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Autore: Mon    16/04/2019    1 recensioni
Tony Stark e Steve Rogers. Fuoco e ghiaccio. Insomma, gli opposti.
Raccolta di one-shots dedicata alla coppia. Ogni storia è stata ispirata da una canzone, dalla quale poi è tratto il titolo della one-shot.
Genere: Romantico, Song-fic, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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As the winter winds litter London with lonely hearts
Oh the warmth in your eyes swept me into your arms
Was it love or fear of the cold that led us through the night?
For every kiss your beauty trumped my doubt
And my head told my heart
Let love grow
But my heart told my head
This time no
This time no
(Mumford&Sons)

Londra.
L’aereo privato di Tony Stark aprì le ruote e scese sulla pista di atterraggio dell’aeroporto. Era solo, aveva un’unica missione in mente: trovare Steve Rogers, rintanatosi nella vecchia Europa, al di là dell’oceano, dopo la Civil War. Era freddo, piovigginava, e quell’atmosfera grigia lo faceva sentire ancora più solo, mancava un pezzo di lui, una parte del suo cuore si era frantumata quando Capitan America aveva fermato la sua armatura spezzando ciò che la alimentava, quando aveva gettato lo scudo e gli aveva voltato le spalle, andandosene via con Bucky. Per mesi non era riuscito a perdonarlo, per giorni interi aveva provato un odio intenso verso quella persona, tanto da non riuscire a mangiare o a dormire. Se prima tra Iron Man e Capitan America c’era stato qualcosa, molto più di un’amicizia, tutto era stato cancellato da quell’intensa battaglia. Steve aveva preferito Bucky, colui che aveva ucciso i suoi genitori, a lui. Non era riuscito a perdonargli questa cosa, o per lo meno, solo inizialmente. Poi quella rabbia, quell’odio che aveva preso il posto dell’amore nei confronti di Steve, aveva cominciato a lasciare un vuoto, che si era via via allargato, fino a diventare insopportabile. Doveva rivedere il Capitano, doveva parlargli, doveva chiedergli scusa per il suo comportamento, per non avergli creduto in quel dannato giorno in cui tutto era stato distrutto.
Questi rimorsi lo avevano spinto ad andare in Inghilterra, a Londra, dove sapeva ci fosse il rifugio del Capitano; con tutte le sue tecnologie a disposizione sarebbe stato un gioco da ragazzi individuare l’obiettivo e raggiungerlo.
Prese stanza in un albergo del centro, uno dei più costosi, si chiuse in camera e iniziò ad installare un vero e proprio laboratorio: impostato l’obiettivo, cercava qualsiasi cosa che fosse riconducibile a Steve Rogers, qualsiasi traccia che il Capitano avesse lasciato durante la sua permanenza nella città inglese. Il biondo, però, doveva essersi nascosto molto bene, perché dopo alcune ore di ricerca, Tony non aveva ancora trovato nessuna traccia. Si sdraiò sul letto, non era solito perdere le speranze, ma senza un indirizzo preciso, con Steve che si stava nascondendo, era quasi impossibile rintracciarlo in una città così grande come Londra. Chiuse gli occhi, cominciando a chiedersi se quello non fosse stato un viaggio a vuoto. Poi un segnale acustico gli ridiede speranze; una foto postata su un social network da un ragazzo, che aveva fotografato di nascosto proprio Steve Rogers, seduto ad un tavolino. La didascalia sotto la foto recitava: “Capitan America in gita a Londra”.
«F.R.I.D.A.Y. dammi subito le coordinate di quel bar!»
«Inviate sul suo cellulare signore.»
Un “bip” sul telefono di Tony avvertì l’inventore che l’assistente robotizzata aveva fatto il suo lavoro. Non perse tempo, si diresse verso il luogo suggerito con il cuore che batteva forte e quando arrivò sul posto indicato e lo vide tutti i sentimenti contrastanti che aveva provato in quegli anni nei confronti di Steve vennero cancellati. Lo aveva ritrovato.
Attraversò la strada e raggiunse Capitan America da dietro, poi, prendendo fiato, si avvicinò al tavolino e disse: «È occupato? Posso sedermi?»
Steve Rogers alzò gli occhi color ghiaccio verso colui che aveva pronunciato quelle parole e sul suo viso si disegnò un’espressione di puro stupore.
«Tony?»
«Ciao Steve…»
I due rimasero a fissarsi per alcuni secondi, uno incredulo, l’altro perso nello sguardo di ghiaccio del Capitano. Poi Tony si riprese, indicò la sedia e Steve annuì. «Che ci fai qui?» Chiese il biondo.
«Ti cercavo.»
Capitan America alzò un sopracciglio. «Per quale motivo? È successo qualcosa? Gli Avengers hanno bisogno di me?»
«Gli Avengers no, ma io si» rispose Tony.
Steve si irrigidì, cambiando espressione del volto. «Tu mi hai cacciato!»
«Tu mi hai fatto del male!» sbottò il moro, alzando leggermente la voce, e battendo un pungo sul tavolo.
