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Autore: heliodor    29/03/2019    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Ritorno

 
Bryce si guardò attorno inquieta. Non appena ebbe messo piede nel campo dell'alleanza, migliaia di occhi puntarono verso di lei.
Le espressioni che leggeva su quei volti erano le più diverse. Alcune erano sottili, altre piene di speranza e di attesa, altre ancora mostravano solo rassegnazione.
"Non sembrano contenti di vedermi" disse Bryce rivolgendosi a Gladia.
"Concedi loro il tempo di abituarsi" disse l'inquisitrice. "È passato molto tempo da quando eri la loro guida e speranza. Devono ritrovare quello spirito."
"Che lo facciano in fretta" disse Elvana raggiungendole. "Non mi piacciono quei musi lunghi. Siamo venute fin qui per vincere la guerra o no?"
Bryce invidiava il suo modo di fare. Avrebbe voluto essere anche lei resoluta come Elvana e invece era divorata dai dubbi.
Ho fatto bene a tornare? Si era chiesta per tutto il viaggio. O dovevo restare a Malinor?
La distesa di tende si estendeva fino a perdita d'occhio, racchiusa da fortificazioni di legno erette per proteggere l'accampamento.
Contò decine di fuochi e gruppi di soldati che si scaldavano per non soccombere al freddo intenso. Cumuli di neve erano stati ammonticchiati lungo l'argine della palizzata, formando un secondo muro di ghiaccio e terriccio mescolati insieme.
Nei recinti i cavalli venivano accuditi dagli stallieri. La maggior parte di quelle bestie era magra e sofferente, come quelli che se ne prendevano cura.
Pochi di quelli che incrociarono sembravano godere di buona salute.
"Ho sentito dire che c'è stata un'epidemia durante l'inverno" disse Dox Mardik.
Il comandante trottava pochi metri più indietro insieme a Galyon e Falgan.
Lo stregone dai capelli bianchi si guardava attorno con espressione indecifrabile, come se quello spettacolo pietoso non lo riguardasse.
Falgan al contrario sembrava quasi compiaciuto con la sue espressione tronfia da gradasso.
"Non vedo le pire dei corpi" disse divertito. "Non puoi dire che c'è stata una vera epidemia se non bruci qualcuno per impedire che tutti gli altri si ammalino."
Forse perché mio padre è diverso da te, pensò Bryce con una punta di disprezzo.
un largo spiazzo era stato ricavato attorno a una grande tenda che occupava il posto di quattro o cinque più piccole.
Davanti all'ingresso era stata piantata un'asta sulla quale sventolavano i colori di Valonde, l'azzurro e il bianco.
Fu lì che si diressero.
Un ragazzo dall'aria malaticcia e gracile si avvicinò al piccolo corteo.
"Parvek" esclamò Dox Mardik. "Ogni volta che ti vedo mi ricordi che ti ho generato con una sguattera."
"Io ti saluto, padre" disse il ragazzo esibendosi in un inchino.
Bryce lo aveva visto solo un paio di volte prima di allora e lo ricordava meno magro e debole di ora.
Doveva averne passate davvero tante per essersi ridotto così.
Mardik smontò di sella e passò le redini al figlio. "Vedo che Andew ha finalmente capito che il tuo posto è quello di stalliere. Dove sono i tuoi fratelli?"
"Jens è in esplorazione e Andrek è appena tornato con la sua armata."
"Molto bene. Occupati dei cavalli di tutti i presenti. Dai loro una strigliata come si deve e assicurati che siano trattati bene. Hai capito quello che devi fare?"
Il ragazzo annuì e corse via.
"Non capisco perché lo tratti in quel modo" disse Bryce. "È pur sempre tuo figlio."
Mardik rispose con una smorfia di fastidio. "Ti prego di non dirmi come trattare i miei figli, altezza."
"Vostra grazia" disse Bryce. Toccò il lembo del mantello. "Quando indosso questo, devi chiamarmi vostra grazia."
Mardik la fissò per un lungo istante, poi disse: "Vostra grazia. Certo."
Quando tutti furono smontati, altri valletti presero in consegna i cavalli e li portarono via.
Bryce marciò decisa verso l'ingresso della tenda. Un lembo del velo che la chiudeva si sollevò e il viso di un uomo fece capolino.
Lui e Bryce si fissarono per qualche istante.
"Tu devi essere Bryce" disse l'uomo sorridendole.
"Ci conosciamo?" chiese lei prudente.
"Non ancora." L'uomo uscì dalla tenda. Era basso e tarchiato, con una folta capigliatura nera che incorniciava un viso sottile. "Io sono Adler di Berger, primo tra i suoi pari e portatore della spada di Bellir."
