire, loro due forse ne sapevano di più. Io ho solo dei vaghi sospetti su cosa stiano progettando."
"Cos'è il circolo supremo?" chiese Joyce.
"Niente che ti riguardi. E lo dico sia per il tuo bene che per il mio."
"Ne hai così tanta paura?"
Lune sorrise per la prima volta. "Paura? Sì, ma non per me. Tu non sai di che cosa è capace quella gente."
"Halux ha usato più o meno le stesse parole."
"Halux. Quell'erudito rinnegato. Lui non sa proprio niente. Non fare quella faccia. Sappiamo più cose di quanto tu immagini. Sorvegliavamo Halux da tempo e sappiamo anche che ha sottratto dei libri alla biblioteca dell'accademia."
"Se sai tante cose, allora ne saprai molte anche riguardo a Ugammun."
Lune annuì grave. "Il colosso pazzo. Colui che schiaccia intere città al suo passaggio. Uno degli spauracchi dei maghi supremi, a voler credere alle leggende."
"Non si tratta di leggende, vero?"
Lune sospirò. "Per secoli, il circolo supremo ha lottato contro il ritorno della magia. Se la gente avesse scoperto quali tremende armi si erano lasciati dietro i maghi supremi, non avrebbero esitato a rievocare quei mostri."
"Ho visto i titani di Zanihf" disse Joyce. "E le sue armi meccaniche."
"Allora sai di cosa parlo. La magia deve restare confinata nel regno delle leggende o diventerà un pericolo per tutti noi. Così è stato fin da quando Harak il grande fondò il primo circolo. Questa regola è stata rispettata da tutti gli stregoni e da tutti i circoli per secoli. E ora Persym ha violato quel giuramento, che gli inferi lo accolgano."
"I colossi vennero creati dai maghi per combattere le loro guerre" disse Joyce ricordando le parole di Halux e Gauwalt. "Ma li esiliarono quando capirono che erano un pericolo troppo grande. Forse possiamo farlo anche noi."
"Non penso sia così semplice. Dalle cronache più antiche sappiamo che i maghi supremi vennero quasi spazzati via, prima di riuscire a trovare un modo per fermarli. Fu l'unica volta in cui lottarono in un'alleanza. Persino durante la rivolta di Harak e Ambar non trovarono un accordo."
"Tu hai letto quelle cronache?"
Lune scosse la testa. "Ho ascoltato i racconti di chi l'ha fatto. Pochi frammenti sparsi in giro, tutto ciò che è sopravvissuto alla furia del circolo supremo." Rise. "Quanto sono stati miopi. Con le conoscenze che hanno distrutto, oggi forse potremmo fermare il flagello che sta per abbattersi su di noi."
Joyce non lo trovava affatto divertente. Il pensiero di non poter fare niente per fermare i colossi l'atterriva.
E l'atterriva ancor di più sapere che nessuno avrebbe fatto niente per salvare Vyncent.
"Ho risposto alle tue domande" disse con voce ferma. "Ora mi lascerai salvare Vyncent?"
"Perché sei così ansiosa di morire? Provi qualcosa per il principe senza corona?"
Joyce arrossì. "Non posso lasciarlo nelle mani di Persym. Lui lo ucciderà."
"Invidio il tuo coraggio, ma la città è sotto assedio. Anche se ti lasciassi uscire, non faresti mezzo miglio prima di venire catturata. O uccisa."
"Ma hai promesso."
"Ho detto che ci avrei riflettuto. E la mia decisione è che nessuno dovrà lasciare la città. Certo non possiamo controllare ogni singola persona che si trova nel circolo. Qualcuno, approfittando di un momento di distrazione, mIgari col favore delle tenebre, come nei peggiori romanzi d'avventura che leggevo da giovane, potrebbe allontanarsi senza essere visto." Sospirò. "È meglio che vada via. Vorrai restare sola a struggerti per Vyncent."
"Credo di doverti ringraziare."
"Non farlo. Penso di avere un debito verso Vyncent di Londolin."
Joyce si accigliò.
Lune lasciò la stanza senza dire altro.
Rimasta sola, Joyce si lasciò cadere sul letto. Aveva qualche ora di tempo prima che facesse buio e voleva usarle per riposare.
Quando decise che era il momento di andare, mise il compendio e le altre cose nella sua sacca a tracolla e aprì la porta.
Il corridoio era libero e silenzioso. Tranne che per la strega dai capelli verdi che l'attendeva fuori dalla porta.
"Finalmente ti sei decisa" disse con tono seccato. Temevo di doverci passare la notte qui fuori."
Joyce la guardò delusa. "La decana ti ha ordinato di sorvegliarmi?"
"In verità, mi ha detto di scortarti fino a uno degli ingressi secondari della città."
"E tu lo farai?"
"Così mi è stato ordinato di fare."
"Grazie."
"Eseguo solo gli ordini" disse lei stringendosi nelle spalle. "Non c'è bisogno che mi ringrazi."
Si avviarono lungo il corridoio.
"Io mi chiamo Sibyl" disse per scambiare due parole.
"Io sono Thaga."
"Piacere di conoscerti."