Steve si alzò dalla sedia, si guardò attorno, e disse: «Andiamo a parlarne a casa mia, lontano da tutti, qui non va bene.»
Tony acconsentì, chiedendo scusa per la reazione. Insieme percorsero un pezzo di strada, uno vicino all’altro, senza parlare. Steve camminava con le mani in tasca e lo sguardo basso, il vento tirava ed era freddo, facendo muovere i biondi capelli del Capitano. Non diceva nulla. Tony al suo fianco cercava di stare al passo: non era cambiato, sempre atletico, misterioso, silenzioso. Steve gli era mancato come l’aria nei polmoni di un uomo che affoga.
Arrivarono davanti ad un palazzo, con più appartamenti; non era certamente una reggia, non era la villa confortevole di Tony, era una semplice casa, con una stanza da letto, un bagno e un salotto. Arredato con poche cose, non molto illuminato, ma abbastanza confortevole per un uomo che viveva da solo.
Steve fece accomodare Tony e, con un sorriso imbarazzato, grattandosi in testa, disse: «Questo è tutto quello che mi sono potuto permettere da quando sono venuto a vivere a Londra.»
Il moro sorrise sincero: «Non ho bisogno di alberghi di lusso, di camere con idromassaggio, di televisori a 60 pollici per dirti quello che ti devo dire…» Si sedette sul divano, Steve si accomodò al suo fianco. «Mi sei mancato» continuò, abbassando lo sguardo.
«Anche tu Tony…» rispose il biondo.
I due si guardarono e si sorrisero. «Non mi sono mai perdonato il nostro litigio, non ho dormito per notti intere pensando che avrei potuto fermarti, avrei potuto dirti qualsiasi cosa, invece che gridarti che non eravamo più nulla, invece che dirti di lasciarmi lo scudo, che non era tuo. Avrei potuto impedirti di uscire da quel portone insieme a Bucky. Invece non ho fatto nulla…»
Tony si prese il viso tra le mani, scuotendolo.
«Non è stata solo colpa tua. Io avrei dovuto capire le tue ragioni, tu eri l’uomo che amavo, Bucky era il mio migliore amico, lo avevo ritrovato dopo tanto tempo, era un pezzo importante della mia vita. Come lo eri tu, certamente. Ho fatto delle scelte, forse sbagliate, e ho avuto grandi rimpianti in tutto questo tempo.»
«Perché non mi hai mai cercato?»
«Perché non ero sicuro che tu mi volessi vedere, che volessi sentire la mia voce.»
«Oh Steve, se solo sapessi cosa ho passato.»
Sul viso del Capitano si dipinse un sorriso amaro. «Probabilmente lo stesso che ho passato io. Ma perché tu non mi hai mai chiamato? Avevi quel maledetto cellulare…»
«Perché avevo paura dei miei sentimenti, perché ero in conflitto con me stesso. Tu sapevi della morte dei miei genitori, sapevi cosa era successo e me lo hai tenuto nascosto. Avrei dovuto odiarti, ma non ci riuscivo, nessuna fibra del mio corpo ce la faceva. Tu eri molto di più di una bugia.»
Steve si avvicinò a Tony e gli mise un braccio attorno al collo; i loro visi erano vicini, come una volta, potevano specchiarsi uno negli occhi dell’altro, potevano sentire il respiro caldo che usciva dalle loro bocche. Si fissarono alcuni secondi, poi fu il Capitano a prendere l’iniziativa e a baciare delicatamente Iron Man. Lui si staccò velocemente. «Che fai?»
«Recupero il tempo perduto…»
«Steve, non ho detto che volevo tornare a questo!» Protestò Tony.
Non poteva lasciarsi andare. Si era ripromesso di non cedere, di sostenere una conversazione con il biondo senza cadere nei ricordi, senza lasciarsi andare a ciò che era stato e che non poteva più essere. Non era fatto per le minestre riscaldate, almeno ne era stato convinto fino a quel momento.
«E tutti i discorsi che mi hai fatto fino ad ora?»
Tony roteò gli occhi, arrabbiato più con sé stesso che con Capitan America. Lui non voleva tornare insieme a Steve, ma il suo cuore, la sua parte irrazionale diceva tutt’altro. Averlo lì davanti, sentire la sua voce, il suo profumo nuovamente, guardarlo negli occhi, aveva aperto un mondo fatto di ricordi, un portale sulla felicità.
«Va bene, non mi importa più di nulla del passato!» disse, gettandosi tra le braccia di Steve, che lo accolse e lo strinse forte. Gli diede un bacio sui folti capelli scuri, pieni di gel. Tony affondò il viso nell’incavo del collo del Capitano, baciandolo.
«Non ho fatto altro che pensare a te in questi anni…» disse Steve.
«La cosa è reciproca. Ho voglia di recuperare tutto il tempo che abbiamo perduto!»
«Da dove vuoi cominciare?»
«Da questo!» Tony prese il viso di Steve tra le mani e si abbandonarono ad un lungo e passionale bacio.




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L'attesa di Endgame mi sta logorando. Quindi scrivo.
Spero vi sia piaciuta.

  
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