Bryce sollevò un sopracciglio. "Io ti saluto, Adler di Berger. La spada che porti è quella al tuo fianco?"
Adler la sfilò dalla custodia.
Era una spada dalla lama grigia e lucente. L'elsa era d'osso lavorato e il pomolo raffigurava un drago con le fauci spalancate.
"La Distruttrice degli Empi" disse Adler mostrandola a Bryce. "È il nome che abbiamo scelto di darle. Non lo trovi appropriato?"
"Chi sono gli empi che ha distrutto?" chiese Bryce.
"L'arcistregone Malag, ovviamente. E la sua orda."
"Mi sembra che sia ancora vivo e in salute."
Il sorriso di Adler si rabbuiò. "Ancora per poco, strega dorata. Con l'aiuto di quest'arma, la vittoria è assicurata."
"La spada di Bellir" disse Gladia alle sue spalle.
Bryce si voltò per guardarla. "Sul serio? È proprio quella delle leggende?"
Gladia si strinse nelle spalle. "Almeno così mi ha detto la strega rossa."
"Ancora lei" esclamò Bryce. "Credevo si fosse inventata quella storia e invece..."
Adler ora non sorrideva più. "Quella sciocca l'ha solo trovata. Se fosse stato per lei, l'avrebbe lasciata dov'era."
"Forse era la cosa migliore da fare" disse Gladia.
Adler la fissò con stupore. "Che dici? Quest'ama ci condurrà alla vittoria."
"Ci vorrà ben più di una spada per vincere questa guerra."
"Ad ogni modo" disse Galyon. "Ho sentito dire che Adler non è venuto da solo."
Gli occhi del tiranno brillarono. "Dici bene, vecchio comandante."
Galyon non mutò espressione.
Adler proseguì: "Centomila spade e duemila mantelli. Tutti quelli che hanno ascoltato il richiamo di questa spada e si sono uniti alla nostra missione."
"E quale sarebbe questa missione?" chiese Gladia.
"Scacciare l'arcistregone da queste terre" disse Adler serio. "E tutti quelli che minacciano la stregoneria."
"Ho l'impressione che non ti fermerai a Malag, vero?" fece l'inquisitrice.
Adler ghignò. "È tempo che Berger torni grande come era una volta. Tu non sei d'accordo, Gladia di Taloras?"
"C'è un motivo per cui i Tiranni vennero scacciati, oltre tre secoli fa" disse Gladia. "E la storia tende a ripetersi."
Adler la fissò con astio. "Col tuo permesso, strega dorata. Sono ansioso di ammirarti sul campo di battaglia." Fece un inchino e si allontanò, la spada che gli ballonzolava sul fianco.
Bryce lo osservò allontanarsi per qualche istante.
"Che idiota" disse Falgan.
Per una volta sono d'accordo con te, pensò Bryce. Dimenticò Adler ed entrò nella tenda.
Era come la ricordava, dopo tutte le battaglie che avevano pianificato lì dentro. Il tavolo sostenuta dai treppiedi che suo padre si portava dietro ovunque. Il baule pieno di cianfrusaglie che non aveva mai capito a cosa gli servissero di preciso ma dalle quali sembrava incapace di separarsi, il ritratto di Marget appoggiato a una sedia malconcia dall'imbottitura lisa e persino l'odore di incenso appena acceso che suo padre usava senza parsimonia.
E il re, col suo mantello azzurro con ricami dorati, che l'attendeva con aria impaziente. Accanto a lui, china su di una mappa, Erix, la sua prima consigliera militare.
Sì, era tutto come lo ricordava. E tutto era diverso. Lei era diversa.
Sono cambiata, pensò. Un anno fa entravo in questa tenda con timore, sentendomi fuori posto. Galyon, Erix, Mardik, il povero Rajan, erano tutte figure irraggiungibili per lei. Impossibile competere con le migliori forze che l'alleanza poteva schierare in quella guerra.
Poi erano venute le battaglie, i consigli, i litigi, le decisioni prese all'improvviso, senza pensarci, solo perché non aveva il tempo di attendere il loro parere e la situazione esigeva una decisione immediata.
Tutti quei ricordi le si affollarono nella mente nel'istante in cui varcò la soglia della tenda.
"Ce ne avete messo di tempo" disse Re Andew. "Che notizie mi portate da Malinor? Re Alion, quello stolto, è ancora convinto di poter vincere la guerra da solo?"
"Tanto quanto lo sei tu" disse Galyon.