Thaga la condusse prima all'esterno dell'edificio principale de circolo di Malinor, un cortile largo un centinaio di passi e poi a una stalla.
La strega indicò due cavalli già sellati. "Prendi quello pezzato."
Joyce montò sull'animale e poco dopo lei e Thaga uscivano dal cortile dirette verso le mura della città.
L'aria era fresca ma non spiacevole. Sentiva che l'inverno stava finendo e le temperature si stavano alzando. Tra poco, a Valonde, la bella stagione avrebbe fatto fiorire alberi e aiole nei giardini del palazzo.
Quel ricordo le provocò una dolorosa fitta allo stomaco.
Thaga la condusse fino a una porta ad arco, sorvegliata da un paio di soldati. Solo pochi giorni prima Joyce era passata da un'entrata simile.
Allora c'erano state migliaia di persone che cercavano di lasciare la città. Quel momento sembrava un ricordo dopo l'attacco. Ora che l'orda nemica era alle porte nessuno voleva lasciare le più sicure mura cittadine per avventurarsi tra i pericoli esterni.
Tranne lei.
Thaga fece un cenno ai soldati. "Aprite il portone. Ordini della decana Lune."
I soldati ubbidirono e spostarono le pesanti assi di legno che sbarravano l'ingresso di metallo rinforzato.
Nel buio della notte il cigolio dei cardini dovette risvegliare chi per un motivo o per l'altro non riusciva a prendere sonno.
Joyce vide il portone spalancarsi su un vuoto nero e spaventoso. Poi, a poco a poco, vide apparire la tormentata valle che circondava Malinor e in lontananza le colline che le facevano da corona.
"Qui le nostre strade di separano" disse Thaga.
Joyce esitò. "Tu non vieni?"
"Non sono così pazza. L'ordine era di scortarti alla porta e l'ho fatto. Oltre questo punto ci sono dei crepacci che potrai usare per allontanarti senza essere vista. Non sappiamo quanti esploratori nemici siano lì fuori, ma spero per te che non ne incontri nessuno." Fece una pausa per indicare l'ingresso. "Una volta che questa porta si sarà chiusa, non l'apriremo per nessun motivo al mondo, quindi non tornare e resta nascosta finché l'assedio non sarà finito. Hai capito?"
Joyce annuì.
"Che la tua via sia dritta" disse Thaga sparendo oltre la soglia.
"Anche la tua."
Joyce si voltò e strinse le redini. Dietro di lei udì il tonfo metallico del portone che veniva chiuso e serrato.
Come aveva detto la strega dai capelli verdi, poco più avanti iniziavano dei profondi crepacci. All'inizio fu facile muoversi tra le gole, ma col passare del tempo divennero sempre più accidentate.
A un certo punto fu costretta a fermarsi e smontare. A cavallo non poteva più procedere e decise di abbandonare lì l'animale.
Lo legò a una roccia ma non in maniera troppo stretta. Se avesse impiegato più di un giorno a tornare, l'animale si sarebbe liberato e non sarebbe morto di fame o sete.
Diede un'ultima carezza alla testa del cavallo e si allontanò. Seguì i crepacci cercando una strada per raggiungere le colline. Da lì, facendo un lungo giro, poteva arrivare alle spalle del campo nemico.
La sua speranza era che la maggior parte degli esploratori fossero concentrati tra il campo e la città, lasciandole un po' di spazio per scivolare tra le maglie della rete.
Raggiunse le colline quando iniziò ad albeggiare. Superato l'ultimo crepaccio, avanzò in piena vista, protetta solo da qualche roccia e dai pochi alberi.
Voltandosi, vide che ben poco era cambiato nella città. Malinor era ancora lì, come un gigante addormentato sulla costa. Di essa erano visibili solo le mura e la punta di qualche edificio. Il circolo con le sue guglie, le torri dei templi dell'Unico e ciò che restava del palazzo del re.
Da quella posizione non poteva vedere il porto, ma sapeva che anche in quel momento le navi andavano e venivano portando i rifornimenti di cui la città aveva bisogno, ora che le vie terrestri erano chiuse.
L'assedio sarebbe stato lungo e difficile. Persym e i suoi comandanti dovevano saperlo bene.
Riprese ad avanzare e raggiunse le colline. Impiegò mezza giornata per superarle e immettersi su di una strada che le costeggiava procedendo verso oriente.
Si tenne lontana dal sentiero principale, sicura che gli esploratori lo tenessero sotto controllo.
Di tanto in tanto, quando udiva qualche rumore, si nascondeva nella rada boscaglia e attendeva che passasse.
Nel pomeriggio del secondo giorno di marcia, arrivò in vista di quello che sembrava il campo dell'orda. Dall'alto della collina poteva vedere bene le tende raccolte al centro di un'ampia palizzata di tronchi. C'erano le staccionate per raccogliere i cavalli e i carri dei rifornimenti, ma non sembrava esserci una grande attività lì attorno.
Vide solo qualche sparuto gruppo di soldati che si aggirava tra le tende.
Dove sono tutti gli altri? Si chiese. Sta succedendo qualcosa di strano.

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