"Gal, dannazione" esclamò re Andew. "Avevo quasi perso la speranza di vederti tornare, dopo tutto questo tempo a sud."
"Ho radunato tutte le forze alleate. Cinquantamila spade e mille mantelli."
"Che si aggiungono a quelli portati da quell'Adler" disse Mardik. "Possiamo fidarci di lui?"
"Di un tiranno di Berger?" Re Andew scosse la testa. "Purtroppo non possiamo farne a meno." Lanciò una rapida occhiata a Gladia e cambiò espressione. "Ci sei anche tu. Credevo di averti detto di non farti vedere."
"Mi hai solo esiliata dal tuo regno" disse Gladia. "In questo continente non hai così tanto potere."
"Potrei esiliarti da questo campo" disse il re.
Gladia scrollò le spalle. "Sono qui per aiutarti."
"Il tuo aiuto ci costa sempre caro. Che mi dici della tua protetta?"
"È con me."
"E di tua nipote? La sua armata non si è vista."
"Arriverà. Dalle tempo."
Gli occhi di Bryce incrociarono quelli del padre e lui sembrò notarla per la prima volta.
"Guarda chi abbiamo qui" disse il re. "Hai finito di giocare con quelli di Malinor? Sei pronta a combattere sul serio?"
"Orfar è stata una battaglia vera" disse Bryce.
"So quello che è successo, mi hanno riferito. Se avessi ascoltato il mio consiglio, ti avrei detto di non fidarti di Skeli."
"Nemmeno lei è riuscita a fermarmi, come vedi."
"Quella odiosa donna va dicendo in giro che sei promessa sposa al suo ignobile figlio. È vero?"
Bryce ghignò. "Kymenos è una povera vittima di Skeli, come tutti i suoi sudditi."
"Ma hai promesso di sposarlo o no?" chiese il re.
"Ho promesso, ma poi lui ha sposato un'altra e il patto è stato infranto."
"E chi sarebbe questa donna che ha osato mettersi tra te e il tuo promesso sposo?" chiese re Andew in tono ironico.
"Non importa chi è" disse Bryce sicura. "L'ho sfidata a duello e l'ho uccisa."
Re Andew sembrò colpito. "Sapevo che avevi ucciso in duello il comandante dell'orda, un certo Aschan."
"Era una donna."
"Più tardi mi racconterai i dettagli" disse il re. "Ci sono cose più importanti di cui parlare adesso."
"Come vuoi" disse Bryce.
Era pronta a una sfuriata di suo padre, alla quale avrebbe risposto colpo su colpo, ma non a quello.
Tutto quello che voleva dirgli o rinfacciargli le era morto in gola insieme al risentimento che aveva provato fino a quel momento.
La riunione andò avanti per un paio d'ore, poi il re congedò tutti ordinando ch si riposassero e facessero un buon bagno.
"Tu resta" disse a Bryce. "Per favore."
Lei attese che tutti fossero usciti prima di parlare. "Non hai bisogno di chiedere. Tu sei il re, gli altri devono obbedirti."
"Quando mai l'hai fatto?" disse il re con tono divertito. "Fin da quando avevi tre anni hai voluto fare di testa tua. È Marget la colpevole di tutto. È stata lei a incoraggiarti. Diceva che dovevi essere più forte e indipendente. Più forte per tutte e due, se riesci a capirmi."
Bryce annuì. "Sai" disse sedendo sulla sedia dall'imbottitura lisa. "L'abbiamo cercata, lì sull'altopiano." Scosse la testa.
"Anche io" disse il re. "Ho offerto a Malag tutto l'oro di cui potevamo fare a meno. Mi ha risposto dicendo che, se mai avesse trovato mia figlia, me l'avrebbe rimandata indietro sana e salva."
"Ha davvero detto questo?" chiese Bryce stupita.
Re Andew annuì. "È ovvio che sta mentendo."
"Perché dovrebbe? Potrebbe tormentarti facendoti credere di avere Joyce nelle sue mani."
"Io voglio che menta. Se non lo fa, vuol dire che dice il vero. Significa che Joyce non è mai arrivata da lui, né in qualsiasi posto fosse destinata."
"Il sigillo usato da Rancey non deve aver funzionato a dovere" disse Bryce.
Re Andew annuì. "I sigilli non funzionano mai come dovrebbero. È per questo che li consideriamo magia oscura."
Nella tenda calò il silenzio.
"Che intendi fare?" chiese Bryce dopo qualche secondo.
"Ora che sei qui? Vincere questa dannata guerra e tornare a casa. E passare il resto della mia vita a domandarmi se le cose sarebbero potute andare in maniera diversa."

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